Auto elettrica: quello che si dovrebbe dire, e non si dice (parte Seconda)

L’auto a motore tradizionale ha resistito a decine di crisi economiche, energetiche, belliche in ogni parte del mondo per oltre settant’anni. Il motivo? Motorizzare la gran parte del mondo ed abituare il consumatore all’acquisto di servizi di mantenimento e fidelizzazione. Ora, al tempo dei servizi immateriali e telematici, il motore endotermico può andare in pensione. Ma solo il motore, perché l’involucro……

Auto elettrica e futuro – Povera auto a motore. Quando vi lamentate di aver pagato troppo una utilitaria comprata oggi – come nuova – ad Euro 8.500,00 e completa di tutto pensate che, rispettivamente, i nostri nonni e i nostri padri hanno sudato per comprare – per l’equivalente degli odierni 14.000,00 Euro e 12.500,00 Euro – le Fiat 600 nel 1957 e le Fiat Uno nel 1984…..Auto complete solo del ferro che le componevano, senza neppure un optional incluso !!!!!

E pensate che durante i 70 anni circa nei quali dal 1950 ad oggi si è materializzata l’espansione di massa dell’auto per uso privato, superando i confini di quello che chiamiamo “Occidente” – per arrivare in Sudamerica, Giappone, Asia, Europa dell’Est – l’auto a motore ha resistito a decine di crisi internazionali geopolitiche, economiche, energetiche.

Cara auto tradizionale, quanto mi sei costata……

L’auto elettrica, abbiamo detto precedentemente, si è diffusa prima e piuttosto velocemente dalla metà dell’Ottocento fino al primo ventennio del Novecento. Come mai non è stata riproposta all’insorgere del primo grande shock petrolifero di fine anni Sessanta? Perché l’auto a benzina ha lasciato gradualmente il posto a quella Diesel, meno assetata e più affidabile. Come mai però l’auto elettrica non ha attecchito dopo le prime contestazioni ambientaliste di metà anni ‘70? Perché a partire dall’iniziativa brasiliana di diffusione dell’etanolo addizionato alla benzina, hanno ritrovato spazio e interesse le trasformazioni a gas e la catalizzazione dei motori tradizionali. Tutta questa resistenza ha trovato una ovvia spiegazione nella diffusione di servizi di postvendita (ricambi e assistenza) in grado di assicurare a tutti i Costruttori una fetta costante del rapporto straordinario di spesa che mediamente lega ogni automobilista alla sua auto : a fronte di 100 Euro di spesa per acquisto dell’auto, si calcola che nei mercati maturi il costo affrontato dall’automobilista per riparare e mantenere l’auto – nel corso della sua vita – ammonti almeno al doppio. Fino a 40 anni fa tutto questo era prevalentemente affrontato “cash” dalla maggioranza della clientela occidentale. L’arrivo della finanziarizzazione ha semplicemente aggregato all’acquisto dell’auto la fruizione dei servizi di postvendita, accelerando il ciclo di sostituzione del bene fisico auto, al prezzo tuttavia di una espansione estrema del rischio finanziario, deflagrato con il crack Lehman del 2007.

Il “buco nero” dei mercati cinese e indiano…..

Il sogno segreto, ma irrealizzabile, di ogni Costruttore di auto sarebbe quello di poter finanziare – come accaduto in Occidente – l’espansione del mercato cinese ed indiano, garantendo progressioni di crescita degli effettivi 40/50 milioni di nuove immatricolazioni che davvero servirebbero ogni anno in quei Continenti. Peccato che una crescita del genere sia insostenibile, con gli effetti che stiamo affrontando anche in Occidente, dove la transizione elettrica sta assumendo di fatto la dimensione di una “decrescita sostenibile” di tutto il comparto auto che abbiamo sempre conosciuto. Decrescita intesa come una riduzione dei numeri di vendita del nuovo, un rallentamento del ciclo di sostituzione, ma un nuovo fronte del tutto sconosciuto ad oggi nel paradigma di consumo occidentale dell’auto : la trasformazione.

Auto elettrica: Il condannato a morte è il motore, non la sua “scatola”

E’ anche chiaro che se e quando Cina ed India dovessero avviare una crescita costante a doppia cifra per i volumi prima detti, e dovesse prima o poi consolidarsi anche il processo di motorizzazione in Africa, il mondo dei Costruttori non avrebbe le risorse e la dimensione necessaria a garantire ancora il ciclo di sostituzione attualmente sostenuto anche nei confini dello stretto Occidente dove, ricordiamo, circolano oggi 900 milioni di auto, il 35% delle quali con anzianità superiore a 10 anni.

E’ tuttavia folle pensare che gli stessi Costruttori vogliano dismettere, a fronte del rallentamento del ciclo produttivo, anche il patrimonio di servizi aftermarket e di ricambi attualmente in catena di montaggio e distribuiti nei magazzini di ogni parte del mondo.

Non avrai altro Kit elettrico all’infuori del nostro…..

Nel dibattito sempre aperto sulla così detta rivoluzione elettrica due cose sono concrete e misurabili, ad oggi.

La prima è che si è finito per considerare un obbiettivo raggiunto non la “elettrificazione” ma la “Ibridazione” del parco auto circolante, con un innegabile effetto positivo per i Costruttori : proseguire il ciclo di sostituzione senza stravolgere la gamma prodotta (in effetti la prevalenza di modelli mild-Hybrid si è finora concretizzata nella implementazione di modelli preesistenti con kit di ibridazione realizzati in-House dai Costruttori).

La seconda è che, sotto traccia, sta continuando senza sosta sia l’offerta di soluzioni aftermarket di Kit per la elettrificazione o ibridazione di auto attualmente in circolazione; sia la presentazione di Kit Retrofit proprietari da parte dei Costruttori. Un segno, senza dubbio, premonitore di quel che potrebbe accadere in massa nei principali mercati occidentali : togliere semplicemente dall’involucro delle auto più vecchie il motore, sostituendolo con i Kit Retrofit, ed in parallelo implementare i modelli più recenti con Kit Ibridi, riducendo sostanzialmente il ciclo di sostituzione “nuovo/quasi nuovo” a livelli sopportabili e sostanzialmente riferibili al mercato aziendale e del Noleggio.

In una proiezione del genere, fatta 100 la domanda relativa al ciclo di sostituzione sostenibile, sulle nostre strade potremmo – in tempi relativamente ragionevoli – vedere sostanzialmente il 10-15% di immatricolato annuo per le auto elettriche; un 40% di auto Ibride di “nuova produzione”; un ulteriore 30% di sostituzione inevitabile “vecchio con usato”; ed infine un residuo 20-15% di trasformazione ed implementazione con Kit Retrofit od ibrido.

Così facendo, oltre a consentire ai Costruttori soglie di produzione industriale sostenibile, si garantirebbe agli stessi il mantenimento di quote di fatturato anche nel comparto dell’aftermarket e dei servizi di manutenzione e componentistica. Una ipotesi, ma non del tutto peregrina, che accontenterebbe un po’ tutti, perché scontenterebbe poco un po’ tutti. Ma, al tempo attuale, meglio tutti poco contenti che il rischio di non vedere contento nessuno……

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