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Ford Capri l’idea sportiva di Ford ritorna in Business Class

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Quando nacque, fu una sorta di atto di fede che Ford fece da Detroit verso l’Europa: credere in un mercato costantemente in crescita senza più dover sognare quel “mito americano” con cui il Vecchio Continente era cresciuto quasi venti anni da inizio Dopoguerra desiderando, nei settori di mercato più sportivi e di rappresentanza modelli che apparissero quasi come la copia in piccolo delle appariscenti e muscolose auto made in USA.

 

Con la “Capri” la Ford investiva in un programma ed in un modello pensato, industrializzato e motorizzato proprio per la clientela europea che da quel momento avrebbe potutoidentificare l’Ovale con una Gamma sportiva “DOC” anche in Europa.

Non fu neppure una scelta facile, visto che dentro Ford insistevano tre binari paralleli di costruzione del Business tra la metà e la fine degli anni Sessanta

1) Implementare e valorizzare il piano di qualificazione del Marchio globale nel contesto europeo in simbiosi con la programmazione sportiva continentale data dalla GT40 e dalla attività rallystica; 

2) Istituire una filiale europea specifica, abbastanza autonoma ed organizzata per gestire la politica commerciale del Vecchio Continente:

3) Assecondare un mercato contestualmente complesso e frastagliato dove a confrontarsi c’era un numero quadruplo di concorrenti in diversi settori di mercato.

Nel 1967 viene fondata Ford Europa che unifica e raggruppa sotto una strategia unitaria e collettiva le diverse filiali nazionali dentro l’Europa: inizia la “nativa” Gamma Ford per il Vecchio Continente.

 

Più complesso ed articolato il percorso per determinare la “fisionomia sportiva “ dentro all’Ovale europeo: in questo il ruolo straordinario di Mike Kranefuss è stato centrale, ed ha permesso di “centellinare” l’immagine e l’iconografia ideale per rappresentare un Marchio che comunque negli States aveva i suoi due simboli rappresentativi nella Thunderbird e nella Mustang e che, al contrario, in Europa cercava la “quadra” tra un riferimento “Iconico” ma comunque popolare e di larga diffusione, stretto com’era il Marchio tra Trofeo monomarca, fornitura di motori a Factory sportive, presenza nei campionati Rally e Turismo ed infine l’esplorazione avviata con alcuni Costruttori artigianali delegati – con il supporto di validissimi Designer – a costruire una identità possibile per la “sportiva DOC” di Ford nel Vecchio Continente. 

“Sport feeling” Ford in Europa? Un bellissimo minestrone di esperienze negli anni ‘60

Da questo fondamentalmente deriva la serie di realizzazioni motorizzate Ford Europa come “OSI 20M”, “LMX Sirex”, e persino la appena abbozzata “SIVA Sirio”.

Dal punto di vista “captive” – invece – la Gamma Ford era ancora all’anno “Zero” alla seconda metà degli anni Sessanta, dal punto di vista di modelli “nativi”: riferimenti iconici erano praticamente le versioni “pepate” delle due porte originarie (come Anglia e Cortina) oppure le Coupèderivata da quattro porte da famiglia; ed in questo contesto in quel periodo c’era la “Taunus” che appunto esprimeva le sue punte sportive con motorizzazioni importanti quale eraappunto il “V6” montato dalla fabbrica di Colonia a fianco della “17M” con il motore V4.

 

Dunque dalla metà degli anni Sessanta il management europeo di Ford comincia a delineare i capisaldi della sua portabandiera “DOC”, che trae il nome a sua volta da un modello particolare della Ford inglese ed americana, la “Consul Capri” del 1962 disegnata da Colin Neale; piccolo particolare, il primo nome ipotizzato per la nuova sportiva europea sarebbe dovuto essere “Colt”; ma all’atto del deposito dei brevetti e dei modelli per la registrazione del Copyright gli esperti di marketing dell’Ovale dovettero apprendere che Mitsubishi li aveva appena battuti sul tempo. 

Ford Capri, che da “signorina” si chiamava “Colt”

Ma per onore di cronaca il “Colt Project” prende il via a Dagenham nel 1964

Le basi concettuali sono tremendamente efficaci e geniali: produzione a Dagenham ed Halewood (GB)/Genk(Belgio)/Colonia (Germania); massima componibilità del magazzino ricambi; ottimale condivisione di piattaforma con i punti di forza migliori di Cortina e di Taunus. La definizione dello stile deriva da una sorta di “contest” durato oltre cinque anni tra i Centri di Design della Gran Bretagna e della Germania, con la vittoria del primo che nel 1965 presenta il caratteristico concetto visivo molto ispirato alla Mustang, vista anche l’interazione e la supervisione di Philip T. Clarke (il Designer della Mustang appunto).

Ford Capri: l’auto che ti sei sempre promesso

Il capolavoro finale è tuttavia lo slogan commerciale proposto nella frase irresistibile: “L’auto che ti sei sempre promesso”, che è un vero successo all’atto della presentazione mondiale al Salone di Bruxelles del 1969.

Per la prima volta l’Europa produce una fastbackall’americana con vano di carico ampio (ed il classico lunotto al quale Ford non derogherà mai nel corso della vita della Coupè), abitacolo comodo per quattro, cofano lunghissimo e basso, adatta ad un pubblico vastissimo che va dal giovane sportivo al professionista passando per la piccola famiglia nell’uso di tutti i giorni.

Tre generazioni, milioni di appassionati ed amatori

La Ford Capri viene “cadenzata” e prodotta lungo tre generazioni, dalla prima che è quella iconica e che da sola ottiene il 50% delle vendite totali in solo sei anni (in complesso due milioni di pezzi tra Europa ed America) e poi le altre due (II° Generazione tra il 1974 ed il 1977; III° Generazione tra il 1978 ed il 1986) che seguono un percorso filologico con lo status del mercato e della società dal punto di vista stilistico e di utilizzazione, ma che sotto l’aspetto della continuità generazionale mantengono due caratteristiche costantemente invariate: la estrema estensione di gamma motoristica dalle cilindrate più utilitaristiche fino alle maxi cubature degli allestimenti supersportivi; mentre dal lato “stilistico” abbiamo delle caratterizzazioni che rendono ciascuna generazione simbolica del periodo in cui si trova a vivere.

La prima generazione è lo specchio della “universalità” della fascia di clientela potenziale vastissima che si rispecchia in una linea che ha dentro di sé una serie estesa di simboli e richiami quasi intelligentemente messi a contrasto tra loro: linea tagliente e spazio vivibile, fiancate da muscle car anche con motori da utilitaria, ma una vera dote e’ sembrare adatta a qualunque ambiente, condizione ed utilizzo;

La seconda generazione è purtroppo “minata” dalla crisi petrolifera, e segnata da una forte “targettizzazione”: meno “universale” e evocativa dal lato sportivo tende a mostrarsi rappresentativa di personalità dinamiche ma non esasperate, e tende ad un pubblico più “executive” fatto da professionisti e grandi viaggiatori, più rispetto dell’efficienza dinamica e del tipico undestatement britannico con in più la comodità del portellone posteriore ed una versione – la “Ghia” – che sottolinea il rapporto auspicato da Ford tra questa “Capri” ed un pubblico di puristi sportivi (vero) ma decisamente di taglio e rango elevato. Ma in fondo all’epoca era giusto pensarla così: alla base della Ford in Europa stava arrivando la “Fiesta” e per il pubblico sportivo più popolare c’erano le versioni pepate della Escort. Caratteristica iconica della Capri “II° Generazione” è nei fari rettangolari disegnati da Peter Stevens.

Dopo tre anni di silenzio stampa nei quali Ford cesella la sua creatura sportiva arriva la “III° Generazione” di Ford Capri: scompare il 1.3, la coupè si “vitaminizza” e diventa una “crossover” sportiva del periodo tra Renault R17, Lancia Beta HPE, ovviamente Opel Manta e VW Scirocco in basso; ed “Alfetta GT”, Opel “Monza”ed “Audi 100 C” al livello appena superiore. 

Capri 2.8i (Injection, realizzata dalla “SVE”, il Dipartimento Special Vehicle Engineering ad Essex) e Capri Turbo Limited Edition del 1981 sono un poco il canto del cigno di una Gamma che resta in produzione in Gran Bretagna fino al 1986 e che si interrompe nel resto d’Europa due anni prima.

Ford Capri BEV e SUV, la sportività non deve essere per forza “Small Size”

Quasi 40 anni dopo l’ultimo modello di “Capri III°” uscito da Halewood, quest’anno Ford “New” Capri è tornata: realizzata a Colonia presso l’ “EVC” – Electric Vehicle Center – dove è stata sviluppata anche la ottima “Explorer”; ed esattamente nel Secolo pieno dalla fondazione dello Stabilimento di Berlino, questa nuova “Capri” regala sportività ed emozioni dentro un profilo “Business Class” rivolto al Cliente “Ececutive” e persuaso che la elettromobilità non sia un Evangelo da sostenere ossessionatamente ma una dimensione tecnologica e culturale in grado di rendere ogni attività e viaggio con la Capri un appuntamento con il sorriso.

Qui trovate la recensione della nuova Ford Capri 2025

Nuovo M-Hero 817: mostro in taglia small

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Il nuovo M-Hero 817 sarà disponibile a breve sul mercato.

Per il modello è stata annunciata anche un’impressionante lista di equipaggiamenti. La novità sarà lanciata sul mercato nazionale quest’anno e successivamente potrebbe essere portata in Russia.

Il SUV M817 del marchio M-Hero (alias Mengshi) è stato presentato in anteprima mondiale ad aprile al Salone di Shanghai. Tuttavia, in quell’occasione non sono stati mostrati gli interni: le auto presenti al salone avevano porte chiuse e vetri oscurati. Poi il certificato del modello è stato pubblicato in Rete, e pochi giorni fa nel promorolike declassificato e gli interni. Ebbene, lo scorso fine settimana, al Salone dell’automobile di Macao, il marchio ha tenuto un’altra presentazione del modello, già pronto per il mercato. Inoltre, l’azienda ha condiviso nuovi dettagli sull’equipaggiamento. Ricordiamo che il marchio M-Hero/Mengshi appartiene all’azienda Dongfeng ed è stato creato appositamente per la produzione di costosi SUV elettrificati. L’M817 è solo il secondo modello della gamma, il primogenito era un veicolo fuoristrada con l’indice 917 (in Russia è venduto come M-Hero I).

LO STILE UNICO

L’M-Hero M817 sarà disponibile con diverse opzioni esterne. Il fuoristrada può avere un “muso” liscio o un’imponente griglia del radiatore con una gigantesca scritta con il nome di esportazione del marchio. Inoltre, sono disponibili vari accessori. Tra questi ci sono i fari supplementari sul tetto, i gradini laterali e le sovrapposizioni, la ruota di scorta o il kerfuffle sul portabagagli basculante. Ci sono persino i droni, che vengono conservati in uno speciale box sul tetto.

La lunghezza della M-Hero M817 a cinque posti è di 5100 mm, la larghezza di 1998 mm. L’altezza del SUV con sospensioni a molla è di 1899 mm, con sospensioni pneumatiche adattive di 1919 mm. Il passo è di 3005 mm. Il volume dichiarato del bagagliaio è di 828 litri, con gli schienali ripiegati della seconda fila questa cifra sale a 2112 litri.

INTERNI E DOTAZIONI

Nell’abitacolo sono presenti schermi separati per il quadro strumenti e il sistema multimediale. Sotto il tablet centrale si trova una fila di tasti fisici. Sotto c’è un disco: è sia un orologio che, apparentemente, un selettore per selezionare la modalità di guida. Accanto alla “rotella” si trovano due piastre per la ricarica wireless dei gadget.

I componenti elettronici sono di un’azienda chiamata Huawei. L’elenco delle dotazioni comprende il pilota automatico ADS 4 (con lidar) della stessa azienda. A proposito, un complesso simile è dichiarato per il crossover aggiornato Voyah Free+ (anche il marchio Voyah appartiene a Dongfeng). L’arsenale del modello comprende anche pelle Nappa, riscaldamento, ventilazione e massaggiatore dei sedili anteriori, un vano con funzioni di riscaldamento e raffreddamento integrato nel bracciolo (può mantenere la temperatura per 24 ore dopo lo spegnimento del motore).

La M-Hero M817 è certificata come ibrida plug-in con un motore turbo benzina 1.5 (197 CV) che funziona in modalità generatore. Il numero di motori elettrici non è ancora stato comunicato e non ci sono informazioni nemmeno sulle batterie.

In Cina, il nuovo SUV sarà lanciato già quest’anno. Successivamente, è previsto l’arrivo del modello in Russia. Nel frattempo, Autoprove.it ha testato in anteprima il mostruoso fuoristrada M-Hero I. Tutti i dettagli – nel nostro materiale.

Addio alla Peugeot 508 uccisa dai SUV

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Ancora una volta Peugeot ha fatto morire un marchio leggendario e la seconda generazione di un modello che non è riuscito a conquistare i clienti come ci si aspettava. La Peugeot 508 ha detto addio per sempre, dopo anni di continuo declino, che il marchio francese conosceva perfettamente, ma che si è rifiutato di stroncare sul nascere.

Prolungare l’agonia di una morte chiaramente annunciata è una follia, ma i produttori lo fanno nella speranza che un cliente, soprattutto un cliente di flotta, acquisti un lotto di poche centinaia di unità. Chiamatele forze dell’ordine, sicurezza o traffico…. Ma non è stato il caso di questa Peugeot 508, le cui prestazioni negli ultimi sette anni sono state un vero disastro e che ha perso gran parte della sua gamma di motori quasi un anno fa.

I dati di vendita parlano chiaro. Dal suo lancio nel 2018, ha raggiunto a malapena le 200.000 unità vendute in tutto il continente europeo, il che significa che non ha raggiunto nemmeno la metà dei risultati ottenuti dalla precedente 508, che ha debuttato nel 2011.
La Peugeot 508, che ha riportato un nome mitico nella storia della casa francese, ha stabilito un vero e proprio record quando ha cessato la produzione nello stabilimento francese di Rennes, con 560.000 unità. La Peugeot 508 ha seguito le orme di rivali del suo calibro, come la Mondeo, la Talisman, la DS 9 e, più recentemente, la misconosciuta Citroën C5 X.

È venuto alla luce solo ora, ma Peugeot ha chiuso gli ordini della 508 qualche mese fa, e l’ultima 508 è uscita dalle linee di produzione il 12 maggio. È passato quasi un mese, quindi gli unici esemplari che si possono trovare sono quelli in stock.

Un funzionario dell’azienda francese ha dichiarato che “Peugeot concentrerà i suoi investimenti sull’espansione della gamma dei suoi modelli di successo”, quindi è chiaro quale sia la strategia: concentrarsi sui SUV e, più specificamente, sulla 5008 che ha preso il suo posto.

LA SCELTA STRATEGICA

Peugeot ha fatto della prima 508 del XXI secolo una buona rappresentante del segmento D, con una carrozzeria corrispondente e un crossover basato su quest’ultima. È stato l’inizio dell’era dell’elettrificazione, con una 508 RXH dotata di un ibrido diesel. Ma il grande errore è stato quello di vederla come una sostituta della 607, ruolo che ha continuato a ricoprire nella seconda versione lanciata nel 2018.

Il design completamente nuovo non è decollato, né prima né dopo il facelift del 2023, per non parlare delle versioni sportive PHEV lanciate con il nome PSE. Queste non erano previste per la seconda parte della sua vita commerciale, ma sono state comunque lanciate per poi scomparire pochi mesi dopo. Peugeot abbandona il segmento D, come molti altri marchi, mentre le compatte restano al top della gamma.

Mazda 3 2025: la giapponese ibrida che sorprende! Prova su strada

Mazda 3 Skyactiv 186 CV è equipaggiata con un motore Skyactiv-G 2.0 da 186 CV e 240 Nm di coppia, abbinato a un cambio automatico a sei rapporti.
La tecnologia Mild Hybrid migliora l’efficienza del motore, riducendo i consumi senza compromettere le prestazioni.
Il sistema di infotainment Mazda Connect da 10,3 pollici è compatibile con Apple CarPlay e Android Auto, mentre la strumentazione digitale e l’head-up display garantiscono un controllo intuitivo. L’impianto audio Bose® con 12 altoparlanti offre una qualità sonora premium. I sistemi di assistenza alla guida i-Activsense includono cruise control adattivo, frenata automatica d’emergenza e mantenimento corsia.
Il monitoraggio degli angoli ciechi, il riconoscimento della segnaletica stradale e i sensori di parcheggio con telecamera posteriore aumentano la sicurezza durante la guida.
Nel test su strada vi racconto la dinamica di guida, consumi e prestazioni complessive di questa berlina tecnologica e sportiva.

GWM Ora Good Cat 2026: il restyling

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Ora Good Cat 2026 si sta preparando per l’inizio delle vendite sul mercato cinese.

La cinque porte non è cambiata molto esternamente, ma all’interno, al posto del tabellone, sono stati installati due display separati. L’arrivo di questo modello in Russia è ancora in dubbio.

Le prime immagini del restyling dell’auto elettrica Ora Good Cat (alias Haomao, nome d’esportazione Ora 03) sono state diffuse un paio di giorni fa. Ora il marchio di proprietà di Great Wall ha condiviso alcune altre foto. Inoltre, l’azienda ha pubblicato un video che mostra gli interni dell’utilitaria. Ricordiamo che la compatta è in servizio dal 2020. In Cina, Good Cat è in testa alla classifica dei marchi personali, anche se le sue vendite sono crollate: secondo BestSellingCarsBlog, nel periodo gennaio-aprile di quest’anno in patria ha venduto solo 3.845 esemplari (-71%).

Esternamente, la hatchback non è cambiata molto. L’auto elettrica ha un nuovo paraurti anteriore con prese d’aria smussate sui lati, inoltre la griglia integrata nel paraurti ha ora un altro disegno. E anche sulla poppa, al posto del marchio, c’è la scritta GWM (Great Wall Motor). Anche le dimensioni, a quanto pare, sono le stesse: lunghezza – 4235 mm, passo – 2650 mm.

Gli interni sono stati ridisegnati un po’ di più. Al posto del tabellone, sono stati installati schermi separati del cruscotto e del sistema multimediale. Inoltre, Ora Good Cat ha un nuovo volante. Allo stesso tempo, la hatchback è stata lasciata senza interruttori sotto i deflettori centrali dell’aria, e sulla console tra i sedili c’è ancora una piattaforma di ricarica wireless di uno smartphone.

DATI TECNICI

Non ci sono ancora informazioni sulla tecnologia della GWM Ora Good Cat restyling. La compatta pre-riforma in Cina viene offerta con un motore elettrico posizionato sull’asse anteriore, che ha tre opzioni di potenza: 143, 171 o 184 CV. La Ora Good Cat ha una batteria con capacità di 45,9 kWh, 47,8 kWh o 57,7 kWh. L’autonomia è di 401 o 501 chilometri nel ciclo CLTC.

L’anteprima completa dell’auto elettrica modernizzata si terrà in Cina nel prossimo futuro. La Hatchback Ora 03 è disponibile in Russia. Tuttavia, a giudicare dal sito web russo del marchio, si vendono ancora le auto del primo lotto, importate nel 2023. Non si sa ancora se la nuova hatchback farà la sua comparsa nella Federazione Russa.

A scuola di sales: come vendere un’auto

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C’è uno slogan straordinario, che gira in Rete da alcuni anni, in particolare dal periodo in cui un grappolo di sfighe internazionali, esoteriche, antropologiche, epidemiologiche, finanziarie ha deciso di investire sistematicamente il quadrante Ovest del mondo per motivazioni puramente bibliche: gli ultimi saranno i primi, ed infatti nel giro di un quarto di secolo i Continenti industrialmente ultimi sono diventati primi rispetto ad Europa ed Occidente esteso; e per contro, dal lato Automotive gli ultimi a capire che stavamo andando a rotoli – cioè noi Occidentali – siamo stati i primi ad andare in crisi e ruzzolare in una palude di stagnazione ed incertezza strategica.

Ma poi è arrivato il vaccino, e grazie a Dio ci ha dato i complottisti secondo i quali siamo spacciati e destinati all’estinzione per fare posto ai rettiliani. Così dicono…..

Lo slogan straordinario che gira in Rete dice pressappoco una cosa, con riferimento alla pioggia di libri, saggi, tomi ed approfondimenti multimediali dedicati alla risoluzione ed uscita dalle crisi: “C’è un solo modo per riuscire a guadagnare in tempo di crisi: è scrivere libri su come si può guadagnare in tempo di crisi”.

Immagino che vorrete sapere chi, materialmente, ha declarato questa affermazione azzeccatissima; ma prima di questo, fermiamoci a fare una analisi legata all’andamento del mercato auto europeo.

E per compiere questa analisi mi fermo a riepilogare quello che con molta modestia ho scritto tempo fa a corredo dei tanti articoli che ho voluto condividere con gli amici di Autoprove.

La questione che Vi pongo è fondamentalmente questa: di fronte ad un mercato Auto  che sembra non riprendersi dalle performances “pre-Covid” e che è ormai un lontanissimo parente del mercato fino al 2007, la responsabilità del panorama grigio e plumbeo deve ricadere sui “venditori”come elemento debole del sistema, o c’è molto di altro e molto di peggio?

Andiamo per gradi con una considerazione esattamente opposta : quale era l’apporto ed il merito dei cosiddetti “Venditori” nelle Stagioni “buone” del mercato Auto italiano? Ecco, iniziamo la disamina da qui : cosa si intende per mercato “buono”? Certo il Benchmark è il periodo che va dalla fine degli anni Novanta fino al fatidico 2007 in cui Dealer e Costruttori “dovrebbero” aver targato oltre 2 milioni e mezzo di auto. (dico “dovrebbero” per motivi che ungiorno spiegherò materialmente): Comunque, la statistica ci dice che la soglia dei due milioni in media di immatricolato annuo si è raggiunta più volte complessivamente in questo quasi decennio di cui ho detto sopra. Andando a sviluppare medie per decenni antecedenti o successivi non si registrano periodi analogamente altrettanto “rosei”.

Tutto questo fino al 2008/2010 quando il Crack Lehman comincia in tutta Europa a far crescere il “Credit Crunch”: tuttavia non ho forse dimenticato qualcosa in questi miei ricordi? Si, ho dimenticato di dire che secondo ricerche di settore svolte in tutta Europa, i Dealer di Italia, Portogallo e Grecia erano fino al 2008 i peggiori venditori di servizi Aftersales nell’Europa storicamente “a Dodici”: in sintesi, questa classe di Dealer faceva dipendere tutto il loro rendimento operativo dalla vendita di auto nuove/usate marginando una miseria da vendita Ricambi, Aftersalesdiretto sui propri clienti e/o servizi di officina a Clienti del territorio.

Sempre che Vi basti ritenere “Benchmark” il dato quantitativo: eh si, perché il periodo suddetto ha un rapporto di marginalità su ogni “pezzo” venduto tra i più bassi della storia del mercato auto in Italia, e per marginalità intendo la quota di soldi che entrano nelle casse dei Dealer e da qui nelle tasche degli Agenti. Per intenderci, Vi parlo del periodo in cui la provvigione “Lorda” per i Venditori sul corpo vettura di una Segmento SubB con optional ordinariamente presenti nello Stock viaggiava tra i 70,00 ed i 90,00 Euro; su una Segmento “C” si oscillava a seconda del Target tra i 120,00 ed i 180,00 Euro, e così via. 

Non immaginavate che auto oscillanti tra i 9.000,00 ed i 18.000,00 Euro di prezzo di Acquisto rendessero così poco in termini provvigionali, vero? Non siete convinti? Beh, aggiungiamo che il “grosso” del guadagno di vendita per Dealer e venditori derivava dai sistemi finanziari associati al “Pezzo di ferro” in un frangente di epoca in cui i contratti erano finanziati al 60% in media ogni anno. 

Dealer Italiani, senza vendita del “Nuovo” sono morti

Non bastasse, i Dealer italiani sono stati per anni i peggiori venditori professionali in Europa per il settore dell’Usato, dove l’Italia vantava (oggi un po’ meno) la leadership assoluta in termini di maggioranza schiacciante di passaggi di proprietà svolti tra Privati. Dunque da anni e per anni i Dealer sono rimasti ancorati alla risorsa provvigionale del nuovo, supportati per circa un decennio dal sistema finanziario retail. Ok, ma come si svolgeva la vendita retailin Italia tra la fine degli anni Novanta e la vigilia del Crack Lehman? Ve lo dico io, migliore e legittimo testimone delle politiche e delle strategie di vendita. Ve lo rappresento secondo un riferimento a due assi cartesiani con cinque linee di evoluzione: Asse ascisse data dal valore medio del venduto ed asse delle ordinate cronologico; una linea “X” in lenta crescita, è il valore medio del corpo vettura venduto; una linea “Y” più piccata verso l’alto, è la quota media del finanziato e del valore dei servizi inclusi anno per anno; una linea “V” data dall’aumento costante di optional inclusi nella vendita del corpo vettura; una linea “W” che mostra la crescita “NEGATIVA” anno per anno del prezzo di vendita (al netto di incentivi, loyalty e bonus governativi) per il corpo vettura dell’auto e contemporaneamente il margine netto sul corpo vettura venduto escluso il finanziamento; ed una ultima linea “Z” che Vi svelerebbe quanta parte del Margine operativo di vendita fosse compreso lungo dieci anni nei sistemi finanziari ed assicurativi. Insomma, avete capito bene: a vendere non è quasi mai stata la forza vendita umana in Salone, lungo dieci anni, ma sono stati:

A) I sistemi finanziari ed il Marketing promozionale dei Marchi e dei Dealer che hanno cominciato a “limare” il prezzo di listino compensando la riduzione margini sul corpo vettura con i margini finanziari;

B) Il divario “artificiale” tra Listino ufficiale delle auto e prezzo promozionale ed incentivato di acquisto, full Optional, incluso un piano finanziario;

C) Il protocollo, o meglio il sistema di vendita, imparato a pappagallo dai singoli venditori evangelizzati formati a vendere secondo il paradigma ed il piano comunicativo dei vari “Guru” di supporto;

D) Nei casi sempre più diffusi, fino al 2010 circa, di sistemi di acquisto con ciclo di sostituzione programmata, la vendita è stata agevolata dal Valore di Buy Back garantito per il mezzo in permuta.

Ed al Venditore di quegli anni, però, che meriti vogliamo dare? Non Ve ne parlerò io ma per me farò parlare quello che, in trentacinque anni di vendita che ho conosciuto e conosco nel campo Automotive, è il miglior venditore in assoluto e l’unico da cui acquisterei un’auto. Si chiama Giancarlo M. ed è meritoriamente un Capo Salone dalle parti di Roma Sud Ovest tra Pisana e Bravetta…..Sapete quali sono gli Skills che lui ha adottato per quasi trent’anni di mestiere? Lo vedremo più avanti….

Fermiamoci un attimo alla panoramica (non esaltante) descritta prima: “Cos’era” il Venditore Auto “DOC” tra la fine degli anni Novanta ed il Crack Lehman?

1) Un Evangelizzato spinto a recitare un preciso canovaccio insegnato in ore ed ore di formazione impartita da Tutor e Coach in sessioni periodiche di aggiornamento

2) Un ottimo cantastorie, poiché la comunicazione è e rimane un requisito essenziale per le vendite;

3) Un empatico, poiché quei dodici secondi iniziali nei quali si crea l’impressione sono fondamentali;

4) Un presidiatore di Saloni, perché fino al Ctrack Lehman le vendite si svolgevano solo in Salone;

5) Un telemarketer ed un Professionista del Direct Marketing, perché con Saloni aperti 12 ore per sette giorni un modo proficuo per non dare di matto chiuso nello Showroom era telefonare e mandare mail;

Venditori troppo “evangelizzati” e Clienti un po’ “Alienati” dietro le Academy?

Su questi 5 aspetti la formazione dei GURU e specialisti Trainer (comunemente definita “Academy”) era perfetta, andando a toccare le corde giuste; e meno un venditore aveva spirito critico e più era idoneo all’indottrinamento delle regole auree: ma, per contro, il “venditore” di quell’epoca era stimolato professionalmente ad essere soprattutto un divulgatore finanziario ed un promoter del “nuovo”. Da un lato la situazione del mercato era tale da favorire stock giganteschi di auto nuove, creati per assecondare l’onda lunga del momento positivo; dall’altra i quantitativi, i volumi ed i market target minimi concordati tra CasaMadre mandante e Dealers erano all’epoca elevati e costringevano questi ultimi ad approvvigionamenti di auto nuove (e di componentistica e servizi aftersales) soprattutto nei casi di “Runout” piuttosto frequente in quel periodo.

Ma in tutto questo meccanismo formalmente perfetto si nascondevano le premesse di una vera e propria frana. 

Aumentando, dalla seconda metà degli anni Novanta, la ingerenza delle Case Madri sulla gestione strategica e territoriale degli Autosaloni; sostituendo sempre più i format paradigmatici di comunicazione e vendita rispetto al tradizionale rapporto diretto e lineare tra Dealer e Cliente; accentuando per questo la unidirezionalità “Top-Down” del rapporto di interazione rispetto ad una storica “simmetria” tra Cliente e Dealer; ed infine, formando eserciti di soldatini indottrinati sulle “nuove” formule di acquisto a ciclo di sostituzione programmata (monte ore di formazione impartita dai “Coach” mediamente quadruplo, nel periodo, rispetto alla formazione spesa per le caratteristiche e peculiarità di prodotto, e lo dico per esperienza diretta……); insomma, per effetto di tutto questo ed asserviti ad una unica Fede (quella del Valore garantito di Buy Back e quella, di complemento, per Eurotax Blu e Giallo…..) le Concessionarie si sono riempite di decerebrati automi e meri “Benchmarker” alla mercè di un target sempre più vasto di potenziali Clienti in cerca assidua e frenetica di “preventivi”.

Il “PreventHunter”, la nuova fauna in giro per Concessionarie: e il venditore…..muto….

Eh, già: di fronte ad un canovaccio comunicativo di trattativa spoglio di riferimenti forti su qualità del prodotto, caratteristiche, confronto di mercato con la concorrenza, gli elementi che restavano impressi nella memoria del Cliente erano solo quattro: prezzo finale di vendita, piano rateale, elenco servizi inclusi, valore stimato dell’auto eventualmente in permuta ovvero ulteriore promesso sconto a chiusura contratto.

Con questa semplice matrice elementare di dati Vi giuro di aver incontrato personalmente – nella mia esperienza di Showroom – singoli, coppie, famiglie o convogli di potenziali acquirenti e visitatori di Salone svolgere per interi Weekend un vero e proprio giro delle sette chiese solo per poter conseguire il miglioramento puramente contabile di anche solo uno dei termini dell’espressione algebrica che avevano in mente (Prezzo Vendita/Rate mensili con servizi inclusi )– (stima della eventuale permuta+ulteriore sconto promesso) e che li faceva esulare totalmente dalla analisi dei valori e dei requisiti qualitativi dell’auto rispetto ad un’altra. Conseguenza ferale di questa nuova linea di rapporto commerciale tra venditore e potenziale Cliente è stata una delle concause di un crescente pregiudizio negativo sulla immagine percepita dai consumatori del classico Dealer

– In linea “orizzontale” la concorrenza feroce tra Dealer di uno stesso Marchio si è tramutata in concorrenza deleteria ed intestina tra Showrooms di uno stesso Dealer;

– In linea verticale, invece, tra Dealer di diversi Marchi Costruttori in potenziale concorrenza (addirittura a volte presenti presso lo stesso Dealer nei casi dei plurimandatari) si era presto pervenuti ad un capolavoro; progressivamente, nel diffondersi dei sistemi di acquisto con ciclo di sostituzione programmata (offerti indistintamente dalle diverse “Captive Bank” di ogni Costruttore) il potenziale acquirente di un’auto è stato via via fornito di un’esca formidabile nella propria “tasca”: quel valore di buyback legato all’importo residuo finanziario da saldare (c.d. “Maxi rata finale) che, fondamentalmente è diventato un punto di forza e non di “studiata” debolezza del Consumatore che, girando in lungo ed in largo – attraverso Showrooms, Dealer e Marchi Auto – finiva inesorabilmente per cristallizzare il centro della sua attenzione di acquisto sull’unico punto di sua forza a lui noto: il pegno di scambio rappresentato dalla “sua” stessa auto.

Potrei fare un elenco lungo come le Pagine Gialle delle tante auto oggetto passivo di decine di valutazioni, perizie, prove pratiche al solo scopo – per il potenziale Cliente – di centrare il valore massimo di vendita e di permuta: “qualcuno” ai piani alti del mondo patinato ed un poco “farlocco” di tante Academy dei miei tempi avrebbe dovuto esercitare davvero i pochi neuroni che lo accompagnavano per prevedere che questo semplicemente sarebbe accaduto. Ecco allora che con i sistemi di acquisto con ciclo di sostituzione programmata – i tanto agognati sistemi che avrebbero dovuto aumentare la “fidelizzazione“ e la programmazione dei Dealer in riferimento al comportamento di acquisto del Cliente – l’angolo stretto del Ring si è materializzato proprio per le Concessionarie e non per il Cliente. 

Pensateci: con la diffusione, l’ampliamento e l’antagonismo dei sistemi di acquisto con ciclo di sostituzione programmata si è consentito al Cliente di codificare perfettamente a suo favore la “stringa di Codice” commerciale inequivocabilmente riconoscibile dal Cliente (Valore di Permuta – Maxi Rata finale) e di “velocizzare” persino il codice di apertura o chiusura della trattativa (Valore Quattroruote, Eurotax Giallo o Blu???) dandogli non più TRE ma bensì Quattro Opzioni: A) Saldare il Debito Residuo/B) Riconsegnare l’auto/C) Cambiare l’auto con il “proprio” Dealer/D) ”Vendere” la propria auto al miglior Compratore presso altri Dealer e sfruttare il margine positivo di differenza con la maxirata per comprare altrove la nuova auto.

A fronte di questo al semplice Dealer e Venditore rimaneva una sola opzione, una sola mossa: “comprare” al prezzo più alto percepibile dal Cliente quella permuta. Il resto (fornire una immagine di Brand vincente, proporre un modello di auto accattivante, accompagnare il tutto con un piano rateale accattivante) era nelle disponibilità del Costruttore. Insomma, bel panorama strategico per i Dealer, no???? 

Il colpo di genio della “Maxirata”, la grande intelligenza delle Academy e delle “Captive Bank”

Ripeto: mai gradito, io, il “sentito dire”; Vi parlo di vita vissuta, della degenerazione e dell’instupidimento dei Dealer a contatto con l’unica entità con la quale non sono mai riusciti – storicamente – ad andare di “comune accordo”: i Costruttori mandanti. 

Quando gran parte di questi è entrata con entrambi i piedi nella gestione strategica e di immagine dei Dealer cercando di farli crescere e passare da realtà familiari e di provincia ad “Hub” multitasking e pluriorganizzati nel corso di un periodo (per fortuna irripetibile) che va dalla metà degli anni ’90 a circa dieci anni fa: ahimè, entrambi i piedi dei Costruttori o sono riusciti a “spappolare” le reticenze e i buchi gestionali di Dealer davvero poco propensi alla gestione “smart” proposti dai nuovi Paradigmi gestionali; oppure si sono impantanati nelle varie paludi della contabilità “dark”, della gestione assurda di Stock e di ordini, o delle inefficienze e/o insufficienze derivanti dal repentino passaggio da una gestione “familiare” o quasi individuale al modello organizzativo “Corporate”.

Questo, molto semplicemente, quel che è accaduto. Un castello di carte e di “carta” pronto a crollare al primo spiffero di finestra aperta; e nel 2007 dalla finestra non è arrivato uno spiffero, ma uno tsunami finanziario che arrivato anche in Italia ha portato quattro conseguenze: Credit Crunch, promessa di Valori Futuri Garantiti di auto da riacquistare “per contratto” secondo le volontà del Cliente, fine del margine “traslato” garantito dai piani finanziari sulla vendita del corpo vettura, ed infine il rischio per molti Valori di Buy Back – elevati al massimo per facilitare l’avvio dei contratti in essere – di diventare più alti dei valori di mercato delle permute sulla piazza dell’Usato. Un effetto tangibile? Contate gli Showrooms ed i Dealer presenti sul territorio nazionale prima del 2007 e dopo il 2012. Certo, la crisi, certo l’Austerity. Ma in fondo c’entrava anche l’ossessione finanziaria con la quale si era tentato di rivoluzionare il sistema generale di acquisto di auto radicato negli italiani.

Arriviamo al dunque: le “pallottole spuntate” di tutto questo panorama di alte strategie e di filosofie commerciali di alto respiro, secondo Voi a chi dovremmo attribuirle? Alle Academy, Voi mi dite? Eh, beh…..Anche alle famigerate “Captive Bank”, non credete????

Beh, Voi mi domanderete a cosa voglio arrivare con tutto questo panorama non troppo esaltante. Provo a spiegare, finalmente: da tempo leggo, ascolto, riscontro una “controinformazione” che tende ad insinuare che, in fondo, la categoria dei “venditori” va innovata nei processi, nei modelli di contrattazione e di relazione con i clienti. E il fine ultimo di questi ragionamenti non può che essere “l’efficientamento” delle prestazioni professionali e dei risultati operativi delle vendite. Non potrebbe essere e non avrebbe senso che fosse il contrario. Dunque, Venditori sotto la lente: sono da riformare, da innovare, da superare? Ok, proviamo a fare la considerazione opposta: con un mercato auto che negli ultimi anni ha affrontato DieselGate, Lockdown, crisi microchip, incertezza del futuro, credit crunch e recessioni varie, ammettiamo che una media di circa 1,3 milioni di auto nuove immatricolate in media ogni anno da dieci anni a questa parte sia in parte responsabilità dell’approccio di vendita di Agenti e promotori; e dunque ho voluto confrontare con Voi il paradosso opposto:

“Quanto contavano i Venditori quando le cose per il mercato auto andavano bene?”

Et voilà: ho rappresentato un mondo indottrinato, lungo 10 anni almeno tra fine anni 90 e pre-Crack Lehman, dove il sistema della formazione e del tutoring, oltre al benevolo “stalking” delle Case Mandanti verso i Dealer, aveva complessivamente generato un sistema univoco “Top-Down” in cui le forze vendita erano diventate “monocoltura” per auto vendute con sistemi di acquisto a ciclo di sostituzione programmata, il grande business formativo di quel periodo; ho ben spiegato le lacune che per questo si sono accumulate. 

Tuttavia il responso è arrivato dopo la crisi dei mutui subprime: con il credit crunch le vendite sono crollate, la fidelizzazione tanto agognata è finita nel cesso e fondamentalmente si è capito che a vendere non era il sistema di vendita, ma il sistema finanziario di supporto. C’è poco da contestare.

E se questo è accaduto, possiamo farne una colpa ai soli Agenti di vendita, o va coinvolto tutto il sistema delle “Academy” (a decine, e decine di decine, in questi anni) che ha lavorato a fianco di Dealer e Case Mandanti. Quel che è giusto è giusto.

Ed ora, la domanda che mi pongo è: in condizioni creditizie invariate e lontanissime dai periodi pre crisi, dove il mercato auto ha perso numeri lordi ma ha guadagnato in margini e fatturato “raffinando” il target clienti verso soglie sociali economicamente più generose, quali sistemi “innovativi” e miracolosi possono essere prodotti e studiati al fine di formare i venditori a……..Fare cosa? 

A) Fidelizzare? Ma se i ruoli e la Gamma dei Costruttori “abituali” nel frattempo si è rivoluzionata con la benedetta “rivoluzione elettrica” per effetto della quale, in compenso, oggi si faticano a trovare disponibili sia BEV che endotermiche;

B) Allargare la fascia di potenziali acquirenti? Ma se a mancare è ormai proprio quella fascia di mercato su cui si basava il 25% almeno di tutto il volume di vendita annuo…

E  allora…..A che serve e che obbiettivi si pone “la nuova ventata” di formazione, di tutoring e di innovazione propagandata dalla nuova “classe” di Guru dell’Automotive Academy oggi sbandierata da social e piattaforme professionali? 

Processo ai “Guru”delle Academy: Chi insegna a “vendere” saprebbe davvero vendere Auto?

C’è uno slogan straordinario, che gira in Rete da alcuni anni, avevo detto: dice pressappoco una cosa, con riferimento alla pioggia di libri, saggi, tomi ed approfondimenti multimediali dedicati alla risoluzione ed uscita dalle crisi: “C’è un solo modo per riuscire a guadagnare in tempo di crisi: è scrivere libri su come si può guadagnare in tempo di crisi”.

Ecco. Ecco il punto: coloro che vorrebbero traghettare il sistema di vendita auto fuori dalla palude, come hanno evitato che il sistema finisse nella palude provenendo da periodi dorati? E se l’aria di crisi è piuttosto simile a quella dei periodi più neri, cosa dovremmo aspettarci da tanti rivoluzionari “Guru”? Ma soprattutto, quanto dovrebbe e potrebbe guadagnare un Agente a Partita Iva e con quali numeri mensili? Oppure questo è un argomento marginale? Via, siamo sinceri: le guerre non si vincono con tutti Colonnelli, diceva il mio amico Rocco, valido venditore ai miei tempi. Occorre secondo me che molti sedicenti “Guru” si tolgano la toga da Accademici per indossare di nuovo abito e cravatta e tornare dietro una scrivania di un venditore. Farà davvero una bella differenza. Ma questa è la mia rispettabile opinione. 

Ah, Vi devo due risposte: il venditore DOC di cui parlavo prima si chiama Giancarlo M. e si esercita in Direct Marketing, SMS di auguri ed informazioni, inviti ad eventi ed altro (verso i suoi Clienti) da almeno 30 anni. Lui sa davvero cosa è la fidelizzazione anche senza Guru.

Invece il filosofo che ha detto: “C’è un solo modo per riuscire a guadagnare in tempo di crisi: è scrivere libri su come si può guadagnare in tempo di crisi”, ovviamente sono io.

Riccardo Bellumori

Suzuki Jimny 5 porte vende troppo e si fermano gli ordini

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La Suzuki Jimny 5 porte ha un successo enorme in Giappone. Lì, il marchio è stato addirittura costretto a interrompere le ordinazioni a pochi giorni dal lancio. Tuttavia, l’azienda sta facendo del suo meglio per risolvere il problema.

In forma di serie, la Suzuki Jimny a cinque porte ha debuttato nel 2023. La produzione di questa modifica avviene esclusivamente in India, ma la versione allungata è globale. In Giappone, paese d’origine del marchio, le richieste per il SUV allungato hanno iniziato a essere accettate il 30 gennaio di quest’anno. Lì, il SUV a cinque porte porta il “cognome” Nomade. Inizialmente, l’azienda prevedeva di vendere 1.200 vetture al mese sul mercato giapponese. Tuttavia, a soli quattro giorni dal lancio, la Suzuki Jimny Nomade ha raccolto 50.000 ordini! Così, il 3 febbraio, le richieste sono state chiuse e il marchio ha persino cancellato la sua campagna pubblicitaria.

Suzuki ha annunciato che il sito indiano aumenterà la produzione del Jimny a 5 porte per il Giappone “fino a circa 3.300 unità al mese” a partire da luglio. L’azienda ha inoltre dichiarato che “continuerà a impegnarsi” per riprendere le richieste di acquisto il prima possibile.

DIMENSIONI XXL

In termini di design, il Jimny Nomade segue a grandi linee la versione globale. Il SUV a cinque porte destinato al Giappone misura 3.890 mm di lunghezza e ha un passo di 2.590 mm. L’altezza da terra è di 210 mm.

Suzuki Jimny Nomade è equipaggiato con un motore atmosferico KB15 1.5 a benzina con una potenza di 102 CV, senza aggiunta ibrida. Il motore è abbinato a un manuale a cinque marce o a un automatico a quattro rapporti. Il SUV è dotato di trazione integrale con cambio a catena e di un riduttore.

In Giappone, la cinque porte è presentata in configurazione FC singola. Le caratteristiche del modello per il mercato giapponese sono la funzione di prevenzione dell’impigliamento dei pedali e il cruise control adattivo per le auto con cambio automatico (in India, ad esempio, il “cruise” adattivo non è disponibile nemmeno con un sovrapprezzo).

La supercar Alpine a 3 motori arriva nel 2028

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Alpine prevede di lanciare una supercar a motore centrale nel 2028, con un propulsore ibrido V6 turbocompresso in grado di erogare oltre 1.000 CV (1.013 PS), secondo quanto riportato da Autocar. Secondo il rapporto, la vettura sarà dotata di due motori gemelli sull’asse anteriore per realizzare un layout a trazione integrale.

Mentre il marchio francese sta rendendo la sua linea di prodotti sempre più elettrica a batteria, ha deciso di utilizzare un gruppo propulsore a combustione interna per la sua prossima supercar, senza escludere futuri modelli ibridi. “Non vendiamo auto elettriche. Vendiamo auto sportive, auto passionali, auto esclusive”, ha dichiarato il CEO di Alpine Philippe Krief al debutto della Alpine A390.

Secondo Autocar, la prossima supercar Alpine sarà alimentata da un motore V6 e da motori elettrici, entrambi sviluppati dalla divisione di ricerca e sviluppo Hypertech Alpine del Gruppo Renault, situata presso l’impianto di propulsione di Formula 1 del marchio a Viry-Châtillon, in Francia.

IL MOSTRO IBRIDO

La Ferrari SF90 Stradale sarà probabilmente un punto di riferimento fondamentale per la prossima supercar Alpine, dato che Krief ha lavorato in precedenza nella ricerca e sviluppo del marchio italiano quando la SF90 era in fase di sviluppo. Al posto del sottile motore ibrido a flusso assiale di Yasa, utilizzato sulla SF90, la Alpine avrà motori a flusso radiale progettati da Hypertech Alpine.

“Il flusso assiale è perfetto tra il motore e il cambio. Ma sull’asse anteriore, se il diametro è grande, non ha importanza”, ha detto Krief a proposito del progetto del motore elettrico.

La concept car Alpenglow Hy6, presentata in precedenza da Alpine, era dotata di un motore V6 da 3,5 litri, anche se presentato come concept alimentato a idrogeno. Il propulsore della concept car Alpenglow era in grado di erogare 740 CV e di raggiungere i 9.000 giri al minuto.

Quando entrerà in produzione, la supercar Alpine avrà un prezzo superiore a 200.000 euro. “Se siamo in grado di vendere una Renault 5 Turbo da 155.000 euro (RM741.907), pensate che ci possa essere spazio per la Alpine al di sopra di questa cifra”, ha detto Krief.