Lancia Thema 8.32: storia dell’ultima Dea tra luci ed ombre

La Lancia Thema 8.32 Ferrari evoca potenza e tempeste motoristiche, ma pochi sanno che quella passata alla storia come l’ultima super Ammiraglia Lancia è nata in un contesto ed in un periodo davvero straordinario ed irripetibile, anche e soprattutto nei suoi eventi più critici: una storia diversa, meno patinata e più vera, come nella tradizione di Autoprove.

Se della “Thema 8.32″  volete leggere qui l’ennesimo articolo/Brochure” che osanna il Cavallino sotto il cofano, oppure Vi piacciono le storie intasate di inutile enfasi, resterete delusi; se volete invece ripercorrere un contesto storico e cercare fatti ed antefatti, cogliere anche le ragioni di un azzardo tecnologico e commerciale rappresentato dalla “8.32” siete i benvenuti: non Vi faremo accomodare sulle lussuose poltrone in pelle “Frau for Lancia” (le prime realizzate dalla famosa Maison per la Fiat) o davanti alla plancia in radica con i classici “Veglia Borletti” tondi a sfondo giallo; non Vi faremo usare il radiotelefono da bracciolo personalizzato dalla Ericsson per la 8.32, ma Vi accompagneremo nel 1986. Mettete su dunque un pezzo dei Duran Duran, tenete da parte un attimo il romanzo “Il Postino di Neruda” e venite con noi!

Il Karma sofferto di “Thema 8.32”

Thema Ferrari e “Milano da bere“, la 8.32 e le capitali del lusso e del fashion style, Lancia glamour ed anni ’80: poche auto sono state capaci di rappresentare un periodo storico irripetibile, di raccogliere dentro di loro una infinità di eccessi ed opposti destini; e soprattutto pochissime auto sono state circondate da un contesto tanto complicato così come invece è successo alla Thema ed alla sua espressione più leggendaria, la “8.32” con il V8 di Maranello.

Fin dal suo battesimo al Motorshow di Torino del 1986 – sotto i capannoni disegnati da Matè Trucco nel 1922 – la 8.32 pare pervasa da quell’aura fatale ed inesorabile del Drake Enzo, fatta di incredibili successi ed eventi terribili. Nonostante il “Press kit” Lancia per il Salone reciti: ”  Lancia presents”8.32″, the most recent expression of Lancia’s return to the high performance prestige saloon sector“, proprio quella Kermesse di Torino perseguiterà la prima mondiale della povera super car di Chivasso: prima il rischio di una guerra tra Italia e Libia in mezzo al Mediterraneo per due missili Scud appena lanciati da Tripoli contro la base NATO a Lampedusa (per effetto dei quali uscirono da Mirafiori Alì Mahmound Elgheriani e Mohammed Siala, gli storici soci finanzieri libici); poi la nube nucleare della tragedia di Chernobyil che terrorizzò mezza Europa; ed a fine Salone lo Stand Lancia con in mezzo la povera “Thema Ferrari” bersagliato dalle critiche e dai riflettori di Stampa ed opinione pubblica per la tragedia che colpì al Tour De Corse del 2 Maggio Henri Toivonen e Sergio Cresto, la coppia di rallysti forse più ammirata dai tifosi del tricolore; proprio quei tifosi che infine il 15 Maggio a “Le Castellet– Paul Ricard” dovevano piangere ancora la scomparsa dell’ultimo Campione italiano – Elio De Angelis – deceduto dentro ad una monoposto di Formula Uno, a neppure un’ora di scalo aereo “Marseille – Ajaccio” dal luogo della tragedia rallystica in Corsica. 

Thema ed 8.32: Mission Impossible, risollevare Chivasso!

Già, la Francia: non aveva portato granchè bene alla Lancia fino dal suo ingresso in Fiat coinciso con la improbabile alleanza tra Citroen e Corso Marconi, a causa della quale la Beta derivòdalla imbarazzante “GS” e la Gamma fu vincolata dal progetto “CX”.

Ma in quello stesso 1986 in cui la Peugeot “205 T16” conquistava il Mondiale Rally proprio contro la “Delta S4 Martini” anche Maranello faceva “flop” in F1 contro il Campione Alain Prost; dunque difficile immaginare un palcoscenico più sofferto per l’Ammiraglia sabaudo/modenese.

Eppure la Thema era già riuscita in meno di un decennio (dopo appunto la fallimentare “Gamma” del 1976) a riportare Lancia ad essere il Top in Europa: nel suo primo anno in Italia aveva venduto già il 25% dei volumi totali destinati al segmento “E”, un record imbattuto in ogni epoca.

Chi blatera di una presunta guerra alle Supercar tedesche alla metà degli anni ’80 non sa davvero di cosa parla:per combattere VW Passat, Opel Rekord e Ford Scorpio 35 anni fa bastava la sola Fiat Croma, altro che “8.32“; la Lancia Thema standard invece era più che sufficiente per competere con Volvo 740/760 ed Audi 100/200, mentre Seat e Skoda non esistevano ancora e le Peugeot 604, Citroen Cx, Rover SD1, Talbot Tagora ed Alfa 90 erano semplici comparse allegoriche. 

Neppure la Mercedes “W124” e la BMW “Serie 5” erano un problema, perchè i tanti automobilisti che non potevano permettersele, piuttosto che obbligarsi alle dimensioni ridotte ed al minor prestigio di “190” e “Serie 3” compravano la “Thema” che pur essendo la prima Diesel di Chivasso era tra le prime cinque TD più vendute in Europa. 

Nel frattempo Chivasso metteva mano ad un’altra croce: quel “Rust-gate” (lo scandalo della ruggine che investì la Lancia dal 1980 e che le chiuse le porte di Regno Unito ed USA) che proprio la “Thema” insieme a Delta e Prisma riuscì a mitigare riaprendo temporaneamente al brand torinese le porte dei Dealer d’Oltre Manica: la mossa astuta del Gruppo Fiat fu nel 1980 una piattaforma di accordo con la Saab (la cui immagine di solidità era rinomata nel mondo) da cui scaturirono la “Saab Lancia 600” e la futura “9000”. Tutto questo, come la rinascita di Fiat, Lancia ed Alfa, è merito di un uomo in particolare: Vittorio Ghidella.

La “Thema 8.32”, guanto di sfida al “Tridente di Stato”

E se al Top del Lusso mondiale di metà anni ’80 rimanevano ancora le inglesi (Jaguar e Daimler) e le maxi tedesche (BMW Serie 7 e Mercedes Classe S) nessuno a Corso Marconi poteva essere così folle da imbarcare direttamente la Thema Ferrari in uno scontro impossibile lassù in cima: neppure il “Re” Vittorio Ghidella che aveva concepito sia la piattaforma “Progetto 4” sia la Thema che la “8.32”.

Dunque, con un progetto industriale di sole 3.537 unità costruite lungo sei anni (appena 9 auto alla settimana nell’impianto di Borgo San Paolo) cosa ha spinto davvero Fiat, Lancia e Maranello ad imbarcarsi nell’azzardo chiamato “Thema 8.32”? 

Semplice, la guerra al “Tridente di Stato“, a quell’intruso tra Lambrate e Modena, Don Alejandro De Tomaso, che aveva rilevato con i soldi pubblici della Gepi una Maserati vicina alla bancarotta e l’aveva riportata alle stelle: la “Quattroporte” di Giugiaro del 1979 era diventata la nuova auto del Capo dello Stato contro la gloriosa Lancia Flaminia e la Gamma Biturbo 2 e 4 porte creava un nuovo paradigma di lusso e sportività.

Ghidella, in attesa dell’Alfa Romeo ormai ad un passo dalla crisi e dalla dismissione dell’IRI, sentiva ormai prossima anche l’uscita della Maserati dalla Gepi da quando la stessa nel 1984 aveva obbligato Alejandro a fondere insieme Innocenti e Maserati per risanare un colossale buco di bilancio: tutti già sapevano che il Boss di Canalgrande (là risiedeva nell’albergo di famiglia) cercava disperatamente un potenziale acquirente in Lee Iacocca (Chrysler) ma questi, sebbene amico di De Tomaso e molto interessato alla Maserati, aveva rifiutato diverse proposte di fusione proprio per i conti disastrosi del Tridente.

Ci voleva tempo, certo: ma a Torino sapevano che la “8.32” sarebbe stata il colpo finale per condannare le prestigiose e costose “425/430” ad una retrocessione almeno morale in Europa, e “casualmente” la 8.32 debuttava un attimo dopo un pesante scandalo richiami della statunitense NHTSA che colpì nel 1985 le Biturbo 2.5 accusate di fenomeni di incendio spontaneo.

Insomma, colpo su colpo Maserati sarebbe crollata, pensavano a Torino, e così fu pochi anni dopo.

Nel frattempo “Thema 8.32” creava un segmento di mercato che prima non c’era, a discapito proprio delle Ammiraglie del Tridente: dopo la “Thema Ferrari” si affacciarono infatti tra il 1987 ed il 1990 Sierra Cosworth, Omega Lotus, BMW M5, Mercedes 500 E ed infine la “Audi V8” con potenze da 370 a 250 Cv; un pelo meno spinte erano la “164 2.0 V6 Turbo”, la “9000 T16 Saab” e la “Renault 25 Baccara” intorno ai 200 Cv, tutte però in grado di combattere per potenza ed immagine le “Biturbo”. Le altre Ammiraglie sotto i 200 Cv rimanevano invece auto per andare a passeggio…

Persino Lee Iacocca (che contro la Ferrari aveva fatto un nodo al fazzoletto) già Boss della Chrysler e nuovo padrone della Lamborghini cercando di rendere “Big Mac per focaccia” alla Lancia con le Chrysler “Imperial” e Dodge “Daytona” by Toro di Sant’Agata, in realtà avrebbe colpito di più la Gamma del suo amico De Tomaso: ma le due Chrysler furono talmente una stratosferica tamarrata da essere ritirate prima di subito, per fortuna anche della povera Lamborghini.

Eppure, il Drake… La storia strana della “8.32” a Maranello

Dunque il progetto “8.32 Thema” fu solo una costosissima prova di forza (al di là dei risultati commerciali) solo per combattere De Tomaso ed entrare nei ristretti numeri del “Gotha” Automotive? Chi conosceva bene Gianni Agnelli potrebbe non essere assolutamente sorpreso, l’Avvocato non rinunciava mai ai duelli di “cappa e spada” anche senza particolari ragioni contabili od industriali.

Però no, non doveva essere solo questo: nell’immaginario del Capo Ghidella – che in attesa dell’arrivo di Maserati concentrava Arese, Desio e Chivasso nel nuovo raggruppamento “Alfa Lancia Industriale S.p.a.” – stava nascendo la “piattaforma del lusso” italiana con cui cominciare a disturbare le eccellenze tedesche ed inglesi.

In questo “incastro da sogno”, in cui la Fiat avrebbe continuato a produrre per il “mass Market” soprattutto con il contributo degli Stabilimenti in Est Europa, Autobianchi ed Abarth sarebbero confluite in un unico Brand puntato contro le piccole sportive inglesi e francesi; all’opposto la una nuova Maserati era pronta a sfidare Bentley, Jaguar, Aston Martin e le super Ammiraglie tedesche.

In mezzo Alfa e Lancia: già dotate per competere nel segmento “E” di lusso, con il supporto di una potenziale griffe “Ferrari” avrebbero puntato fin contro BMW Alpina, Mercedes AMG, Ford Shelby, ed al mercato USA. Per il Biscione addirittura Ghidella pensò di mantenere la trazione posteriore ed il “transaxle” tanto cari alle tedesche.

Guarda caso per il Cavallino Rampante, probabilmente destinato a mantenere il suo ruolo di anti Lamborghini e Porsche “la cura Ghidella” avviata per derivarne una sorta di “Griffe” aveva già iniziato una epocale emancipazione con la linea “fashion” Ferrari Formula che dal 1983 presentò per la prima volta un merchandising che andava dallo Sportwear alle penne, ai gadget, ai profumi, persino una serie di orologi Cartier.

Probabilmente Ghidella cercava di “modellare” un nuovo profilo della “Rossa” prendendo spunto dalla evoluzione e dai risultati commerciali della nemica Porsche: ad un passo dalla bancarotta alla fine degli anni ’70 il Marchio di Stoccarda aveva ripreso fiato con una differenzione estrema (pensate solo all’enorme fatturato generato da Porsche Design e Porsche Engineering) di prodotti e servizi anche in outsourcing, parole queste che a Maranello erano sconosciute, ma che avrebbero significato soprattutto nuovo fatturato in crescita.

Dunque con la “8.32” i vertici Fiat avevano “fretta” di avviare un subentro gestionale su Enzo Ferrari? Forse non ricordate che per il Drake da metà anni ’80 iniziava un crollo fisico e gestionale inesorabile: dal 1982 sofferente ai reni, dall’estate del 1985 non fu più visto nei paddock dei circuiti italiani, ed infine – se non ricordo male – in quel 1986 svolse la sua ultima rituale Conferenza Stampa di fine anno con i giornalisti.

Colpisce soprattutto, a distanza di anni, tutto il silenzio e lo strano riserbo pubblico che sulla “8.32” è stato mantenuto proprio dalla Ferrari, nonostante la proverbiale gelosia ed attenzione del Boss e del suo management su ogni creatura o lavorazione di Maranello.

Ma il silenzio più strano del Drake fu quello che coprì un grave scontro al vertice tra l’ambiente Ferrari ed i “capi” Fiat, scontro nato per la Rossa più strana mai ideata a Maranello, la “408” di Mauro Forghieri del 1986: Ghidella la impose all’allora A.D. Sguazzini (uomo Ferrari di stampo classico) con l’obbiettivo proprio di avvicinare la Porsche su settori in pieno sviluppo come la trazione integrale.

Ma all’epoca il Cavallino riteneva sé stesso sacro e inviolabile, cosicchè la “408” richiesta da Ghidella a Mauro Forghieri (con trazione integrale e telaio a scocca portante) sembrò quasi un sacrilegio: il progetto finì nel cassetto, Sguazzini e Forghieri uscirono dalla Ferrari ed il Drake, stranamente, rimase in silenzio, ma la ferita era aperta.

Thema 8.32: numeri “verdi” solo a Maranello

Il fatto che l’operazione “Thema Ferrari” non fosse proprimente un “desiderata” del Drake e del management Ferrari si capisce bene da due soli elementi: in primis l’assenza insolita di dichiarazioni o comunicati da parte di Maranello, davvero curioso vista la gelosia di Enzo per ogni sua creatura diretta od indiretta. Quello che inoltre mi ha sempre colpito della operazione “Thema 8.32 Ferrari” è il contrasto tra la proverbiale attenzione e meticolosità di Maranello su ogni pur minimo progetto che la riguardava, e la assenza di tracce e dettagli sulla nascita ed evoluzione del progetto tecnico.

Tuttavia parlando della prima trazione anteriore al mondo a montare un “V8” Ferrari, e della complessità di uno sviluppo simile, nessuna traccia di prototipi pre-serie, di test a Fiorano, a La Mandria od a Vizzola Ticino: insomma un mostro da 215 Cv nato da una lussuosa e comoda Ammiraglia da tutti i giorni, con i suoi 1400 chili minacciati da micidiali sovrasterzi in entrata di curva e sottosterzi di potenza in uscita sembrerebbe cresciuto solo tra tecnigrafi e banchi Prova……Persino la storia ufficiale ci dice solo che i primi esemplari furono testati direttamente dai Dirigenti del Gruppo, ma che fine avevano fatto Giorgio Pianta, Michele Alboreto, e tutti i Drivers disponibili??? 

Cosa o chi ha dunque spinto Enzo Ferrari, con le sue posizioni note e molto rigide riguardo all’uso delle sue creature, ad abbracciare il progetto “Thema 8.32”? Qui le allegorie e le simbologie servono a poco, il Drake era un tipo molto pratico e certo non spense le candeline dei circa 30 anni passati dalle famose “D50” di F1 gestite a Maranello alla “Thema 8.32”, con quei camion che il 27 Luglio 1955 partirono da Borgo San Paolo per scaricare al Cavallino Rampante tutto il reparto Corse della Lancia, mentre in quel 1986 ripartivano da Modena carichi di “V8 Ferrari” destinati a Borgo San Paolo.

Le quasi 4000 unità della “Thema 8.32” hanno sbolognato dal magazzino della Rossa un bel po’ di motori, cambi e componentistica della quasi fallimentare “Mondial 3.0 V8” nel periodo in cui la linea di montaggio degli 8 cilindri era già passata ai 3200 cc. Se ci mettiamo il fatturato relativo al trasferimento di Know How, diritti e licenze, co-marketing ed interazione della rete di assistenza (il controllo dell’auto non lo si faceva certo dal meccanico sotto casa) per la Ferrari il progetto “8.32” dovrebbe essere stato un buon affare. Vi basti solo pensare che le operazioni di manutenzione più ordinarie richiedevano procedure complesse e tanto tempo (fatturato a carico del proprietario) e che il cambio delle cinte ogni 30.000 km  poteva avvenire solo smontando il motore dal vano, con relativo rimontaggio da parte del solo personale formato Ferrari.

Che anche a Maranello pesi l’ombra di un mistero legato alla “Thema Ferrari” è sicuro: oltre alla assenza di tracce dell’Engineering e dei test preliminari a Fiorano, rimane un curioso “buco” di chiarezza sull’assemblaggio dei motori a Borgo Panigale, in Ducati! 

Evento ammesso quasi a forza per la seconda serie “Thema” dal 1990 al 1992, alcune voci tuttavia dicono che in realtà sia stato fatto per tutto la vita industriale della Thema Ferrari: ovvio che per l’aura leggendaria del Cavallino far sapere che i “V8” uscivano tutti da Borgo Panigale sarebbe stato un po’ come dire che un “Rolex” era montato anche dalla Casio.

Certo non avrebbe aiutato l’immagine di una “Thema 8.32” che oltre a soffrire i ritardi abnormi nelle consegne aveva un prezzo mostruoso giustificato solo dal “family feeling” di Maranello: 65.000.000 di vecchie lire in Italia (quanto due Thema “2.0 i.e.” e poco meno persino della “308 GTB”) e ben 40.000 Sterline persino nella ritrovata Gran Bretagna del dopo “Rust-Gate”, dove la “8.32” costava quasi il doppio della Ford Sierra Cosworth e comunque più della stessa “Biturbo 430” (anche se la Gran Bretagna ha comprato solo 9 “8.32” e per di più con guida a sinistra).

 “Caesar” contro l’Ingegnere. E a perdere fu la Fiat

La “Thema Ferrari” è stata infine una creatura di frontiera in mezzo ad una guerra a cavallo di ben “due Fiat”: la guerra tra “Re” Vittorio Ghidella e Cesare Romiti causò una rottura spesso sfiorata già tra il 1985 ed il 1988, ed esplose sull’ipotesi di accordo con la Ford su cui aveva lavorato Ghidella.

Se fosse giunto in porto avrebbe creato un Gruppo del 25% di mercato in Europa, un gigante imbattibile per i tedeschi ed i giapponesi. Eppure forse aveva ragione colui che aveva portato Lancia al 10% di Market Share in Italia e che, con il margine di contribuzione dei risultati di Chivasso, aveva consentito l’operazione Alfa-Lancia.

Invece a frenare Torino sull’accordo ci pensò proprio Romiti che paventò il rischio di “ingerenza/ingestione” di Detroit su Corso Marconi: saltato l’accordo di fusione con Fiat, Dearborn assunse Vittorio Ghidella come consulente speciale del presidente Ford, e l’Ingegnere di Vercelli abbandonò l’Avvocato finendo nel fuoco di fila di pettegolezzi e accuse pesanti del nuovo potere di Mirafiori.

Il sogno della “piattaforma del lusso” di Ghidella sparì nel nulla e dopo la prima enfasi per la “8.32” i nuovi aumenti del Petrolio, i listini della seconda serie balzati alla soglia dei 100 milioni di Lire, e la catalizzazione portarono la Thema Ferrari nel limbo di inizio anni ’90 cui seguì l’avvicendamento tra la best seller di Giugiaro con la anonima “K”, quasi una metafora dell’indebolimento del Gruppo Fiat in Europa,

E quando il 18 Dicembre 1991 il Gruppo Fiat annuncio’ che Lancia avrebbe abbandonato i Rally lasciando al Jolly Club tutto il materiale del Reparto Corse, si cominciò a capire che sia nella Fiat che nel paese era cambiato il vento: in fondo la Lancia Thema, la “8.32” ed il Gruppo Fiat riflettevano il percorso socio-economico dell’ Italia, locomotiva in corsa tra il 1982 ed il 1989, convoglio deragliato dagli anni ’90, con la fumosa ricerca della “Qualità Totale” da parte di Romiti a discapito dell’anima e dell’empatia tra auto e potenziale cliente: con tutto il rispetto Tempra, Brava, Marea, K e seguenti ebbero ben altro impatto sull’emotività dei clienti rispetto alla generazione di auto voluta da Ghidella.

Ma Fiat si preparava a diventare altro: una organizzazione finanziaria nel bel mezzo della tempesta speculativa che colpiva lo Stivale, ed una Industria di servizi diversificati in una fase europea dove ad esempio, nella costruzione di automobili, la Spagna diventò una “tigre” proprio a discapito di Italia e Gran Bretagna. Davvero complimenti agli strateghi di Mirafiori dell’epoca, che defenestrarono Ghidella.

Il quale proprio sulla Lancia ebbe a dire, secondo la testimonianza diretta di Carlo Cavicchi nel suo Blog: “ mi impegnerò al massimo, ma la Fiat deve pensare in grande e nel grande la Lancia farà sempre fatica”….Parole profetiche, viste con lo sguardo di oggi.

Quella strana cabale del destino tra “832” ed “854”

I lettori fedeli di Autoprove potranno comunque raccontare ai loro amici, eccezionalmente, una storia diversa ed ugualmente importante della “Thema Ferrari”: non Ve la abbiamo descritta, perché se potete carezzatela con la mano ed ascoltatela a motore acceso; altrimenti meglio guardare i repertori fotografici in religioso silenzio. Noi invece – caso unico per l’argomento “8.32” Vi regaliamo una chicca: la Conferenza Stampa Ferrari del 19 Dicembre 1959 dove per la prima volta nella sua esistenza il Cavallino Rampante annunciò che avrebbe aperto la porta ad ogni eventuale partnership con qualunque Costruttore interessato per produrre almeno 3.500 pezzi di una piccola GT stradale, adottando il più strano motore possibile mai visto dentro Maranello, un piccolo 4 cilindri, siglato “854” sulla testata, di soli 849 cc. Un piccolo motore che avrebbe potuto avere persino un nome davvero molto caro ed importante: quello di “Dino Ferrari”.

La Thema Ferrari è stata l’ultima auto esterna a Maranello ad adottare un motore del Cavallino Rampante durante l’esistenza terrena del Drake, e l’ultima Lancia (nel 1986, 30 anni dopo il primo Mondiale F1 della “D50” sotto il Drake).

Nel 1962 uscì invece la prima Ferrari (anche se non marchiata direttamente come tale) estranea alla Gamma di Maranello: era la “A.S.A. 100 GT“, la prima disegnata da Giugiaro in collegamento con il Drake, e legata a doppio filo con quel piccolo “854“.

30 anni dopo quel 1962 uscì dalle catene di montaggio l’ultima “8.32”; si chiamava con un “8” iniziale (“832” e non “854”), era sempre disegnata da Giugiaro, montava un “Dino Ferrari” e fu prodotta in 3.500 pezzi, esattamente come il Drake desiderava ed annunciò in quella Conferenza del 19 Dicembre 1959. In quel 1992 Enzo Ferrari non c’era più, ma il suo karma era diventato eterno.

Riccardo Bellumori

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