Talbot Sunbeam Lotus Rally: storia dell’unica Regina senza Reame

Per le statistiche internazionali sportive è solo e semplicemente l’ultima a vincere il Titolo Iridato Costruttori 1981 nel Mondiale Rally con le vecchie categorie FIA “Gruppo 1/2/3/4” prima del passaggio ai soli tre Gruppi N/A/B. 

Per i cultori è l’auto su cui è emerso il talento spettacolare di Henri Toivonen, anche se quel Titolo Costruttori 1981 è merito anche di Guy Frequelin e di Stig Blomqvist.

Per un regista alla “Scamorcio” potrebbe essere l’occasione per ritentare un film degno finalmente di questo nome, parlando della prima epica battaglia tra un “Davide” contro il mostruoso “Golia” dell’Audi Quattro, senza troppa fiction o troppa prosopopea: e nel caso in questione il “Davide” era davvero lillipuziano in confronto alla macchina da guerra di Ingolstadt.

Per i nostalgici e gli amanti delle tradizioni “Lei” è anche l’ultima auto da Rally ad aver vinto un Mondiale Costruttori con la disposizione “classica” (Motore anteriore e trazione posteriore) e con l’alimentazione cosiddetta atmosferica.Mentre l’anno successivo la Opel “Ascona 400” chiuderà per sempre il cerchio delle “classiche” vincenti.

Per gli iconoclasti ed esterofili è la risposta classicamente inglese alla boria italiana della Stratos per via di quel motore Lotus protagonista di una avventura leggendaria dentro il cofano di “Lei” e, persino, della prima marcia che si innestava portando la leva a sinistra e verso la coda dell’auto, cioè dietro. E per assurdo, nei confronti di Maranello (che in poche occasioni ci ha corso anche contro con la 308 GTB di Andruet) il “Garagista” inglese per antonomasia Lotus aveva vinto con i “buoi” davanti al carro.

Perché nonostante le contraddizioni e la guerra campanilista “Lei” su quel Titolo Costruttori nel 1981 proietta in forma prevalente l’Union Jack e il “Big Ben” anziché l’ombra della Tour Eiffel. 

Per noi che raccontiamo “Lei” è stata l’unica Regina della storia dei Rally senza più casa, vittima di guerre di religione e di dispetti che va ben oltre le ragioni industriali. Ma è comunque una Campionessa scritta nel libro della Storia.

Già…Disorientati, vero? Lei, secondo codice e norma,dovrebbe chiamarsi “Chrysler Sunbeam Talbot Peugeot Lotus”, essendo la sovrapposizione cronologica e commerciale di un vero e proprio periodo di caos industriale: quando nasce dentro al Gruppo Chrysler Europe (filiale nel Vecchio Continente della Casa di Detroit) questo  stesso Gruppo è la somma piuttosto originale di Marchi inglesi come Sunbeam e Talbot,  rilevati ad inizio anni Sessanta dal Gruppo Rootes; e della Simca che, avendo acquisito Ford France nel 1954 e la “Talbot Lago” nel 1958, da un lato “dona” alla Chrysler il sito di Poissy e dall’altro consente una storica “reunion” visto che Talbot Lago era in origine la “mezza mela” francese della Talbot inglese. Perché tutto nasce dall’incontro di Lord Talbot e di Monsieur Clement di Darracq.

 

Perché, per i puristi della ricerca storico accademica, a furia di sentire pronunciare “Talbò” invece che “Talbot” la prosopopea francofona ha fatto dimenticare a tutti che in origine il Marchio “Talbot” nasce da Lord Talbot, Cavaliere e nobile di puro casato britannico, senza i cui soldi nulla sarebbe mai nato neppure in Francia.

Chrysler Europe, dicevamo, arriva in Europa (passando prima per la Grecia dove si insedia la prima Sede legale ufficiale del Marchio di Detroit) in una dimensione che un europeo storico avrebbe evitato come la peste: il dualismo “coatto” tra Francia e Gran Bretagna.

E fosse solo questo, ma c’è anche l’aggravante che, di suo, Chrysler Europe non brilla per grande appeal di mercato ma neppure per grande identità di Marca; in pratica più che un Gruppo sembra una confederazione di Marchi: in Spagna, a Villaverde, prima del taglio “cautelativo” della produzione, si costruisce la sempiterna ed obsoleta “Simca 1000” a motore posteriore, diventata un rifugio commerciale per le classi popolari di tutta Europa durante la crisi energetica di inizio anni Settanta; in Francia a Poissy invece si da’ il via ad un avvicendamento tra linee produttive decise dalla ex Simcaquando era ancora autonoma per poi passare gradatamente ad un aggiornamento di Gamma guidato dalle scelte commerciali e stilistiche del Quartier Generale inglese, con il solo vincolo ineludibile di motore e trazione anteriore; c’è poi appunto la “parte Inglese”: e qui si capisce benissimo – in mezzo alla vecchia gamma Sumbeam ed Hillman di Rootes – che con l’arrivo a Detroit di Lee Iacocca e la ricerca spasmodica di una famiglia di “Pony Cars” capaci di fronteggiare negli USA la concorrenza feroce di giapponesi e di marchi europei, la filiale europea della stella pentagonataprova a realizzare modelli iconici ed americaneggianti capaci di essere accattivanti in entrambe le rive opposte dell’Atlantico, di sfidare le piccole e medie europee ma anche il filone nascente giapponese (Honda Accord, Civic, Prelude; Toyota Corolla…..) senza dimenticare tuttavia l’ispirazione tipicamente utilitaristica delle famiglie americane in termini di spazio e praticità. 

In Europa invece, neppure a dirlo, le concorrenti simbolo della nuova filiale europea di Chrysler sono Ford Anglia ed Escort, Opel Kadett e Vauxhall, ma anche le nuove medie italiane (Fiat 124 e Autobianchi Primula / A111) e francesi.

Ma è comunque il “gioco di ruoli” che Chrysler pratica a dare alla “parte inglese” della sua filiale europea una posizione di leadership a discapito della parte “Francofona”. 

Ma spieghiamo meglio: il Management Chrysler proveniente da Detroit fa i conti con un’Europa in piena guerra sindacaleschizofrenica : nonostante Chrysler abbia rilevato lo Stabilimento “Barreiros” a Villaverde (Madrid) per impiantarci la Gamma Simca “1000”, lo Stabilimento spagnolo viene addirittura azzerato per la situazione repressiva in cui gli scioperi vengono gestiti dal Governo franchista; ed ovviamente la copertura produttiva tagliata a Villaverde e Barreiros viene distribuita tra Francia e Gran Bretagna, cioè in due dimensioni all’opposto tra loro.

In Francia gli Stabilimenti “Simca” di Poissy sono un esempio di regolarità “forzata” dal possesso del pacchetto di piena maggioranza di Simca da parte Chrysler dal 1963, che con un “colpo di spugna” avvia un programma produttivo ex novo a partire dalla “1100” del 1967 cui seguono la “1301/1501”, la serie “1307/8/9” con la estensione finale di 1510 da cui Peugeot ricaverà la “Solara” da fine anni ’70). 

Ma lo “smacco” che nessun francese potrebbe sopportare è quello dell’intelligence”: la produzione della “Simca” era comunque delegata totalmente al Reparto Tecnico e Stile del Centro di Whitley dove nascevano tutte le nuove auto, e non a caso le realizzazioni stilistiche di Roy Axe saranno un emblema per la storia di Chrysler Europe, poste soprattutto in concorrenza virtuale e simbolica dentro la Simca con Robert Opron che della “1100” è un ispiratore determinante; edinfatti il percorso e la conclusione di questa storia ha il sapore di un orgoglio tipicamente “British” che non a caso doveva essere calpestato dai francesi per cancellare ogni traccia di un pezzo di storia “scomoda”. Al nuovo “padrone” PSA serviva solo un minimo appiglio. E purtroppo Linwoodne offriva a manciate…

Francia e Gran Bretagna, l’auto “va stretta” di Manica

Perché stava diventando sempre più improponibile quel “ponte” metaforico sulla Manica, e non poteva sopravvivere a lungo la sintesi di due mondi automobilistici socio-industriali in contrapposizione così netta tra di loro. 

Neppure le scuole nazionali di calcio francese e inglese erano tanto in guerra tra di loro. E quando Chrysler compra il Gruppo Rootes la Gran Bretagna entra in fibrillazione e scopre che i suoi gioielli sono alla mercè della concorrenza anche perché nel frattempo Giappone, Germania e Francia sono sempre più incombenti e graditi come Paesi produttori anche dai clienti “British” più campanilisti. La Gran Bretagna leader del mercato auto europeo tra il 1950 ed il 1960 comincia a crollare in produttività e fatturato.

Ecco perché il programma di nazionalizzazione marca aduomo ogni Costruttore e Gruppo nativo britannico (ad eccezione dunque di Ford e Vauxhall) al fine di recintare dentro raggruppamenti pubblici l’Automotive “British” che sta collassando.

Ed ecco perché, come per tutti gli altri Marchi britannici, anche per Chrysler Europe l’aspetto ed il peso degli eventi socio-politici e delle contestazioni operaie in Inghilterra diventa cruciale, con un riferimento cardine per la storia della piccola “Sunbeam” dentro allo Stabilimento di Linwood in Scozia. 

Che nasce nel 1963, sforna 440.000 veicoli in poco più di 18 anni, è un riferimento identitario fortissimo nel territorio e quando PSA lo chiude di colpo, l’11 Febbraio del 1981, le migliaia di donne ed uomini licenziati in tronco sono il manifesto di una offesa antropologica più che di una semplice reazione operaia.

Linwood aveva prodotto per la prima volta nella storia scozzese e dell’Automotive modelli di auto in Caledonia, sebbene attraversata dal dramma delle contestazioni operaie che sfociarono, in altri Stabilimenti, alla celebre guerra tra Michael Edwardes e “Red Robbo”.

Lo stabilimento si trova ancora – per i suoi resti – sulla A761 (Linwood Road). Provenendo da Glasgow, lo stabilimento si trova prima di Linwood; ed è un sito talmente pieno di materiale di studio per sociologi, appassionati di storia industriale e di leggenda da aver dato vita ad un’opera, “Il sogno di Geffrey Rootes per Linwood” di Robert Allan. 

PSA e quel “Golpe Bianco “ di Linwood

Fu il Primo Ministro Mc Millan a convincere Geffrey Rootesad aprire lo Stabilimento per fare della Scozia una regione adeguata allo sviluppo industriale internazionale: all’epoca infatti l’industria scozzese dal lato meccanico era inesistente, ma alla luce del boom motoristico internazionale ciò era un grande limite. 

Oggi la parte rimasta in piedi dello Stabilimento è stata comprata da un pool di azionisti ed investitori del luogo, capeggiati da un Comitato di veri appassionali della storia di Linwood. Il resto, dopo gli abbattimenti, è stato coperto da Fast Food e centri commerciali, un panorama grigio e verde scuro come la Caledonia che ti immerge nelle vicende dell’epoca d’oro.

Dopo che il Principe Filippo di Edinburgo, nel 2 Maggio1963, inaugura il nuovo Stabimento Rootes Linwood, la storia rimanda una serie di “chiaroscuri” che si confondono con la identità e consapevolezza locale della comunità di lavoratori residenti che fa di questo sito una sorta di “Desio della Caledonia”. Sembra di vivere in mondi paralleli ed è così: Linwood per primo paga la sua essenza britannica e la invisibile guerra tra parenti serpenti delle due rive opposte della Manica.

 

Certo, di suo quella comunità di lavoratori e quell’insediamento produttivo ci avevano messo l’adeguamento vergognoso al sistema terroristico e mercenario che le contestazioni sindacali avevano creato fino alla fine degli anni Settanta, e che aveva dato vita alla leggenda negativa di “Crazy-K” il Reparto industriale “covo” e “Dogana” al centro di vicende socio-antropologiche poco edificanti, molto simili purtroppo a quelle che accadevano nel resto del Regno Unito: scioperi selvaggi, violenza verso gli operai dissociati, furti e persino blocchi all’ingresso di catene di fornitura in fabbrica, il tutto condito da lavori fatti male intenzionalmente e furti di materiale dai magazzini.

Ma anche tre passaggi di proprietà in 18 anni sono la causa di una schizofrenia socio-industriale inaudita: si va dal paternalismo di inizio Rootes con la tutela dei valori locali del sito produttivo persino nelle mense e nelle decorazioni degli ambienti di lavoro; per passare alla managerialità fredda e anche un poco arrogante degli americani di Chrysler; per finire alla idiosincrasia francese per i cugini scozzesi e britannici. Perché arriva il momento che dopo essere subentrata a Rootes, la Chrysler cede con piacere tutto a Peugeot e PSA.

Ma nel decennio di gestione Chrysler la serie di sabotaggi e danni (nonostante una iniezione di 162 milioni di Sterline da parte del Governo nel 1976) e la continuità di risultati commerciali deludenti portano Chrysler a cedere tutto: ed alla data di Agosto 1978, quando PSA entra a Linwood, la situazione sociale ed industriale dello Stabilimento è decisamente poco tollerabile agli occhi dei francesi. Anche perché al Governo si sta presentando una Lady di Ferro – Miss Thatcher – che dell’aiuto pubblico ai Costruttori nazionali non vuole più sentire parlare.

Chrysler Sunbeam: la piccola che si trasforma in icòna

Ai piani alti di Detroit, dopo che Chrysler USA aveva comprato Rootes,  si era fondamentalmente lasciato delega alla struttura di Linwood di essere una sorta di “provincia autonoma” del Regno di Detroit: nel sito scozzese più che altro gli americani lasciarono alla gamma più “cheap” e datata di produzione, una volta marchiata “Chrysler Europe”, di rappresentare un poco la parte “americaneggiante” della linea europea per concentrarsi invece sullo sviluppo evolutivo della Simca, vista anche la disponibilità del Governo francese ad agevolare gli investimenti per ammodernare ed ampliare i siti produttivi in loco.

Come detto il Management di Chrysler “gioca a Zona”: in Spagna, con maestranze date soprattutto dalla immigrazione locale, si lascia spazio alla vecchia ed elementare “Simca1000”; in Francia il benchmark concorrente di mercato è ovviamente quello di Renault e Citroen; in Gran Bretagna la lotta è con le cugine europee di General Motors e Ford di Detroit.

Per questo Linwood dà vita nel tempo ad auto che neppure si ricordano nel resto d’Europa: Linwood è stata la patria della Hillman Imp (la prima auto 100% scozzese) e delle sue numerose derivate dal 1963 al 1976. Tra gli altri modelli costruiti lì figurano la Hillman Hunter e le sue derivate (1970-1976), la Hillman/Talbot Avenger (1976-1981), e la fastback Sunbeam Rapier/Alpine (1970-1976): auto davvero di nicchia pensate per il mercato locale.

Siamo però nel 1975, il Marchio Chrysler se la passa abbastanza male in USA e molto peggio nella parte inglese della filiale europea: le esigenze del mercato dentro la crisi energetica rendono la produzione di tutto il Marchio “Hillman” (classicamente a motore posteriore a sbalzo o a motore davanti e trazione posteriore) già poco interessante a prescindere; mettiamoci poi le contestazioni sindacali, e si capisce perché a questo punto solo per ricominciare a dialogare sul futuro di Linwood la Chrysler vuole vedere i soldi del Governo per ripianare il crollo della produzione; e tanto per farsi capire, il Presidente di Chrysler Lynn Townsend in una intervista rilasciata all’importante Quotidiano “The Guardian” non fa segreto dell’idea di lasciare la Gran Bretagna: troppo casino, troppa politica, poca resa.

 

Arrivati i fondi governativi, Chrysler però decide di applicare la mano pesante: il disordine creato dal presidio sindacale facinoroso porta il management di Detroit a replicare in chiave CowBoy il polso duro applicato da Michael Edwardes, e succede un Armageddon: si parla di capi delegati dagli Stati Uniti autorizzati ad usare le maniere forti, si parla di buttafuori privati a viso coperto che picchiano operai portandoli di peso dentro le sale di verniciatura, al punto che anche le Guardie Giurate assunte regolarmente nell’Impianto si mettono dalla parte degli operai.

Si vocifera di qualche raid notturno finito persino in tragedia, quando alcuni Gruppi di operai cercano di forzare l’ingresso notturno degli Impianti. Impianti che, piano piano, cominciano ad essere lasciati a sé stessi ed al degrado totale.Di certo i residenti di Linwood sono cinti d’assedio da Detroit come loro cingono d’assedio lo stabilimento. 

Alla fine, pare, nel 1977 “Crazy-K” è ridotto al silenzio e per buona volontà la Chrysler decide di lanciare un nuovo modello. “Nuovo” si fa per dire: come base si prende la vecchia Hillman “Avenger” (nata nel 1969 per contrastare Opel Kadett e Ford Escort, ma anche le medie giapponesi in arrivo). 

Tuttavia il feeling americaneggiante (la “Avenger” è la prima nuova realizzazione a Linwood dopo l’acquisto di Chrysler”)fa partire il modello da cilindrate abbastanza “alte” per il segmento di mercato (ricordo che Escort e Kadett partivano da 950 e 1000 cc.); nonostante questo il pubblico apprezza questa “americanina” da 4,10 metri di lunghezza a schema classico motorizzata nel tempo da 1200 cc. fino a 1600 cc. 

 

Il problema è nella fascia bassa delle utilitarie europee: contro “Renault 5”, “Fiat 127”, “VW Polo” e “Golf”, la Chrysler Simca Europe oppone solo la “1100” mentre il mercato ormai si orienta verso le più moderne “2Volumi” canoniche entro i 4 metri. 

 

Perciò si decide di creare una “mediopiccola” Due Volumi che per cilindrate (1000 cc e 1300 cc.) deve appunto affrontare la crisi energetica e la concorrenza delle utilitarie più in voga.

 

E cosa si fa allora? Presa la “Avenger” 2 porte, via una bella fetta di muso anteriore e taglio netto al terzo volume di coda: rimane una cellula sulla quale il “taglia e cuci” magistrale di Roy Axe (accompagnato da un passo più corto di soli sette centimetri ma di una larghezza superiore) permette di superare dei “muri” progettuali incredibili, come il baule posteriore che nella Sunbeam è costruito intorno e sopra ai volumi dei parafanghi e degli attacchi dell’assale, cosa che obbliga (caso raro all’epoca per una Due Volumi europea) alla sola apertura del cristallo posteriore. 

 

Premesso, per i cultori della archeoindustria, che alla base di “Sunbeam” c’era stato anche il progetto di una “AvengerLiftback” che nelle linee fondamentali ricorda la nuova piccola (Nome in codice Project R424 RWD) che della Liftback prevista e mai messa in produzione riprendeva tutto quello che proprio in quel periodo progettuale Chrysler si era rifiutata di mettere in produzione ormai stufa del disordine sociale e sindacale inglese; e come detto, proprio il finanziamento del Governo Callaghan rilancia il progetto della “piccola” Sunbeam dal 1977.

 

A firma di Roy Axe e David Evans la Sunbeam presenta, quasi unica anche in questo, due bei fanaloni longitudinali al posto dei “fanalini” adottati da Due volumi dove si apriva il cofano verso il paraurti; mentre l’anteriore fa un poco il verso a “Fiat 127” ed Austin “Regent” ma direi soprattutto alla concorrenza giapponese.

 

Pur nella limitazione del Budget, Roy Axe fa miracoli, perché conserva tutto quel che può sotto la base della linea vetrata della Sunbeam ma “ringiovanisce” il padiglione con una nuova struttura e un diverso tetto.

 

Il miracolo non finisce qui: la strategia di “popolarizzazione” forzata vede un assortimento motoristico che porta dentro il cofano della “ex Avenger” (in origine dotata da 1200 a 1600 cc.) di un micro motore da 982 cc. e da un 1300 alla fine della Gamma. Effetto della crisi.

 

Crisi energetica che tuttavia non perdona: Chrysler Europe diventa per la CasaMadre di Detroit una voce in sofferenza, e dunque arriva l’accordo per cedere tutto il pacchetto a PSA (Peugeot Citroen) nel 1978; dunque i francesi si trovano progressivamente a chiudere la presenza della “ Chrysler Simca” (ridenominando, rimarchiando e smaltendo la originaria produzione) dapprima in Inghilterra per poi chiudere in bellezza con le due ultime nuove uscite “a vecchio Marchio” (Horizon e Solara) che saranno trasferite nel corredo della neonata Talbot. Che, come Marchio a disposizione dei francesi, viene tirato fuori di nuovo nel 1980 rimarchiando per questo tutti i modelli “Simca” e “Chrysler”.

 

Sulla base di questa “nuova-vecchia” protagonista del mercato europeo PSA elabora una politica di “taglia e cuci” fatta di –appunto- rebrending di modelli già presentati (Horizon e Solara); condivisione di “vecchie” piattaforme Peugeot (è il caso della Tagora Talbot basata sulla vecchia “604”); “trapianti” più o meno riusciti (Matra Rancho basata sulla vecchia meccanica Simca ma rebrendizzata Talbot) o semplici appaiamenti (Talbot Matra Murena, nel caso) per creare dal nulla un feeling di marca sulla piazza europea. 

 

Insomma, un vero casino che avrebbe potuto vedere la luce in termini positivi solo dopo metà anni Ottanta quando la piccola “Samba” basata sulla cellula della vecchia Peugeot “104” diventa un Best Seller. 

Ma nulla, PSA ha deciso di uccidere la sua creatura appena nata.

Neppure l’orgasmo di poter siglare in puro accento francese totale la prima “piccola” Talbot di casa PSA con il soundingcanonico di “Talbòt Sambà” frena il management di Peugeot a compiere l’eutanasia: PSA viveva all’epoca la stessa crisi di identità della Stellantis attuale; poca voglia di distinguersi dal mercato “Commodities” e dunque attenzione solo al mercato auto di strettissima serie; solita frenesia del contenimento costi e dunque condivisione estrema di piattaforme; ed infine l’obbligo “obtorto collo” imposto a PSA dalla politica francese di non “strozzare” oltre misura la creatività eversiva (ma costosa) della Citroen. 

Di fatto in pochi anni Peugeot, dopo aver fatto fuori Simca-Chrysler e “blindato” Matra a semplice factory di progetti “B2B” senza più una propria gamma stradale, deve solo dare il colpo di grazia a Talbot. 

Lo fa in maniera rozza, insensibile e forse un poco idiota; la famosa “Espace” che regala una storia unica e gloriosa alla Renault è in realtà un prototipo della “Matra” su pianale “Talbot Solara”: la Factory lo aveva progettato per “regalare” alla Citroen un modello tradizionalmente alternativo alla Gamma già di per sé non convenzionale del Marchio del Double Chevron; ma in realtà prima ancora il desiderio non mascherato di Matra era quello di tornare su strada nel gemellaggio con Talbot in un nuovo segmento di mercato florido in America e che in Europa andava inventato del tutto. 

I fatti hanno dimostrato quanto miope sia stata la politica di PSA. Come lo è tuttora…

E della “Chrysler Sumbeam Talbot Peugeot Lotus”?  Ecco, quello è l’ultimo passaggio in chiaro della neonata e ri-nata Talbot.

E se conoscete tutti i risvolti non potete che restare estasiatidal puro “orgoglio British” che prevalse nella gestione del programma sportivo di Talbot Sunbeam.

Chrysler Europe Motorsport: all’insaputa degli americani

Quelli di Detroit, onestamente, erano Manager della Chrysler cresciuti nella nuova leva della cultura finanziaria e di Borsa, ma di Marketing e soprattutto analisi sociale sapevano nulla. Così come un po’ tutto il Gruppo Chrysler ignorava sia in Patria che altrove il legame sanguigno che correva tra automobilisti e competizioni sportive. Il Gruppo della stella nel Pentagono si sposava alle Corse così come un lottatore di Wrestling si legava alla Danza Classica; persino l’esperienza fallimentare di “Monteverdi” (il Marchio di Supercarsvizzere) deve la gran parte del suo flop alla adozione di motori Chrysler che per i veri e facoltosi sportivi di Ferrari e Maserati erano paragonabili a motori da Autobus.

E così, come per Ford il “Deus ex Machina” dello sport in Europa era diventato Mike Kranefuss, e come per General Motors il rilancio sportivo nel Vecchio Continente fu avviato con nuove risorse per Opel e Vauxhall, anche Chysler Detroit (che ogni tanto ragionava bene) decide di affidare il rilancio del Marchio europeo delegando il Master Project al talento naturale degli Inglesi per le corse automobilistiche. E fanno una delle poche cose fatte bene: tra Coventry e Linwood si scatena un inferno propizio: si comincia a fare Benchmark, si vedono sempre più manager della Chrysler ad accompagnare le uniche esponenti del Gruppo che ancora rappresentano benissimo i colori di casa: la “Simca 1000” e la “AvengerTiger”.

Mentre sta per prendere forma la risposta globale, soprattutto, alle varie “Ford Escort RS” e “Vauxhall/Opel” Kadett nei Rally ed alle impertinenti “Golf GTI” ed “AlfasudTi” su strada.

Presa la nuova “piccola” di Chrysler (la Sunbeam), i tecnici di Linwood danno vita ad una vera e propria prova di orgoglio e di vera e propria scommessa: a causa anche dei disordini in catena di montaggio, della ampiezza di Gamma e del difficile gradimento in Europa di un modello così’ particolare come Sunbeam, la “piccola” rimane al palo come produzione di serie “utilitaria” e dopo un anno le vendite restano ferme a poco più di sessantamila pezzi. 

Da quello stallo, dentro Linwood e Coventry esce per prima cosa il talento inglese per le auto a vocazione sportiva: annullando la politica “pauperistica” di Detroit, il management inglese propone alla Capogruppo americana un colpo da maestro: cancellando dalla Gamma “Sunbeam” il 982 cc. la riportano verso l’alto riprendendo il buon motore 1600 cc della “Avenger Tiger” per realizzare in uno stesso modello due versioni simmetriche:

​-Una versione sportiva da confrontare con le Serie speciali sportive sempre più diffuse di utilitarie di grande serie;

-Una perfetta “Gruppo 2” FIA da iscrivere nei Rally e nelle Gare di Velocità in Salita.

Perché la “Sunbeam 1600 Ti” profuma da ogni parte del desiderio tipicamente anglosassone di menare le mani alla pari sullo sterrato, in campagna ma con auto di serie che ripetano la gloria anglosassone dei primati sportivi; su questa prima realizzazione Talbot per i Rally, gli inglesi si trovano a rendere virtù tutti i difetti del mercato di serie che avevano fatto della piccola Due Volumi Chrysler un mezzo aborto: la “Sumbeam” nasce sulla piattaforma della “Hillman” Avengerdel 1969, con undici anni sul groppone ed una classica e vecchia trazione posteriore ad assale rigido in solo 3,82 metri di lunghezza. 

Credo, anzi sono quasi sicuro, che nel 1980 è la più piccola trazione posteriore prodotta in Europa da un Marchio europeo e non giapponese. 

 

Ma le misure canoniche, la meccanica e lo chassis della “Sumbeam” si prestano ad un vero miracolo: i tecnici Talbotin Inghilterra portano la ex piccola sulla soglia “XXL” del mercato (cilindrate di circa 1500/1600 cc erano pensate o per la base delle Ammiraglie o per le sportive vere, nell’ Europa vittima ancora della crisi energetica) e ritagliano per la “Sumbeam” un profilo sportivo contro (ad esempio) AlfasudTi, Volkswagen “Golf GTI”, Fiat “Ritmo 105 Abarth”. Non a caso nell’allestimento “1600 TI” e l’omologazione in Gruppo 1 e 2 la Talbot Sumbeam se non altro dal 1978 comincia a far scrivere di nuovo quel marchio sulle cronache sportive dei Rally e delle Gare in salita.

Ma il vero gioiello è ovviamente la “ Chrysler Talbot Lotus”, frutto esclusivamente dell’orgoglio residuale della parte “inglese” di Chrysler Europe e Talbot PSA e fortemente favorito dal carisma politico di Michael Edwardes, capo supremo di British Leyland.

 

Ma è soprattutto lo “smacco” pragmatico che gli inglesi sbatteranno in faccia a PSA a rendere questa storia una storia di vendetta sottile e geniale, che costringerà Peugeot a “non poter dire di no” ed a fare la pessima figuraccia che la storia gli regala proprio a Marchio Talbot. Vediamo insieme.

Forse ancora si muoveva nell’aria del motorsportquell’ironico paradosso per il quale, alla data del 1980, l’unica vittoria di rango mondiale da parte della bandiera tricolore francese si era appalesata tra le rive della Senna grazie alle acque poco amiche del Tamigi: perché la “Matra” che vince il Mondiale di Formula Uno per la prima volta lo fa con un pilota scozzese (Jackie Stewart), ed un Team Manager più un motore più gomme inglesi.

 

Da allora le scelte quasi decoubertiniane dei Gruppi e dei Marchi francesi nel Motorsport – ad eccezione della Alpine A110 – avevano portato la Renault in F1 e la PSA nei Rally a vivere esperienze più di testimonianza che non di predominio. Insomma, la Francia era la classica “Bella che non Balla” dentro al Motorsport.

 

Partiamo con la storia completa della mitica “Sunbem Lotus” dai retroscena meno noti:

 

Mentre la “Chrysler Sunbeam 1600 Ti” svolge benissimo il suo compito di “Entry level” fornita a Squadre private in Gran Bretagna ed Europa, la fissazione degli inglesi per i cavilli legali e sportivi stava disegnando nella testa dei Manager sportivi Chrysler l’idea vincente scaturita da uno dei tanti “gap” normativi delle categorie FIA.

In particolare, nei rapporti tra peso minimo e cilindrate, si era verificato un “buco” per il quale la pur ancora ottima Ford Escort RS Gruppo “4” cominciava a prenderle regolarmente, in Gran Bretagna, dalla Vauxhall Chevette HS, una classica berlina sportiva con motore 2300 cc. 16 Valvole e persino “Gruppo 2”: dunque prendendo una vetturetta sufficientemente leggera ma adattabile ad un motore “monstre” si potevano persino “legnare” le protagoniste del Mondiale Rally con una piccola auto derivata dalla stretta Serie. 

Insomma, l’opportunità c’è, i limiti delle “senatrici” del Mondiale Rally sono troppo intriganti per non approfittarne, ed a Coventry e Linwood già solo l’ipotesi di una loro creatura presente nelle Corse porta le maestranze a fornire tutto il loro supporto. 

Tutto fantastico, ma bisogna correre come dei matti: Chrysler Detroit ha alzato bandiera bianca, da Ottobre 1977, e ha messo in vendita tutto il pacchetto di controllo della Filiale Europea: il Reparto Corse di Coventry deve farsi trovare dai nuovi padroni con il fatto compiuto, con la linea di montaggio di Linwood in piena attività e con una “Fiche” di omologazione FIA da onorare. E così sarà.

La corsa contro il tempo, e l’Exploit record di Tony Pond

Dentro il Reparto Corse della ancora Chrysler Europe a Coventry Deas O’Dell, il capo assoluto, ha già l’auto su cui impiantare un motore “Monstre”, ed è la “Sunbeam Ti”; ed alla ricerca di un partner “motorista” dopo il classico giro dei quattro cantoni (che esclude Cosworth ed altri Tuner“compromessi” con Marchi Costruttori) si arriva velocemente al contatto con un uomo che stava portando la Lotus dentro una rivoluzione copernicana. 

Lui è Mike Kimberley, proveniente da una crescita professionale dentro Jaguar a Coventry; e da là, passato in Lotus nel 1969 ne percorre tutte le tappe progettuali e gestionali fino a diventare Amministratore Delegato di Lotus Cars nel 1976; da questa spinge Colin Chapman, il Consiglio di Amministrazione ed i Soci ad investire nella costruzione di un braccio “Engineering” del Marchio di Hethel quasi in parallelo alla strategia contemporanea di Porsche: creare una struttura in grado di lavorare su commessa progettando soluzioni e piattaforme per conto terzi. Da qui, con il tramite di Wynne Mitchell (amico storico di Kimbrley e manager presso Chrysler UK) nasce il contatto tra O’ Dell e Lotus. 

Siamo a Gennaio 1978: Lotus presenta la straordinaria “79” per la Formula Uno mentre la sua “Esprit” diventa un must per le stradali inglesi. In questo superlavoro Kimberley accetta di entrare in un progetto da svolgere entro sei mesi, e così sara’.

L’accordo di progettazione e sviluppo (dove la parte economica più interessante è quella formata dal “Success Fee” legato ai risultati di Gara) prevede che Lotus realizzi due motori con asse verticale inclinato, quattro cilindri aspirati: uno da 2000 cc. 16 valvole e 155 Cv (Type 907) ed uno in serie limitata 2200 cc., 240 Cv, 16 valvole (Type 911). In un mese e mezzo Lotus completa la commessa. E’ un record: ad Hethel si “violenta” una Sunbeam 1600 Ti e si monta il motore 2000 potenziato a 200 cv, lavorando su rinforzi al telaio e modifiche alle sospensioni. 

Poco prima della “Fiche” si realizza un prototipo che affidato nelle mani di Tony Pond in un Rally di test porta tutti a festeggiare: quella “Sunbeam Lotus 2.0” iscritta proprio così come Prototipo non solo va liscia e senza rotture al traguardo, ma si permette di essere velocissima anche se ovviamente Pond là è più un tester che un Pilota in un contesto di Gara. 

E’ un boom mediatico incredibile: per giorni si parla sui Media di questo nuovo gioiello da Rally.  

Ed è subito dopo Ferragosto del 1978: PSA entra con le chiavi delle sue nuove proprietà a Villaverde (Spagna), a Poissy (Francia); ed entrando a Linwood vede…..il fatto compiuto.

Una richiesta di Fiche “FIA” per la “Chrysler Sunbeam Lotus 2200” da onorare con almeno 2500 unità da realizzare; una produzione di 10.000 Sunbeam Ti in corso e la nuova linea conseguente di almeno 2500 scocche realizzate per l’adozione di altrettanti motori Lotus Type 907 da 2000 cc.

Ma non basta: per la derivazione “pistaiola” e da Rally della Sunbeam Lotus si devono realizzare almeno 400 esemplari “DOC” ai fini della “Fiche” FIA e questo comporta: scocche rinforzate e modificate negli attacchi delle nuove sospensioni studiate dalla Lotus, motore “monstre” 2200 16 valvole da 245 Cv per solo 910 Kg. di auto; pannellature e interni sportivi, cambio “ZF” e cerchi sportivi da 13”.

PSA Campione controvoglia: parte l’Impresa “TalbotLotus”

Ma la beffa in perfetto stile British la fa proprio Chrysler UK; per quel gioco tra equivoci ben studiati e casualità miracolose, nei comunicati Stampa da Coventry si fa uscire una nota davvero bizzarra: ai tabloid inglesi di settore lancia a Dicembre la notizia, del tutto preventiva e da confermare in realtà, che PSA avrebbe confermato gli impegni pregressi avviati con Lotus per il programma Rally dichiarando la “Sunbeam” come “l’auto più venduta”. Non lo era in realtà, o meglio lo era solo a Linwood, ma in effetti il programma comune con Lotus aveva dato una bella carica positiva alle scarsissime vendite che comunque la “Sunbeam” registra nella sua vita (200.000 pezzi in cinque anni, praticamente poco più di 150 auto al giorno).

Per questo, con i torcibudella, PSA deve persino tollerare che un intero spazio logistico dell’aeroporto di Ludham, vicino a Norfolk, venga affittato dalla ex Chrysler per parcheggiare le 400 scocche sulle quali in meno di due mesi la Lotus monta tutti i particolati contrattati nell’accordo.

Appena viene omologata con Fiche “1700” dalla FIA nel 1979, la “Sunbeam Lotus” è la primadonna al Salone di Ginevra di Aprile dove si vede un quadro surreale: PSAnuova proprietaria che cerca di smorzare neppure troppo energicamente le lamentele della stampa francese sulla acquisizione di un covo di oltranzisti a Linwood; e la parte britannica di Chrysler e poi Talbot a festeggiare.

 

Proprio in quel Salone di Ginevra PSA preannuncia la rinascita del Marchio “Talbò”…..Ma il peggio deve ancora arrivare: perché con Budget aziendali al minimo, PSA dimostra all’inizio quanto possa essere elegantemente ostile al programma di start up. 

 

Per questo la nuova “Talbot Corse” di Coventry riesce a partire grazie alla disponibilità di due galantuomini come Jean Pierre Nicolas e Tony Pond (che chiedono il minimo sindacale di ingaggio) e grazie però ad un panel di sponsor inglesi che non vedevano l’ora di essere sulle fiancate di questa piccola gloria “British”. 

 

Nel 1980 arriva però l’insondabile che costringe PSA a rivalutare la piccola Sunbeam come la vera portabandiera sportiva del Gruppo: mentre “Peugeot 504” resta relegata alle vittorie pur prestigiose in terra d’Africa, i primati in Europa latitano. Per questo, quando un giovanissimo Henri Toivonenvince l’ Artic Rally e in Autunno sempre il mitico Henrivince il mitico e leggendario “RAC” tutti capiscono che quella Talbot fa sul serio, e che il 1981 è la Stagione per fare proprio sul serio. 

E fa sul serio anche PSA ma in un modo piuttosto indecifrabile: probabilmente i vertici di Peugeot neppure contano di vincere Titoli Iridati, al massimo qualche Rally: e decidono di spendere risorse finanziarie nel progetto notevole ma velleitario della Ligier Matra in Formula Uno: Matra è un Marchio dentro PSA, effettivamente, e per rendere familiare il nuovo prodotto Talbot si decide di renderlo Sponsor della Squadra di Monsieur Guy Ligier. Solo che “questo” Guy non è che vinca molto in quel 1981 in Formula Uno.

 

Molto meglio va l’altro “Guy” che con l’aiuto di Toivonen e di Stig Blomqvist si piazza sempre bene e con una sola vittoria supera l’armata Audi nel Mondiale Costruttori.

Il miracolo che non ti aspetti è là, sufficientemente glorificato dai Media e ragionevolmente sottostimato e silenziato dentro PSA. 

L’imbarazzo dei francesi è grande, pari alla sorpresa che ancora hanno nel vedere un bidet: per vincere i francesi hanno dovuto servirsi ancora una volta degli inglesi; con tutto ciò la “Talbò” è formalmente il Marchio che riporta in Francia un Titolo Iridato Internazionale Rally dopo Alpine Renault; “Talbò” è riuscita nell’immaginario francofono a mettere PSA davanti all’odiata Renault che nonostante il “Montecarlo” vinto con la “5 Turbo” finiscono dietro; e contemporaneamente “Talbò” è la piccola Giovanna d’Arco che con la sua eresia offre ai francesi l’orgoglio di aver battuto i panzer tedeschi.

 

Per gli inglesi, invece, sua Maestà “Sunbeam” da Linwoodsignifica solo tre cose:

 

​-l’orgoglio di una Campionessa mondiale uscita da uno Stabilimento inglese e la vittoria da “alzare in faccia” ai cuginastri britannici di Ford (il Titolo Piloti 1981 di Ari Vatanen con la Ford Escort RS è l’ultimo gestito dalla parte inglese, in questo caso con il preparatore David Sutton);

 

​-il riscatto (parziale) della pessima figura internazionale fatta dall’Automotive britannico per colpa delle lotte sindacali fraudolente;

 

​-il ricordo della vittoria “all British” al RAC 1980, che per gli inglesi vale più di ogni altro Titolo.

 

Peccato solo che Quando vince il “Codasur” in Argentina (nemesi e casualità storica, proprio in Argentina pre-Falkland) a Luglio del 1981, e con Guy Frequelin e Toivonenha il Titolo Costruttori quasi in tasca, la Regina di Linwoodnon ha più né il suo reame né i suoi sudditi. 

 

Era successo che nella notte tra il 10 e l’11 Febbraio 1981PSA ha fatto affiggere alle tre di notte da una guarnigione di attacchini le centinaia di manifesti dove è scritta la sentenza di chiusura immediata, irrevocabile e definitiva dell’Impianto di Linwood; ed i 4800 operai ammassati fuori dai cancelli chiusi leggono la sentenza del “loro” Stabilimento mentre, nel frattempo la scritta “Talbot” (che a Linwood non si e’fatto mai neppure in tempo a montare sul frontespizio dello Stabilimento) con tutti i costi di sponsorship relativi trionfa visivamente dalle carenature delle Ligier Matra nel Mondiale di F1 e, contemporaneamente, la “Regina di Linwood” (la Chrysler Sumbeam ridenominata Talbot) inizia il suo percorso iridato nel Mondiale Rally. Gli operai e le maestranze di Linwood hanno fatto solo in tempo ad applaudire il secondo posto della loro “Creatura” al  Montecarlo di fine Gennaio 1981 ad un soffio dalla Renault 5 Turbo di Ragnotti. Anche questo rende questa storia cosìmagica.

 

Che è bene rammentare, dopo la notizia che Stellantis ha registrato di nuovo il Marchio “Talbot” in Francia. Speriamo sappia farne buon uso…..

Riccardo Bellumori

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