Valori residui auto cinesi: tra palle e pallottolieri vi dico la mia

L’allerta è arrivata a mezzo stampa e, considerato il peso di almeno un Quotidiano che ne ha trattato in modo analitico ed approfondito (seppure attraverso alcuni punti poco comprensibili a mio avviso e di cui vorrei dare la mia opinione) dovrebbe trattarsi di un allerta conclamata della quale si tratta ora di capire se si tratti di “arancione” o “rossa”. 

La questione è quella dei “Valori residui” delle auto cinesi: termini ripresi letteralmente, dunque nessuna interpretazione libera né arbitraria. Forse già da questa riga qualcuno di Voi potrebbe obbiettare qualcosa di “stonato”: quante volte avete trovato la Nazione di provenienza di un’auto al “numeratore” di una frazione tesa a determinare il valore residuo di un’auto Usata?

Ed ovviamente, come è prevedibile, il tema viene affrontato con riferimento al target Fleet (Noleggiatori e Imprese titolari di Flotta) sulla condizione evidente di assenza di parametri storici e nella eventualità che, in proiezione futura, la eventualità di (sono le uniche variabili negative attendibili) crolli imprevisti dei valori predefiniti ovvero di predefinizione di valori residui più alti della reale dinamica di mercato portino ad un effetto negativo sui margini operativi.

Il che, sia chiaro, non è escludibile a priori ed è un potenziale rischio, insieme ad altri; ed il contesto tematico dell’articolo non elenca né si sofferma su case histories compatibili, e dunque diventa non proprio facile una attività di rilancio di opinabilità e di quesito aperto.

Ma partiamo proprio da qui, dal “Valore residuo” e dalla modalità di sua costruzione. Cosa si intende per “valore residuo” di un’auto?

Il valore residuo di un’auto, tecnicamente, è il valore percentuale del prezzo di listino di un’auto che rimane dopo un certo periodo di tempo o di utilizzo, e che determina il prezzo di mercato dell’usato. In sostanza, indica quanto l’auto vale sul mercato dell’usato dopo un periodo di tempo. È un concetto strettamente legato alla svalutazione dell’auto, ovvero alla perdita di valore nel tempo. 

Bene, se mi chiedete algoritmi o modelli di calcolo adatti a predefinire la scala di svalutazione ponderata annua “media” Vi posso solo dire a spanne che mediamente un’auto subisce una perdita di valore rispetto al suo prezzo di acquisto che è pari al 25% / 30% dopo il primo anno, tra il 50 ed il 55% il terzo anno, e così via.

Da cosa dipende il Valore Residuo di un’auto? E l’auto è un prodotto “DOP”?

Ok, ma cosa determina oggettivamente la scala di svalutazione di specifici modelli o segmenti di mercato? Beh, qui si entra in una “mix” di elementi “endogeni”(prerogative, caratteristiche reali e/o simboliche di prodotto e di Marchio che interagiscono con elementi “esogeni” (andamento del mercato, novità di segmento, etc.) e con condizioni ambientali esterne (situazioni socio/politico/economiche nazionali ed internazionali, panorama normativo e tecnologico) e persino con la eventuale influenza di sistemi di remarketing e “movimentazione” di auto usate svolto da potenziali “Big Buyer” come ad esempio le piattaforme di trading usato.

 

Bene: detto così, legare aspecificatamente l’andamento della svalutazione delle auto “cinesi” alla condizione ineludibile della zona di provenienza (nemmeno si trattasse di prodotti “DOP”) è il senso che si coglie, senza timore di smentita, dalla lettura del suddetto articolo del Quotidiano a tiratura nazionale. Nel quale si “digrada” persino (per dirla in licenza poetica) nella superstizione dura a morire della “assunzione” che i prodotti Made in China siano al livello della concorrenza in termini di tenuta agli anni ed ai Chilometri. Aprendo in questo un metaforico vaso di Pandora che comprende tra l’altro la produzione “re-brendizzata” (e/o parzialmente assemblata) in Italia pur avente origine dalla Cina. Ma affrontiamo adesso un aspetto cruciale ed influente sui trend di svalutazione dell’Usato.

E per considerare un aspetto ambientale esterno esemplificativo mi spingo a ricordare quando più di venti anni fa il legislatore nazionale recependo la normativa europea introdusse la famosa Garanzia convenzionale sulle vendite Usato di Salone, con il conseguente effetto sui valori residui nei casi di Buy Back con esigenze di ripristino importante sui quali non si poteva in alcun modo derogare per applicare la Garanzia.

Volete una sventagliata di ulteriori esempi? Prendete solo l’ultimo decennio, in cui il “DieselGate” ha abbattuto per un periodo i valori residui di una intera dimensione motoristica globale (quella dei motori a Gasolio) al di là di qualunque dinamica specifica di modelli e/o di Marchi e persino indipendentemente dall’andamento del mercato auto che, tra l’altro, dopo la crisi dei Debiti sovrani e della instabilità dell’area Euro, stava persino riprendendo quota.

Poco prima, proprio per effetto del Crack Lehman, il conseguente “Credit Crunch” ha spinto i Noleggiatori arimaneggiare – prolungandoli – una quantità indefinita di contratti di NLT in essere intervenendo dunque sul Valore residuo in difformità da ogni formula previsionale; allo stesso modo il Credit Crunch è intervenuto

Sarebbe stato prevedibile, anni prima, un evento catastrofico come il DieselGate in tempo utile per codificare tutto in valori e percentuali scritte sul famigerato “Eurotax”, su “Quattroruote” o su altre piattaforme del genere? Risposta ovvia. No.

Ma chi negherebbe che il DieselGate ha pesato sulle quotazioni generiche dell’Usato e dunque sul trend predefinito di svalutazione?

Rimaniamo in tema: a seguire su quel DieselGate è intervenuto l’ostracismo ecologista con la pioggia di preannunci di fine produzione industriale  

Sarebbe stato altresì possibile sommare alla svalutazione indotta dal Dieselgate anche il clima di delegittimazione e di incertezza che, sommati, hanno ulteriormente depresso il livello di quotazioni? 

E ci sono chiavi possibili da usare per la decodifica e previsione dell’improvviso rally di risalita delle quotazioni post Lockdown, condizione che ha colto di sorpresa la maggioranza di analisti ed opinionisti?

Il Brand “es un assegno circular”?? I falsi miti sui valori dell’Usato

“Rolex, es un assegno circular” è la litania ripetuta da uno stralunato Diego Abatantuono in”Puerto Escondido” di Gabriele Salvatores. Film contemporaneo all’accendersi di una “New Wave” del mondo Usato per effetto del quale la conquista delle prerogative e del prestigio di “essere Brand” era di per sé elemento necessario e quasi sufficiente per garantirsi dall’effetto pernicioso della svalutazione periodica crescente: insomma, sedere sul prodotto di un “Brand” meglio se tedesco e Premium era di per sé una Polizza anti svalutazione; in questo, in Italia, superando e “rottamando” persino ogni criterio, indirizzo, esperienza ed innovazione attraverso attività e programmi organizzati da Dealer, Reti specializzate, Marchi Costruttori con l’obbiettivo di qualificare e valorizzare il patrimonio “Usato” messo in commercio: vado a spanne a ricordare il famoso “Sistema Usato Sicuro – SUS”, oppure il profilo di eccellenza conquistato dalla Rete ufficiale Volvo che riuscì a costruire intorno al prodotto Usato svedese una serie di prerogative  simboliche che progressivamente affermò il Marchio nelle scelte di tanti in ambito Usato.

Eppure, anche in questo caso, bastò la grande saga della rottamazione statale incentivata per retrocedere migliaia di auto anche in ottime condizioni al rango di “rottame” buono solo per l’ecoincentivo. Perché anche queste cose rientrano nella costruzione dei Valori residui in senso generale. Anche se siamo usciti abbastanza dal discorso dei valori residui in Flotta.

Perché, giova ricordare, il contesto tematico si incentra sui possibili effetti che la degenerazione dei valori residui delle auto cinesi potrebbe avere nelle voci di gestione delle Flotte e dei Noleggiatori; con l’opportuno suggerimento a studiare ed assegnare con attenzione e giudizio i diversi valori residui (cioè i valori di Buy Back) evitando di incrementarli al fine di abbassare l’importo rata. A questo punto, se non ho capito male, mi sento di fare alcune osservazioni da umile operaio della consulenza di settore Automotive.

1) Chi costruisce i valori residui (Eurotax, Quattroruote, etc..) ovviamente lo fa in connessione informativa anche con tutti gli agenti di mercato destinati a commerciare direttamente gli usati; di contro però la definizione dei valori residui da parte di Noleggiatori ovvero Dealer di concerto con i Fleet Manager avviene nella modulazione dì ben cinque indicatori discriminanti e fondamentali nel contratto di Noleggio: assortimento di accessori e funzionalità del corpo vettura, assortimento del Magazzino Ricambi in funzione della quota “OEM” ovvero “IAM” di componentistica; supporto territoriale di Service Manager in funzione dei Network affiliati; il peso di servizi ADAS, di controllo e monitoraggio da remoto oltre ovviamente alla struttura dei sistemi di Trackinginclusi nel contratto; rimane infine al punto 5 una voce discriminante per le piattaforme elettriche, cioè il peso economico della gestione batterie.

2) Insomma, qualche requisito in più della nazionalità cinese che, tuttavia, nella scansione dei cinque punti esprime anche qualche requisito “territoriale” a favore: come mai proprio in questo tipo di dibattiti ci dimentichiamo l’argomento chiave che ripetiamo ossessivamente in altri casi? Il fatto che la Cina è il Paese Leader ed irraggiungibile in tema di Batterie, terre rare, Know How di riferimento. E’ o no un requisito “premiante” anche in tema di Valori residui? Idem per il computo di soluzioni software di gestione (sempre più di proprietà dei Costruttori cinesi) e per le voci di assistenza e ricambi: quanto potrà incidere, rispetto al protocollo europeo ed occidentale un sistema fortemente incentrato sull’appoggio al mondo IAM (Network di autoriparazione, Componentistica, logistica proprietaria, etc)? 

3) Infine, una considerazione a margine: di quali “Auto cinesi” temiamo la crisi di Valori residui? Parliamo di Marchi oggettivamente “di nicchia” (come alcuni Marchi definibili “Premium”) forti di una loro tecnologia “^BEV? Oppure parliamo di alcuni dei tantissimi Marchi che sono già arrivati, e arriveranno, sotto la casacca del “Low Cost” offrendo in maggior parte architetture endotermiche Dual Fuel o al limite Mild Hybrid o PlugIn? Oppure parliamo di Marchi cinesi in Joint con Marchi o Gruppi Europei (il discrimine vale per tutti, se è un discrimine); Ovvero, infine, parliamo di quelli che già da ora sono tutt’altro che Marchi sconosciuti e che anzi, perseguendo una immagine di vera e propria Brand Awareness (per quanto dal mio punto di vista abbia un valore oggettivo nella percezione del Cliente) possono davvero “battersela” faccia a faccia con i Brand classici europei (e ammesso che i Brand europei siano in grado di essere percepiti nel mondo elettrico con lo stesso valore e prestigio con cui erano percepiti nel mondo endotermico)???

Insomma, per farla breve: io non ho capito, se di allerta si tratta, dove si annidi il pericolo o la trappola eventuale; in un certo senso mi sento di “difendere” e sostenere la nomea “cinese” (Autoprove si è resa celebre per uno slogan coniato sin da Ottobre scorso: “Non chiamatele cinesi”) contro eventuali superstizioni lanciate come anatemi alla stregua di quanto avvenne quaranta anni fa nei confronti dei giapponesi con slogan campanilisti e protezionisti tipo “Ma dove le ripari? Eh ma i ricambi? E pure; Eh, adesso per rivenderla sai che ti toccherà fare….”

I conti di una eventualità si fanno alla fine, si faranno e se l’allerta sarà giustificata, ne vedremo gli effetti. Lasciateci solo in pieno diritto di chiedere, ed auspicare sempre, dibattiti non scaramantici o cabalistici. In generale. Urbi et Orbi. E cerchiamo, più che cogliere la pagliuzza nell’occhio dei cinesi, di togliere davanti ai nostri occhi di europei una bella trave di superstizione e di – temo – protezionismo fine a se’ stesso. Sperando di sbagliarmi.

Riccardo Bellumori

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