Jochen Mass quel nobile operaio della Formula Uno da riabilitare

Era l’8 Maggio 1982: la dittatura mediatica e televisiva irrompe nel pomeriggio di un Sabato tiepido in Italia e buca lo schermo e l’animo degli spettatori. 

Qualcosa che varia nell’immagine tra il rosso fuoco e il grigio/nero/argento della sua parte inferiore e nascosta vola, come impazzita, a sinistra in alto dello schermo davanti al paesaggio quasi bucolico, persino bello, della campagna tagliata da una pista di asfalto in Belgio. 

A destra in basso dello schermo, quasi insignificante nell’attimo, una monoposto bianca attraversata da strisce blu longitudinali, con dentro un casco bianco che – nonostante la sgranatura della TV del tempo – si capisce bene dover per forza, come fosse una punizione, seguire l’evoluzione in volo di quella “cosa” impazzita. Che è una Ferrari 126 C2: mentre la “Rossa” si accartoccia nei diversi contatti con l’asfalto, la monoposto bianco blu si inchioda davanti allo spettacolo agghiacciante di un corpo, avvinghiato nel sediolino nero con cinture rosse incrociate, che percorre tutto lo schermo fino a scomparire alla destra di chi guarda.

Per ore, mesi, anni e decenni successivi tutto il mondo ricorderà il nome dei due protagonisti umani della tragedia, ed uno di loro corrisponde al nome di Jochen Mass: l’idiota, l’incapace, il vecchio arnese maldestro, il “pària” o l’indegno a guidare una Formula Uno, colui che ha privato l’universo dei tifosi appassionati del loro Dio pagano della Velocità. Dalla sera di Sabato 8 Maggio 1982 per Jochen Mass si attiva la gogna mediatica, come del resto per Didier Pironi.

E forse, nonostante le sue condizioni di salute non buone dopo un ictus che lo aveva colto anni fa, lui stesso avrà ricordato per un attimo il mezzo secolo esatto dalla sua unica vittoria in F1, il 27 Aprile del 1975; peccato solo che ad ogni 8 Maggio che Dio ha mandato in terra da 41 anni in qua il suo nome sia stato fatto sempre. 

E sarà fatto ancora il prossimo 8 Maggio, sperando non sia più oggetto di veleno.

E’ stato, per assurdo, uno dei Piloti di F1 che più ha colpito la mia fantasia da piccolo quando, ancora alle elementari, mi avvicinai nel seguire quasi ossessivamente le corse dal 1979: Autosprint, Grand Prix su Quinta Rete, Ruote in Pista su Odeon TV (o forse si chiamava GBR??) e poi Rombo dal 1981. Oltre alla Rai del buon Poltronieri, chiaramente. 

Il mio sogno umoristico, da adulto, è sempre stato invece quello di trovare una foto di lui insieme a Brian Henton, Mario Andretti e il nostro “Ghinza” a parlottare in gruppetto, con cappellino e maglietta, per fare un “Photoshop” con sotto scritto “Stiamo lavorando per Voi”, perché visti così insieme sarebbero potuti sembrare una squadra dell’Italgas.

Mass, l’antidivo della Formula Uno dentro un palcoscenico di primedonne

Strano il destino dei piloti teutonici dentro al Circus della Formula Uno prima dell’arrivo di Michael Schumacher: Stuck, Ertl, Stommelen, Mass, Manfred Winckelhock, e Stefan Bellof sono stati tutti “antidivi” refrattari al fascino del palcoscenico mediatico.

Jochen Mass si trovava bene solo dietro il casco Simpson e la tuta chiarissima della livrea Arrows 1979/1980 che sparava in foto il corpo tozzo ed un poco sovrappeso del tedesco. Almeno dietro il casco non doveva confrontarsi con i fotografi.

Se trovate, in tutta la sua carriera, anche solo dieci foto diverse in cui Jochen guarda dritto verso l’obbiettivo, vengo a spicciarvi casa: perché Mass era l’antidivo in persona, un figlio dei fiori della velocità, uno che stava bene nei suoi anni Settanta e che non si sa perché si trovasse in F1, e perché proprio nel periodo più mediatico del tempo.

I Team che lo chiamavano però sapevano perché chiamarlo: affidabile, umile, disponibile e sufficientemente tecnico per trasmettere ai progettisti la linea da seguire in Pista. 

Eppure dei Team che lo hanno visto correre per quasi un decennio in F1, a parte la McLaren nessuno era da zona alta della Classifica: Surtees 1973 quasi in declino verticale, ATS nemmeno a parlarne, Arrows in fase agnostica e March messa là a fare presenza.

Venne poi fuori, ma era fin troppo ovvio, che nella McLaren dove aveva dovuto fare da scudiero a Sua Maestà Fittipaldi prima ed all’esplosivo James Hunt dopo, il trattamento riservatogli da Teddy Meyer era quello di una seconda Guida delle Seconde Guide; e peraltro dalla McLaren sarebbe sloggiato sicuramente, con l’arrivo di Hunt, se il buon “Emmo” non avesse dato in escandescenze minacciando di andarsene. 

Jochen e la Formula Uno: Karma negativo

Cosa che effettivamente fece lasciando disponibile al buon Jochen un volante dentro la Squadra inglese: settimo, nono e sesto in Classifica Iridata nelle Stagioni 75/77; una vittoria, sette Podi e due Giri più Veloci sono un buon pedigree, ma solo questo anche per una seconda Guida dentro McLaren. 

Per questo io penso che sceso dalla imbarazzante Arrows A2 nel 1979 avrebbe dovuto sbroccare e dire chiaramente: “Sapete che c’è? Io nell’Endurance o nell’EuroTurismo me la batterei ad ogni Gara per il Podio contro dei veri Campioni, mentre qui faccio il tappabuchi? Ma andate un po’ a WaffarSteiner (citando il suo sponsor); io me ne vado nell’Euroturismo e dovunque ci sono ruote coperte”. 

Fosse stato così, di Mass avremmo letto i memoriali dedicati da decenni al mitico Derek Bell (vero e proprio fiasco in F1), o ad Hans Heyer e Stommelen (ottimi Piloti ma poco poco in F1) e ad altri. 

Vincente fino dal 1972 con la Ford Capri (vittoria di forza alla 24 Ore di Spa), ottimo con l’Alfa insieme a Merzario nel 1975, perfetto nel 1976 e nel 1977 in coppia con Ickx sulle Porsche, ha commesso la fesseria di rinunciare alle ruote coperte dal 1978 al 1980; per poi tornare a scrivere belle pagine di albo d’Oro dal 1982.

Tra lui e la F1 c’è stato forse un Karma infausto: le poche gioie agonistiche per Jochen risalgono alla vittoria nel tragico Montjuich 1975 oppure al suo ultimo Podio annullato di Jarama 1980 per effetto della Guerra FISA-FOCA. Ma purtroppo tra Jochen e la F1 c’è un carrozzone mediatico che premia solo tre categorie di Piloti: i “Fuoriclasse” (ovviamente), i “Telegenici” (cioè coloro che alle buonissime prestazioni univano la capacità di essere testimonial mediatici), ed infine i “ragazzi con la valigia” cioè coloro che in un range di qualità agonistica tra l’accettabile ed il minimo minimo sindacale potevano però pagarsi il volante di una Formula Uno. In quel periodo tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta invece cominciavano a cadere in disgrazia due categorie nelle quali Mass era rientrato all’inizio e continuava a fornire la sua professionalità con rigore ed impegno: la categoria dei “Talenti” attraverso la quale Mass era arrivato alla massima Formula Uno; e la categoria “Gregari di Lusso”, cioè i Piloti con un certo spessore che si prestavano con rispetto delle consegne a svolgere il ruolo implicito di “reali” compagni di Squadra con una consegna precisa: saper fornire la prestazione maiuscola se e solo se non vi era il Compagno di Squadra da supportare.

Eppure nonostante il rispetto delle consegne Jochen è fatto fuori dalla Mc Laren dal 1978, anche se quella McLaren è all’anticamera del default sportivo e finanziario: Jochen sulla limitatissima “ATS” vede più ritiri e mancate qualifiche, ma si può consolare con gli striminziti punticini che Patrick Tambay ottiene sulla sua “ex” McLaren.

Nel 1979 e 1980 Mass è il secondo onestissimo Compagno di Riccardo Patrese, e questi ruoli saranno rispettati con dignità e lealtà da Jochen che comunque, va ricordato, nella Arrowsnon soffre assolutamente di crisi agonistica: nel 1979 con la terrificante (in negativo) “A2” è davanti a Riccardo e nel 1980 lo segue con solo tre punti in meno in Classifica, ma se fosse stato validato il suo secondo posto in Spagna avrebbe meritato un ottavo posto che per la Arrows sarebbe stata un record.

L’anno 1981 è un anno sabbatico nel quale Jochen resta fuori dalla Formula Uno, ma il rientro è dietro l’angolo……Purtroppo. “Purtroppo” perché Mass accetta un volante dalla March, tornata nel 1982 nel Circus da cui era uscita alla fine del decennio precedente. Uno sponsor “forte” (Rothmans) ed uno staff tecnico di rango dovrebbero promettere risultati onorevoli. Ma neppure per sogno, la March è lontana parente del suo prestigio storico e ingrassa le ultime file delle griglie di partenza e del traguardo. E’ in questo “gap” che si svolge la tragedia che segna carriera e spirito del povero Jochen Mass.

Ed è in quella maledetta “esse” del Circuito di Zolder, in un tiepido pomeriggio belga di Sabato 8 Maggio che si svolge la tragedia. Mass dopo l’incidente, fin dal suo rientro ai Box, è ormai già dentro il fuoco della tristezza e della rabbia. 

Ma non per lui, che ha correttamente interpretato e svolto il protocollo tecnico che regola il comportamento in pista tra Piloti più veloci che provengono da dietro e quelli più lenti davanti.

Jochen Mass, pilota davvero troppo esperto e razionale per fare svarioni, già nella Chicane “TerlamenBocht” davanti a Villeneuve sta percorrendo la curva che vira a sinistra e prima della seconda a destra inizia diligentemente a tagliare verso l’esterno di questa per lasciare al canadese la traiettoria ideale. Gilles non prevede, e forza il passaggio innaturale alla destra di Mass. Tutto il contrario di Long Beach 1978 anche negli effetti. La Ferrari si impenna sulla ruota posteriore della March del tedesco e perde completamente il carico dell’effetto suolo diventando un’ala impazzita. Rotea in aria e ricade, esplodendo in mille pezzi. E’ la fine. Ma dal punto di vista gelidamente tecnico, l’errore di gestione del sorpasso è del ferrarista, e l’errore è irreversibile purtroppo a causa dei 30 Km/h di velocità che la “126C2” del canadese marca in più rispetto alla asfittica March che, in quel momento, Mass stava riportando al Box.

La FISA, affidata la direzione della commissione di inchiesta a Derek Ongaro, nel giudicare la manovra effettuata nella circostanza da Jochen Mass, esclude ogni responsabilità a carico del pilota tedesco che per la Commissione “si era spostato giustamente a destra”, lasciando uno spazio libero all’interno, cioè a sinistra, nel quale Villeneuve non si era infilato “per un suo errore di valutazione, che l’aveva portato a tentare il sorpasso all’esterno”. In sostanza, il verdetto attribuiva le cause dell’incidente a un errore di guida da parte di Gilles Villeneuve. Ma l’emotività del povero Jochen è messa a dura prova dalle ingiurie e accuse avventate e spregevoli dei media, di alcuni colleghi e dei facinorosi. Forse in questo contesto matura l’incidente che coinvolge il tedesco ed un povero Mauro Baldi sulla Arrows del Team che un tempo fu di Jochen.

Gran Premio di Francia 1982, Mauro Baldi sulla Arrows del Team entra in collisione nella fase di sorpasso che Jochen sta compiendo da dietro ed è il disastro, la March del tedesco vola e piroetta verso reti e Guard-rail all’esterno Pista. 

Scoppia l’incendio, e tutti temono il peggio, ma Jochen è vivo. Ferito nel corpo e nello spirito decide il ritiro per sempre dal Circus. 

Da quel momento sarebbe dovuto scattare l’affetto per l’uomo e per il professionista che aveva messo in discussione sé stesso dentro un sistema che non accettava a sua volta di mettersi in discussione.

Ed è per questo, per le offese gratuite proprio all’uomo ed al professionista (colpevole di aver ammazzato un Dio pagano della velocità come Villeneuve) che i coccodrilli di queste ore fanno ancora più tristezza: Jochen era diventato un “paria”, un indegno nella esaltazione evangelica del tifo popolare e tamarro; eppure Mass, in quel maledetto Sabato di Maggio a Zolder non era un birillo da superare in mezzo ad una guerra fratricida dentro al Box Ferrari; Jochen si stava guadagnando, in quel frangente, la pagnotta come tutti i Piloti professionisti del Circus. 

Per metà dell’opinione Pubblica la sua manovra è stata travisata ma “ortodossa”; per altri è stata la causa di un taglio di carreggiata da gestire meglio con i retrovisori: peccato solo che il divario velocistico tra Jochen davanti e Gilles dietro fosse tale da rendere impossibile per il pilota che precedeva avere la visione perfetta dell’accaduto in quelle frazioni di tempo e dal quadrante di specchietti della misura di un cucchiaio da minestra……

Per il resto, Mass è stato il vanto degli accademici delle statistiche minori oppure il facile bersaglio dei facinorosi dopo quel Sabato 8 maggio 1982, da cui deriva l’onta insanabile.

Addio, buon vecchio manovale della F1 e campione vecchio stampo del Motorsport. Tu, protagonista nello sport del famoso film “L’Uomo che non c’era”. 

Tu che non c’eri anche quando c’eri, che avresti dovuto NONesserci solo nell’unica occasione in cui il mondo si è accorto che c’eri, purtroppo; e che oggi non ci sei più. Onore al Milite ignoto Jochen Mass. Da Autoprove.it e da un ex bambino che ti seguiva in TV.

Riccardo Bellumori

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