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Nuova Dodge Charger: finalmente a benzina

Appassionati di muscle car, potete tornare tranquillamente dal vostro concessionario Dodge.

Diciassette mesi dopo aver presentato la Charger Daytona elettrica che nessuno aveva richiesto e che nessuno sembra acquistare, Dodge ci ha regalato la coupé che desideriamo davvero, o quasi.

No, le nuove Sixpack Charger non hanno motori V8 né cambi manuali – speriamo che almeno un Hemi arrivi in seguito – ma hanno un valore maggiore rispetto alle Daytona EV e fanno rumore vero.

Le Sixpack sono disponibili in due versioni, entrambe con due o quattro porte. Come per la versione elettrica entry-level ormai fuori produzione, l’auto a combustione di base ha il badge R/T, ma in questo caso ha 420 CV da un motore Hurricane da 3,0 litri, twin-turbo, sei cilindri in linea, al prezzo di 49.999 dollari, più 1.995 dollari di spese di consegna. Si tratta di 9.600 dollari in meno rispetto al costo della Charger Daytona R/T elettrica nel 2025.

Il motore Hurricane è lo stesso già disponibile in altri prodotti Stellantis, come la Jeep Wagoner, e supporta quei cavalli con una coppia di 635 Nm.

Dodge non ha rivelato i dati relativi all’accelerazione della R/T da 168 mph, ma riteniamo che 4,8 secondi per raggiungere i 60 mph (97 km/h) siano una stima corretta, basandoci sui 3,9 secondi necessari alla Charger Scat Pack da 550 CV e 531 lb-ft per raggiungere lo stesso traguardo.

Sebbene la Scat Pack da 177 mph sia ben 431 kg più leggera dell’EV, pesa comunque 2.185 kg e difficilmente la R/T sarà molto più leggera. Tuttavia, la trazione integrale di serie e le modalità di controllo della partenza su entrambe le auto aiutano ad accelerare dalla linea di partenza quando è necessaria la massima spinta al semaforo.

E quando non serve e si preferisce mettersi in mostra, è possibile attivare lo stesso sistema di trazione integrale per inviare la potenza solo alle ruote posteriori, proprio come si può fare su una BMW M3 xDrive o M5.

LA SPORTIVA VERA

Le Scat Pack sono dotate anche di una funzione per burnout istantanei, ma la possibilità di assumere una configurazione RWD non serve solo a garantire più divertimento. Il sistema può scollegare automaticamente l’asse anteriore alle velocità autostradali per ridurre le perdite parassite della trasmissione e aumentare il risparmio di carburante.
Dal punto di vista estetico, la Charger a combustione rimane fedele al modello di design stabilito dalla sua sorella elettrica. La struttura di base della carrozzeria è la stessa, così come le influenze della Charger del 1968, e Dodge si vanta di avere i fianchi più larghi di qualsiasi altra autovettura in commercio.

Entrambe le auto hanno lo stesso design dei fari diurni, ma mentre la Daytona permette all’aria di fluire attraverso la griglia e uscire dal cofano ribassato, la Charger ha un muso convenzionale fisso, una piccola fessura di raffreddamento nel paraurti anteriore e una presa d’aria ampia e poco profonda sul cofano. Nella parte posteriore, l’auto con motore a combustione interna ha un unico tubo di scarico rotondo su ciascun lato del paraurti, con la scritta “Charger” invece di “Daytona”.
Dodge offre finalmente agli acquirenti la Charger a benzina che desideravano da tempo a partire da 50.000 dollari.

Tutti gli Scat Pack montano cerchi da 20 pollici con finitura diamantata e sono dotati di serie di quadro strumenti da 10,25 pollici, scarico sportivo attivo e cruise control adattivo, ma passando allo Scat Pack Plus si ottiene un display da 16 pollici, funzionalità aggiuntive come luci a LED e portellone elettrico, oltre a opzioni come tetto panoramico in vetro e rivestimenti in pelle Nappa.

Opzionale su entrambi gli Scat Pack è il pacchetto Blacktop, che aggiunge cerchi e badge neri, ma solo gli acquirenti della versione Plus possono accedere al pacchetto Carbon & Suede, che fa esattamente quello che dice il nome.
Le specifiche della nuova Dodge Charger R/T non sono ancora state dettagliate perché, insieme alla Scat Pack a quattro porte, non arriverà nelle concessionarie prima della prima metà del 2026, ma ci si aspettano cerchi più piccoli e livelli di equipaggiamento inferiori su tutta la linea.

Gli ordini per la Scat Pack a due porte apriranno il 13 agosto e ci si può aspettare di vederle sulle strade nei prossimi mesi.

Nuovo Fiat Toro: il pick-up al restyling

Il marchio Fiat lancia sul mercato il restyling del pick-up Toro. Il modello ha un look più cattivo, mentre gli interni hanno subito poche modifiche.

La divisione brasiliana del gruppo Stellantis ha presentato il pick-up Fiat Toro aggiornato, annunciato una settimana fa. Ricordiamo che il pick-up su piattaforma Small Wide 4×4 è prodotto in Brasile dal 2016, paese che rappresenta il mercato principale per questo modello. Il pick-up ha già subito diversi aggiornamenti, ma continua a godere di una forte domanda, quindi invece di una generazione completamente nuova, è stato sottoposto a un ulteriore restyling.
La Fiat Toro ha ricevuto una nuova griglia del radiatore più imponente con strisce verticali concave: nelle versioni più costose questi cunei sono rivestiti in cromo. Il pick-up ha mantenuto i fari a due livelli, ma le sezioni superiori delle luci di marcia hanno ora una forma diversa, oltre a essere state sostituite con luci a LED. Inoltre, i fari a LED sono ora di serie (nel precedente modello più economico erano alogeni). La Toro ha anche un paraurti anteriore più rigoroso e nuovi fanali posteriori. Sono stati aggiunti freni a disco posteriori al posto di quelli a tamburo e il design dei cerchi (da 17 o 18 pollici) è stato aggiornato.
Come in precedenza, in tutte le versioni, al posto del bordo ribaltabile del vano di carico sono state installate porte a battente: dopo l’attuale restyling, accanto a queste ante sono apparse delle fessure verticali. La piastra nera che collega le porte (che funge anche da maniglia di apertura) è stata allungata. Il pianale di carico della versione Ultra ha ancora il coperchio rigido di fabbrica.

MOTORI E DATI TECNICI

All’interno ci sono poche modifiche. Le novità principali sono la leva del cambio e il freno di stazionamento elettrico. È stata rinnovata anche la grafica del quadro strumenti digitale standard (7 pollici) e nella parte terminale del tunnel centrale sono state integrate nuove porte USB.

Come in precedenza, il Fiat Toro è disponibile in cinque allestimenti: Endurance, Freedom, Volcano, il già citato Ultra e Ranch. L’elenco delle dotazioni del camioncino base comprende aria condizionata, sistema multimediale con schermo da 7 pollici e cruise control. A partire dalla versione Freedom sono presenti un tablet da 8,4 pollici, climatizzatore e telecamera posteriore. Il pick-up Fiat Toro Volcano offre anche rivestimenti in pelle e ricarica wireless per smartphone. Le versioni top di gamma Ultra e Ranch hanno un tablet multimediale verticale da 10,1 pollici, sistemi di frenata automatica, commutazione automatica dei fari e monitoraggio della segnaletica orizzontale. Il cruise control adattivo e il sistema di monitoraggio degli angoli ciechi non sono disponibili nemmeno a pagamento.
La tecnologia è la stessa. Nelle versioni Endurance, Freedom, Volcano e Ultra, il pick-up è dotato di un motore turbo a quattro cilindri 1.3 Turbo Flex, che funziona a benzina o all’etanolo, molto diffuso in Brasile. Indipendentemente dal tipo di carburante, il motore eroga 176 CV ed è abbinato al classico cambio automatico a sei marce, con trazione solo anteriore.

Il Fiat Toro Volcano è disponibile anche con motore turbodiesel, e solo questo motore è montato sul Toro Ranch, il modello più lussuoso. All’inizio di quest’anno, il pick-up è passato dal 2.0 Multijet II da 170 CV al 2.2 Multijet II da 200 CV.

I modelli diesel hanno un cambio automatico a nove marce e trazione integrale.
La Fiat Toro restyling a trazione anteriore con motore 1.3 Turbo Flex è stata valutata 159.490 – 196.490 real brasiliani (circa 2,3-2,8 milioni di rubli al tasso di cambio attuale), mentre il pick-up a trazione integrale con motore turbodiesel 2.2 costerà 210.490 – 228.490 real. A seguire dovrebbe essere rinnovato il clone del Toro, il Ram 1000.

Garagisti & Co GP1: sogno artigianale

La giovane azienda britannica Garagisti & Co. ha presentato il suo primo modello: la GP1, una supercar prodotta in serie limitata e progettata da zero, con un motore V12 a benzina da 800 cavalli e cambio manuale. Il design della Garagisti & Co. GP1 si ispira alle migliori supercar degli anni ’80 e ’90, nell’abitacolo non ci sono tablet né pulsanti touch, ma solo comandi fisici.

Gli appassionati di auto sportive benestanti richiedono sempre più spesso ai produttori valori tradizionali: il rombo dei motori atmosferici, il clic del cambio e una comunicazione pulita e non offuscata dall’elettronica tra il guidatore e l’auto. La domanda genera l’offerta, quindi il segmento di prezzo più alto del mercato automobilistico viene regolarmente integrato con nuovi nomi. Uno di questi è la società britannica Garagisti & Co. con temperamento italiano, guidata da Mario Escudero. Il nome Garagisti rimanda al termine dispregiativo coniato negli anni ’50 da Enzo Ferrari per indicare le scuderie private britanniche di Formula 1, che regolarmente davano filo da torcere alle scuderie italiane titolate.

Il design della Garagisti & Co. GP1 è stato sviluppato da Ángel Guerra, che in precedenza aveva lavorato per Bugatti e Rimac. L’azienda gli ha affidato il compito di creare una supercar moderna che incarnasse le migliori tradizioni dell’industria automobilistica degli anni ’80 e ’90, e così è stato. Nell’aspetto della GP1 si possono vedere le caratteristiche della Lancia Stratos Zero, della Lamborghini Countach e di altri capolavori di Marcello Gandini. Particolarmente suggestiva è la parte posteriore con un gigantesco diffusore e il cambio meccanico a vista, come nella Ferrari 288 GTO.

LA SUPERCAR UNICA

Il monoscocca in fibra di carbonio per la Garagisti & Co. GP1 è stato progettato dalla società britannica DEXET Technologies, che è anche responsabile dell’ottimizzazione aerodinamica: l’assetto della carrozzeria crea fino a 850 kg di carico aerodinamico. I componenti del telaio saranno forniti da Brembo e Öhlins. Il motore V12 aspirato da 6,6 litri è stato sviluppato dalla società italiana Italtecnica, con una potenza massima di 800 CV a 9000 giri/min e una coppia massima superiore a 700 Nm. Il cambio meccanico a 6 marce Xtrac trasmette tutta la potenza alle ruote posteriori. Le caratteristiche dinamiche della GP1 non sono ancora state rese note. Il peso a secco non dovrebbe superare i 1000 kg.

L’abitacolo laconico a due posti della Garagisti & Co. GP1 è generosamente rivestito in pelle, sotto la quale si nasconde una struttura in fibra di carbonio. I sedili del conducente e del passeggero sono separati da un’alta console centrale con leva del cambio e una serie di grandi pulsanti fisici. Non c’è uno schermo multimediale, in modo che il conducente non sia distratto dalla strada, possa immergersi completamente nella guida e godersi appieno il viaggio. Allo stesso tempo, è garantito un livello di comfort piuttosto elevato, ovvero una buona insonorizzazione e un bagagliaio capiente: un lungo viaggio in questa vettura non sarà affatto faticoso.

Garagisti & Co. ha in programma di produrre solo 25 esemplari della GP1, ciascuno dei quali costerà al cliente almeno 2,45 milioni di sterline, tasse e spese di consegna escluse.

L’azienda afferma che la GP1 è attualmente in fase di sviluppo e collaudo finale, ma non ha ancora comunicato la data della sua presentazione ufficiale. Dopo la GP1 da strada, verrà prodotta una versione da pista ancora più esclusiva di questo modello.

BYD sfida Xiaomi e punta al record del Ring

La potenza record tornerà utile alla supercar cinese BYD Yangwang U9 sul circuito nord del Nürburgring, dove tenterà di battere il record della Xiaomi SU7 Ultra.

Ricordiamo che il marchio di lusso Yangwang appartiene alla società BYD, che lo utilizza per vendere i suoi modelli più costosi e tecnicamente avanzati. La supercar elettrica Yangwang U9 è stata lanciata sul mercato cinese nel febbraio 2024 ed è dotata di un propulsore a quattro motori con una potenza massima complessiva di 1306 CV e 1680 Nm, mentre la sospensione elettroidraulica attiva garantisce una manovrabilità eccellente.

La BYD Yangwang U9 accelera da 0 a 100 km/h in 2,36 secondi, la velocità massima è limitata a 300 km/h, ma se si disattiva il limitatore, la supercar può raggiungere i 392 km/h, come dimostrato dalla BYD nella pratica. La Yangwang U9 costa 1.680.000 yuan.

Lo scorso autunno, BYD ha portato la Yangwang U9 al Nürburgring e l’ha fatta correre sul Nordschleife, ma il tempo finale sul giro non è stato particolarmente impressionante: 7 minuti e 17,900 secondi, che non è stato inserito nella tabella ufficiale dei record del Nürburgring.

LA SFIDA AL RING

Nel frattempo, la scorsa primavera, la berlina sportiva cinese Xiaomi SU7 Ultra ha percorso il Nordschleife in 7 minuti e 04,957 secondi, diventando l’auto elettrica di serie più veloce su questo circuito, superando non solo la sua diretta concorrente Porsche Taycan Turbo GT (7 minuti e 07,551 secondi), ma anche la più prestigiosa supercar elettrica croata Rimac Nevera (7 minuti e 05,298 secondi).

La Xiaomi SU7 Ultra costa a partire da 529.900 yuan, ma è più potente della Yangwang U9: i suoi tre motori elettrici erogano complessivamente 1548 CV e 1770 Nm, l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiede 1,98 secondi e la velocità massima è di 350 km/h.
A giugno Yangwang ha promesso di tornare al Nürburgring con una versione aggiornata della U9, e oggi è diventato chiaro in cosa consiste esattamente l’aggiornamento: nella banca dati elettronica del Ministero dell’Industria cinese è apparsa la Yangwang U9 nella versione Track Edition, dotata di un propulsore più potente: ciascuno dei quattro motori elettrici eroga una potenza massima di 555 kW, per un totale di 2220 kW o 3019 CV!

Non è certo che la batteria sia in grado di sostenere una tale potenza, poiché le sue caratteristiche sono ancora sconosciute, ma in primavera BYD ha presentato una nuova generazione di batterie e motori elettrici progettati per un’architettura a 1000 volt, con una tensione di picco che può raggiungere i 1500 V.

Se davvero supererà i 3000 CV, la BYD Yangwang U9 diventerà l’auto di serie più potente al mondo. Attualmente il primato spetta alla Rimac Nevera R: i suoi quattro motori elettrici erogano complessivamente 2107 CV.
È interessante notare che per la BYD Yangwang U9 Track Edition sono stati dichiarati pneumatici più alti rispetto al modello base, con dimensioni 325/35 ZR 20. Nella Yangwang U9 standard, le dimensioni degli pneumatici anteriori sono 275/35 R 21, mentre quelle posteriori sono 325/30 R 21. Il peso a vuoto della supercar nella versione Track Edition è di 2480 kg. La velocità massima è limitata a 350 km/h. Per ora questi sono tutti i dettagli, aspettiamo la presentazione ufficiale e, naturalmente, il nuovo record al Nürburgring.

Audi A5L in Cina con gli ADAS di Huawei

L’Audi A5L Sportback in Cina è diventata la prima auto ICE al mondo a disporre del sistema ADAS di Huawei (denominato Qiankun), secondo quanto riportato da Car News China.

Durante la serata di lancio del 2 agosto sono stati ricevuti circa 9.800 preordini per l’auto, il cui prezzo parte da 259.900 RMB (153.000 RM), e quasi il 30% di questi riguardava le varianti dotate di Huawei ADAS.

Secondo CNC, SAIC-Audi ha stretto una partnership con Huawei cinque anni fa e l’A5L Sportback è dotata di due sensori LiDAR (la maggior parte dei veicoli equipaggiati con Huawei ADAS ne ha uno), 11 telecamere ad alta definizione, sei radar a onde millimetriche e 12 radar a ultrasuoni, che consentono l’assistenza al parcheggio, la navigazione autostradale e urbana con pilota automatico, l’evitamento dinamico degli ostacoli, il cruise control adattivo, l’assistenza alla svolta a sinistra non protetta e l’assistenza al cambio di corsia.

DATI TECNICI E MOTORI

Con una lunghezza di 4.903 mm, una larghezza di 1.883 mm e un’altezza di 1.427 mm, la A5L Sportback è più lunga di 74 mm, più larga di 23 mm e più bassa di 17 mm rispetto alla A5 Sportback, pur mantenendo il passo di 2.922 mm.
Si basa sulla nuova piattaforma Premium Platform Combustion (PPC) di Audi, con un motore turbo EA888 da 2,0 litri di quinta generazione e un cambio S tronic a sette rapporti. Sono disponibili versioni da 204 e 272 CV; la coppia è di 400 Nm.

Dotata di trazione integrale quattro ultra e di un sistema ibrido leggero MHEV Plus a 48 volt, la A5L Sportback può viaggiare solo con l’alimentazione elettrica a velocità inferiori a 25 km/h. Lo sprint da 0 a 100 km/h viene completato in 5,6 secondi.

Le caratteristiche includono un logo illuminato con quattro anelli, fari a LED matrix, luci posteriori digitali OLED, uno spoiler posteriore a coda d’anatra, finestrini senza cornice, un cruscotto curvo da 11,9 pollici e un touchscreen centrale da 14,5 pollici, uno schermo di intrattenimento da 10,9 pollici per il passeggero anteriore, 20 altoparlanti Bang & Olufsen, sette airbag, un tetto panoramico e un volante di forma leggermente oblunga.

Addio Iveco SpA: a Tata mezzo secolo di storia

La crisi è il momento dal quale può nascere una nuova opportunità, dicono i saggi orientali. 

Deve essere accaduto lo stesso con la nascita di “Iveco SpA” il primo Luglio del 1975. Quando nasce, “Industrial VEhicolCOmpany” appare come una risposta ad una crisi industriale, economica, e non solo energetica che avvolge tutta l’Europa, ed alla quale si può sopravvivere solo cambiando paradigma e visione di approccio al mercato. 

Dalla crisi energetica emergono nuovi player e nuovi modelli di presenza sul mercato; Perkins diventa un colosso mondiale nella offerta di motori a Gasolio, e il mondo dei trasporti per primo si deve adeguare al momento di emergenza. 

Da questo scenario nasce “IVECO” attraverso la fusione di quattro diversi Marchi acquisiti, inglobati o partecipati dal Gruppo Fiat; per trasformare una crisi in opportunita’ rappresentata dalla fusione di:

OM, il Marchio storico pervenuto a Corso Marconi che produceva prevalentemente linee di camion leggeri;

Unic, ceduta dalla SIMCA di Pigozzi alla Fiat, che produceva camion da movimento terra;

Lancia Veicoli Industriali, che poco prima della fusione produceva ancora l’Esagamma e linee di Autobus con la Breda; 

ed infine la tedesca Magirus Deutz, che peraltro prima di confluire in Fiat aveva a sua volta dato vita nel 1971 al “Vierer Club” con la francese SAVIEM, la VOLVO e la consociata DAF al fine di programmare una linea comune di veicoli commerciali medi ed affrontare insieme, attraverso la condivisione e riduzione dei costi fissi, logistici e di approvvigionamento, l’inizio di un periodo critico in Europa. 

Fu forse questa l’idea che spinse il progetto dell’Ingegner Bruno Beccaria, già D.G. di OM dal 1950 e dal 1969 Direttore di tutto il settore “Pesante” del Gruppo Fiat una volta acquisita OM, per essere poi nominato nel 1971 Vice Direttore Generale di tutto il Gruppo FIAT. 

Primo A.D. dell’Iveco dal 1975 fino al 1978, ne diventa anche Presidente; dentro un Marchio che “parte con il botto” davvero: la “fame” di veicoli commerciali ed industriali nuovi e più efficienti da metà anni Settanta in Europa è altissima ed IVECO arriva con Gamme unificate di “Bus & Trucks” ma anche con la linea “Jolly” di LCV del “Daily” dal 1978, uno dei pochi furgoni a chassis classico con longheroni e c.d. “presa di forza” che si può contrapporre alla gamma Mercedes. 

Se dovessimo celebrarne la storia secondo anniversari e JV impiegheremmo ore: con IVECO sembrava essere davvero nata in Italia una Società cosmopolita in grado di stringere alleanze e creare progetti a livello internazionale, ed in grado di esprimere una capacità ingegneristica di primo livello. 

Nel 1985 è attraverso IVECO che Fiat sperimenta la Iniezione diretta su un motore Diesel industriale, per poi travasare il brevetto sulla “Croma TD” del 1988. Sempre nel 1985 arriva la JV con Ford e l’acquisto del piccolo colosso italiano dei Camion da cantiere e mezzi d’opera, la “ASTRA”.

Negli anni ’90 arriva la famiglia “Euro” (Cargo, Tech, Star e Trakker) ed IVECO è il primo Marchio europeo di mezzi pesanti a vincere due volte consecutive il premio “Truck of the Year”; compra la storica “ENASA” che produce la Gamma “Pegaso”. 

Nel 1991 la prima JV in Cina, con la linea di montaggio del TurboDaily presso la Nanjing Corp. 

Trenta anni fa esatti IVECO raddoppia dentro la Grande Muraglia, e con la Yuejin di Nanchino nasce il Consorzio NAVECO per lo studio di motorizzazioni e soluzioni per veicoli Diesel leggeri, mentre la Sinopec (sempre cinese) si accorda per produrre su licenza mezzi antiincendio.

Sempre trenta anni fa l’Impianto IVECO di Foggia festeggia il motore numero 2,5 milioni, mentre nel 1999 nasce il primo Turbodiesel pesante al mondo con turbina a geometria variabile.

Nel 2003 Irisbus (Joint nata con Renault) entra completamente dentro IVECO che venti anni fa confluisce in Fiat PowertrainTechnologies che poi diventa “Fiat Industrial”; e dalla fusione di Fiat Industrial ed IVECO nasce CNH Industrial nel 2013 per poi procedere ad un successivo “spin off” del Marchio IVECO da CNH Industrial dal 2021.

Nel 2008 una sorta di “esercizio commerciale sperimentale” porta IVECO a lanciare –in sinergia con Santana Motors S.A. in Spagna presso cui era prodotto – il fuoristrada MASSIF, che tuttavia ha interrotto la sua vita nel 2011 per il sopraggiungere del fallimento della Santana Motors.

E’ però anche, il Massif, l’occasione per riportare in auge la “Sofim IVECO” di Foggia, l’Impianto di produzione motori che dà vita a quello che le riviste specializzate dipingono come uno dei migliori motori per fuoristrada.

Poco prima del Lockdown, a fine 2019, IVECO e Nikola Corporation danno vita ad una Joint Venture mirata a studiare propulsione ed alimentazione ad Idrogeno, a celle di combustibile e con propulsione 100% elettrica; ma con lo Spin Off del 2021 IVECO Group diventa una realtà industriale specifica separata da CNH Industrial. A quel punto arriva la quotazione in Borsa ed il nuovo assetto azionario che nella immediatezza precedente alla vendita a TATA era il seguente: Exor, Acadian, Norges Bank, Southpoint Capital Advisors LP, The Vanguard Group Inc., Artisan Partners LP, Janus Henderson Investors UK Ltd., SchroderInvestment Management Ltd., Dimensional Fund Advisors LP, BNP Paribas Asset Management Belgium SA e Gabelli Funds LLC; con Exor in possesso del 27,06%  (valore 1,43 mld. Euro) di azioni per un diritto di voto pari al 43%; ed a seguire Acadian e Norges.

IVECO, un gioiello a sua insaputa, o l’ennesimo errore strategico in casa Elkann?

Ma, industrialmente, cos’è stata IVECO fino ad un attimo prima della cessione alla Tata? 

Un fatturato di 15,3 miliardi di Euro nel 2024 ed un fatturato medio di circa 14 miliardi e mezzo di Euro nel periodo tra lo scorso anno e l’esercizio 2021; un risultato operativo di 819 milioni di Euro nel 2024 e un risultato operativo medio di seicento milioni di Euro tra l’esercizio 2024 e quello 2021; ma anche 14.000 dipendenti in Italia su 36.000 totali nel mondo (poco meno di un terzo del personale mondiale dentro IVECO è stato fino ad oggi impiegato nelle sedi di Bolzano, Torino, Brescia, Mantova e Foggia; un Business focalizzato per quasi l’80% sulla vendita di veicoli commerciali, dedicati e specializzati (LCV, bus, camion, movimento terra, antincendio, etc..) su base di Gamma Iveco, Astra, Magirus, Heuliez, IDV, FTP Industrial; oltre alla linea dei mezzi per Difesa di Iveco Defence Vehicles. 

Un perimetro di ulteriori 22 Siti in tutto il Mondo (esclusi gli Stabilimenti in Italia) tra diretti ed impegnati su Joint Ventures (tra i principali: ENASA/Pegaso – Madrid, Valladolid; Sete Lagoas(Brasile); Cordoba (Argentina); NAVECO – Nanjing; SIH – Chongqing; LARIMAR – Pretoria; ed una ripartizione del fatturato che vede il 75% della quota incentrata in Italia, quasi il 12% sviluppato in Sudamerica, il 2% in Nord America ed il residuo 11% sparso in tutto il mondo.

Sciorinamento di cifre, per coronare un solo dato, freddo ed inequivocabile: tutto questo è stato ceduto da Exor per 1,05 miliardi di Euro a Tata Motor che acquisisce il Business “civile”; e per 1,7 miliardi a Leonardo (ex Finmeccanica) che acquisisce la parte Difesa e militare. 

In aggiunta Tata dovrà sborsare ulteriori 2,7 Miliardi di Euro per esercitare l’OPA necessaria al delisting dalla Borsa del titolo IVECO; 

e per farlo, citano i bollettini ufficiali del Marchio indiano, Tata Motors Limited eserciterà l’Offerta Pubblica di Acquisto attraverso una Società di diritto olandese in caso costituita ad hoc……

Si, esatto, complimenti per l’attenzione: anche FCA ha sede legale in Olanda, o meglio: Sede Legale da tempo ad Amsterdam e sede operativa post Stellantis a Hoofddorp (questo per continuare ad incensarmi sulla mia e solo mia personalissima opinione che FCA finirà presto, una volta sciolto il matrimonio con PSA per Stellantis, nell’orbita Tata a sua volta); 

ma guarda caso l’Olanda è anche Sede di Tesla, con cui la Tata solo quattro mesi fa (secondo E.T. / “The Economy Times”) ha chiuso un accordo di fornitura globale da parte delle sue controllate AutoComp, Consultancy Services e Tata Electronics di servizi e componenti. Cosa che, per ora, non fa triangolo in nessuna proiezione o composizione aleatoria tra Tesla ed IVECO ovvero Tesla ed FCA. Ma, a parte tutto: avete letto bene l’elenco di cose che ha rappresentato IVECO fino a un attimo prima del suo passaggio a Tata? E, in tutta franchezza, la cosa interessa minimamente ad El Kann major (John)?? Ovviamente no. John Elkann è un esponente episodico nel mondo Automotive.

Ed è giusto così: a ciascuno il suo, ed ovviamente in un’altra vita e senza la familiarità con la famiglia Agnelli, John Elkann sarebbe analogamente dove è ora? 

Ma cosa significa Amazon in India, attualmente? 12 milioni di PMI indiane digitalizzate nel Marketplace Amazon, decine dimiliardi di dollari di esportazioni, un milione e mezzo di posti di lavoro, un piano di investimenti per 26 miliardi entro il 2030; Amazon in India significa, non a caso, la sede aziendale più grande al mondo oltre i confini d’America; significa soprattutto la strizzata di occhio che Trump sta concedendo ad un sempre più possibile best partner commerciale ed industriale con gli Stati Uniti e con la Gran Bretagna; ed in India Amazon significa una rete di oltre 10.000 mezzi 100% elettrici da ampliare ulteriormente.

Certo, la gavetta a montare fari alla Magneti Marelli mangiando il pranzo nella gavetta con la tuta sporca di residui di grasso e fili di rame; oppure a montare gli sportelli nell’Impianto polacco di mamma Fiat, fanno capire il percorso sofferto e davvero faticoso che quello che tutti considerano a torto un rampollo fortunato che deve combattere tutti i giorni con il pregiudizio e l’invidia di poveri diavoli come me. 

Qualunque battaglia abbia dovuto sostenere con le sue sole forze John Philip Jacob Elkann, le ha comunque tutte vinte, arrivando al ruolo ed al potere che, se non ricordo male, era predestinato ad un bravo ragazzo che, invece, 28 anni, la sfida più importante della sua esistenza l’aveva persa: Giovannino Agnelli, deceduto a 33 anni per un tumore all’intestino che lo ha portato via il 13 Dicembre del 1997. Oggi ancora di più e come spesso capita penso a quel che avrebbe potuto dire e saputo dire Giovannino, all’eta (se la avesse raggiunta) di 61 anni.

Con tutto il rispetto per la storia degli Agnelli, ho sempre pensato che Umberto di auto ne capisse più del fratello Gianni, l’Avvocato. 

E per questo mi era sembrato del tutto normale ed ovvio che, impallinato il povero Vittorio Ghidella, lo stesso Gianni e Cesare Romiti si fossero fatti prendere dallo schiribizzo – nei primi anni Novanta – di fare shopping compulsivo in Europa e Francia di formaggi, Yoghurt, Assicurazioni, fondi pensione, Redazioni e Supermercati. Tutto purchè non puzzasse di automobili. 

Mi tengo buona la sensazione che tra Giovannino e John Elkann la differenza sia tutta qui. 

Per Giovannino l’automotive era una ragion d’essere. 

Per John Elkann un asset, cioè “Un di cui”. Dal lato puramente finanziario è così: dall’altro lato, quello strategico, John Elkann è stato in grado di cedere – in piena esplosione in Europa di piani e politiche incentivanti su Logistica ed Ultimo Miglio Green, Trasporto commerciale evoluto, sviluppo di mobilità professionale informatizzata, etc.. – una sorta di piccolo forziere – l’IVECO – capace se opportunamente sviluppato e supportato di fare da traino per qualunque Gruppo di linee di Business ad alto valore aggiunto. Ma se la vediamo da un altro punto di vista, se la passione di John Elkann è su Fondi Pensione, Sanità e ICT e non per l’Automotive, chi può fargliene una colpa? 

Il regalo fatto a Tata, presumo, gli indiani lo ripagheranno con gli interessi, se come dico da anni dovesse finalmente prendere corpo, dopo lo scioglimento di Stellantis, il nuovo raggruppamento elettivo protagonista dell’Automotive mondiale: TATA/FCA (Fiat Chrysler) con Tata, Fiat, Opel, Abarth, Jeep, Land Rover, Jaguar, Iveco. Niente male. E se IVECO doveva essere eventualmente rassegnata a vivere da straniera in casa sua (Exor o Stellantis), meglio forse è stato cederla ad un Costruttore seriamente intenzionato a crescere. 

Certo, questo non esime dal rischio che prima o poi il nostro Gioiello tecnologico possa essere espiantato dall’Italia.

Cosa ci fa IVECO di Tata? E cosa ci potrebbe fare Tata conIVECO?

Strana evoluzione, quella di Tata, dentro la ancora più strana evoluzione del mercato auto indiano: eterna promessa, vulcano commerciale previsto in piena eruzione da anni, fino a ieri segnato da crescita bassa e da una preferenza del pubblico potenziale rivolta ancora al mondo delle due ruote dove l’India è davvero un mercato leader per numeri ed assortimento. 

Ma l’India è anche attualmente il laboratorio a cielo aperto di una architettura di sviluppo integrato dove, rispetto alla evoluzione “vecchio stampo” di tipo “fisico” in Europa ed America, ed anche rispetto alla difficoltà attuale di rendere omogeneo lo sviluppo della mobilità privata in tutti i territori della Cina, si sta privilegiando in primis la costruzione di un ambiente globale, condivisibile e tracciabile basato – ovviamente – sulla prospettiva di una motorizzazione di massa di tipo elettrico. Le parole chiave di tutta questa anticamera di sviluppo strutturale sono:

​-Blockchain, per uniformare/tracciare/sviluppare un ecosistema automobilistico indiano tra i più disorganizzati e disomogenei al mondo;

​-Virtualizzazione della Logistica (vedi Amazon);

​-Definizione di protocolli globali standard per la produzione elettrica futura.

Qui entrano in gioco, a premessa dell’operazione Tata/IVECO, alcuni “Jolly” ed alcune curiose coincidenze che ci fanno capire quanto il mondo automotive indiano si sia mosso finora molto sotto traccia. E questo ha coinciso profondamente con il “crepuscolarismo” che ha contraddistinto da almeno un lustro i due animatori principali ed istituzionali del mondo auto indiano: da un lato Ratan Tata e dall’altro Adnan Mahindra. A dire il vero, sottotraccia c’è anche un dato, folkloristico ma significativo: è stato l’Indiano Ajay Banga a presiedere Exor dal 2022 al 2023 prima di diventare il Presidente della Banca Mondiale.

Amazon, Tata, Iveco: un “trust” possibile e miracoloso?

Entrambi esplosi all’attenzione mediatica mondiale dopo il Crack Lehman, hanno dominato per alcuni anni le cronache di settore (M&A, programmi di sviluppo, ingresso in nuovi mercati) per poi entrare in un cono d’ombra che purtroppo, nel caso di Ratan, ha incontrato anche la scomparsa del Deus ex Machina del Marchio autoreferenziale.

Proprio Ratan che, dopo l’acquisto di Jaguar e Land Rover sembrò ad un passo da un accordo storico con la allora – ancora – Fiat di Sergio Marchionne.

Ebbene, dopo il focus mediatico di una quindicina di anni fa, Tata ha cominciato un percorso di evoluzione e ramificazione sotto traccia che l’ha portata a sviluppare Joint Ventures e nuovi Business di grande portata. Ma quello che è curioso constatare è la coincidenza di alcuni nomi che tra loro sovrappongono programmi comuni sia con Tata che con Iveco.

Il primo nome è quello di Amazon, colosso mondiale della logistica che in India ha piani di business straordinari: Tata Communication ed Amazon Web Services (AWS) hanno da poco chiuso un accordo per realizzare una rete avanzata predisposta per l’Intelligenza Artificiale ed il Cloud in India: anticamera questa per uno sviluppo “Blockchain oriented” del Marchio Auto indiano; curioso che con Amazon anche IVECO abbia stretto un accordo recentemente, quello per la fornitura di 1100 Trucksalimentati a GNL. 

 

Veramente Amazon significa qualcosa anche in Italia, nel rapporto con Stellantis ovvero con la parte italiana di Stellantis: perché è con Amazon in ballo un progetto per “surrogare” attraverso il colosso americano la logistica Automotive (mezzi, ricambi e servizi) necessaria al Gruppo italo-francese.

 

Non so perché a questo punto del resoconto mi entra nel ragionamento anche Piaggio: per il Gruppo di Pontedera, che la Exor non controlla direttamente ma indirettamente tramite la sua partecipazione in Immsi SpA che a sua volta controlla Piaggio; ma per la Piaggio l’India è molto di più di un mercato estero. E’ la nuova casa dell’APE a tre ruote, ed è soprattutto un business in crescita progressiva: nel 2023 Piaggio ottiene un balzo record nel Business che cresce a doppia cifra  Ci sono però ricordi che riaffiorano anche nelle sinergie tra Tata e Piaggio: in particolare nel 2008, periodo di shopping compulsivo per TATA, il Gruppo indiano formalizza l’acquisto di Piaggio Aero Industries, controllata di Pontedera sul ramo aviazione leggera, ed ovviamente si impegna nello studio di vettori per logistica e distribuzione commerciale. 

Guarda caso, Piaggio Aero Industries, inglobata da Piaggio Aerospace, entra in Amministrazione controllata nel 2018 per poi essere acquisita, solo cinque settimane fa dal Gruppo turco Baykar

Baykar, guarda un po’, produce Droni militari (ma anche commerciali??); ed ha attiva una Joint Venture con Leonardo, da pochi giorni entrata in possesso di Iveco Defence. Casualità,coincidenze. O mistico destino. Ne capiremo qualcosa solo vivendo…

Hyundai, IVECO, Tata, Piaggio: incrocio di nobili e comuni intenti

Un altro poligono curioso e non troppo casuale, cioè un quadrilatero, in questo accordo tra Exor e Tata è quello formato anche con IVECO, Hyundai, Foton e Piaggio.

Iveco e Foton avevano già raggiunto un accordo nel 2024 per lo sviluppo di una linea di veicoli commerciali leggeri appena sotto il Daily Iveco; contemporaneamente questo accordo raddoppiava il programma elettrico avviato in JV tra IVECO e Hyundai che ha messo a disposizione il suo Chassis 100% elettrico. Guarda caso, Foton aveva stretto poco prima – nel 2023 – una JV con Piaggio per lo studio di veicoli commerciali leggeri di Gamma superiore al Porter. 

Dunque, per capirci, stando e restando così il quadro degli accordi intessuti, dovrebbe nascere a breve una nuova Gamma di LCV “Piaggio/Foton” di poco superiore al piccolo Porter, sopra la quale si posizionerebbe una nuova Gamma “IVECO/FOTON” di poco inferiore al Daily ed affiancata dal modello Hyundai elettrico customizzato da Iveco. 

Senza dimenticare che la Rete di ricarica attivata in India dalla Hyundai per alimentare le proprie BEV è stata realizzata da una consociata di TATA……..

 

E se avete timore che Tata possa essere gelosa di questo intreccio, vale la pena ricordare che Foton è un marchio del Gruppo Beijingcon cui Tata ha già avviato diverse Joint Ventures in Cina.

 

Et voilà, il coup de theatre: sapete che tra la Cina e la Jeep esisteva fin dal 1983 un accordo per la produzione delle “Laredo” e delle “Wagoneer” ? Inizialmente avviato tra la Peking IndustryCorp e la AMC Jeep, fu ratificato nel 2002 dalla allora Daimlerchrysler e la Beijing che aveva rilevato la Peking; dopodiche’ un attimo dopo essere stato sciolta la fusione DaimlerChrysler, acquisita la Chrysler dal fondo Cerberus per 7,4 Miliardi di Dollari, la stessa Casa della Stella a cinque punte nel 2007 annuncia un accordo con Chery.per portare negli USA per la prima volta nella storia una utilitaria cinese Low Cost; la cosa solleva un vespaio epocale, che segue al marasma mediatico lanciato da una “copertina” del Quotidiano Online “The Globalist” del 23 Febbraio 2007, nella quale si preannuncia l’ipotesi di acquisto di Chrysler da parte di TATA, guarda caso; ma in questa versione si trattò esclusivamente di un articolo completamente inventato: l’autore intendeva sollevare un movimento di attenzione ed opinione sull’allarmante dinamismo di Mister Ratanche in poche settimane aveva messo le mani su due piccoli baluardi europei nella produzione di acciaio, comprando la “CorusSteel” nei suoi due stabilimenti in Gran Bretagna ed Olanda; e che dunque era visto come una sorta di “shopper” impazzito in grado di comprare Marchi falliti o in via di fallimento, come appunto fu la Chrysler ceduta dalla Daimler con venti miliardi di Dollari di insolvenza verso Fornitori e dipendenti.

A proposito di accordi: che, un attimo prima dell’accordo tra tra Exor e Tata per la cessione di IVECO, sia del tutto fallito ed affondato in alto mare l’accordo GAC-FCA, questa davvero è una notizia recente: 1,1 miliardi di debiti a chiusura di una Joint Venture avviata nel 2009. Fallimento che chiude l’ipotesi rimasta per anni in piedi su una possibile linea di montaggio di Jeep su licenza nel Continente cinese.

 

Joint Venture che viene, Joint Venture che va: cosa parte e cosa resta in IVECO/Tata?
Logicamente, la condizione di Gruppi globali Automotive di Iveco e Tata non può prescindere dalla attivazione e presenza di tante Joint Ventures che entrambi i Player hanno attivato. Ed anche qui curiosamente ci sono degli incroci storici. Della storica Joint Venture tra FCA e GAC si è appena detto. 

E’ il caso di parlare però di Cummins, supplier leader mondiale nella fornitura di servizi e unità motrici per l’Automotive: diversi anni fa il Marchio aveva lavorato fianco a fianco con IVECO per le motorizzazioni a Gasolio dei suoi mezzi; per poi attivare una vera e propria commessa di fornitura per il gigantesco 6700 cc. Diesel della Gamma RAM /Chrysler. Recentemente, poco prima dell’accordo con IVECO, anche TATA aveva stretto un accordo tematico sulla propulsione elettrica con Cummins, in aggiunta alla storica JV attiva dal 1993 “TATA Cummins Private Limited” alla quale ora si aggiunge “TC Green Energy Solutions” dedicata allo studio di motori alimentabili ad Idrogeno, piattaforme Fuel Cell, o totalmente elettriche. Tra tante JV che restano, alcune invece sono destinate a tramontare: è il caso della Magirus Deutz che Exor/IVECO ha ceduto recentemente al Fondo di Private EquityMutares; oppure della famosa JV tra IVECO e Nikola, acquisita completamente nel 2023 dal Marchio torinese ma ormai abbastanza lettera morta. Invece una Joint Venture davvero curiosa è quella che si è venuta a creare recentemente tra IVECO e…Stellantis, con il Marchio “Pro One” attraverso il quale il colosso italofrancese ha individuato in IVECO il Partner commerciale ideale per la commercializzazione in Europa a proprio Marchio di due veicoli elettrici prodotti però da Stellantisnel segmento “Mid-Size” e Large Van: una linea prevista in uscita nel 2026 e che prevede un accordo decennale fino al 2035. Che sarà di questo accordo?

 

Fiat e TATA: sotto sotto…..sono già fidanzati?

E’ un po’ il segreto di Pulcinella: Fiat e poi FCA hanno da tempo avviato linee di business Automotive in India, da soli o in JV, per produzioni in nome proprio, o su licenza, o in outsourcing. Si partì nel 1997  con Fiat India Limited a Pune, ridenominata FCA India dal 29 Ottobre 2007, che dal 2017 da’ il via alla produzione della Jeep Compass e che ovviamente viene partecipata da TATA.Insomma, da anni il matrimonio possibile tra Fiat/FCA è spesso saltato più per condizioni internazionali che non per motivi di contrapposizione o reticenza degli attori chiamati a fondersi tra loro: se il Crack Lehman ha portato alla nascita di Fiat Chrysler Automobile (poi FCA) per motivi di opportunità finanziaria, il rodaggio del nuovo Gruppo ha fatto i conti con l’Austerithyeuropea e con il ristagno economico, e con una nuova ipotesi di fusione con GM; per poi arrivare al DieselGate e successivamente alla crisi pandemica per una sorta di corsa ad ostacoli che in verità prima della crisi pandemica ha visto la scomparsa prematura del timoniere d’eccezione in casa FCA, Sergio Marchionne. In fondo, se si guarda allo scenario possibile e non a quello ineludibile, di occasioni per fondere tra loro due “Big” Player gestiti da superManager con una vision ben precisa del mondo Auto ce ne sono state potenzialmente parecchie. Motivo per cui rilancio la mia personale opinione che quel che sarebbe potuto nascere, non potrà non avvenire.

Intanto, gli Elkann fanno…..gli indiani: Exor investe ripetutamente in India

Sarà che – come detto sopra – tra il 2022 ed il 2023 a presiedere Exor è stato chiamato un Manager indiano, ma l’attenzione e i soldi che Exor ha destinato negli ultimi anni all’India sono qualcosa che fa suggestione: attraverso Exor India Inc. la finanziaria di casa Agnelli/Elkann è nel progetto di piattaforma online di vendita auto usare “Cars24”, inoltre sempre in India ha programmato una suite di supporti HMI per l’automazione industriale; investe nella piattaforma online MyTVS – Supply Chain Solutions, che fa capo alla startup Ki Mobility Solutions e riunisce i servizi post vendita dedicati al mondo auto. Oltre a questo Exor ha recentemente acquisito una Startup come “Ultraviolette Automotive” che produce linee di mezzi a due ruote elettrici.

Ma insomma: questa IVECO “ce serve” o “Nun ce serve”??? Il mercato LCV in India

Ovviamente una domanda legittima ce la poniamo in termini filosofici: è IVECO che avrà “bisogno” di Tata Motor (una Corporate che fattura quasi 40 miliardi di Dollari all’anno e che occupa in tutto il mondo circa 90.000 persone in oltre 90 filiali estere) o sarà Tata a doversi avvalere dell’indubbio e cristallino “Branding” offerto da Iveco? 

La prima ipotesi non può che partire dal mercato indiano. 

Ovviamente le prospettive di crescita qui sono straordinarie; e dunque perché non analizzare questo possibile nuovo sbocco per un Marchio come Iveco che in Europa ha già di suo un più che onorevole market Share del 12% e che in India “parte” da un fortissimo 30% di quota di mercato detenuta proprio da Tata Motor ? Il mercato indiano degli LCV ha segnato quasi 900.000 veicoli venduti su un volume di immatricolato generale che si avvicina ai 2,5 milioni di pezzi, ed una crescita del settore LCV del 12% rispetto all’anno prima; e dove però a crescere più violentemente come trend troviamo i veicoli commerciali rispetto alle auto. 

Secondo “Statista”, sito pubblico di informazione on line, i volumi di vendita di LCV si terranno vicini al milione di pezzi all’anno fino al 2029.

In questa panoramica ovviamente i Marchi che si possono elencare in concorrenza con Tata sono:

Ashok Leyland, Mahindra, Piaggio, Isuzu SML, Eicher, Maruti, Bajaj, Eicher, VE Commercial Vehicles e Force.

Dunque, come capite bene, se da sola Tata ha già praticamente il 30% di quota di mercato di fronte a quella concorrenza, chiaramente con un Brand come Iveco rischia il monopolio, a patto ovviamente di approssimarsi al prezzo medio di offerta per quel mercato.

In prospettiva, per di più, se IVECO manterrà operative le Joint Ventures con Hyundai, e Foton, e se Foton allo stesso tempo continuerà la JV con Piaggio, chissà che non si arrivi a breve ad un panel di LCV “modulari” in grado di fare en plein sul mercato?

 

Ipotesi possibile solo trasferendo linee di montaggio di Iveco in India. E già questo fa “cigolare” l’ipotesi di un mantenimento dello status quo lavorativo oltre un breve periodo di start Up. E quanto serve la Tata ad Iveco? 

Al momento inutile chiederselo. Tata è la “padrona di IVECO, e ne fa quel che più gli aggrada. Speriamo, almeno, nell’interesse del Marchio e dei livelli occupazionali minimi da garantire. Ma non potrei finire questo racconto se non con la pagina della Satira: il Governo, a fattaccio avvenuto (vendita di IVECO a Tata) ha subito minacciato con le armi democratiche in suo possesso: vuole audire (si dice così?) assolutamente Leonardo e Tata: Ordine del Giorno, garanzie su investimenti, Stabilimenti, occupati e linee di Business. Perche’ senno’…..:Senno’……E se no??? Cosa può fare il Governo italiano per rendere Tata subordinato al giudizio politico? Nulla, esattamente nulla. Avesse potuto fare qualcosa, un qualunque Governo, forse non ci saremmo spogliati lungo trent’anni del 40% del patrimonio industriale italiano. 

Del resto, possiamo essere confortati dalle Agenzie Stampa: “Il Governo vigila, e seguirà da molto vicino lo sviluppo dell’operazione al fine di garantire occupazione e protezione di risorse industriali strategiche per il Paese”; ed ovviamente a corollario:” L’Acquirente si impegna a non tagliare Posti di lavoro”? No, ovviamente.

Sapete, lungo trent’anni di svuotamento industriale del Bel Paese, quante volte avete letto queste note di Agenzia? Vi dico come finirà: entro sette anni la presenza IVECO in Italia sarà smantellata, e da qui ad allora l’Italia, se ci dice bene, avrà tre Governi diversi; e come sempre, se IVECO scomparirà dall’Italia, la colpa a detta del nuovo Governo sarà stata sempre e solo colpa di quelli che c’erano prima. 

Riccardo Bellumori

Nuova Xpeng P7 2025: record di ordini

Gli ordini per la seconda generazione della Xpeng P7 sono ora aperti in Cina, pochi mesi dopo la presentazione della nuova berlina di punta del marchio nel maggio di quest’anno.

La risposta alla nuova P7 è stata incoraggiante, come annunciato da Xpeng sulla sua pagina Weibo, dove sono state ricevute oltre 10.000 prenotazioni in soli sei minuti e 37 secondi.

Al momento, i clienti possono effettuare un ordine versando un acconto di 99 yuan, che potrà essere successivamente utilizzato per compensare un prezzo di acquisto di 3.000 yuan. Il prezzo completo sarà annunciato solo alla fine di questo mese, quando il veicolo elettrico (EV) sarà lanciato ufficialmente.

Lo stesso vale per le specifiche, anche se l’azienda cinese ha fornito alcuni dettagli preliminari. Per cominciare, la P7 è costruita su un’architettura elettrica da 800 volt e può essere acquistata con trazione posteriore o integrale.

DATI TECNICI E MOTORI

Le varianti RWD sono dotate di un motore elettrico da 367 PS (362 CV o 270 kW) abbinato a una batteria al litio ferro fosfato (LFP) da 74,9 kWh o al nichel cobalto manganese (NCM) da 92,2 kWh.

La versione AWD è invece dotata solo della batteria NCM e di un altro motore elettrico sull’asse anteriore da 227 CV (224 hp o 167 kW), per una potenza totale del sistema di 594 CV (586 hp o 437 kW). Questa versione dovrebbe raggiungere una velocità massima di 230 km/h e accelerare da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi.

Tutti i pacchi batteria supportano la ricarica rapida 5C, con un’autonomia fino a 525 km recuperabile con soli 10 minuti di ricarica. Xpeng pubblicizza tre valori di autonomia: 702 km, 750 km e 820 km, tutti basati sul generoso standard CLTC cinese.

TECNOLOGICA E SMART

La Xpeng P7 è un’auto di grandi dimensioni, con una lunghezza di 5.017 mm, una larghezza di 1.970 mm, un’altezza di 1.427 mm e un passo di 3.008 mm. Xpeng afferma che la forma slanciata della berlina e gli oltre 25 elementi di ottimizzazione aerodinamica contribuiscono a ottenere un basso coefficiente di resistenza aerodinamica di appena 0,201. Per contestualizzare, la Mercedes-Benz EQS ha un coefficiente di resistenza aerodinamica di 0,202.

Per quanto riguarda lo stile, la P7 adotta l’Xmart Face del marchio, che vede strisce luminose formare un’espressiva (e reattiva) firma a forma di H nella parte anteriore, con lo stesso effetto replicato anche nella parte posteriore. Altre caratteristiche degne di nota sono le prese d’aria anteriori attive, le maniglie delle portiere a filo, l’alettone posteriore retrattile e i cerchi aerodinamici da 20 pollici, questi ultimi sostituibili con cerchi sportivi o con cerchi forgiati più grandi da 21 pollici.
Il nostro primo sguardo agli interni della P7 rivela un cruscotto minimalista dominato da un touchscreen di infotainment da 15,6 pollici. Non troverete alcun comando fisico sul cruscotto, il che significa che il display centrale è l’unico modo per accedere alle funzioni del veicolo. La maggior parte dei veicoli elettrici segue questa strada, ma Xpeng sta prendendo spunto dal playbook di BYD rendendo lo schermo più interessante, consentendogli di oscillare a sinistra e a destra, oltre che verso l’alto e verso il basso, con un movimento fino a 25 gradi.

Inoltre, il volante a tre razze è dotato di manopole che consentono di regolare i sistemi di assistenza alla guida, le impostazioni delle sospensioni pneumatiche e le modalità di guida, oltre ad attivare una modalità boost. Sono presenti anche un display head-up da 87 pollici con realtà aumentata, uno schermo di intrattenimento posteriore da 8 pollici dietro la console centrale, sedili posteriori con schienali che possono ruotare di 30 gradi, un tetto in vetro e un sistema audio a 23 altoparlanti.

Ad alimentare l’abitacolo intelligente con VLM (Vision Language Model) è uno dei tre chip Turing AI sviluppati internamente che forniscono 2.250 TOPS. Gli altri due servono ad abilitare le funzioni di guida assistita che sono state migliorate con quello che l’azienda chiama VLA-OL (Vision Language Action con capacità di apprendimento rinforzato online).

Addio Volkswagen Touareg e ID.5

La Volkswagen Touareg di terza generazione è stata lanciata in Malesia solo lo scorso anno, ma a livello globale il modello sembra già destinato a seguire le orme del dodo. Autocar riporta che il SUV premium destinato al mercato di massa sarà discontinuato il prossimo anno senza alcun successore in programma, citando fonti interne all’azienda.

L’imminente mossa di Wolfsburg metterà fine alle sue ambizioni di lusso, dopo che la casa automobilistica aveva introdotto il modello originale – gemellato, non dimentichiamolo, con la Porsche Cayenne e (alla fine) l’Audi Q7 – nel 2002, poco dopo la sfortunata berlina Phaeton. Ciò rappresenta anche un cambiamento nelle priorità del marchio, che ora punta a una fascia più ampia di acquirenti attraverso modelli premium più accessibili.

Il ruolo di SUV di punta di Volkswagen sarà presto assunto dalla Tayron, essenzialmente una versione allungata della Tiguan. È disponibile nelle varianti benzina, ibrida leggera e ibrida plug-in – quest’ultima con un’autonomia fino a 100 km in modalità completamente elettrica – e offre la praticità aggiuntiva di sette posti e la possibilità di trainare fino a 2.500 kg.
Mentre la Touareg presto non esisterà più, le sue sorelle di fascia alta continueranno quasi certamente a vivere, come la Porsche Cayenne, la Bentley Bentayga, la Lamborghini Urus e la Q7. L’ultima di queste è ovviamente assemblata localmente in CKD a Pekan, Pahang, insieme alla Touareg.

Nuove Volkswagen ID.5 e ID.5 GTX 2022: il SUV elettrico

NUOVA GAMMA VOLKSWAGEN

Volkswagen ha anche deciso di eliminare la ID.5, una versione coupé del SUV elettrico ID.4, che non ha riscosso molto successo. L’auto ha debuttato nel 2021 con l’aspirazione di conquistare il mercato cinese, ma non è riuscita a ottenere successo in quel Paese, mentre in Europa è stata vittima del calo della domanda di veicoli elettrici e della preferenza degli acquirenti per la sua sorella più pratica. Scomparirà nel 2027 nell’ambito di un più ampio consolidamento della gamma VW, con una maggiore attenzione ai modelli ad alto volume.

Volkswagen Touareg sarà fuori produzione senza un successore, sostituita dalla Tayron; anche l’ID.5 EV sarà eliminata

Anche i modelli futuri sono stati interessati da questa decisione, con una variante più piccola del MPV ID.Buzz, precedentemente discussa all’interno dell’azienda come potenziale sostituto del Touran, che è stata messa in secondo piano. “L’abbiamo presa in considerazione, ma il mercato richiede modelli crossover e SUV”, ha affermato una fonte vicina al CEO Thomas Schäfer. “Questa è la direzione che abbiamo deciso di seguire”.

Questa decisione è stata in parte attribuita al fatto che la capacità di ricerca e sviluppo di VW è stata spinta al limite per lo sviluppo di modelli più importanti, come la Golf di nuova generazione completamente elettrica.