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ErreErre Fuoriserie ForGiotto: quel sogno sospeso del mago Bizzarrini

Si avvicina una data importante per il mondo dell’automobile di prestigio, e per la storia dei suoi personaggi più gloriosi, ed è una data che ad Autoprove.it è molto cara: 6 Giugno 2026, centenario dalla nascita di Giotto Bizzarrini.

Si iniziano a vedere le tante manifestazioni di interesse da parte di appassionati, operatori e dunque anche protagonisti del mondo industriale ed artigianale: anche i Costruttori, gli elaboratori ed i tuner vogliono lasciare un segno di omaggio e ricordo alla memoria di un protagonista indiscusso della storia nobile dell’auto. Come la “ErreErre Fuoriserie” di Gianluca Rubatto: atelier automotive che nasce a Torino nel 2021, fondato da Gianluca assieme al padre Luca Rubatto e da Fabrizio Rossini con l’obiettivo di unire artigianalità italiana e moderne tecniche progettuali e costruttive, creando realizzazioni che si distinguono da tutte le altre. 

L’Azienda si occupa della realizzazione dalla A alla Z di progetti one-off e few-off per soddisfare i desideri di ogni cliente, anche su commissione: non si può parlare di semplice Restomod, ma della vera genesi di prototipi “homemade” basati su piattaforme tecniche di eccellenza con una mission: unire il fascino retrò con le prestazioni moderne. 

L’opera indubbiamente più recensita di ErreErre è la “Giulia Quadrifoglio” ed il primo progetto è Giulia Classic, presentata nel luglio 2022, in omaggio alla Berlina Tipo 105 del 1962, su base Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio moderna. 

E’ il primo esempio di ”retromod”, neologismo coniato proprio da ErreErre Fuoriserie: quando un’auto moderna viene radicalmente trasformata per rendere omaggio ad un celebre modello del passato.  

Dalla Classic deriva la versione biposto Alleggerita, anche questa con corpo vettura in fibra di carbonio, svelata nel settembre 2024, in occasione del Salone Auto Torino.

ErreErre Fuoriserie ForGiotto non è un restomod, non è un retromod, è un RetroVision. Unisce perfettamente l’idea di ispirazione dal passato (Retro) con quella di un progetto immaginato e mai realizzato (Vision).

ErreErre Fuoriserie: molto più che “Restomod

L’idea di ErreErre in effetti è un onirico e simbolico “link” tra due passaggi storici e professionali determinanti nella storia di Giotto Bizzarrini, leggendario genio livornese nato a Quercianella e destinato nella sua vita e per il suo proprio “Karma” a vivere sfide ed imprese epiche, legate a nomi pesanti dell’Automotive: Alfa Romeo (dove inizia come Collaudatore dentro al Portello), passando a Ferrari (dove lascia un’impronta eterna creando il prototipo da cui prende vita la 250 GTO) per poi avviare la libera professione (ATS, Lamborghini, ASA, Iso Rivolta), diventare Team Manager della Scuderia omonima ed infine Costruttore; il secondo Costruttore Auto di sempre a Livorno nello Stabilimento improvvisato a Via della Padula. 

La vita lo segna profondamente con la crisi ed il fallimento dell’avventura di “Bizzarrini Automobili Livorno Spa” e dal 1969 la vita di Giotto si divide tra sacrifici e tuttavia una leggenda che si rafforza e viene celebrata ogni giorno di più.

Dopo l’uscita di tutti i Manager (oggi così possono essere chiamati i protagonisti dell’addio a Maranello) dalla Ferrari nel 1961, l’inevitabile concorrenza che si viene a creare tra Giotto ed il Drake porta lo stesso papà della “250 GTO” a diventare una sorta di epico Vulcano ed a tentare di “mangiare” la sua figlia più celebre. 

E lo fa nel palcoscenico più prestigioso del mondo, la “24 Ore di Le Mans” del 1962: in quell’anno la ricchissima Scuderia Serenissima del Conte Giovanni Volpi di Misurata lancia la sfida al Cavallino: acquistata a prezzi stellari un esemplare di “Ferrari 250 GT SWB” il Conte vuole renderla “Super” e dunque chiama la Carrozzeria Sports Cars di Piero Drogo per rielaborare quella già straordinaria Gran Turismo modenese. 

E l’impronta di quella “Special” non può che darla Giotto Bizzarrini, al momento libero da vincoli con la Ferrari e “guru” di nuovi protocolli aerodinamici, quegli stessi protocolli che hanno fatto della “250 GTO” una architettura mai vista prima a Maranello ed in grado di rendere la precedente “250” di Scagliettiuna gran turismo superata: le regole concettuali della “coda tronca” e la capacità onirica di Giotto di saper concepire nella sua testa l’insieme strutturale di ogni sua realizzazione dalla piattaforma tecnica all’approccio formale di base gli permettono di esaudire l’azzardo di Giovanni Volpi. Giotto rende la straordinaria “250 GTO” di base un prototipo ancora più straordinario con la “ SWB BreadVan”, nomignolo spiritoso cui Giotto era già avvezzo con la concept da cui era derivata la GTO di Maranello, chiamata “Papera”. Breadvan ovvero “Furgoncino del panettiere” (cioè il piccolo cassonato con cui all’epoca i fornai trasportavano i loro prodotti) perché a prima vista la modifica più rilevante è l’allungamento posteriore del tetto orizzontale che anziché declinare nel lunotto inclinato che si accompagna alla coda finisce in un “ruvido” taglio verticale netto con minilunottorettangolare.

ForGiotto by ErreErre: un tributo da allievo a Maestro

Una estremizzazione di coda tronca che mette insieme, quasi in un equilibrio formale più che tecnico, un allungamento anteriore del muso che rispetto alla “250 GTO” di Maranello si presenta molto più simile alla “Papera” di Giotto. Quella “Breadvan” si prende il lusso nel 1962 – a Le Mans – di essere più veloce della creatura denominata con il simbolo del Cavallino e questo certo non migliorerà nel tempo il rapporto già critico tra Enzo Ferrari e Bizzarrini dopo il divorzio. Ma se pensate che la “ErreErreFuoriserie” ForGiotto sia una riedizione di quella “SWB BreadVan” Vi sbagliate, perché quelli di “ErreErre” sfornano a loro volta una seconda e didascalica chicca fondamentale nella vita di Giotto, cioè il rapporto con Renzo Rivolta: il patron della “Iso” vuole lanciarsi nel campo delle Granturismo prestigiose ed in fondo è un pioniere del trapianto di grossi motori americani V8 nel cofano di principesse a quattro ruote disegnate dal talento delle matite italiane. Sceglie Bertone per le linee e chiama Giotto come superconsulente tecnico per far nascere prima la “Iso 300/340 GT” e da questa – stravolta e superelaborata – nasce la “Iso A3/C” destinata a soffiare sul collo alle Ferrari in pista. Tra le più veloci al debutto a Le Mans nel 1964 e prima della sua categoria alla edizione dell’anno dopo la “Iso A3/C” tuttavia rimane un programma ed un investimento che Renzo Rivolta a metà del 1965 decide di mettere nel cassetto insieme a tutta l’attività della Scuderia Bizzarrini che Giotto ha messo in piedi per gestire da Livorno l’impegno agonistico della Iso di Bresso. 

E’ un nuovo divorzio, e in liquidazione Giotto riceve diverse scocche della “Iso A3/C” con il diritto di proseguire autonomamente la produzione con nuovo nome e Marchio: da questo nel tardo 1965 nasce da Via della Padula la “5300 GT” di “Bizzarrini Automobili Livorno SpA” di cui, per inciso, il Gruppo “Pegasus Brand” ha acquisito alcuni anni fa i diritti per effetto dei quali è stata elaborata e presentata sul mercato delle fuoriserie di prestigio la “5300 GT Revival”. 

“Con ForGiotto volevamo creare qualcosa che non esistesse, ma che sarebbe potuto esistere, se il sogno di Bizzarrini avesse avutoancora un capitolo da scrivere.” – dice Gianluca Rubatto, il fondatore di ErreErre – “È un gesto d’amore, un dialogo tra generazioni di creatori, un modo per dire grazie al genio di un uomo che ci ha insegnato che l’aerodinamica può essere romantica”.

Una visione davvero azzeccata e ricca di sentimento quella di Gianluca, che non finisce di sorprenderci: perché alla creazione di “ErreErre Fuoriserie” ForGiotto partecipa anche una persona che Bizzarrini l’ha conosciuta bene fin da quando, giovane studente torinese di design ed appassionato visceralmente di automobili, contatta Giotto e insistentemente chiede di poterci lavorare assieme. L’ingegnere in un primo momento è scettico perché davvero in tantissimi gli hanno già fatto questa richiesta: ma il giovane Fabrizio Rossini – oggi partner di ErreErre – alla fine vince la diffidenza del grande Maestro anche perché gli piazza la sua roulotte davanti alla casa di Quercianella: Fabrizio Rossini ha lavorato dal 1996 al 2001 a Livorno completando nel frattempo gli studi. 

Con Bizzarrini ha imparato a costruire un’auto da zero, fin dalla scelta dei componenti, realizzandoli anche direttamente. Ha una visione a 360°, che non è solo quella del designer, ma del progettista in grado di recepire le necessità ingegneristiche, conciliando le esigenze stilistiche con quelle meccaniche.

E forte del rapporto diretto con Giotto, di cui racconta lui stesso, Fabrizio ha creduto giusto ed anche gesto dovuto intraprendere una idea di Bizzarrini rimasta – a suo dire – incompiuta: applicare il concetto Breadvan alla A3/C, all’epoca del rapporto con Renzo Rivolta, esasperandone l’aerodinamica. Ecco perché Rossini ed ErreErre Fuoriserie insieme, in collaborazione con IsoRestorations (la factory di specialisti Iso fondata da Roberto Negri, a sua volta Ingegnere e Collaudatore alla Iso di Bresso, che nel ’75 acquisì tutto il magazzino derivante dalla liquidazione e chiusura del Marchio) hanno dato vita a quel sogno mancato di Giotto con “ForGiotto che lega in maniera armoniosa e dinamica i volumi inconfondibili di cofano ed abitacolo della “A3/C – 5300 GT” della concezione originaria di Giotto con il profilo iconico e speciale della coda “BreadVan”.

“Per lungo tempo ho custodito con orgoglio ciò che Giotto mi ha insegnato, e con ancora maggiore riserbo ho custodito i suoi sogni.”- dice proprio Fabrizio Rossini – “ed oggi mi sembra giusto aprire quel cassetto e rendere omaggio al suo genio. Posso solo provare ad avvicinarmi alla sua qualità, posso solo mettermi all’opera come avrebbe saputo fare lui. Ma di una cosa sono certo, perché me lo ripeteva spesso: Prova, sbaglia, e riprova. Vale sempre più che non averci provato affatto”.

Gli esterni sono caratterizzati da una linea sinuosa e molto pulita, con un perfetto equilibrio tra sportività, fluidità e aerodinamica, enfatizzato dalla elegante verniciatura metallizzata. L’estrema cura dei dettagli la si nota già nella parte anteriore, molto affusolata, con il logo rotondo ErreErre e la caratteristica presa d’aria sul cofano, collegata al grande radiatore. La vista laterale è molto slanciata ed elegante, contraddistinta dai cerchi con il tipico gallettone griffato ErreErre, un soluzione adottata sulle macchine da corsa di un tempo; la tabella portanumero centrale non fa che che rimarcare questa vocazione. 

Spicca la presa d’aria laterale davanti alla portiera, che contribuisce al deflusso in uscita dell’aria calda e conferisce ulteriore grinta. La grande carenatura porta sui fianchi la firma ForGiotto. La coda tronca ha una forma armonica arrotondata in basso e si integra perfettamente con i tubi di scarico, i due classici fari rotondi e il lettering ErreErre. 

Gli interni della ErreErre Fuoriserie ForGiotto sono spartani, di chiara ispirazione racing, come sempre li ha voluti Bizzarrini per le sue auto, ma allo stesso tempo sobri, eleganti, confortevoli e rifiniti con pelle pregiata. Il volante di legno a tre razze, sovrasta una strumentazione rigorosamente analogica, incastonata nella plancia in alluminio colore carrozzeria. Comprende i due classici strumenti  primari rotondi, contachilometri e contagiri e gli altri indicatori sempre rotondi, ma più piccoli, ugualmente di chiara e immediata lettura: pressione dell’olio, livello dell’olio, livello dell’acqua, livello carburante. Completano l’insieme le levette d’azionamento degli altri comandi ed il tunnel centrale, con la leva del cambio ed il classico freno a mano. Il lunotto si apre all’esterno, dal basso verso l’alto; la zona posteriore può rimanere grezza in alluminio oppure essere rivestita in pelle o Alcantara®, con listelli in legno o cromati, ed essere adibita a vano bagagli. Il cliente può personalizzare gli interni come meglio crede, a cominciare dalla scelta delle sedute in pelle o di altri materiali pregiati. In questo caso, per l’abbinamento con la verniciatura della carrozzeria, il colore scelto da ErreErre Fuoriserie ForGiottoè il classico cuoio, tipico dei sedili da corsa dell’epoca. 

ErreErre Fuoriserie ForGiotto può essere ordinata utilizzando i telai ed i ricambi originali rimasti  disponibili e autorizzati a suo tempo dalla proprietà, fino ad un massimo di 5 unità; in alternativa, il cliente potrà decidere di ordinarla utilizzando parti aggiornate e migliorate, andando a realizzare una vettura ex-novo. Sotto l’elegante carrozzeria della ForGiotto,  interamente in alluminio battuto a mano da artigiani battilastra qualificati, trova posto il cuore dell’auto, anch’esso risalente all’epoca in cui nacque la A3/C, ovvero il V8 Chevrolet “small block” 327 da 5.358 cc, con potenza a partire da 300 fino ad oltre 400 CV. 

Il cambio è a 4 marce Borg-Warner, con possibilità di scegliere i rapporti al ponte. Il peso della ForGiotto è di circa 1.200 kg, ed il coefficiente peso/potenza unito alla forma aerodinamica particolare, consente di raggiungere la velocità massima di oltre 250 km/h. 

Riccardo Bellumori

Honda NSX rinasce con JAS Motorsport

Per quanto riguarda le leggende automobilistiche, al giorno d’oggi non c’è molto che possa eguagliare l’originale Honda NSX. Questa rivoluzionaria auto sportiva giapponese con motore centrale potrebbe non essere così veloce secondo gli standard odierni, ma la sua rarità, il suo design affilato e ribassato e la sua affascinante storia, che coinvolge un certo signor Senna, la rendono incredibilmente ricercata, e il suo valore in aumento lo riflette.

Per chi può permettersi di spendere ancora di più, JAS Motorsport, partner di lunga data di Honda nelle competizioni europee, ha ideato una splendida restomod chiamata Tensei. Il nome deriva dalla parola giapponese che significa “rinascita” ed è una versione modernizzata del classico modello simile a un jet da combattimento (che ha quasi la stessa età di chi scrive, accidenti), ispirata al modello Singer.

Per crearla, JAS richiederà agli acquirenti di fornire una NSX NA1/NA2 originale su cui poter fare cose indicibili. Il solo pensiero di prendere una motosega e distruggere un esemplare dal valore inestimabile farebbe probabilmente impazzire i puristi, ma il risultato finale, come potete vedere in queste immagini, è assolutamente stupendo.

IL MITO NSX

La carrozzeria in fibra di carbonio, progettata nientemeno che da Pininfarina (una coincidenza piuttosto fortunata, dato che la casa di design è stata coinvolta nella NSX sin dalle prime fasi del processo di progettazione), mantiene tutti gli elementi stilistici che contraddistinguono l’auto come icona del design, tra cui il tettuccio completamente nero ispirato all’F-16, lo spoiler posteriore slanciato e, soprattutto, i fari a scomparsa della NA1.

Ma guardando più da vicino si notano alcune curve sottili dove prima c’erano linee rette. I parafanghi sono leggermente più muscolosi, le prese d’aria laterali sono meglio integrate nel resto del design, gli specchietti retrovisori esterni sono più eleganti e gli indicatori di direzione anteriori sottili e i fanali posteriori a U a tutta larghezza sono dotati di sottili barre LED che li rendono perfettamente al passo con i tempi.

Altri elementi sono stati resi più aggressivi per adattarsi ai gusti del design moderno, come il paraurti anteriore, il cofano ventilato e i parafanghi anteriori e il diffusore di grandi dimensioni con doppi terminali di scarico verticali.

Gli angoli del paraurti in carbonio a forma di L possono sembrare un po’ troppo stravaganti, ma questo è l’unico difetto che riesco a trovare nello stile. Il tutto è completato da alcuni eleganti cerchi in lega con raggi a Y e chiusura centrale.

Non ci sono immagini degli interni, ma JAS ha confermato che anche l’abitacolo è stato ridisegnato da Pininfarina, il che è un bene, perché è l’unico aspetto in cui la NSX mostra davvero i segni del tempo. La Tensei offrirà anche alcune emozioni di guida old-school in questa era di turbocompressori ed elettrificazione diffusi, poiché sarà alimentata da un V6 aspirato da 3,0 litri, che si spera sarà abbinato a un buon vecchio cambio manuale a sei marce.

Non si sa ancora quanto costerà la nuova Honda NSX ma c’è da aspettarsi di pagare milioni per il privilegio di possederne una. Forse ne vale la pena, vista l’ironia che l’auto che doveva dare una “lezione agli italiani” sia stata alla fine migliorata da un’azienda di Milano.

Nuovo KGM Torres EVT: il pick-up elettrico

La gamma dei nuovi modelli KGM continua a prendere forma. Gli eredi dell’antica casa SsangYong proseguono la loro strategia di espansione creando un’offerta di prodotti adatta alle esigenze di tutti i clienti, ma anche facendo incursioni in altre nicchie che non sono attraenti per la grande maggioranza. I pickup sono modelli sempre più apprezzati, le proposte provengono da un gran numero di produttori, ma quando si tratta di pickup elettrici tutto cambia e in peggio.

È vero che la potenza e la forza che offrono non hanno nulla a che vedere con i modelli a combustione, ma l’autonomia li limita enormemente, soprattutto se si tratta di modelli destinati ad un uso professionale. Al massimo, modelli come il Ford Ranger PHEV possono avere successo, anche se quest’ultimo è stato costretto ad arrendersi all’evidenza dei motori diesel. Nonostante ciò, i coreani vogliono tentare la fortuna in questa nicchia di mercato e hanno appena annunciato il lancio del nuovo KGM Torres EVT in Italia, di cui conosciamo tutti i dettagli.
Il nuovo KGM Torres EVT è un pick-up elettrico in grado di caricare più di mezza tonnellata.
Il KGM Torres EVT è un pick-up dal design accattivante

Il nuovo pick-up si distinguerà per lo stile sofisticato e moderno, oltre che per la sua perfetta riconoscibilità quando lo si vede per strada. In verità, spicca tra la folla grazie al design ereditato dal Torres, il SUV familiare in vendita sia con motori termici che elettrici. Un KGM Torres elettrico che abbiamo provato. Il Torres sta quasi diventando una gamma con una moltitudine di carrozzerie, poiché recentemente il produttore ha annunciato il lancio di un SUV più sportivo a cui è stato attribuito un nome commerciale molto particolare che combina l’era moderna e quella antica.

IL MODELLO CHE MANCAVA

Il Torres Actyon è un modello più familiare e adatto ai grandi viaggi, ma ora si aggiunge un’altra carrozzeria, quella del nuovo KGM Torres EVT. L’opzione più pratica per chi ha bisogno di trasportare carichi e pesi elevati, ma non rinuncia a un ampio spazio interno, grazie alla sua configurazione unica con doppia cabina e cassone di carico, e alle dimensioni più che generose del cassone stesso. Una piattaforma che misura 1.345 mm di lunghezza, 1.515 mm di larghezza e 510 mm di altezza, e che supporta un carico utile massimo di 530 chilogrammi.

Il costruttore non ha lesinato sulle dotazioni, come potete vedere di seguito, né sul comfort dei passeggeri, in particolare quelli dei sedili posteriori, che dispongono di una distanza fino a 850 millimetri dagli schienali dei sedili anteriori. Uno spazio record per le gambe dei passeggeri dei sedili posteriori che, inoltre, hanno il grande vantaggio di poter scorrere longitudinalmente fino a 80 millimetri, reclinarsi con un angolo fino a 32º e ribaltare gli schienali posteriori in metà asimmetriche 60/40.

L’azienda, che ha anche annunciato un erede del vecchio Musso, ha montato un motore elettrico sull’asse posteriore che ha una potenza massima di 152 kW, equivalente a 207 CV, e una coppia di 339 Nm con cui ha una capacità di traino fino a 1.800 chilogrammi.
La batteria è al litio ferro fosfato (LFP) e ha una capacità fino a 80,6 kWh, con un’autonomia che raggiunge i 420 chilometri, secondo il ciclo WLTP. Con trazione posteriore o integrale, KGM vuole conquistare i clienti interessati a questo pick-up elettrico con due caratteristiche chiave: il suo sistema di ricarica rapida che, con una potenza massima di 300 kW, può ricaricare l’energia dal 10 all’80% della capacità totale in 36 minuti, e la garanzia della batteria di trazione, di 10 anni o 1.000.000 di chilometri.

KGM ha confermato che una nuova versione associata all’allestimento Style arriverà nel corso del 2026, con due motori elettrici, trazione integrale e una potenza massima di 237 CV, conservando la stessa batteria di trazione ma includendo equipaggiamenti speciali come la pompa di calore e le sospensioni posteriori autolivellanti.

L’Europa salva il motore termico: no al divieto dal 2035

E così è successo l’inevitabile: l’Unione Europea ha dovuto riconoscere la realtà, ovvero l’impossibilità, in un futuro prevedibile, di far passare tutti alle auto elettriche, quindi le auto nuove con motori a combustione interna rimarranno in vendita anche dopo il 2035. Ciononostante, la Commissione europea cercherà di imporre diverse nuove restrizioni all’uso dei motori a combustione interna, perché nessuno ha intenzione di smettere di combattere i cambiamenti climatici.

Nel febbraio 2023 il Parlamento europeo ha approvato una legge che introduce il divieto di vendita di nuove autovetture e veicoli commerciali leggeri con motori a combustione interna alimentati da combustibili fossili a partire dal 2035. Tale divieto avrebbe dovuto diventare una delle misure chiave per garantire l’attuazione dell’accordo di Parigi sul clima del 2015, volto a combattere le emissioni antropogeniche di CO2 e il riscaldamento globale.

Come se fosse stato pianificato, proprio nel 2023 è iniziato un rallentamento globale della domanda di veicoli elettrici, che ha messo in dubbio la possibilità di attuare il divieto di vendita di nuovi veicoli con motore a combustione interna previsto per il 2035. Tecnicamente, il divieto avrebbe potuto essere introdotto, ma allora, come ha giustamente affermato il direttore generale di Mercedes-Benz Ola Källenius, “ci schianteremmo contro un muro a tutta velocità”.

IL CAMBIO DI ROTTA

All’inizio dello scorso anno abbiamo riferito che l’UE stava preparando il terreno per l’abolizione del divieto di immatricolare nuove auto con motore a combustione interna nel 2035. Negli ultimi mesi, la pressione sulla Commissione europea da parte delle case automobilistiche si è intensificata ed è stata sostenuta dai leader politici nazionali. L’ultima goccia è stata la recente lettera del cancelliere tedesco Friedrich Merz al presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, in cui chiedeva di attenuare il divieto del 2035 relativo ai motori a combustione interna e di avvicinare la politica di regolamentazione delle emissioni di CO2 alle reali possibilità delle economie e delle industrie nazionali.
Questa settimana il quotidiano economico tedesco Handelsblatt ha riferito, citando il commissario europeo ai trasporti Apostolos Tsitsikostas, che la Commissione europea “aprirà le porte ai motori a combustione interna dopo il 2035”; la proposta ufficiale della Commissione europea al riguardo potrebbe essere pubblicata già la prossima settimana. Inizierà quindi un nuovo ciclo di negoziati tra i funzionari dell’UE e le case automobilistiche sul tema della forma e della durata dei motori a combustione interna. Ci sono diverse opzioni: l’uso di combustibili sintetici e biocarburanti (ad esempio, HVO al posto del gasolio per i motori diesel), ibridi e ibridi plug-in, o anche ibridi in combinazione con carburanti sintetici e biocarburanti, perché nessuna soluzione elimina completamente le emissioni di CO2, ma la loro combinazione può ridurne l’«effetto dannoso».

Il danno causato dalla CO2 nei volumi attualmente prodotti dall’umanità non ha ancora una giustificazione scientifica comprovata, ma è accettato nell’UE come un dogma, e l’UE non ha ancora rinunciato all’obiettivo di diventare un territorio completamente carbon neutral entro il 2050 – anche questo è ovviamente un obiettivo irrealizzabile, ma come elemento di controllo per ora funziona, e più ci avvicineremo al 2050 sarà sempre possibile correggere la formulazione. Cioè, per ora si presume che entro il 2050 i motori a combustione interna scompariranno dal territorio dell’UE, ma non è certo.

Venditore Auto Usate: quanto conta ancora il fascino della Provincia?

Una consuetudine dei “miei” tempi, cioè di quando Internet era ancora un supporto per smanettoni rassegnati ai tempi biblici del “Dial-Up” con doppino telefonico in linea analogica, era che gli affari migliori in tema di mercato auto usate si facevano in Provincia. 

Quella dimensione parallela e tangente alla Città dove imperavano all’epoca gli “Automercati” strutturati spesso come vere e proprie cittadelle dell’auto di seconda mano; e nella considerazione spicciola dei potenziali acquirenti insisteva – fino ad ogni plausibile prova del contrario – la assoluta fiducia che generalmente le metropoli approfittavano della loro centralità logistica e della loro concentrazione residenziale “supervalutando” l’Usato in vendita; mentre al contrario le periferie e le zone rurali della cinta urbana estrema costituissero insieme a paesini, frazioni e borghi un vero e proprio patrimonio di occasioni in grado di premiare la pervicacia ed il senso di avventura dei più volenterosi disposti a chilometri di scouting e pellegrinaggio pur di trovare l’auto desiderata al prezzo migliore di sempre.

I dati, sinceramente, in molti casi hanno fornito conforto a questa specie di superstizione popolare resistita nel tempo: il motivo principale fino ad almeno un quarto di secolo fa è stato che nel perimetro cittadino i Dealer ufficiali e le Reti Casa Madre moltiplicavano Showroom e Centri vendita dell’Usato lavorando “in entrata” con modelli di auto meno “bollite”, spesso più fresche e trendy; queste stesse venivano acquisite o in regime di “BuyBack” (risultando l’effetto finale di contratti a ciclo di sostituzione programmata) oppure attendendosi alla bibliografia di Eurotax “Giallo” nella valutazione economica di acquisto in permuta. 

Dopodichè il prezzo di vendita ineludibile era molto spesso anche superiore alle quotazioni di “Quattroruote”, motivo per il quale una grossa fetta di usato scampato alla rottamazione (in molti casi preferita dai potenziali acquirenti di auto nuove poiche’ tra Bonus statali e maxi sconto del Dealer si arrivava a detrarre dall’auto nuova molto più del valore plausibile dell’auto da dare indietro) diventava una specie di “terra di nessuno”: ed in un Paese che tra la fine degli anni Novanta e la vigilia del Lockdown si è mosso a furia di due milioni di nuove targhe in media ogni anno, il volume di auto che venivano rese in qualche modo ai Rivenditori era davvero notevole. 

Quando l’Usato era “Terra di Nessuno”

“Terra di Nessuno” in particolare diventava tutto quello che Venditori sempre più indottrinati su base “Top Down” – e sempre meno autorizzati ad una valutazione critica ed autonoma di processi di vendita e transazione standardizzati e predefiniti – non riuscivano a “decodificare” in tema di Usato in assenza di valori, dati, quotazioni, prospettive e supporti commerciali provenienti da “Quotatori”, Riviste o media, o dai “cosiddetti” Direttori Vendita e di Comparto spesso assolutamente inadeguati al complesso delle competenze necessarie per dirimere ogni criticità e dubbio.

Ma in particolare, per effetto del ciclo programmato di sostituzione e dei programmi “Loyalty” (quelli che favorivano e favoriscono la fidelizzazione del Cliente con Dealer e Marchio), per molto tempo i Rivenditori si sono spesso focalizzati sulla selezione ed acquisizione di un ventaglio ristretto di permute del o dei Mandanti di ogni specifico Concessionario

Questo, oltre a “sterilizzare” il repertorio di offerta disponibile nell’Usato e ad abolire termini molto ridondati in precedenza come “Occasione”, “Tagliandata”, “Garantita” ed altri, ha estromesso dai Centri vendita “primari” larga parte di Parco usato “fuori traccia” o perché denominato da Marchi non affiliati alle vendite con ciclo di sostituzione programmata o perché poco “Trendy”. 

La fine obbligata di questi modelli di auto si concretizzava nella salomonica frase dei Venditori in Salone: ”Vuole un suggerimento? Provi a venderla privatamente” riferita a tutti quei modelli di auto di valore nominale superiore a quello di un comune sconto rottamazione ma la cui quotazione di ingresso dentro un Concessionario era troppo punitiva per il venditore; un invito a non perdere il maggiore sconto possibile in caso di rinuncia alla permuta, ed anche un monito a liberarsi presto di un Usato in crisi di svalutazione. Rischio vero, tra fine anni Novanta ed il Lockdown: quasi un quarto di secolo passato in fase di calo costante e progressivo di mercato per le auto usate; un calo sostenuto dalla guerra dei Listini, dalla oppressione degli “stepantiemissione” e dal credito facile. 

Tuttavia il “Credito facile” (proposto anche nell’Usato di Autosalone”) era il motivo chiave di un ritorno di fiamma tra potenziali Clienti e Rivenditori professionali. Torna anche di moda, in quel periodo, il “Conto vendita” con il quale decine di modelli e Marchi poco intermediati presso i Dealer ufficiali finivano, appunto, nelle “reti periferiche”: Service, affiliati, oppure veri e propri Indipendenti situati preferenzialmente all’appendice periferica e provinciale delle città.

Un crescere continuo di piccoli spazi di vendita in molti casi aperti da ex Agenti di vendita di quegli stessi Concessionari che scartavano a ripetizione una fetta consistente di usato potenziale.

Ed in Provincia, automaticamente, si strutturava un sistema “parallelo”: auto introvabili nella Rete dei Dealer metropolitani; fasce di prezzi completamente diversi da quelli praticati nelle città e dunque occasioni che solo i “venditori di Provincia” potevano offrire, intermediati da venditori che per forza di cose dovevano avere un “piglio” ed una dialettica diversa da quella Rete di Vendita “evangelizzata” dentro agli Showroom dei Dealer ufficiali. 

 

Ed i venditori di Provincia si distinguevano infatti anche dal “lessico” utilizzato in trattativa: parlavano molto più spesso di revisioni e di interventi di ripristino fatto, di componenti sostituite; ma descrivevano anche in modo dettagliato le qualità di auto che difficilmente potevano avere visibilità diffusa persino nei Media di settore. 

 

Ed ultimo, approfittando del minore sovraffollamento della viabilità periferica e di Provincia, questa classe di venditori era spesso più propensa al fatidico “giro di prova” per incastrare emotivamente il Cliente. 

Tempi passati, e tanta nostalgia da parte di chi come me ha avuto a quei tempi una responsabilità di vendita diretta. Tempi nei quali, ripeto, la ricerca di autoccasioni usate era governato solo da procedimenti “fisici” (ricerca per passaparola, attraverso i giornali di annunci o visitando direttamente i Centri di vendita) dall’inizio fino alla fine. Ed oggi

Oggi quanto incide e come la ricerca “logistica” di auto? Bene: senza voler scomodare statistiche e survey da Dottorato di ricerca, il “fascino della Provincia” sembra resistere: di fronte all’aumento indiscriminato delle quotazioni dell’Usato degli ultimi anni la “seconda” e “terza mano” è tornata in gran spolvero, e sono cresciuti i venditori di Frontiera. 

 

Dal versante “Web” invece si conferma un indirizzo commerciale abbastanza diffuso: quello di assegnare ai Rivenditori periferici le cosiddette “Occasioni” ed offerte di prezzi generalmente più bassi o trattabili rispetto alle reti Dealer ufficiali o metropolitane. 

Per giunta la gamma commercializzabile di Usato venduto professionalmente si è ampliata decisamente con “Km Zero”, “Demo” “Aziendali” provenienti da altre aree europee ed extraeuropee. 

Ma si è esteso anche il ventaglio di offerta “riesumando” modelli, marche e piattaforme tecniche che si potevano ritenere “superate” o sepolte nella  memoria: motivo per cui oggi fare il venditore di usato professionale non è una semplice vocazione ma è diventata un protocollo culturale e commerciale ben specifico. Occorre saper parlare di tecnica, di ripristini, di disponibilità e reperibilità ricambi, di reti di manutenzione specifiche e dedicate, e persino di personalizzazioni (tema tornato di moda).

Se tutto questo avviene in Provincia, tanto meglio: significa più tempo e meno pressione sulle trattative, più rapporto umano. Per cui, secondo me: si, la Provincia nella vendita di Usato è ancora protagonista con un fascino speciale. E decidere, per molti giovani, di raggiungere zone periferiche ed affrontare chilometri per il proprio Punto vendita può ancora voler dire costruire una competenza speciale che vale davvero la fatica di affrontare.

Riccardo Bellumori

Dal 2026 i nuovi Crash Test Euro NCAP

Come promesso Euro NCAP attribuirà una nuova importanza all’ergonomia dei comandi di base e all’efficacia dei sistemi di assistenza alla guida in condizioni reali.

Tuttavia, già criticata per l’importanza attribuita agli avvisi di ogni tipo e ad altri sistemi di prevenzione attiva nella sua valutazione, l’organizzazione premierà ora maggiormente le tecnologie ADAS più invasive.
Le valutazioni saranno suddivise in
“Sono state apportate diverse modifiche al programma di valutazione Euro NCAP in risposta ai feedback degli utenti”, annuncia l’organizzazione. Pertanto, l’interfaccia uomo-macchina sarà valutata in base a criteri di «posizionamento, chiarezza e facilità d’uso dei comandi essenziali», il che favorirà i veicoli dotati di pulsanti fisici a scapito di quelli che puntano sul tutto-tattile, che può generare una pericolosa distrazione richiedendo di distogliere lo sguardo dalla strada per navigare nei menu.
Euro NCAP vuole anche assicurarsi che i sistemi di sicurezza attiva, o ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), funzionino in modo efficace. Ricordiamo che molti ADAS sono diventati obbligatori nel 2024 e altri lo diventeranno nel 2026, dal frenaggio di emergenza autonomo con riconoscimento di pedoni e ciclisti, all’allerta di velocità eccessiva, fino all’assistenza al mantenimento della corsia. Tuttavia, alcuni dispositivi possono essere troppo sensibili, causando ad esempio frenate fantasma o sterzate improvvise. Verranno quindi messi in atto nuovi scenari su circuito per simulare un maggior numero di situazioni, in particolare di guida urbana.

I TEST PIÙ SEVERI

Il riconoscimento dei cartelli stradali sarà testato su strada.
L’adattamento delle cinture di sicurezza e degli airbag alla morfologia degli occupanti sarà un vantaggio.
Per quanto riguarda la sicurezza passiva, gli occupanti di corporatura più varia saranno presi in considerazione per quanto riguarda gli urti frontali durante i crash test fisici e le simulazioni al computer. Nuovi impatti laterali saranno analizzati sia in condizioni reali che virtuali.

Gli urti con i pedoni saranno studiati in modo più approfondito, in particolare a livello dei montanti del parabrezza dei veicoli, elementi la cui pericolosità è generalmente superiore alla media.

I veicoli in grado di adattare il comportamento delle cinture di sicurezza e degli airbag in base alla morfologia degli occupanti riceveranno punti aggiuntivi. Le cinture di sicurezza adattive della prossima Volvo EX60 dovrebbero quindi garantirle un buon punteggio in questa categoria.
Lo sblocco delle maniglie retrattili elettricamente sarà testato dopo l’urto.
In tutto il mondo sono in corso diverse indagini a seguito di incidenti che hanno coinvolto veicoli Tesla i cui occupanti sono morti carbonizzati all’interno, al fine di determinare se questi ultimi siano rimasti intrappolati a bordo a causa di un guasto alle maniglie delle porte elettriche.

A partire dal 2026, Euro NCAP testerà il funzionamento delle maniglie delle porte elettriche dopo un incidente. “I veicoli elettrici devono anche garantire un adeguato isolamento della loro batteria ad alta tensione”, aggiunge l’organizzazione. Un’altra nuova misura post-incidente: il sistema di chiamata di emergenza e-call dovrà indicare ai soccorsi il numero di persone a bordo per ottenere il punteggio migliore.
Come accennato in precedenza, Euro NCAP incoraggerà con la sua valutazione l’uso dei sistemi di allarme e di sorveglianza degli occupanti più sofisticati. Si tratterà di funzionalità quali l’allarme cintura non allacciata, il monitoraggio continuo dei movimenti dello sguardo e della testa del conducente o ancora il rilevamento di indizi di consumo di alcol o droghe.
L’entrata in vigore di questi nuovi criteri di valutazione consentirà all’Euro NCAP di integrare le ultime evoluzioni tecnologiche e di separare il grano dal loglio. Ciò potrebbe portare a un calo dei punteggi medi delle auto testate. Pertanto, alcuni modelli molto performanti in termini di sicurezza passiva ma privi dei costosi sistemi ADAS e degli avvisi più tecnologicamente avanzati potrebbero essere penalizzati ancora di più rispetto ad oggi nei loro punteggi, da cui deriva una crescente importanza della lettura dettagliata dei risultati per ogni veicolo.

Nuovo Mercedes Classe G Cabriolet: unico

La nuova versione del fuoristrada del marchio tedesco è stata inviata in Austria per i test su strada. Il prototipo è stato mostrato nelle prime foto ufficiali.

Mercedes-Benz produce il fuoristrada Classe G dal 1979, un modello che ancora oggi si distingue per le proporzioni classiche e la carrozzeria “quadrata”. L’attuale Geländewagen ha debuttato nel 2018 e ha subito un restyling nel marzo 2024. Poco dopo, la famiglia si è ampliata con la versione completamente elettrica della “Gelika”, anche se i suoi risultati sul mercato possono essere definiti modesti nel migliore dei casi. L’azienda tedesca ha annunciato un’altra modifica del fuoristrada nel settembre 2025: la Mercedes-Benz Classe G Cabriolet.
La prossima novità del marchio tedesco può essere considerata il successore della Mercedes-Maybach G 650 Landaulet. Ricordiamo che questa Classe G con tetto apribile è stata prodotta in edizione limitata nel 2017-2018, per un totale di soli 99 esemplari. Sotto il cofano c’era un motore biturbo V12 da 6,0 litri con una potenza di 630 CV e una coppia massima di 1000 Nm.
La nuova Mercedes-Benz Classe G con tetto apribile era apparsa in precedenza solo in un unico teaser oscurato. Ora il produttore tedesco ha pubblicato diverse foto scattate “alla luce del giorno”: su di esse è raffigurato il prototipo della cabriolet, parzialmente nascosto da una pellicola mimetica. Per ora è possibile vedere la parte posteriore e i lati, mentre la parte anteriore non è stata mostrata.

ICONA DI STILE

A giudicare dalle foto, il fuoristrada G-Class Cabriolet avrà una carrozzeria a quattro porte con tetto in tela rimovibile. La ruota di scorta nascosta nel vano è fissata sul bordo posteriore, che si apre lateralmente, mentre ai lati sono posizionati dei fanali orizzontali. Per il fuoristrada sono previsti dei massicci rivestimenti riconoscibili sui passaruota e sui gradini per il conducente e i passeggeri.

L’azienda ha sottolineato di aver ricevuto “una reazione estremamente positiva” all’annuncio del ritorno della Mercedes-Benz Classe G con tetto apribile dopo la pubblicazione del teaser di settembre.

Ora la novità è stata inviata ai test su strada che si svolgono in Austria, successivamente si recherà in Svezia, dove le auto saranno sottoposte a una serie di test invernali. Il produttore ha promesso di condividere i dettagli in un secondo momento.
Non è escluso che la nuova Mercedes Classe G Cabriolet condivida la tecnologia con l’attuale Geländewagen standard.

Nella sua gamma, il modello base è un motore diesel a sei cilindri in linea da 3,0 litri con una potenza di 367 CV (750 Nm), che funziona in tandem con un generatore di avviamento da 48 volt (20 CV e 200 Nm).

Volkswagen salva la fabbrica di Dresda

Volkswagen Phaeton, la storia dell'Ammiraglia W12 dimenticata

La fabbrica di vetro di Dresda era uno dei tanti progetti ambiziosi di Ferdinand Piëch, capo architetto dell’impero Volkswagen.

Fu costruita con l’obiettivo di produrre la berlina di punta della Volkswagen, la Phaeton: l’idea era che il nastro trasportatore fosse visibile attraverso le pareti trasparenti direttamente dalla strada e che fosse possibile osservare per ore le maestose Phaeton che vi scorrevano sopra. In sostanza, la Manifattura di Vetro è un complesso produttivo-espositivo, non progettato per grandi volumi di produzione, ma pensato per l’effetto esterno, i turisti e l’attrazione di nuovi clienti.

La fabbrica di vetro è stata inaugurata nel 2002 ed è diventata una delle attrazioni architettoniche moderne di Dresda, nonostante molti abitanti della città fossero contrari alla sua costruzione.
Volkswagen non ha reso pubblica la capacità produttiva dello stabilimento di Dresda, ma nei documenti di progetto è indicata la cifra di 37.500 auto all’anno, che non è mai stata raggiunta, nonostante per un certo periodo qui, insieme alla Phaeton, sia stata prodotta anche la berlina Bentley Flying Spur, poiché lo stabilimento Bentley di Crewe (Regno Unito) non riusciva a far fronte agli ordini.

LA SCOLTA ORGANIZZATIVA

Dopo la fine della produzione della Volkswagen Phaeton nel 2016, la fabbrica di vetro di Dresda è diventata il centro simbolico dell’elettrificazione e della digitalizzazione di Volkswagen: qui è stata avviata l’assemblaggio delle versioni elettriche della Golf hatchback e nel 2021 è entrata in produzione la Volkswagen ID.3, anche se la base produttiva per questo modello è attualmente lo stabilimento di Zwickau e nei prossimi anni la produzione della ID.3 sarà trasferita allo stabilimento principale della Volkswagen a Wolfsburg.

Alla fine dello scorso anno Volkswagen ha concluso con i sindacati un accordo di compromesso anticrisi, in base al quale sono stati licenziati 35.000 lavoratori, ma Volkswagen si è impegnata a non chiudere nessuno degli stabilimenti attivi in Germania. L’accordo prevedeva tuttavia l’interruzione della produzione di automobili nello stabilimento di Dresda alla fine del 2025, dopodiché Volkswagen avrebbe dovuto trovare una nuova destinazione d’uso per questo sito.
Il 2025 sta volgendo al termine, ma Volkswagen non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale sul destino della Steklennaya Manufaktura. Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, citando fonti informate, ha riferito ieri che quest’anno lo stabilimento di Dresda ha prodotto solo circa 6000 auto, tra cui la versione speciale Fire+Ice della berlina sportiva Volkswagen ID.3 GTX, ma questo è tutto: nei prossimi giorni la fabbrica di vetro cesserà di esistere come stabilimento.

Cosa succederà ora? Secondo Handelsblatt, Volkswagen, il governo della Sassonia e l’Università Tecnica di Dresda hanno raggiunto un accordo preliminare secondo cui la fabbrica di vetro diventerà un centro innovativo multidisciplinare che collaborerà con l’Università Tecnica di Dresda e promuoverà lo sviluppo di start-up nei settori della microelettronica, della robotica, intelligenza artificiale, tecnologie ecologiche avanzate, economia a ciclo chiuso, ecc.

L’Università Tecnica di Dresda, finanziata dal governo della Sassonia, affitterà parte dei locali dell’ex stabilimento, il che significa che, in sostanza, un’impresa non redditizia passerà a un finanziamento statale parziale, e ora si sta negoziando quale sarà la partecipazione della filiale sassone della Volkswagen all’analogo di Dresda di “Skolkovo“. I negoziatori della Volkswagen fanno chiaramente capire che, tutto sommato, non sono interessati a tutte queste innovazioni degli studenti, ma l’azienda è pronta a stanziare 1,5 milioni di euro all’anno per finanziare la futura roccaforte dell’innovazione, il che è chiaramente insufficiente, poiché il costo una tantum della trasformazione è stimato in circa 50 milioni di euro, e poi tutta questa attività dovrà anche essere mantenuta. A proposito, Volkswagen spendeva circa 60 milioni di euro all’anno per il mantenimento della Manifattura di Vetro.

Si prevede che il centro di innovazione sul sito dello stabilimento rimarrà in funzione almeno fino al 2030, dopodiché Volkswagen potrà liberarsi dell’onere della sua manutenzione, mentre il destino dell’ex stabilimento dopo il 2030 sarà probabilmente deciso dai funzionari sassoni. I

lavoratori rimasti nello stabilimento (circa 250 persone) saranno in parte distribuiti in altre aziende Volkswagen, in parte rimarranno a Dresda come tecnici con un nuovo profilo professionale e in parte andranno in pensione.