Spot Razzista, Volkswagen si difende e chiede scusa

Il consiglio di amministrazione della Volkswagen si è scusato per la pubblicazione sulla pagina Instagram di uno spot razzista. L’azienda ha detto che la clip è stata pubblicata per mancanza di sensibilità culturale piuttosto che per intenzioni razziste. Reuters ha riportato le dichiarazioni dei manager di VW in merito alla vicenda.

“Possiamo affermare che le intenzioni razziste non hanno avuto alcun ruolo. Abbiamo riscontrato una mancanza di sensibilità ed errori procedurali, ha detto Hiltrud Werner, membro del consiglio di amministrazione di Volkswagen per l’integrità e gli affari legali, in una dichiarazione.

“Sempre a nome del Consiglio di Amministrazione, vorrei scusarmi formalmente per aver ferito le persone a causa della mancanza di sensibilità interculturale”, ha detto Werner.

Nel filmato, un uomo di colore è raffigurato accanto a una nuova Volkswagen Golf 8, mentre viene spinto da una mano bianca sovradimensionata, che poi lo proietta in un edificio con l’insegna “Petit Colon“.

Petit Colon è un vero caffè di Buenos Aires, Argentina, situato vicino al Teatro Colon. In francese il termine si traduce in “piccolo colono”, che riporta alle esperienze coloniali ottocentesche.

Juergen Stackmann, responsabile del marketing della VW, ha detto di aver inizialmente creduto che la pubblicità fosse un fake quando l’ha vista per la prima volta.

“Siamo giustamente accusati di mancanza di sensibilità interculturale e, in qualità di membro del Consiglio di Amministrazione responsabile del Marketing e dell’After Sales, me ne assumo la responsabilità. Mi assicurerò personalmente che venga (preventivamente) consultato un Diversity Board e che i controlli vengano migliorati”.

Volkswagen non è nuova ad errori di comunicazione. Nel marzo dell’anno scorso il consiglio di amministrazione della società ha condannato le osservazioni dell’amministratore delegato della società dopo che egli sembrava alludere a uno slogan dell’era nazista. All’epoca, Herbert Diess disse “EBIT macht frei” prima di scusarsi per i commenti e di spiegare che non voleva in alcun modo fare un paragone con lo slogan dell’era nazista “Arbeit macht frei”, apparso alle porte di Auschwitz durante l’Olocausto. EBIT si riferisce ai profitti di un’azienda al lordo di interessi e tasse, e Diess aveva cercato di sottolineare che la libertà operativa di Volkswagen sarebbe aumentata con una maggiore redditività.

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