“Quando compri una BEV, nel segreto della Concessionaria, Dio Ti osserva ma il Tuo meccanico NO”.
Anno Domini 2085: nei pressi di una necropoli motoristica in zona Monterotondo, scavando alla ricerca di reperti storici (pulegge, pompe di iniezione, ,marmitte, filtri del gasolio, etc…) alcuni ArcheoECOlogi (in pratica pseudo Tombaroli alla ricerca delle tracce che dimostrano prove dei delitti compiuti dal motore endotermico contro l’ambiente) scoprono questo vecchio manifesto pubblicitario, sicuramente appartenente all’età fossile dell’automobile, datata presumibilmente tra inizio degli anni 2000 ed il famoso “De bello Lehman” negli Stati Uniti.
Il Manifesto, seppure in fibra di carbonio e lega leggera (nessun albero è stato tagliato per produrlo) è abbastanza malconcio ma, tra le macchie di muffa e le bolle di corrosione per i troppi anni passati sotto la terra, lancia uno slogan fondamentale cesellato e divulgato con grande orgoglio dalle tribù scese dal Nord Europa degli Elettrofili ed i neo –confessionali della Congregazione dei “Testimoni di GeoWatt” arrivati dai pellegrinaggi in Terra d’Oriente.
Il concetto in fondo è stato diffuso come arma vincente della cosiddetta “nuova mobilità elettrica”, decenni fa, in contrasto e in correzione dei costi esorbitanti che gli automobilisti avevano dovuto affrontare per mantenere in buona funzionalità le loro sempre più vecchie endotermiche.
Il Gran Consiglio delle Federazioni Galattiche dell’Auto, infatti, aveva appena deciso di cingere d’assedio gli automobilisti prendendoli per fame e necessità: invece che patire passivamente il rifiuto costante ed insofferente dei Clienti occidentali verso le diverse novità del Mercato presentate ormai ogni anno da tempo, dal 2025 aveva suggerito ai Costruttori auto una strategia diversa: impegnare le linee di produzione europea, sempre meno produttive di prodotto locale, con accordi su licenza per costruire auto elettriche orientali, e nello stesso tempo tagliare progressivamente gli impianti di auto endotermiche per trasferirli in India, Taiwan, Filippine ed Africa. In questo piano un poco onirico e parecchio piratesco, i Costruttori avevano cominciato a proporre e diffondere sempre più piattaforme ibride comunicondivise con Giappone e Corea, Mercati dai quali era facile ottenere architetture elettriche ibride di supporto, mentre le motorizzazioni multialimentazione provenivano ormai solo da Est Europa e Sudamerica.
Era questo anche il risultato della guerra dei dazi intrapresa tra diversi continenti: in ogni caso dal 2025 la produzione di auto ibride in Europa aveva iniziato a ridurre volumi progressivamente, e di fatto si era arrivati a poter scegliere sul mercato entro un centinaio di modelli nuovi di diversi Marchi ripartiti tra PlugIn e Mild Hybrid (le uniche scelte rimaste in commercio proprio per aumentare l’esigenza di elettrico BEV in alternativa) ma articolate in auto “mini”, “piccole”, “medie”, “Sportive”, “Ammiraglie”, “Pick Up – LCV”, “Monovolume”.
La particolarità è che nell’”era di mezzo” dell’Automotive, come ben sapevano gli ArcheoECOlogi, tutti i diversi modelli nuovi immessi in commercio derivavano da non più di dodici piattaforme comuni assortite con una quindicina di motorizzazioni a loro volta condivise. Che tristezza……
Per farla breve, quel Manifesto recuperato sotto terra era la conseguenza di una guerra di frontiera decisa dai Costruttori contro i loro clienti, per farli capitolare: basta al diritto di scelta. O mangi la minestra o salti dalla finestra. Insomma, da quel lontano 2025 in cui sempre meno Clienti compravano nuovo, il settore dell’Autoriparazione era diventato ricchissimo, nello sconforto di tutti quegli automobilisti che dovevano riparare la propria auto a costi sempre più alti.
Ecco perché quando verso il 2028 era arrivata nelle Concessionarie la pioggia di “Entry Level” elettriche di licenza cinese, gli europei avevano ribaltato le solite statistiche dominanti anni prima e che davano le BEV al 6/10% di quota di mercato annuale medio.
Era proprio quell’odio insinuato dai Costruttori nei Clienti verso la dimensione “postvendita” ed Assistenza che essi stessi avevano reso insostenibile con la serie dei loro sedicenti “supporti” (Placche logistiche ricambi, Officine affiliate, Kit Retrofit ed impianti aftermarket, Reti vendita di Usato garantito e certificato) per aver aumentato i costi medi – abbattendo peraltro la concorrenza a furia di nuovi diritti di accesso ai dati sensibili di Server e Codici “Captive” per gli interventi di riparazione e sostituzione – che alla fine anche i Clienti più conservatori si erano rassegnati a dismettere la loro amata “vecchia” per il pregiudizio economico di gestione ormai insostenibile.
Ed ecco la motivazione di quel manifesto arcaico e piuttosto farlocco, reperito negli scavi di Monterotondo e di cui ho parlato all’inizio: l’elettrica eterna, immarcescibile, inguastabile e dunque nemica dei meccanici, che pian piano si erano estinti.
Eppure c’era, in quella visione così olimpica e fideistica della presunta immortalità delle BEV, il seme di un equivoco pernicioso e purtroppo inesorabile negli effetti.
Si era appunto nel 2028, ormai: siamo sicuri che da allora il mondo dell’auto si è finalmente liberato dalla schiavitù del meccanico? “(…)
Bar del Teschio, Via Oderisi in Roma, Giugno 2025: di fronte ad una platea allibita e silente assiepata come può dentro al Gazebo riscaldato dal tepore della stufa elettrica a piantana ed illuminato dalle ghirlande di Natale, il più caratteristico Cliente del Bar (cioè il viaggiatore delle Galassie e dei quattro Cantoni spaziali entro i quali si è sviluppata l’antica civiltà marziana da cui prese vita la nostra Terra) legge un testo apocrifo rinvenuto dentro una capsulaspazio temporale piovuta da chissà quale spazio siderale. E’ un articolo di un giornalista dell’anno 2125 che registra un evento del suo stesso passato, ma poiché quel futuro è stato imbrigliato nelle pieghe spaziotemporali del cosmo che aveva intrappolato la capsula del tempo che ha rispedito quel futuro nel suo diretto passato, al Bar del Teschio si poteva quella sera leggere quell’articolo del futuro come fosse una storia del passato letta oggi. Avete capito tutto, vero? Beh, io no.
Ecco, da quell’articolo, la traccia di una denuncia chiara ed espressa ad un modo di pensare che in questo 2025 contemporaneo inizia a prendere piede in modo pedissequo ed acritico.
L’Auto elettrica non ha esigenze di manutenzione, non fa i tagliandi, non si rompe e non si deve riparare, è predittiva, è “online h24” e risponde anche alla teleassistenza da remoto; l’auto elettrica è fatta di meno parti in movimento, ha una dipendenza dall’usura minore rispetto al mondo meccanico; e poi ti toglie tutti i pensieri: swapping, sharing, byWire, On demand, “as a service”, e su tutto la parolina magica “all Flat”.
Valla a trovare una endotermica così e soprattutto con la inclusione dell’ “All Flat”, in un mondo in cui i flat erano i famosi 12 cilindri Ferrari….
In quell’inizio sera di Giugno, al Bar di Via Oderisi, la platea era incantata, come sempre, dai racconti surreali e misteriosi di quel simpatico e intelligentissimo studioso di cose aliene, che anche sull’auto elettrica aveva maturato una opinione antagonista dopo aver saputo, da un suo amico venusiano arrivato sulla Terra nel Weekend di Pasquetta, che intenzione dei rettiliani sarebbe stata quella di riunire tutte le BEV prodotte nel mondo al Polo Nord per generare attraverso uno shock elettrico una inversione dei Poli magnetici e riportare in vita i Dinosauri. E che solo Supergirl era riuscita, pochi mesi prima del fattaccio, a sconfiggere gli extraterrestri cattivi.
L’improvvisato Talk automobilistico presso il Gazebo del Bar del Teschio si era tenuto, guarda caso, in una delle poche occasioni nelle quali non era pervenuto nei pressi il famigerato “Automobilaro”, cioè l’anonimo ed inspiegabile strano personaggio che periodicamente si affacciava al Bar per scroccare qualcosa in cambio di racconti farlocchi sul mondo a due e quattro ruote. Ed ecco che il giorno dopo, come in una sorta di settimana della cultura motoristica organizzata dall’Ente per il Turismo, lo stesso improbabile personaggio automobilaro si era presentato in stile “salotto” portando con sé, a beneficio della Platea, un terzetto di propri interlocutori conosciuti proprio al Bar del Teschio. E con loro, cercando (facilmente) di essere più credibile ed interessante del Venusiano del giorno prima, ritenne opportuno approfondire con la sua platea un tema importante: è vero che con le auto elettriche si risparmierà sulla manutenzione, ed è vero che le elettriche non si rompono? Ma soprattutto, quale è il grado di consapevolezza dei potenziali clienti di una BEV (100% elettrica) al fine di capire se stanno pagando esattamente il giusto per quello che guidano o vedono gestito e/o riparato? In parole povere, come fa un comune automobilista a determinare il “Value for Money” della tecnologia elettrica che stanno per acquistare o guidare? Ed ecco che, per parlare fluentemente e con facilità del tema: “Elettrico, Elettronico, su Abbonamento e predittivo: ma quanto mi costa?” ecco che l’automobilaro ha portato con sé, in una occasione di dibattito, tre suoi amici.
Sono Clemente, Antonia e Vincenzo. Da loro arriva una contromemoria che, credo, sarebbe bene ricordare nei tempi a venire.
Quegli Ascensori “intelligenti” che costano più di quelli “stupidi”?
Roma, metà anni Ottanta: Vincenzo R. è uno di quei signori che in gergo si chiamano “Ascensoristi”. A differenza di tanti colleghi, Vincenzo è una persona distinta, sempre moderata e cortese, mai fuori luogo. Sembra un marziano nella Capitale dove all’epoca chi svolge attività manuali ed ha anche solo una sbaffata di olio o grasso su una tuta deve colorare la sua giornata di occhiatacce alle belle ragazze che passano per strada, di sacramenti e di sani e coloriti rutti post pranzo.
Vincenzo ha costruito la sua professione dalla gavetta, amando il suo lavoro svolto senza Sabati o Domeniche dalle sette del mattino alle otto di sera. E’ un piccolo Imprenditore, di ottima fama e che nel tempo ha dato di che vivere alla sua famiglia, onorando soprattutto il settore con una carriera ed una onestà professionale limpida. Ma il vero cruccio di Vincenzo è il futuro: si sta passando con troppa leggerezza alle schede elettroniche ed ai circuiti stampati sui quadri elettrici, e si rischia di coinvolgere in questa “modernizzazione” anche i “molossi” della struttura degli ascensori: gli “Argani” che da motori belli corposi e cicciotti si rimpiccioliscono per diventare sempre più “Smart”. Né l’una né l’altra cosa sono un bene secondo lui. Ma non ne parla per spirito di conservazione della categoria o per paura di cambiare. No: è che semplicemente l’eccesso di elettronica ed il mito dell’efficienza energetica e del servizio impeccabile finirà per diventare controproducente ed addirittura deleterio per il settore: il passaggio repentino ed un po’ troppo superficiale con cui i complessi immobiliari si affidano a nuovi “Trust” della manutenzione di Ascensori e Montacarichi porta alla scomparsa in tempo brevissimo di intere architetture che (è vero) davano vita a guasti periodici ed a sospensioni conseguenti del servizio; ma è pur vero che quei guasti richiedevano l’intervento mirato e competente di artigiani, apprendisti, tecnici che sapevano mettere le mani sui guasti senza dover ogni volta sostituire parti intere dei Quadri elettrici.
Si testavano valvole, relais, resistenze, spesso si lavorava di saldatore e parti da sostituire dentro il cosiddetto “Locale Argano”; si riparavano gli avvolgimenti dei motori rigenerando quello che tendeva all’usura ordinaria e periodica. E spesso nella “liturgia” degli “Ascensoristi” di metà anni Ottanta c’era la sosta in momentanea adorazione di quei locali tecnici dove trovavi argani e quadri di comando vecchi di decenni ed ancora perfettamente funzionali con i loro cavi in rame solido ed in guaina di tessuto cerato e gomma e quelle belle valvolone in vetro bombato; sembrava davvero una visita di archeologia industriale.
Loro, gli “ascensoristi” vivevano la giornata in auto. Le chiamate al fisso della Ditta, ancora oggi, mi chiedo come potessero essere esitate in tempi velocissimi senza un cellulare; poi, per la gioia della “SIP” fu una invasione di “Teledrin”.
Gli “Ascensoristi” erano a decine in ogni Città: erano Ditte individuali, piccolissime o medie Imprese che si insediavano dentro botteghe piene di bidoni di olio idraulico, matasse di cavi di rame, longheroni e lamiere di ferro ed alluminio. Ancora oggi dalle parti di Piazza Ragusa – a Roma – sono passato alcune volte di fronte ad una di queste “botteghe”: avrò avuto si e no dieci anni, e già venivo senza tanti preamboli “cooptato” per operazioni di “alto artigianato” domestico svolto al Sabato sera od alla Domenica mattina in quella microscopica Officina sotto al livello stradale grazie alla benevolenza del Titolare: con il “capofamiglia” si entrava dalla serranda amichevolmente lasciata aperta e mi rompevo i coglioni per ore ed ore a martellare su telai di ciclomotore storti, a rettificare forcelloni, a smontare e pulire pezzi di piccola meccanica dentro una piccola struttura che tuttavia aveva “TUTTO”: trapani a colonna, tornio, saldatrice, incudine e martelloni, frullini…..Insomma, tutto.
Come è finito tutto? Beh, io sono poco attrezzato a spiegare dovutamente come si è svolto il “crepuscolo”: ideale sarebbe ascoltare Vincenzo, ma le cose più o meno posso riassumerle così.
Delle decine, centinaia di Ditte autonome in circolazione sono rimaste oggi delle vere e proprie multinazionali che subappaltano e che fondamentalmente hanno preso il dominio del mercato come veri e propri “Trust”: accordi tra giganti, Appalti pubblici, tariffe e protocolli di servizio sono spuntati come funghi per controllare il mercato e soffocare i piccoli. Gli apprendisti sono scomparsi, e l’offerta lavorativa delle Ditte si è ridotta. Colpa ovviamente anche dell’elettronica, che ha contemporaneamente tolto lavoro manuale e supporto collaterale di fabbri, mastri saldatori, rigeneratori e rettificatori. Ok, ed il servizio? Mi ricordo il pregiudizio di tanti sulle presunte “disonestà” degli Ascensoristi: e di qua i guasti infiniti che li facevano guadagnare, e di là il servizio scadente, e di sopra la “mafietta” degli Amministratore che ci mangiavano sopra, e di sotto il Condòmino o i Condòmini che prendevano la tangente per votare a favore di questa o quella Ditta.
Bene; Vi assicuro io e soprattutto credo che l’ottimo Vincenzo R,sarebbe d’accordo, che dei quattro paradigmi sopra elencati non ne è cambiato nessuno da quarant’anni a questa parte, cioè dall’era del quadro elettrico a valvole al tempo attuale del “telecontrollo” da remoto:
I Condòmini mercenari dentro agli Stabili, che lucrano sulle spalle delle Assemblee, sono rimasti gli stessi e non perdono lucidità; gli Amministratori “ladri” sono al massimo defenestrati dalle rispettive associazioni di aria fritta quando sono in flagranza di reato, ma per il resto oggi e tuttora un qualunque “Signor Lei” può essere votato a maggioranza come gestore di Condomìni.
Ah, già: nel mondo degli Ascensori resta, a distanza di anni, il miglior servizio e la gioia degli utenti.
Tutte cazzate: il cuore del problema è nel centro di costo. Quaranta anni fa si pagava per gli interventi a chiamata, quando e se avvenivano, e per un canone di cosiddetta convenzione di servizio.
Oggi i complessi immobiliari pagano “la prevenzione degli interventi”: canoni di abbonamento di servizio di telecontrollo, di visite ispettive di verifica, PIU’ il costo vivo di interventi di soluzione a guasti e disservizi.
Ma c’è di più, in effetti, e cioè che il sistema attuale “ripartisce” i costi diretti ed indiretti tra diversi Operatori per “camuffare” l’incidenza contestuale: Telecontrollo e Assistenza da remoto corrispondono al mondo degli operatori Internet, consumi elettrici e protocolli di sicurezza richiamano la responsabilità delle Utilities, e le decine di Certificazioni, Attestazioni, Qualificazioni, Abilitazioni, Iscrizioni, Assicurazioni ripartiscono idealmente il costo della “dimensione Ascensore” su operatori terzi che indirettamente riversano il maggior costo nella serie di altri servizi che mettono in contatto diversamente questi stessi Operatori con gli utenti o fruitori di un Ascensore.
Cosa cambia? Vedetelo da Voi, cambia la quota di incidenza della “Tabella Ascensori” nei costi annuali del Bilancio. Ecco la differenza: paradossalmente gli inconvenienti si riducono negli Impianti attuali, ed aumentano i costi di servizio preventivo e di garanzia. Giusto o non giusto, la correttezza razionale a questo punto porta a due domande, che sarebbe giusto porre proprio a Vincenzo Ragazzi, e per le quali mi arrogo il diritto di rispondere io stesso:
1) E’ corretto – e parlo in questo caso del mondo degli Ascensori – porre il focus di attenzione solo verso l’analisi statistica del numero di guasti ed inconvenienti ridotto oggi rispetto a ieri (con la tecnologia a remoto e con i circuiti stampati) senza considerare il maggior onere periodico speso da tutti, ovvero ripartito “occultamente” su altri servizi e sistemi, affinchè i guasti siano sempre di meno? Perché nella strategia commerciale canonica è come nella fisica: nulla si crea o si distrugge ma tutto si trasforma. E dunque il “costo di riparazione” non decresce solo sul presupposto della riduzione della esigenza degli interventi “ex post” ma si trasforma in un quadro di tutele preventive e di controllo “Ex ante”.
2) Si chiami “Telecontrollo”, si chiami “Service H24/7×7/Flat”, il concetto non cambia: il mondo sta lentamente passando da una condizione “Recovery” alla gestione “predittiva”, nella quale Cliente e produttore condividono un protocollo di gestione dove è il Costruttore ad imporre al Cliente le modalità corrette per fruire del prodotto o del servizio al fine di non compromettere la struttura dell’accordo di tutela e preservazione in essere tra i due. Questo ovviamente comporta una quota di delega da parte dal Cliente al Costruttore o Gestore del potere di controllo e titolarità piena di quello per cui il Cliente sta spendendo i soldi. Se nel concetto di compravendita la libertà del Cliente era sovrana a patto di non ledere i diritti altrui, oggi la libertà del Cliente deriva sempre più da un protocollo attivo con Costruttore o gestore. Dunque, è una libertà sempre più condizionata.
3) In questo scenario, è tutto da dimostrare che il costo della “prevenzione” durante il ciclo di vita del prodotto sia inferiore al costo della somma delle comuni riparazioni. Una cosa è però incontestabile: Oggi non si ripara più, si cambia quasi tutto. Il paradosso è che gli ascensori si rompono meno ma costano in regime di funzionalità convenzionale sempre parecchio. Come mai??
Non è solo questo il problema, ma intanto cambiamo scenario:
La Telecomunicazione “All Flat”: hai tutto, ogni mese. Ma paghi anche se non consumi
Il Signor Clemente è anziano, non rimba ma davvero anziano. Dal punto di vista del Walfare casereccio fa ogni giorno il suo dovere: ha nominato suo nipote Filippo come ICT Consultant per il supporto su tutte le “robe” elettroniche e telematiche alle quali Clwmente è costretto per poter interagire con il mondo.
Mondo che, in effetti, non gli rende più “facile” il suo telefonino (come non rende facile nulla che oggi voglia essere mantenuto in analogico o meccanico) ma che proprio per rendere lo Smartphone il supporto meno peggio ha semplicemente reso le sue potenziali e più classiche alternative “topiche” o sgradevoli, o inattuali o persino irreperibili: dal trovare quotidiani cartacei, all’ascoltare la radio senza interferenze, al poter scrivere una missiva o una cartolina sperando fideisticamente che pervenga davvero al destinatario.
Perché non è così vero che il mondo del digitale si è allargato, ma è soprattutto quello dell’ “analogico” che sembra essere estinto. E con lui si è estinta una parola: “Computazione”. Oggi il riferimento è nel concetto opposto di “All flat”: non devi sapere quanto e come consumi, Tu. Ci pensa il sistema. Tu sei tenuto solo a pagare a scadenza regolare quel che si è convenuto e finchè ti conviene.
Finchè poi non diventa, matematicamente, impossibile capire quel che più conviene dentro un contesto sempre in cambiamento di servizi, tariffe e formule contrattuali, ma soprattutto di “ambienti”, di sistemi e di evoluzioni (upgrade). Ambienti, sistemi ed evoluzioni che sono il vero motore di instabilità strategica del mondo telefonia. Nella premessa che ho fatto sopra per l’Ascensore: l’ambito di accordo contrattuale tra Gestore telefonico e Cliente prevede la stessa “ingerenza” quanto a libertà di fruizione indipendente e contrattazione paritaria sulla funzionalità dello Smartphone da parte del Cliente, ma in questo caso c’è una aggravante: l’assoggettamento della perfetta e totale continuità funzionale all’aggiornamento periodico ovvero “Upgrade” che ovviamente non può essere a costo zero. Ma chi lo dice, in fondo, che una serie di “Upgrade” calendarizzata o predefinita non sia a sua volta assimilabile concettualmente ai “Tagliandi”?
Antonia ed il telefonino da una vita: quando capire il “Value for money” è impossibile
Antonia è una bellissima ed efficiente mamma: giovane, dinamica, volitiva ha il dono di non fermarsi alle apparenze ma di scavare nell’oggetto delle sue ricerche ed attenzioni per ricavare i dati necessari e sufficienti ad esprimere un giudizio consapevole e compiuto. La sua esperienza con i telefonini parte da lontano: lei ha solo 37 anni e quando la diffusione dei “TACS” era già diventata importante frequentava ancora le elementari. E’diventata matura insieme al “Telefonino” seguendone tutta l’evoluzione: dalle prime generazioni con lo schermo a caratteri e tastiera, è passata attraverso decine di “Marchi” e di modelli diversi di Hardware, una buona manciata di sistemi operativi e linguaggi, altrettanti operatori di telefonia sommando decine di formule contrattuali (già detto sopra), centinaia di servizi e funzionalità, migliaia di piani tariffari acquisiti e confrontati. Tutto questo, nella coscienza da consumatrice di Antonia, ha lasciato solo le seguenti pesanti tracce:
-Antonia, come il 75% dei Clienti di uno Smartphone conosce a malapena il piano tariffario che utilizza, e non sa assolutamente di avere servizi e funzionalità incluse che neppure ha mai usato in vita sua;
-Antonia, dopo anni di acquisti, passaggi, “switching”, “Upgrade”, abbonamenti e canoni non sa assolutamente quali siano le scale e le voci contabili di determinazione dei prezzi e delle tariffe;
-Antonia, dopo anni di fruizione del servizio telefonico e Dati, ha presumibilmente utilizzato e consumato una percentuale marginale di tutto quel ha pagato in canoni mensili per almeno 300 mesi negli ultimi 25 anni della sua vita!!!!); e tutto questo in forma quasi automatica, ad esempio, per chi a differenza di Antonia ha disposto il pagamento con RID bancario; ed in tutto questo Antonia si è resa conto di aver speso per “la telefonia” (tra tariffe, conguagli, riparazioni, sostituzioni, servizi a valore aggiunto, accessori e supporti vari) un monte complessivo con il quale non avrebbe in vita sua neppure comprato un’auto media di pari importo…..
Dunque, alla fine dei 25 anni nei quali Antonia ha vissuto a stretto contatto con il suo Smartphone la consapevolezza, la capacità di confrontare (il “Benchmark”), e soprattutto la capacità di “dimensionare” il suo acquisto in termini di “Value for money”.Ed in fondo si chiede, ogni tanto, “Cosa” davvero abbia comprato con tutti quei soldi e di cosa sia effettivamente proprietaria.
Ma allora, l’Auto BEV “Intelligente” e predittiva quanto ci costerà?
Risposta: NON LO SAPREMO MAI. La possibilità combinatoria di tariffe, differimenti di pagamenti frazionati, abbonamenti, noleggi, servizi, aggiornamenti ed integrazioni mostra per le auto elettriche lo stesso panorama inquietante che mostra il mondo degli Smartphone.
In pratica, l’acquisto o meglio ancora la scelta di un’auto elettrica deriverà sempre più dalla composizione di “pacchetti” integrati tra prodotti fisici e servizi inclusi. Cosa vuol dire? Che l’acquisto “sic et simpliciter” di una BEV non sarà mai realmente limitato al modello di auto, ma l’articolazione della condizione generale ed economica del contratto tra Cliente e “Provider” del pacchetto generale di vendita e di “quotazione economica” del contratto di vendita o di fornitura (leggasi: noleggio) di un mezzo elettrico.
Ed allora, nella visione globale e plausibile del mercato “BEV” maturo e combattuto da diversi player, il potenziale fruitore e cliente si troverà a “ricostruire” la piramide del valore della sua scelta sulla base della interpolazione di queste variabili necessarie e sufficienti a definire quasi tutto lo scibile del mondo BEV:
A livello di architetture tecniche si troverà a scegliere motori su chassis contro motori su mozzi e ruote, e su motori “brushless” oppure tradizionali; ma secondo le guide di aggiornamento possibile potrebbe trovarsi evoluzioni costruttive determinate dalla riduzione delle parti componenti, o diversi materiali, e così via;
a livello di batterie potrebbe scegliere tra diversi materiali componenti, diversi livelli di autonomia, e persino diverse strutture e posizionamenti all’interno dello chassis; senza contare i servizi integrativi di ricarica o Swapping, il criterio fondamentale di rapporto (proprietà o noleggio della batteria) e i requisiti di autonomia e le diverse forme di garanzia accessoria;
se parliamo di connettività, troviamo un mondo di opzioni percorribili e valutabili da un singolo Cliente;
ed ecco che, infine, arriviamo all’inquadramento del rapporto di post-vendita. Non Ve lo riepilogo, lo trovate scritto ed esemplificato di sopra, ben espresso sulla serie di esempi di Vincenzo (Ascensori), Clemente ed Antonia (Telefonia): chi vuole intendere, intenda.
A questo punto, mentre al Bar del Teschio il dibattito volge al termine, sono io che pongo a Voi delle domande alle quali rispondere non è più così istintivo ed elementare:
A) E’ proprio vero che le auto elettriche non si rompono?
B) E’ proprio vero che le auto elettriche non si riparano?
C) E’ proprio vero che con le elettriche siamo liberi dalle Officine?
D) E’ davvero possibile operare un confronto tra diverse offerte di mobilità elettrica, come si potrebbe fare ora per la telefonia?
E) E’ davvero possibile che esista una concorrenza tra Costruttori diversi, nel mondo elettrico?
F) Nel mondo elettrico esisteranno ancora i Costruttori o diventeranno “Providers”?
G) Come potremo, nel mondo delle auto eletttriche, sapere per cosa spendiamo i nostri soldi?
H) Come faremo, nel mondo delle auto elettriche, a valutare il “Value for Money”?
A Voi la risposta. Fatecelo sapere. Nel frattempo, al Bar del Teschio, i disoccupati o gli espulsi del mondo elettrico tra: meccanici, venditori, elettrauto, ricambisti, distributori carburante, etc, sappiano che un caffè e cornetto a prezzi modici sarà sempre una opzione contemplabile.
Riccardo Bellumori