Elio De Angelis: storia di quel capolavoro di 40 anni fa

C’era un ragazzo, negli anni Ottanta, che fece faville nel mondo del Motorsport.

Bello, ma soprattutto “telegenico”: il che non guastava in un momento in cui la Televisione e l’immagine a colori diventavano incombenti; eppure era del tutto lontano dal profilo “rampante” e un po’ troppo scenografico di tanti suoi colleghi.

E soprattutto privo delle maschere attraverso le quali diverse “Star” del volante ritoccavano la loro dimensione personale per poi contraddirla nel corso del tempo.

Lui era sé stesso, sempre e dovunque; ed infatti non troverete nessuna dichiarazione, presa di posizione od atteggiamento che abbia dovuto successivamente “sconfessare”.

Si capiva, al solo guardarlo, che quel ragazzo aveva dentro di sé cultura e classe da vendere, oltre ad educazione e “Savoir fare” che poteva derivare solo da una radice familiare nobile e decisamente signorile.

A notarlo bene, dalle interviste e dalle foto che su di lui cominciarono da subito ad imperversare, scaturiva un’indole molto riservata, al limite della timidezza.

Le sue dichiarazioni in perfetto inglese ed in perfettissimo italiano, erano contrassegnate da una cadenza autorevole e da un tono pacato. Pensava sempre molto attentamente a quel che avrebbe detto in pubblico. Quasi mai cadeva in polemiche o provocazioni, e per questo era anche un interlocutore che i cronisti non prendevano “alla leggera”. Ed anche per questo piaceva praticamente a tutti i maggiori Teams del Circus mondiale della F.1 che si erano scritti sul taccuino il suo nome: Elio De Angelis.

Elio, il talento, il genio, la cultura: un eroe post-moderno in Formula Uno

D.“Conosci piloti poco intelligenti in F1?” R. “Si, certo, ma non chiedermi i nomi!”

D.“Cosa rispondi a chi dice che sei il più forte?” R.“Per modestia gli dico che si sbaglia, ma in fondo so che ha ragione!”

Ecco un esempio di “botta e risposta” da manuale che Elio sapeva impartire al cronista.

Persino il Drake, quando il “nostro” aveva ancora 19 anni, rimase impressionato dalle capacità mostrate sulle Monoposto di Formule minori e lo aveva lasciato salire sulla mitica “T2” il cui volante era passato a Lauda, Reutemann e Villeneuve. 

Un test cui non seguì un ingaggio ufficiale, certo, ma dopo Arturio Merzario intanto Elio era stato il primo italiano a sedere dentro una Ferrari di F.1. dal 1973.

E nella massima Formula il ragazzo arrivò comunque, dentro un “cancello” come poteva essere la Shadow DN9-Ford, nel 1979: tanto per capirci, in mezzo ad un rosario di pezzi da 90 come Stuck, Regazzoni e Danny Ongais, Elio fu l’unico a regalare a quel collage di tecnologia Discount e tanta vanagloria del Boss Don Nichols un risultato a “filo di Podio”, con un quarto posto al GP USA East del 1979.

Otto mesi prima, a venti anni e 10 mesi scattava al suo primo “Start” dalla ottava fila del Gran Premio di Argentina, finito ad un passo dai suoi primi Punticini mondiali.

Ah, a proposito: sembra poca cosa, ma alla sua prima Stagione mondiale Elio concluse primo degli italiani, davanti a Patrese, Brambilla, Giacomelli, Merzario. Vi pare poco?

Nel Circus il romano di Viale Parioli era salito quindi non per la capacità mediatica ma per il talento eccezionale, la grinta e la grande maturità che gli conferiva una visione strategica della Gara di rara efficacia e semplicità: se era il caso di attaccare e risalire posizioni Elio attaccava senza mezzi termini; se le condizioni della Pista e della monoposto suggerivano invece di tenere l’andatura, lui sapeva gestire con accortezza.

Ma una cosa era certa, per chi lo vedeva dal suo alettone posteriore: il ragazzo elegante e timido, una volta al volante sommava la grinta di un combattente, la freddezza di un esperto, la sensibilità di un Ingegnere in Pista. E la classe del Campione, fatto di abilità e colpi di stile impercettibili. 

Un moderno Varzi, contro tanti “Nivola” spesso costruiti dai Media?

Ne era consapevole anche lui, che purtroppo sapeva quanto effetto scenico facessero sul palcoscenico televisivo le frenate a ruote fumanti, gli sliding ed i controsterzi di altri Piloti spettacolari ma molto meno “redditizi” di lui che con una strategia di Gara chirurgica cercava la prima ed unica cosa importante per un Pilota, il piazzamento sotto la Bandiera a scacchi

Per sé stesso e per la Squadra: per questo fu apprezzato da subito sia come Campione in Pista che come sviluppatore in Prova. Su di lui si poteva contare sempre, e come forse all’epoca solo Niki, Alain e Michele Alboreto, Elio è stato il precursore del professionista totale salito alla ribalta un decennio dopo con i vari Schumi, Alonso, Vettel: una sola identità ed immagine in pista, nel pubblico, nei rapporti con la Squadra e le Istituzioni. Una identità forte, quasi un “personal Branding” del personaggio.

Se nessuno ha mai azzardato il parallelo, il suo stile di guida, l’eleganza e la cura personale in tutto richiamano in lui un altro mito sfortunato, quello di Achille Varzi; chissà se il mio pensiero è condiviso da tanti di Voi.

Elio De Angelis, il nostro Campione, dietro al suo casco Simpson schermato dalla visiera scura tutto sembrava fuorchè un giovane dominato dal timore reverenziale: eppure – oltre quaranta anni dopo – è ancora nei primi quindici di quel metaforico elenco dei più giovani di ogni tempo ad aver ottenuto ottimi risultati, e praticamente da subito, in considerazione dei mezzi a disposizione e dell’età.

Ma di date storiche Elio ce e ne ha regalate diverse: appena quattordicenne invece che impennare il Fantic Caballero 50 sul Lungotevere Flaminio – come tanti coetanei della Capitale – probabilmente finisce per imparare a memoria le curve della ex “Pista d’Oro” – al chilometro 19 della Via Tiburtina – e va a vincere il Titolo italiano Karting ed a 18 anni bissa con l’Europeo correndo anche qualche gara del Mondiale. 

Quello che consideravano “figlio di papà”……

Comincia la grandinata delle considerazioni arcigne, l’ombra di un giudizio frutto della bassezza e della grettezza dell’ambiente: Elio? Si, bravo…Ma, certo, gli “aiutini”… Nulla di più falso e fuorviante, ed in pochi rimasero a spettegolare.

A venti anni, il 6 Maggio del 1978, Elio incanta tutti con la sua vecchia Chevron B38 di Formula 3 e va a vincere il Gran Premio di Monaco di Categoria davanti a Siegfried Stohr, a Daniele Albertino ed a tale Alain Prost. Il nostro campioncino ricaccia in gola agli sparlatori le maldicenze e le frecciatine.

A Marzo del 1980, ancora ventunenne, sfiora il record (per l’epoca) di essere il più giovane vincente di un Gran Premio di F.1. Siamo in Brasile, ad Interlagos, e la “mansueta” Lotus Essex 81 Ford del romano fa quel che deve contro la schiera degli avversari ma nulla può contro l’extra potenza della Renault Turbo di Renè Arnoux e si aggiudica un magnifico secondo posto: Colin Chapman, alla fine, ha visto giusto.

La sua carriera è fin troppo descritta e tracciata perché qui se ne debba dare nota: ma vale la pena ricordare dove ed in quale contesto Elio De Angelis è diventato, forse contro ogni probabilità, il portabandiera ed il Capitano di una delle Squadre di F1 più carismatiche della storia per ben cinque anni, prima che……..Beh, su questo punto cercherò fino in fondo di “blindare” i sentimenti e il mio punto di vista.

Colin Chapman è senza dubbio il “testimonial” più autorevole per “quotare” Elio: lui che ha avuto in Squadra talenti come Graham Hill, Jim Clark, Ronnie Peterson, Emerson Fittipaldi, Mario Andretti, ad inizio anni Ottanta è un uomo sull’orlo della crisi – senza che se ne percepisca traccia all’esterno – e vicino alla raschiatura del barile con la sua Squadra. 

Le continue sperimentazioni, l’esposizione finanziaria verso la produzione stradale ed il cambio epocale dal mondo “artigianale” a quello dei Network iper organizzati  mette la Lotus rapidamente nelle retrovie nel mondo della F.1. 

La fuga e la “nebulizzazione” anche giudiziaria del suo main Sponsor Essex genera contraccolpi di cassa e di risorse che toccano dal vivo l’organizzazione di Squadra. 

Elio in questo ambiente è il talento giovanissimo che aveva appena surclassato il suo “maestro” Mario Andretti al primo anno di Scuderia. Forse per lui le sirene di Squadre “rampanti” e di prospettiva erano già squillate. Ma nel nostro giovane romano interferiva una lealtà e rigore forse poco consueti all’epoca. Era pronto a diventare Capitano di quella ex bellissima nave Pirata quasi alla deriva, la Lotus.

Elio, leale fino all’ultimo con tutti. Non tutti, leali con lui…

Nessun mercato, nessuna chimera: Elio resta a fianco di Chapman che può permettersi solo, con lui e Nigel Mansell, una Squadra di ottimi e promettenti giovani ma nulla più, a detta degli opinionisti di settore. Eppure come sempre Colin ha visto giusto.

Passa in maniera inaspettatamente dignitosissima anche un 1981 confusionario per tutto il Circus ed arriva il 1982  con quell’exploit estivo di genio, talento e classe di Zeltweg. Tantissimi anni dopo l’epoca d’oro per il tricolore, Elio è il secondo pilota italiano a vincere un Gran Premio in Stagione dopo Riccardo Patrese a Montecarlo; e quasi quattro anni dopo il mondiale 1978 finalmente la Lotus rivede il gradino più alto.

Vale ricordare in quell’assolata Domenica 15 Agosto 1982 l’ultimo Giro a Zeltweg dove Elio, con una Lotus “91” peggiore della pur appena decente Williams “FW08” di Keke ha resistito senza scorrettezze o crolli nervosi alle incursioni del finlandese. 

Vedere Elio rimanere impassibile di fronte a quel GoKart Williams impazzito – ma con almeno 15 Cv in più pagati dai soldi degli sponsor che Colin non aveva – che ballava dietro ai suoi retrovisori rende ancora oggi l’idea di che gigante del Motorsport fosse già diventato quel ragazzo che, ancora ventiquattrenne, “murava” un vecchio lupo di mare come Keke Rosberg. 

Di tutto questo la gente come noi si è riempita occhi e cuore, e in decine di migliaia abbiamo percorso le curve di Zeltweg di quell’ultimo giro pregando che il baffuto non compiesse il “furto”, perché tale sarebbe stato negare la possibilità che Chapman scagliasse in aria – per l’ultima volta – il suo berrettino di fronte al pupillo che aveva scelto per dare continuità alla leggenda Lotus. 

Leale con la sua Squadra, Elio non era però “pavido” né con l’ambiente né con la “politica” in generale. Elio era ragazzo giudizioso e di buon senso, non uno “Yesman”; ed infatti alcune Squadre “notoriamente” avvezze a degli zerbini al volante evitavano accuratamente di fargli proposte: a volte però la sua durezza era necessaria. 

Come quando all’ennesima provocazione del velenoso Denis Jekinson – “decano” all’epoca della Stampa di settore – Elio finì alle vie di fatto spintonandolo; oppure quando a Silverstone 1981 gli fu inflitta una dubbia penalizzazione di 10 secondi di “Stop & go” che probabilmente Elio confuse per Bandiera Nera, aggredendo praticamente da dentro l’abitacolo il Commissario di Gara chinatosi verso di lui. 

Uno strascico forse del rapporto controverso della Stampa inglese contro di lui, come del resto contro una buona fetta di piloti nazionali: forse una rappresaglia “british” verso le scorribande dialettiche del Drake contro i “Garagisti”……..O forse solo un malcelato senso di fastidio per quell’italiano che a differenza della retorica vittoriana imperante parlava perfettamente inglese, era elegantissimo e pacato, amava il buon gusto e non si prestava ad ironie e parodie alla “Giack – o’ – Malley” ??? Chissa’  ..

Elio fu in fondo rigoroso a volte anche nei confronti della sua Squadra, spesso anche poco “complanare” alla linea strategica della Lotus; come nello stesso 1981 quando espose le sue perplessità sulla onirica (ed irregolare) “88”.

La crescita, la maturità, il Boom di Zeltweg 1982

E non ebbe problemi ad affiancare la linea dura dei Piloti durante Kyalami 1982, con quella “serrata” e con l’occupazione della Hall dell’Albergo contro le ipotesi in seno alla “Superlicenza” FISA, con clausole che i professionisti del volante contestarono.

Rimane quella immagine da favola del ragazzo elegante e cordiale che sul pianoforte del Sunnyside Park Hotel di Johannesburg “intrattiene” quella strana Platea, dentro un corollario di immagini TV e repertori fotografici d’epoca: dentro una notte davvero “agitata” per i Piloti (a rischio, addirittura, di licenziamento in tronco da parte dei rispettivi Teams), la comitiva trascinò nella sala quel pianoforte che Elio padroneggiò oltre ogni attesa e previsione ipnotizzando con brani di Mozart i suoi straordinari spettatori. Frammenti di magia, e ricordi di un mondo passato, che Elio ha contribuito a rendere speciale.

1984: il miracolo, il capolavoro, il sacrificio

Incredibile Stagione quella di quel 1984: la prima volta in cui l’inossidabile Ford Cosworth mancò di almeno una Pole Position, o un Giro Più Veloce, o di una vittoria dal giorno del suo debutto nel 1967. La prima Stagione completa per due grandi ritorno (Honda e Porsche) e soprattutto la prima in cui tutte le Squadre quotabili per i primi posti erano dotate di motore Turbo, che l’anno precedente aveva iscritto per la prima voltra monoposto sovralimentate ai primi tre posti iridati.

In quel 1984, compresi l palmares futuri, tra Senna, Mansell, Prost, Lauda, Piquet, Rosberg e la parentesi di “Emmo” Fittipaldi a confrontarsi in Pista c’erano 17 titoli Mondiali; in aggiunta, almeno altri sei Piloti sicuri (Alboreto, Laffite, Tambay, Warwick, Arnoux, Patrese) da sommare a questi primi nella Categoria degli aspiranti alle prime quattro posizioni in ogni Gran Premio.

Insomma, detto in sintesi estrema potersi classificare entro i primi dieci sarebbe di già potuto essere un motivo di onore sportivo.

Riuscire ad essere nel Podio Iridato a fine Stagione poteva dirsi operazione da Titani, soprattutto visto il progressivo ruolo di “Bulldozer” delle McLaren TAG Porsche.

E’ per questo che solo i veri cultori della materia ed osservatori di quella Stagione hanno sempre dedicato a quella “Impresa invisibile” una attenzione che parte dei Media e della massa di quel periodo ha purtroppo messo in ombra.

Il terzo posto iridato finale di Elio De Angelis, conti e precedenti alla mano, elenca una serie incredibile di valori simbolici e più consistenti che sono racchiusi dentro a quel risultato.

Con quel Terzo posto Elio riporta un Italiano sul Podio iridato dopo ben 27 anni!!!!

Regala alla Renault il secondo miglior piazzamento di sempre nel Campionato Piloti per il periodo 1977-1986 (prima era dell’avvento della Losanga in F1); e contemporaneamente riporta dopo ben cinque Stagioni la Lotus su quel Podio.

Regala a Ducarouge, cioè al ben poco amichevole genio francese, la soddisfazione di rivedere su quel Podio iridato una sua creatura quasi 15 anni dopo il trionfo delle Matra Tyrrell. 

Quel risultato vale molto di più di tutto questo, alla resa dei conti: vista l’aria che si era venuta a creare per effetto della gestione di Peter Warr, non deve essere stata certo impresa facile mettersi pazientemente a collezionare punti su punti pur di arrivare là sopra: quel risultato raccolto grammo per grammo, farà confidare ad Elio in una memorabile intervista sul principale Settimanale di settore tutta la sua amarezza per il percepire una sorta di incomprensione pubblica circa il valore dello sforzo che gli era costato quel risultato. 

Sebbene in tanti abbiano letto in quello sfogo la voglia di indirizzare una mascherata critica al comportamento ed all’atteggiamento di quella “ex sua” Squadra per la quale aveva combattuto già cinque Stagioni onorando quel suo ruolo di “capitano” e quell’ “UNDICI” sul musetto Lotus.

1985? Forse un giorno la verità uscirà allo scoperto

Non voglio neppure analizzare e ricordare quella Stagione 1985. Per la quale varrebbe un semplice grafico delle “Quattro Stagioni” in una. 

Una specie di confronto tra mondi paralleli, con Elio che nella prima metà dell’anno finisce a guidare la Classifica mondiale davanti ad Alboreto e Prost, pur nella consapevolezza che certo McLaren TAG e Ferrari sarebbero tornare rampanti e purtroppo – forse – la Lotus no. E poi quella coda di Stagione, dove sembrò che il nostro affidabile, roccioso e combattivo Elio fosse diventato un altro. O forse, molto meno simbolicamente, era diventata altra “roba” la monoposto affidatagli???

Chi ha la tendenza alla “divinizzazione” facile appartiene alla schiera dei tanti adoratori di un fenomeno brasiliano. Ovviamente non devo nascondermi: io non sono tra loro. 

Ai poco pratici della materia storica faccio tuttavia svolgo una sintesi curriculare di Elio: dal 1979 al 1984 è partito davanti ai suoi compagni nel 70% (!!!!) dei Gran Premi partecipati, ed a parte la Stagione 1983 – in cui la Lotus orfana di Chapman e la Renault Sport gli hanno chiesto il sacrificio di sviluppare la nuova motorizzazione Turbo – ha sempre concluso primo di casacca anche in classifica iridata. 

Ed i suoi compagni sono stati, per ricordare, un certo Mike Thackwell Campione europeo F2 e vincitore della 1000 Km. sul Nurburgring; tale Mario Andretti, ed è inutile rilasciare un promemoria; ed un “Re Leone” Nigel Mansell, idem come sopra……

Rispetto ai suoi compagni Elio nelle prime cinque Stagioni in Lotus fu capace di:

-conquistare punti in un numero doppio di Gare disputate; 

-conquistare l’unica vittoria assoluta (Zeltweg) per il Team dopo anni;

-collezionare da solo lo stesso numero di piazzamenti a Podio;

-subire il 25% in meno di ritiri rispetto ad Andretti e Mansell messi insieme.

Questa non è cabala. Questo si chiama pedigree.

Per cui, dopo quaranta anni di velo squarciato sulla figura perlomeno equivoca di Peter Warr, dopo le confessioni di Nigel Mansell e l’opinione generalmente maturata su come si viveva sul serio in Lotus in quel periodo, qualcuno dovrà spiegare come mai un talento puro e garantito come il nostro Elio è stato capace nella prima metà di Stagione ’85 di essere pari ad Ayrton Senna in prova (nelle prime nove Gare Elio è partito tre volte davanti a Senna e per sole quattro volte è accaduto il contrario, mentre in due occasioni i tempi di qualifica dei due Piloti Lotus si sono praticamente equivalsi); 

ma in Gara è stato tutto un altro panorama: al Gran Premio di San Marino Elio esce capoclassifica del Mondiale, con sette punti di vantaggio su Senna; al Gran Premio degli Stati Uniti è ancora secondo provvisorio in classifica con quindici punti sul brasiliano. 

E quando doppia la boa di metà Campionato il nostro ragazzo è ancora tranquillamente terzo in soglia con diciassette punti di vantaggio sul compagno. Ma di colpo la sua Lotus inizia a “boccheggiare” mentre la numero “12” pare uscita da una terapia di anabolizzanti. Dopo aver collezionato cinque ritiri in nove Gare improvvisamente il paolista diventa un metronomo implacabile ed Elio un “bollito”. 

Così è se vi pare, ma in ogni caso i soli cinque punti finali che distinguono la Stagione di Senna da quella di Elio non sono davvero quella fotografia di trionfo e di lezione che tanti fanatici vorrebbero rilanciare. Poi, ciascuno nel suo cuore può trarre conclusioni.

Ed infine quel passaggio alla Brabham con il sarcasmo, l’orgoglio e purtuttavia il dolore per il trattamento ricevuto dalla sua ex Squadra; la voglia di ripartire ed infine quella richiesta a Riccardo (Patrese) di poter sovrintendere quel terribile test a Le Castellet: era Mercoledì 14 Maggio del 1986, e di colpo tutto accadde in un lampo.

E un ragazzo di sedici anni, tornato dall’impegno degli Studi di Liceo, non potrà mai dimenticare le immagini sgranate e tremolanti che il Tg Sport della Rai, alle 18,30, lanciò quasi come una bomba dal di là di uno schermo Tv. Ore di passione, purtroppo terminate con la notizia più terribile ed ormai attesa, dentro cuori senza più speranza.

Elio De Angelis, “Uno de Noi”

Santa Maria degli Angeli, Piazza Esedra (“per i Romani”, Piazza della Repubblica per turisti e ragazzi avvezzi a “marinare la scuola” facendo canonica tappa dalla metropolitana verso il “Mac” sotto il porticato): è Sabato mattina, quel 17 Maggio 1986.

Il rondò dei motorini e delle auto intorno alla fontana fa da carosello ad un insolito capannello di persone in abito scuro ed elegante davanti ai portoni della Basilica mentre la Capitale lentamente si sgranchisce dentro un sole di tarda primavera. 

Un autentico infiltrato, proprio quel sedicenne, si intrufola in un ambiente surreale. 

Forse sono appena passate le dieci ma spazio e tempo non hanno un preciso ruolo in quel momento; lo sguardo cade sulla spianata di corone di fiori, una porta il nome di Diego Armando Maradona; nell’ampio ambiente antistante l’altare il ragazzo matto per i motori, tifoso di Elio e intimorito dall’essere là quasi “di troppo” sfiora quasi senza rendersene conto Eddie Cheever, che piange vicino alla sua Rita; viene “sfilato” alla sua destra da Alain Prost e da Stefan Johannson in nero…..

Rischio di collassare, ma come dentro un sogno triste e incredibile riesco, contro ogni umana previsione, a camminare verso quel parallelipedo, sormontato da un drappo e dal suo casco che non avrei voluto mai vedere là. 

Ed è un solo piccolo gesto, a pochi metri di distanza: la gola si chiude, gli occhi anche, la mano si tende un poco per l’ultimo saluto. Ciao, Elio; “uno de noi”……..

Riccardo Bellumori

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