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La storia di Raul Gardini e quella voglia di Bio per il mondo Auto

Oggi nessun discorso o programma può neppure iniziare senza il prefisso “eco”. Quaranta anni fa dell’”eco” non vi era – appunto – neppure l’eco. Cioè, con l’82 % dell’energia necessaria a far muovere il mondo che proveniva da fonte fossile, non era davvero alla portata di tutti quello che avvenne tra fine 1984 e Febbraio 1985

Inizia tutto nel 1984 quando un brillante Capitano di Industria italiano, così tanto differente dalla facciata “Confindustriale”delle dinastie dell’Elite nazionale (Pesenti, Agnelli, Pirelli) e del salotto buono finanziario (Mediobanca su tutti) apre una riflessione sull’uso degli scarti agricoli per la produzione di energia, o per la derivazione di particolari eccedenze di coltivazione destinabili alla trasformazione industriale anziché alimentare: nel 1985 a Ravenna questo manager brillante e molto apprezzato all’estero convoca una “strana” conferenza stampa per annunciare che il gruppo Ferruzzi ha deciso di entrare nel business dei combustibili verdi utilizzando l’etanolo prodotto a partire dalle eccedenze agricole, in quel periodo in crescita esponenziale nei Paesi della CEE. 

Lui è Raul Gardini, e (curioso particolare che pochi all’epoca hanno davvero sotto gli occhi) pochi mesi prima di questa conferenza l’azienda capofila che guida, la Montedison, ha da poco ceduto all’ENI la controllata “ANIC”(un complesso petrolchimico fondato proprio da ENI e Montecatini SpA che si occupa di lavorazione, idrogenazione e trasformazione di carbon fossile e di petrolio) il che significa implicitamente che la Ferruzzi, chiudendo una esperienza in sinergia con ENI vuole avviare comunque un proprio volano di Business legato alla produzione di fonti energetiche derivate esclusivamente dalfattore agricolo ed ambientale; e tutto questo quando i temi dell’ecologia e della astrazione dal fossile e dal petrolio sono davvero merce per pochi eletti e amatori delle tematiche ecologiche.

 

Gardini illustra un progetto finalizzato al censimento, recupero e trattamento di scarti ed eccedenze agricole di tutta la fascia mediterranea continentale per la produzione di etanolo. Sottoponendolo alla CEE per l’ottenimento di un contributo finanziario europea. 

Quella conferenza è una sorta di ceffone dato ad un alveare, e sortisce una vera “sollevazione generale”. In molti giornali parlano apertamente di “rischio invasione della Soia” paventando la piaga delle monocolture invasive.

Non solo l’ENI critica apertamente il progetto vedendo improvvisamente minacciato il suo proprio Business sugli idrocarburi, ma anche lo stesso valore di ANIC, asset ceduto proprio dall’ambiente di Gardini e Ferruzzi; ma si mettono di traverso anche il mondo dei Consorzi agrari che tra anni 50 e 70 erano stati la colonna portante dei recuperi e produzione di scarti per i biocarburanti destinati al settore energetico ed agricolo. 

Senza contare ovviamente il mal di pancia dei petrolieri, il fattore più incredibile e “sospetto” è che 40 anni fa quelle stesse tematiche che oggi dominano in Europa vengono semplicemente scartate dalla CEE che nega ogni finanziamento continuando ad erogare i sussidi secondo l’architettura della PAC: Frans Andriessen, Commissario a cui Raul Gardini espose il progetto e che rifiutò ogni aiuto, 

Curioso che il programma RED II basato sullo sviluppo delle energie rinnovabili RED II derivate da materie prime non in competizione con la filiera alimentare (divenuto centrale nella politica di Bruxelles quaranta anni dopo Gardini, riprenda praticamente tutto quello che il manager di Ravenna aveva proposto nel 1985). 

Insomma, l’uomo che secondo filoni di testimonianze alternative alle risultanze giudiziarie il 23 Luglio 1993 a Palazzo Belgioioso – Milano – si sarebbe sparato dentro la sua stanzina privata (arredata a mogano e ottone come la camera di una nave da crociera) e che, sempre secondo le stesse tracce di teste alternativi avrebbe riposto – dopo lo sparo alla tempia – la rivoltella sul comodino e si sarebbe gettato a letto (come dalla strana postura rilevata dal suo domestico un attimo dopo l’esplosione dello sparo) con violenza, fu un Manager che già ben prima di Tangentopoli dava brutti pruriti a tanti “vasi di ferro” dell’Industria e della finanza.

E su cui sono fioccate leggende e testimonianze postume come su ogni storia nera d’Italia. Persino sulla esatta posizione di una Renault 4 rosso opaco una triste  notte del 1978, secondo un metronotte anonimo. A cercarle, le storie alternative, si trovano in quantità.

Born to be “alternativo” e “scomodo”. Il Karma straordinario di Raul Gardini

E sempre secondo alcuni testimoni lontani dalle versioni ufficiali, tracciati e descritti nel libro “Icarus, Ascesa e caduta di Raul Gardini” colui che tuttora vivrebbe in Brasile con una operazione globale di plastica facciale, si è reso ben prima degli accordi di Kyoto e degli allarmi ambientalisti degli ultimi anni protagonista di una decisa conversione “verde” dell’Automotive europeo ed occidentale in una dimensione nella quale, se si fosse agito per tempo, il volume del traffico circolante parzialmente convertito all’etanolo avrebbe già sortito effetti positivi sul clima come è avvenuto dopo mezzo secolo in Brasile grazie alla politica amica dell’etanolo da canna da zucchero. E di certo Gardini fu davvero ispirato da tanti studi ed esperimenti fatti in Sudamerica, Stati Uniti, ed Europa del Nord in tema di addizione rinnovabile nel carburante fossile.

Persino Carlo Sama, recentemente e sempre recensito nel libro indicato sopra, spiegò come negli ultimi mesi prima del presunto suicidio Raul Gardini si fosse interessato in un progetto per implementare le aree coltivabili nel Maghreb mediterraneo. 

Gardini continua a promuovere l’idea delle biomasse e dell’etanolo come soluzione per l’agricoltura e l’ambiente e nel 1988 presenta una relazione che dimostra concretamente che lo sviluppo di nuove applicazioni per proteine, grassi e carboidrati provenienti dalle eccedenze agricole avrebbepotuto risolvere il problema degli sprechi e dare una svolta all’agricoltura, considerata da lui già di per sé chimica. Ma gli ambienti “conservatori” in tema di energia fossile e di finanza correlata, cominciano a sudare freddo quando dopo l’acquisizione di Montedison, Gardini presenta agli azionisti e alla comunità finanziaria il grande progetto di riorganizzazione del gruppo Ferruzzi, basato su cinque grandi sfide ed in anticipo di più di tre decenni sull’odierno Green Deal europeo. 

Dal Progetto Etanolo del 1985, con le contraddizioni interne del mondo economico e politico italiano, per produrre carburante con le eccedenze agricole si gettano le fondamenta per gli “accordi di filiera” odierni: bioetanolo e soia che oggi si ritrovano nei piani industriali di imprese leader nel mondo, a partire da Novamont Eni/Versalis, che ha recentemente acquisito brevetti di Proesa per tecnologie ed enzimi necessari a produrre etanolo e materia energetica trasformabile ed ovviamente rinnovabile, con un impianto in grado di trattare 200mila tonnellate/anno di biomassa per una capacità massima di produzione di circa 25mila tonnellate anno di bioetanolo; pochi per una diffusione su larga scala ma idonei alla miscelazione con derivati agricoli di altra natura e provenienza per aumentare eventualmente la componente “E” nelle benzine.

Parallelamente agli obiettivi di crescita economica, l’imprenditore portava avanti grandi investimenti in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie capaci di ridurre scarti. L’incontro nella sede di Confagricoltura ha ricordato il progetto di Gardini “Pro Etanolo” del 1985, intorno al quale esplosero tutte le contraddizioni interne al mondo economico e politico italiano. Anche se non vide la luce, quell’idea (all’epoca d’avanguardia) di produrre carburante con gli scarti e le eccedenze del mondo agricolo, è stata comunque uno dei temi su cui chimica e agricoltura hanno iniziato a confrontarsi, gettando le fondamenta per una collaborazione che non si è più fermata. E persino 4 anni prima del Vertice di Rio l’idea di Gardini di sostituire l’etanolo al piombo nella benzina era in realtà la risposta più pragmatica (come abitudine di Raul) alla normativa europea che dalla abolizione del piombo avrebbe portato alla catalizzazione generale obbligatoria del 1993.

Non c’è spazio per complottismi, nei racconti di storia, ma certo la famosa accusa di Mani Pulite sulla “madre di tutte le tangenti” e la decapitazione dei vertici di Montedison e della Ferruzzi sembrava già fin dall’inizio una sorta di ircocervo mitologico (Gardini avrebbe pagato la politica per favorire l’uscita della Montedison dalla trappola Enimont che dalla scalata di Ferruzzi in poi aveva letteralmente dissanguato la Montedison. “

La chimica italiana sono io” fu lo slogan con cui i giornali disegnarono su Gardini il marchio dell’untore tangentaro. 

Eppure chi sa dare un valore alle cose sa che usare i carboidrati al posto degli idrocarburi è solo oggi un procedimento scontato: ma quando Gardini si mise a pensarecarburanti, plastica, inchiostri e detergenti da scarti e materie prime agricole, il mondo era petroldipendente. Con annessi e connessi e soprattutto rischi che il mondo vedeva su Gardini, il quale aveva stretto nel 1989 un accordo quadro con l’ex URSS di Gorbaciov per un piano agricolo straordinario sull’Ucraina per produrre coltivazioni da cui estrarre etanolo.

Il Wall Street Journal incluse la Ferruzzi nella lista delle 55 imprese con una «leadership globale per gli anni 90». 

La Harvard Business School pubblica un case study sul gruppo di Ravenna, mettendo in luce la strategia agro-bio-chimica di Gardini e ricordando, fra le altre cose, che la Ferruzzi fu il primo gruppo al mondo a tenere un registro ambientale delle proprie emissioni di anidride carbonica (sette anni prima del Protocollo di Kyoto).

L’uomo che inventa di sana pianta la soia energifera in Europa (Gardini favorì lo sviluppo della coltivazione della soia in Italia: il nostro Paese diventa il primo produttore europeo e raggiunge in pochi anni i 250 mila ettari coltivati con una produzione di 750 mila tonnellate, fatto che rivoluziona la rotazione agraria in Italia e permise un minore impiego di fertilizzanti, grazie alla capacità della soia di “fissare” l’azoto nei terreni); che invita i suoi collaboratori su amido ed olio vegetale, che inventa “Mater-Bi” con Novamont; “Diesel-Bi” il suo biodiesel raffinato negli impianti a Livorno; il “Celus-Bi” (detergente privo di reagenti chimici inorganici e totalmente biodegradabile.

Con Gardini il Gruppo che lui guida schiera Eridania-BéghinSay, Novamont (che stava progettando le prime plastiche biodegradabili, di cui poi è diventata leader), l’Erbamont, la Selm (l’odierna Edison), la Himont (nel polipropilene), la Ausimont (nella chimica delle specialità), a cui si aggiungeva la Tecnimont, che costruiva impianti industriali in tutti i continenti (era stata tra le prime società di impiantistica del mondo ad operare nell’Urss già negli anni ’30).

E da lato puramente Automotive Gardini mette l’Italia, una volta tanto, nella posizione di battistrada delle nuove tendenze energetiche con il suo sogno sui biocarburanti, con un anticipo di oltre 30 anni su Bruxelles. Per me, un Manager che ha reso onore ad un’Italia dove, se non eri parte di una casta predefinita per decreto Carolingio, facevi sempre una brutta fine. Come è capitato a Gardini. Trenta anni dopo quella rappresentazione scenica di Mani Pulite, e dopo lo svuotamento strategico e diplomatico d’Italia, oggi si capisce che in quel periodo a Palazzo di Giustizia di Milano erano stati portati davvero i veri ladri d’Italia…

Riccardo Bellumori

Nuovo Dodge Durango con il V8 Hemi

Nella gamma di motori del Dodge Durango è tornato il motore da 6,4 litri, mentre la versione GT è ora equipaggiata con un V8 Hemi da 5,7 litri.

Il marchio americano Dodge è attualmente di proprietà del colosso automobilistico Stellantis. La produzione del crossover Dodge Durango è stata avviata nel 1997, mentre il modello dell’attuale terza generazione è apparso nel 2011 e questo SUV è stato rinnovato nel 2020. In precedenza, l’azienda aveva pianificato di dire addio ai motori V8 Hemi, quindi Durango ha avuto diverse versioni finali corrispondenti. Tuttavia, questo “addio” si è protratto e ora la direzione ha deciso di annullarlo del tutto.
Il fatto è che nel 2024 Stellantis, allora guidata da Carlos Tavares, ha deciso di eliminare i motori V8 Hemi. In seguito è stato sollevato dal suo incarico e questa mossa è stata riconosciuta come errata: i motori in questione sono già tornati sulla catena di montaggio e sotto il cofano di alcune auto dell’ampio portafoglio del colosso automobilistico (in particolare, si tratta del pick-up full-size Ram 1500).

Alla fine della scorsa primavera abbiamo riferito che la Dodge Durango 2026 nella versione R/T è disponibile con un motore V8 Hemi aspirato da 5,7 litri e 365 cavalli (coppia massima: 529 Nm). La versione SRT Hellcat è equipaggiata con un motore V8 Hemi sovralimentato da 6,2 litri (720 CV e 875 Nm). La versione GT è dotata di un motore V6 aspirato da 3,6 litri (299 CV, 353 Nm).

Ora il marchio americano ha annunciato che tutte le versioni del crossover a tre file Dodge Durango saranno equipaggiate con motori V8 Hemi, ovvero la versione GT rinuncia al citato motore V6. Alla fine, l’azienda ha deciso di equipaggiare questa versione con un motore V8 Hemi da 365 CV e 5,7 litri di cilindrata. Per accelerare da fermo fino a quasi “cento” (fino a 96,6 km/h) gli occorrono 6,2 secondi.

IL SUV XXL

Il prezzo di partenza della nuova versione GT è aumentato di 2.000 dollari, arrivando a 42.495 dollari (equivalenti a circa 3,39 milioni di rubli al tasso di cambio attuale), ma il produttore ha sottolineato che questo Durango è il SUV a trazione integrale più accessibile della sua categoria sul mercato americano.

A sua volta, la Dodge Durango R/T ora monta un altro motore, a quanto pare si tratta del V8 Hemi aspirato da 6,4 litri tornato sulla catena di montaggio. L’azienda ha sottolineato che la sua potenza sarà di 482 CV, con una coppia massima di 637 Nm. Il prezzo esatto sarà reso noto in seguito, ma per ora il produttore ha solo precisato che il costo negli Stati Uniti non supererà i 50.000 dollari.

Dodge ha lasciato invariate le caratteristiche tecniche della Durango SRT Hellcat, che sotto il cofano monta ancora un motore V8 Hemi da 6,2 litri e 720 CV. Il suo prezzo è stato ridotto di 5.000 dollari, quindi ora questa versione può essere acquistata a 79.995 dollari.

Da notare che tra pochi giorni negli Stati Uniti inizieranno anche i preordini per la nuova Dodge Charger a benzina, equipaggiata con un motore Hurricane biturbo da 3,0 litri a sei cilindri in linea in due versioni di potenza: 426 CV (635 Nm) e 558 CV (720 Nm).

Nuova Xpeng X9 REEV: Anteprima esclusiva

I dettagli della prossima Xpeng X9 REEV (veicolo elettrico a autonomia estesa) di Xpeng sono stati rivelati dal Ministero dell’Industria e dell’Information Technology (MIIT) cinese in vista del lancio del MPV nel quarto trimestre di quest’anno.

La casa automobilistica cinese aveva già anticipato l’arrivo della X9 REEV su Weibo, affermando che oltre 1.000 veicoli di prova avevano viaggiato in 20 paesi e 330 città in tutto il mondo per oltre 800 giorni, accumulando più di 20 milioni di km di percorrenza di prova. Questi veicoli di prova riportavano il numero “450” sulle portiere, suggerendo che si trattasse dell’autonomia di crociera in modalità esclusivamente elettrica della X9 REEV.

Secondo quanto riportato nel documento depositato presso il MIIT, la X9 REEV misura 5.316 mm in lunghezza, 1.988 mm in larghezza, 1.785 mm in altezza e ha un passo di 3.160 mm. Ciò la rende leggermente più lunga della normale X9 EV, che misura 5.293 mm in lunghezza, mentre tutte le altre dimensioni sono identiche.

MOTORI E DATI TECNICI

Per quanto riguarda il motore, la Xpeng X9 REEV da 2.750 kg dovrebbe avere una velocità massima di 180 km/h e essere dotata di un motore da 1,5 litri che sviluppa 150 CV (148 hp o 110 kW) come range extender. Sarà equipaggiata con batterie al litio ferro fosfato (LFP) fornite da CALB (China Aviation Lithium Battery).

Destinato a diventare il primo modello ibrido di Xpeng, il propulsore sarà probabilmente il Kunpeng Super Electric System presentato lo scorso anno in occasione dell’AI Day.

Il VAN dichiara un’autonomia in modalità completamente elettrica di 430 km e una combinata di 1.400 km con il range extender in funzione. Il supporto alla ricarica 5C consente alla batteria di passare da uno stato di carica del 10-80% in soli 12 minuti.

Stefan Bellof asso di Cuori in F1: storia di una meteora straordinaria

Se fosse stato istituito il Premio “Aviatore d’Oro” alla memoria di Gilles Villeneuve dalla Stagione 1983, probabilmente quell’anno non sarebbe stato assegnato.

Ma nel 1984 il vincitore morale sarebbe stato Stefan Bellof.

Per raccontare la sua storia in F1 bisogna partire dal suo inizio ad Ottobre 1983, dal test con la Mc Laren con l’ingresso poi in Tyrrell.

Ricordo che Stefan non era proprio al settimo cielo per essere stato ingaggiato da Ken. 

Probabilmente ad accentuare tutto c’era la circostanza un poco negativa di correre praticamente senza ingaggio: con l’abbandono un poco malefico di Benetton – che aveva scelto il meglio, secondo il management veneto, accompagnando la perentoria stagione della Alfa Romeo Euroracing – la Tyrrell era con l’acqua alla gola e né Stefan né Martin Brundle erano in grado di richiamare sponsor.

 

A questo punto la narrativa ufficiale ci mette in mezzo che Stefan era ad un passo dall’essere il secondo Pilota in McLaren con Lauda: con Watson senza contratto e Lauda confermato, la stessa narrativa ufficiale si è buttata a costruire presunti veti della Rothmans (sponsor anche personale di Stefan oltre che partner della Porsche in Gruppo C) 

Io credo semplicemente che due secondi e mezzo dopo il contatto telefonico tra Ron Dennis e Prost il volante dell’altra MP4 TAG era già blindato. E questo Stefan forse lo aveva persino compreso.

 

No, credo che la cosa che lo aveva da subito messo a disagio era l’importanza “dimensionale” e mediatica che Ken Tyrrell aveva riservato da subito a Martin Brundle

Il giovane rampante della nuova generazione inglese di piloti vincenti, l’unico in grado di faer sudare Senna nella F3 inglese, era stato il centro dell’attenzione e della kermesse che il povero Ken, (concordando persino con la proprietà dell’Hotel una rateizzazione per il pagamento della cena e dell’evento per quanto vuote aveva le tasche)aveva costruito per la presentazione alla Stampa della nuova Stagione 1984; era il 3 Febbraio, e Ken fece attendere nella sorpresa e nella curiosità gli invitati (Stampa, istituzioni politiche inglesi, e persino potenziali Sponsor) prima di svelare alla fine della cena la reale novità e la notizia clou da passare sulle pagine dei rotocalchi inglesi: avere in Squadra il nuovo talento dell’Union Jack. 

L’effetto sulla Stampa inglese fu garantito, ma a danno del povero Bellof, già ingaggiato ufficialmente e seduto ad un tavolo dell’evento quasi come un ospite qualunque.

Non ci sono tracce ufficiali che rappresentino lo stato d’animo del giovane tedeschino, ma proviamo ad immaginare.

E chi vuole o sa, provi a ricordare che lo stesso Bellof in alcune occasioni non lasciava spazio ad interpretazioni: era grato a Ken Tyrrell della occasione avuta di correre in F1 ma alla fine del contratto avrebbe alzato i tacchi.

La sua concezione di Formula Uno esulava dal clima di famiglia (che peraltro lui aveva vissuto con il compaesano Maurer) che la Tyrrell sapeva creare al Box, e che aveva affascinato e circuito proprio Martin; l’idea del giovane tedesco era di arrivare ad un Top Team entro brevissimo: anche perchè, sono in pochi a ricordarlo, Stefan non era nemmeno più “un giovane”, una volta approdato a 27 anni in F1 e più anziano di due anni rispetto a Martin. A 27 anni i Piloti iniziano il primo Giro di Boa, e per Stefan questo era avvenuto da Rookie, e la cosa lo suggestionava. 

Senza paragone alcuno, alla sua età Alain Prost aveva già sfiorato il Titolo mondiale almeno una volta…

Un “entro brevissimo” anche molto relativo: la tecnica consolidata di Ken Tyrrell era di proporre ai giovani rampolli contratti triennali solidissimi e vincolati; Ken sapeva bene che sarebbe stato abbandonato a fine triennio per il 90% delle probabilità che i suoi allievi trovassero di meglio, e molto, alla fine del praticantato in Squadra.

Per questo c’era il vincolo triennale: un anno di incubatore, un anno di Boom ed un ultimo anno di conferme, lungo un periodo in cui Tyrrell prevedeva e poteva programmare di sviluppare la base tecnica, ricevere qualche sponsor temerario e fare cassa con i premi Gara con i quali pagava anche parte degli ingaggi. 

Ma l’inizio del rapporto tra Stefan e Tyrrell nella stessa squadra dove è presente Martin Bundle non è un inizio idilliaco: in un Team che aveva preso l’abitudine di dichiarare che non c’erano prime guide, uno dei due piloti finiva sempre per essere più prima guida dell’altro. Era accaduto con Michele Alboreto e Brian Henton nel 1982 e con Michele e Danny Sullivan nel 1983, benchè il contratto Sisley fosse derivato dall’approdo di Danny che negli USA era popolarissimo.

Nell’esordio di Stagione 1984, nelle prime Gare, in effetti è soprattutto Martin che si fa vedere, e questo implica per forza che in una penuria di “materiale migliore” la prima scelta inizialmente fu per Brundle; ma credo che Ken cercasse di spiegare a Bellof che il motivo era tutto economico: cercare di ingolosire perlomeno gli sponsor dell’Union Jack, vecchio gagliardetto al quale Ken era fedele fino al midollo. Il fatto che Stefan fosse parimenti un piccolo idolo nel mondo dei Nibelunghi e che corresse potenzialmente per l’iride nel Mondiale Gruppo C con la Porsche 956 era per Ken un problema e non una opportunità.

Non aveva, Ken Tyrrell, l’autorità ne’ l’ingaggio per impedire ai suoi piloti di correre altrove, purchè non in concorrenza diretta con il Marchio inglese; ma più di una volta si era offerto di raccogliere il budget necessario per pagare a Stefan quello che Porsche e Rothmans garantivano al giovane tedesco. Ricevendo sempre un cortese rifiuto, perché Stefan era orgoglioso di correre per i colori del suo Paese. Tornando al 1984 ed al suo inizio, il trend agonistico di Martin è abbastanza migliore di quello di Stefan: Brundle va quasi sempre un pelo meglio di Stefan in Prova; in gara è Martin a dare i primi due punti “potenziali” alla prima gara in Brasile, mentre Stefan si ritira per rottura del leveraggio del preistorico Hewland vecchia maniera che praticamente Ken portava avanti dal 1981…..

In Sudafrica Martin 11° e Stefan 15°, ma ad Imola finalmente Stefan sesto e Martin ritirato; Digione pessima per entrambi, e si arriva a Monaco. +

Stefan si qualifica ultimo dei venti partenti, Martin sta per fare un giro migliore negli intertempi ma fa il botto; il casco picchia forte sull’asfalto, e nello stato confusionale pur avendo ancora quindici minuti per tentare con il muletto, Brundle arrivato di corsa a piedi con il casco in testa visibilmente sfregiato dalla botta, ed entrato al volo nell’abitacolo con il motore appena acceso, per uscire dal Box sterza di colpo in direzione opposta al senso di uscita, smanacciando alla volta di un meccanico che secondo Martin lo sta ostacolando ad uscire, mentre invece quel ragazzo ha semplicemente la responsabilità del carrello che nei cambi gomme deve alzare la parte posteriore……….

Convinto di dover partire all’incontrario, Brundle fa ben capire a Ken che il botto ha avuto effetti pesanti, e che il ragazzo non sta bene: con un riflesso felino Ken lo ferma, per fortuna.

Muletto sotto i teli e Martin spedito in infermeria. Ma a Monaco i ruoli si ribaltano. Stefan diventa l’Asso della Tyrrell e della F1 giovane; Martin rimane il talento, valido quanto vuoi, ma incapace di far scrivere per settimane di quella zanzara De Longhi che rimane – nonostante il nuvolone di acqua – ben visibile in mondovisione per decine di minuti. 

E permette a Ken di iniziare a ri-battere cassa. 

Quel Gran Premio di Montecarlo fa nascere una stella: Stefan “Gilles” Bellof, da quel momento beniamino dei meccanici, orgasmo silenzioso di Ken Tyrrell e faro acceso nella letteratura di settore. 

Da quel momento, e fino a Detroit, il clima si ribalta, ma solo dal lato agonistico: Stefan fa mediamente meglio di Brundle e comincia a diventare un vero ragazzo di famiglia, tanto da regalare a ciascun meccanico un paio di scarpe “Puma” nuove di zecca quando stringe un contratto di sponsorship personale con il Marchio di calzature. E a Detroit, probabilmente, è proprio il cocco di casa Tyrrell – Martin – a fare il patatrac. 

Il Piombo, la squalifica, il disonore. E Stefan in crisi

Pazienza, arrivare ad insidiare Senna sotto la pioggia di Monaco con una sorta di F2 vitaminizzata come era la “012”, pensano i Commissari, la Stampa, i tifosi. Anche se la sola idea che l’impresa di Stefan sia nata solo per effetto della “012” Cosworth fa girare un poco le palle: date la MP4 di John Watson con cui l’irlandese ha fatto il miracolo negli Usa nel 1983 a tutti gli altri Piloti e provate ad immaginare chi avrebbe fatto lo stesso. Forse nessuno. Quando un asso è in giornata, è imprendibile. Quando è in giornata. Stefan a Monaco è in giornata. Martin Brundle, quando con la zanzara Tyrrell arriva a poter superare Nelson Piquet per il primo posto, non è un asso. E’ un poco un coglione. Tyrrell dal suo Box smadonna e impreca, sbracciandosi, per far capire al suo pilota che non deve andare così; è sotto l’occhio del ciclone e non solo del satellite. Ovvio che da Detroit la somma dei pallini di piombo sparati dalle Tyrrell più quelle prestazioni incredibili fanno scattare l’indagine. E da quel momento la Tyrrell di Martin e di Stefan diventa illegale. Un marchio che pesa anche sui due ragazzi e sul loro ottimo primo anno di F1.

“Every German racing driver knows who Stefan Bellof was“. Questa frase è di un tedesco, Sebastian Vettel, rivolta al ragazzo che ha fermato il tempo lungo solo una stagione e mezza di Formula Uno. Ci ha “imposto” con amorevole sopruso di conoscerlo in fretta, di fare fermo immagine di quello che ci ha regalato in foto od in TV in solo 18 mesi, visto che di lui si sapeva nulla, poco, o qualcosa di importante a seconda della introduzione di ciascun appassionato: i digiuni di nozioni ricordavano di aver visto almeno una volta in foto il suo caratteristico casco “GPA” con i colori nazionali tedeschi; i poco informati sapevano del suo Record incredibile al Nurburgring rimasto in piedi per anni; ed i più introdotti nelle cose del Motorsport avevano visto almeno una volta come il ragazzo sapeva comportarsi in pista. Tanto da meritarsi tra gli elogi anche quelli di un Campione come Jackie Stewart: “Stefan Bellof is the greatest talent I have ever seen.”

Se Stefan Bellof fosse ancora tra noi, oggi avrebbe 68 anni: ma chissà se ne avrebbero mai più parlato dopo il suo inevitabile ritiro dalle scene delle Gare, che al massimo sarebbe avvenuto intorno alla metà degli anni Novanta (quando Stefan avrebbe raggiunto quasi i 40 anni, e magari allora sarebbe potuto diventare, che so, Team Manager oppure Talent Scout verso il ripopolamento della scuola tedesca dell’altissima disciplina del motorismo sportivo che in effetti si venne a creare da quel periodo). E’ il cruccio che apre il dubbio sui “Campioni di frontiera”, cioè su quei personaggi dallo stile sopraffino e dalle ottime prestazioni che ci hanno lasciato prima di poter esprimere al massimo sé stessi. Come Bellof: sarebbe stato il nostro mito tedesco oggetto di tanto affetto, di tanta ammirazione e contemplazione se fosse ancora tra noi? 

Da parte mia, la risposta è “si”. Stefan era entrato nel club dei Campioni da tenere nell’albo d’oro dei pochi eletti che ti segnano l’anima e che non dimentichi mai, perché hanno qualcosa in più. E Stefan aveva un modo di fare da ragazzo della porta accanto. Mai “vip” mai superbo, sempre sorridente ma fondamentalmente introspettivo e chiuso. Un carattere tosto e puntuto come ogni buon Scorpione.

Gli inizi di Stefan Bellof, una promessa del volante

Dalle sue fondamenta agonistiche (suo padre Georg aveva già preso parte a rally e corse in montagna ed era proprietario di un negozio di verniciatura e di carrozzeria) e della vecchia Goggomobil che Stefan e suo fratello Goa cominciarono a guidare per le strade di campagna a cinque anni, fin quando il nonno non ha regalato ai ragazzi due kart, nasce il rapporto speciale che Stefan ha con il volante. 

Nel 1973, a sedici anni (un po’ tardi, si potrebbe pensare, ma la sua città natale Giessen è una realtà talmente di provincia che il mondo delle corse arriva all’epoca con almeno dieci anni di ritardo: il Circuito Oppenrod di Kart vicino a Giessen aprì alla fine degli anni Sessanta…..) Stefan comincia a correre anche nelle tappe della sua carriera: 13° al mondiale Kart 1976 e primo in Lussemburgo, arriva fino al settimo posto europeo ed al primo nazionale Kart nel 1980.

Nel 1981 è vice campione in F.Ford e Maurer, il geniale Manager tedesco, lo adocchia e lo chiama a guidare la monoposto di F2 con Beppe Gabbiani (che per la cronaca va meglio di lui a fine stagione). Rimane il fatto che solo due anni prima il ragazzone correva in Kart……Ma nel 1981 le cronache “postume” dicono anche che la Maurer di Willi Maurer – il team che fa debuttare Stefan in Formula 2 – aveva in pancia un progetto per modificare attraverso Gustav Brunner una “MM81” in monoposto di Formula Uno con motore Cosworth. 

Progetto naufragato nel nulla che forse, chissà, aveva ingolosito Stefan che non faceva mistero di sentirsi un portabandiera del suo Paese, che per inciso grazie a lui aveva interrotto il digiuno tedesco di Podi: dopo l’ultimo ottenuto da Jochen Mass nel Gran Premio di Spagna del 1980, il Podio di Monaco 1984 di Stefan aveva interrotto una catena di “zeri” piuttosto prolungata. Ironia della sorte, entrambi i Podi vennero cancellati dall’Albo d’Oro del Mondiale F1 perché non validi ai fini delle Classifiche: per Mass perché il Gran Premio di Spagna era stato disertato dai Teams iscritti alla Fisa, e per Bellof perché la squalifica della sua Squadra Tyrrell aveva pregiudicato ogni risultato utile. 

 

Ma quel suo casco disegnato dalla fidanzata storica Angelika Langner che aveva iconizzato quel binomio Maurer / Stefan . non fece il suo debutto in F1 sulla Maurer, che anzi finì per  naufragare dopo il 1983, quando Gustav Brunnes decide di andare alla ATS chiedendo a Stefan di seguirlo in F.1: ricevendo in risposta un semplice e leale “Nein danke. Ich habe eine Vereinbarung und möchte sie respektieren” (No grazie, io rispetto gli accordi……). 

Per questo motivo e per la parola data Stefan affianca la ultima Maurer, quella compagine di cinque Piloti (Acheson, Bellof, Fertè, Jelinski, Petit) che durante 12 Gare colleziona complessivamente 13 ritiri, 2 squalifiche e solo due piazzamenti a punti con un secondo ed un quarto posto. 

 

O la magia è finita, o altro…..tuttavia su una bella e onorevole esperienza lampo si chiuse il sipario. 

Peccato, ma questa è un’altra storia: quella di Stefan continua in quel 1983 con qualcosa che ancora oggi è leggenda.

Maggio ’83, il Mondiale di Gruppo C celebra l’ultima 1000 Km, al Nürburgring su una pista ormai considerata davvero troppo pericolosa per continuare ad ospitare gli sportprototipi, che negli anni avevano raggiunto prestazioni mostruose.

Nella squadra Porsche – Rothmans, in quel 1983, oltre a Bell, Mass, Rosberg e Ickx c’era anche lui: Stefan Bellof, il più veloce del lotto fino ad allora nelle Pole Position: parte ed arriva primo nelle gare di Silverstone, Kyalami e Fuji. Non fa scalpore negli uomini Porsche che Stefan acciuffi la sua quarta Pole, ma quel Sabato 28 Maggio a rimanere nella storia è il dato più ufficiale ed incontestabile del Record sul Giro: Stefan percorre i quasi 21 chilometri del percorso più velenoso d’Europa ad una media superiore ai 200 Km orari, ed è il primo uomo nella storia del “Ring” a farlo, segnando un tempo monstre di 6 minuti, 11 secondi e 13 centesimi. Ai Box il suo team e la stessa Porsche presente con il suo Management Staff non credono ai loro occhi ed ai cronometri. 

Il Record del Ring: Stefan diventa un Re della velocità

E’ stato abbattuto un muro storico con una impresa che di umano ha poco o nulla, con un record ottenuto da un ragazzotto tedesco semisconosciuto alla grande massa che improvvisamente di era messo dietro alle spalle qualche dozzina di nomi celebri che avevano segnato la vita del “Ring”.

E Domenica 29 maggio 1983, il giorno della gara, la pioggia decide di accompagnare fin dalla partenza l’ultima 1000 Km del ‘Ring al via della quale Stefan parte alla sua maniera, e quando consegna la sua 956 nelle mani di Derek Bell il vantaggio costruito sulla vettura gemella che segue è decisamente cospicuo. Ma Ickx recupera lo svantaggio su Bell, lo supera e mette 30″ sulla Porsche 956 guidata dall’inglese prima che il belga consegni di nuovo il prototipo di Stoccarda a Jochen Mass

Quando Bell torna ai box, al suo rientro in pista Bellof semina il terrore: in 4 giri recupera i 30″ a Mass, si libera di lui e poi scompare: la gara, a quel punto, è saldamente nelle sue mani.

Ma, nel frattempo, ha smesso di piovere da diverse ore: la pista è praticamente asciutta, la temperatura dell’asfalto sta salendo, e i tempi si stanno abbassando sensibilmente di giro in giro. E’ il segnale che Stefan desidera dare a se’ stesso, perché in Pista (anche nelle Gare di Gruppo C) lui non è un passista o mezzofondista come Bell, e prima di lasciare di nuovo al suo collega di equipaggio il volante Stefan vuole creare un vero “muro” rispetto agli inseguitori, forse per dare al suo collega ed amico Derek un margine che l’inglese potrebbe “bruciare” o forse perché dentro Stefan brucia l’animo prode ed un poco egoista di restare alle cronache come il vero dominatore al di là dell’equipaggio composto per la Gara.

E’ il mostro, è l’Inferno Verde, che lo sta chiamando, attendendolo acquattato dietro qualche curva per colpirlo all’improvviso e fargli capire che il “Ring” non intende avere un Re sopra se’ stesso.

 

Bellof, all’improvviso, decide di rientrare ai box per cambiare le gomme che però non sono proprio così usurate; ed in effetti questo evento persino inatteso dal suo Team lascia ancora più impreparati i suoi uomini nel capire cosa si nasconde dietro a quella scelta. Cambio gomme e non simbolica premura di Derek Bell, forse l’unico ad aver il presentimento del mostro che sta nascendo dento Stefan: “ Non strafare, abbiamo oltre un minuto di vantaggio e manca poco alla fine della Gara” potrebbe aver detto Derek al giovane tedesco che nel successivo paio di giri rispetta i moniti di “moderazione ma la serenità apparente dura poco: all’improvviso, al Box vedono la Porsche 956 arrivare a folle velocità sul traguardo.

Stefan sta ricominciando a bruciare l’asfalto ormai completamente asciutto, vuole garantirsi un posto nella storia anche nel Giro di Gara, forse invece c’è solo una Gara con sé stesso per mettere alla prova la sua capacità di dominare il Ring. Con gomme fresche ed un recente nuovo pieno di benzina, e quelle condizioni di asfalto, è il momento ideale per sconvolgere ancora il mondo e provare ad avvicinare il tempone della Pole. Ma stavolta Stefan Bellof chiede troppo oppure la Porsche 956 ha davvero superato il suo limite di Gara, oppure infine forse il maledetto clima del Ring con la sua folle alternanza ha appena colpito ancora. 

Fatto sta che dopo un tratto – Sprunghugel – nel quale le auto in piena velocità affrontano un falsopiano saltando e staccando le ruote da terra la Porsche 956 sembra esplosa su sé stessa: la scena che i soccorsi e i Commissari, in un tratto lontano da occhi o telecamere ufficiali, si trovano davanti è agghiacciante: detriti tutto intorno, la 956 praticamente esplosa dopo il botto con un guardrail. Ma Stefan per grazia di Dio è illeso. Gara finita, dopo aver dominato e dilagato come poche volte nella storia del Ring. Di tutto questo rimane il fatto che Stefan ha realizzato il giro più veloce in Gara mai realizzato al Nürburgring: 6:25.91. Due giri dopo, con un vantaggio di ancora 30 secondi su Mass, ha superato la collina a Pflanzgarten, è volato in volo e si è ribaltato. Cionostante, il Ring ha un nuovo ulteriore “Re” nel suo Albo d’Oro, ed il Record della Pole di Stefan resterà imbattuto per 32 anni !!! E quando esce a fatica dall’abitacolo accartocciato della sua 956, Stefan pur zoppicante si fa otto chilometri a piedi lungo i prati e le reti per raggiungere il Box, firmando autografi e regalando sorrisi a tutti coloro che capiscono che è nato un vero fenomeno.

E questo, sia chiaro, capita nel primo anno da ufficiale della Porsche di Stefan Bellof: il ragazzo più giovane ingaggiato direttamente da Stoccarda dopo anni di “veterani”; il “rookie” che alla sua prima Gara di sempre in Gruppo C alla 1000 Km. Silverstone acchiappa la Pole Position e fa fare a Ickx, Mass, Wollek, etc la figura dei polentoni, regalandosi sempre al debutto Vittoria e Giro Più Veloce. E forse senza il botto del “Ring” i solo undici punti di distacco dell’equipaggio “Bell-Bellof” e il Campione del Mondo Jacky Ickx non ci sarebbero stati. Ma pazienza, dopo il “Vice Campione” raramente si appalesa la Vittoria Iridata in Stagione. Raramente, ma nel 1984 accade. 

Il ragazzo tedesco indirettamente sotto inchiesta e sanzionato dalla FIA per il piombo nell’acqua della Tyrrell diventa Campione Mondiale di Gruppo C con la Porsche 956. Qualcosa si sta cominciando ad incrinare, e Stefan inizia a vivere mondi contrapposti.

Il 1985, la peggiore Stagione, e l’inizio del dramma

E’ il Primo Gennaio del 1985, e ci sono quattro persone davanti ad una bottiglia residuale della bisboccia di Capodanno, ma sono tutt’altro che serene e sorridenti.

Ken Tyrrell, per la prima volta nella sua vita privo di soldi, di sponsor, di risorse tecniche (e non sarebbe questa una novità) si trova anche “appestato” e privo della dignità sportiva che la squalifica della Federazione gli ha tolto; sa di non poter neppure aspirare alle stagioni migliori del passato, e nella più ottimistica previsione le sue monoposto saranno sporadici abitanti di quinti e sesti posti; 

anche Peter Falk, il Manager della attività sportiva Porsche, è un poco suggestionato: il suo Campione del Mondo Endurance Gruppo B in carica ha stracciato il contratto con la Squadra ufficiale, e fatica lui stesso a ricordare quando mai questo sia avvenuto, e a scatenare tutto è stato il veto ineludibile posto al proprio Campione (Stefan Bellof ) sulla possibilità di correre per Squadre motorizzate BMW;

ed infine ci sono loro, i “rookie” 1984 più brillanti e rinomati (fatta eccezione per il debutto di Senna): Martin Brundle e Stefan Bellof sanno di essere stati tradotti fuori da un palcoscenico artificiale creato ad hoc da ken Tyrrell nel 1984: senza piombo, senza più trucchi, senza sponsor e senza motori turbo la povera “012” è solo archeologia agonistica priva di una qualunque prerogativa positiva.

Fossero ancora compagni di squadra affiatati come erano ad inizio 1984 (o come apparivano) forse avrebbero potuto appellarsi alla Giustizia federale sportiva e chiedere l’annullamento del contratto triennale che li lega alla Tyrrell fino alla fine del 1986. Ma per prima cosa, la perdita di autorità e “manico” da parte di Zio Ken li ha resi “parenti serpenti”, ciascuno ossessionato dal rischio che l’altro gli faccia le scarpe; ma poi? 

Martin è un ex debuttante di rango che si è sfracellato a Dallas e ricomincia da “possibile promessa” che ha lasciato già un po’ troppo dietro le spalle la Stagione “monstre” in Formula 3 inglese: chi sarebbe disposto ad affidargli una monoposto di livello molto superiore alla sua Tyrrell? 

Mentre forse il ragazzo davvero in crisi è Stefan Bellof. 

Stefan inizia il Mondiale F1 dentro un percorso a bivi: da un lato è un vero Campione del Mondo di “Serie A”, dall’altro lato è un quasi ventottenne in un Circus che macina in fretta, e deve “concretizzare” in fretta per non finire ad essere un altro Lammers, Surer, Winkelhock, Rothengatter, Daly (e così’ via). E forse, come spesso gli capita, non sarà mica stato un po’ troppo avventato nel chiudere con una Porsche ufficiale e Campione del Mondo come lui? Certo, Stefan sa di averlo dovuto fare: un Pilota ufficiale Porsche Rothmans non può correre con questo, quello e quell’altro, e così ha pensato bene di tagliare con la Squadra, effettivamente, più di rango che aveva in Carnet. Forse, magari, avrebbe fatto bene dopo il 1984 a ritirarsi dalla F1 per eludere il vincolo triennale di Zio Ken, vincere magari per la seconda volta con la Porsche 962 ufficiale il Gruppo C e rientrare alla grande, stavolta con diritto di scelta di un Top Team

Ma se non ha agito così, forse è per colpa della sua irruenza, della sua anima libera e della sua mancanza di malizia nella vita come in Pista. E forse, dopo il boom di prime volte che ha affrontato da “Top Driver” nel 1983 e nel 1984 ora per lui diventa difficile “Confermare”. E se non conferma rischia di apparire una meteora. Solo chi ha avuto affetto “in diretta” per Stefan può provare ad ipotizzare come fossero agitati i suoi sonni. E magari, in tutto questo, sarà risuonata nella mente del giovane asso tedesco una parafrasi della risposta data da Derek Bell, suo collega di equipaggio in Porsche, alla Stampa: “Stefan Bellof? Un fenomeno, raramente ho conosciuto Piloti così forti da subito. Ma deve essere seguito, deve avere qualcuno che lo aiuta a decidere cosa fare e cosa non fare”.

Esattamente: forse per eccesso di libero arbitrio, il “rookie” più attenzionato al mondo, Stefan Bellof iniziava la sua Stagione nel modo più incredibile: rescinde il contratto  con Rothmans Porsche, il Team ufficiale Campione del Mondo con lui, e rientra nell’Endurance con il Team “Clienti” Porsche Brun; in un colpo solo perde anche l’arma di Stoccarda per bissare il suo Titolo Iridato, perché Porsche ha da tempo concordato con i Team privati la sostituzione della “vecchia” 956 con la nuova 962 un anno dopo l’adozione definitiva nell’ambito degli Ufficiali e questo comporta per Stefan l’obbligo di restare al volante di una 956 “Brun” vecchia almeno di un anno e mezzo. 

Perché questo? Cosa si nasconde dietro una sorta di doppio scivolone? Perché oltre a uscire dall’orbita della Porsche ufficiale Stefan è “costretto” a restare in Tyrrell??

Senza la Porsche Campione del Mondo, e nella Tyrrell che affonda: il dramma di Stefan

Zio Ken non accetta di rescindere pacificamente il contratto triennale per rispettare il quale, tuttavia, Stefan lo obbliga a rifondergli tutti i premi Gara della stagione 1984 e ad aprire il borsello per l’ingaggio dell’anno in partenza. 

Insomma, l’inizio del 1985 è tombale nei rapporti tra il Boscaiolo e Stefan Bellof, al punto che il tedesco diserta il Via alla prima gara sostituito da Johansson. 

Ma la materia del contendere è ben altra rispetto ai soldi, anche se qui si materializza quel contesto che ho anticipato ad inizio racconto: non ci fu mai un rapporto amichevole o davvero pacifico tra Ken Tyrrell e Stefan Bellof, forse perché quella Tyrrell senza un soldo andava stretta ad un giovane asso tedesco che era esploso così in fretta; e nel 1985 il neo Campione del Mondo Gruppo C e il recordman del Ring non ci sta a fare la fine del suo onorevole collega Bell, stracampione sulle vetture chiuse a ruote coperte ma fallimentare in F1 per colpa di Squadre sbagliate. Stefan Bellof pretende un motore Turbo e per questo ha cercato in giro. E nonostante il pregiudizio creato dallo scandalo del piombo e dalla squalifica nel 1984, qualcuno ha cercato Stefan, che però ha dovuto dire qualche no. 

 

La Toleman lasciata da Senna è improvvisamente un veliero senza meta e con le vele strappate: forse a posteriori un Bellof sulla futura Benetton poteva davvero esplodere, ma alla fine del 1984 la proposta di Ted Toleman è fortemente precaria. 

Ma c’è una labile pista con Brabham, che con Ecclestone vede in Bellof un ottimo gregario a Nelson; tuttavia al problema standard per Bernie (i Piloti devono sempre bussare con i piedi alla porta della Brabham ) si somma all’iniziale veto di Porsche ufficiale che vede come il rosso dei tori l’ipotesi che un suo pilota corra con un motore BMW dietro alla schiena. 

Ecco un motivo coerente per rescindere con Stoccarda; sebbene il rifiuto di Ken Tyrrell a chiudere anticipatamente il contratto triennale valido dunque fino al 1986 compreso, la situazione di precarietà è tale che nel pretendere i giusti emolumenti 1984 e 1985 Stefan strappa anche una clausola aggiuntiva nella ridefinizione del contratto: Ken si impegna a fornire ai suoi piloti un motore Turbocompresso per il 1985 contro il diritto di Bellof in caso contrario di lasciare il Team da fine Stagione.

Ecco che, a Febbraio 1985, in una visita alla Factory Tyrrell, Stefan avrebbe preteso di vedere la “nuova monoposto” turbocompressa ma in realtà quello che si trova davanti è una vecchia scocca “012” rimaneggiata per adottare un unico motore Renault che grazie ai buoni uffici di Larrousse è pervenuto alla Officina Tyrrell. 

Un solo motore per una possibile staffetta indefinibile tra due Piloti, e già di per sé questa è una bella inadempienza palese ed anticipata da parte di Zio Ken alla nuova pattuizione che ovviamente prevedeva una disponibilità di almeno una monoposto Turbo per ciascun Pilota. 

Insomma, per Stefan il 1985 inizia con le spine e questo non è davvero il massimo per Lui. 

Stefan è fondamentalmente un puro, un istintivo. Forse accetta in silenzio di aver creato da se’ stesso un piccolo abisso, scegliendo male le prime fondamentali mosse di quel 1985. Ma forse la verità è che Stefan è abituato a conquistare più che a difendere o capitalizzare. La 1000 Km del Nurburgring 1983 ne è la più pura dimostrazione. In F1 con la Tyrrell asfittica fa il suo migliore dovere, dimostrandosi ancora la primissima guida per Ken e combattendo come un guerriero per un quarto posto sulla pista di Detroit in un fine Gara che sa di miracoloso e che dimostra che il tedesco non ha dimenticato di essere un asso del volante. Ma la sua stagione 1985 non è che lontana parente del clamore fatto nel 1984 e questo lo rende insofferente anche perché quando gli arriva l’occasione di guidare la “012 Frankenstein” a motore Turbo Renault come è prevedibile si trova a gestire mille problemi di affidabilità. Eppure il momento più tragico è la morte del connazionale ed amico Manfred Winkelhock, un ottimo talento che i giochi della F1 avevano relegato a comparsa di lusso; Manfred muore in Canada, a Mosport, il 12 Agosto nel corso di una Gara Endurance Gruppo C con una Porsche. Chi lo conosce bene sa che da  quel momento i suoi occhi non sono più colorati di entusiasmo e passione, ed il suo sorriso si fa forzato. 

Persino Ken Tyrrell se ne accorge, quando a metà Agosto deve affrontare la risolutezza angosciata di Stefan che gli annuncia la volontà irrimediabile di farla finita con il Team prima della fine della Stagione 1985. Ken deve sinceramente ammettere che per la prima volta (da quando sono passati da lui Stewart, Cevert, Peterson, Depailler, Scheckter, Alboreto) non ha per le mani nulla che possa essere all’altezza di un suo vero Top Driver. Rassegnato, Ken accetta ma prega il giovane di fermare per un po’ anche l’Endurance. Ken, da uomo e quasi papà dei suoi talenti, sente che dentro quel giovane si è insediato un mostro, un fantasma; sente che Stefan non è sereno. 

Purtroppo ha visto giusto. 

Il 29 Agosto parte da Monaco per raggiungere Spa

La sua auto privata si ammutolisce, stranamente. Pare che telefonando al suo compagno di equipaggio sulla Porsche Brun, cioè Thierry Boutsen, Stefan volesse dire che non se la sentiva di correre quella maledetta Domenica Primo Settembre. Invece Thierry – bonariamente – si offre di raggiungerlo, prenderlo e portarlo a Spa. Dove purtroppo una manovra di sorpasso azzardato, l’ultimo della sua vita, spegne Stefan Bellof contro un guardrail ed uno sperone di cemento contro cui la sua Porsche 956 si accartoccia portando via la più grande promessa del Motorsport tedesco dell’epoca.

Un asso, un asso di cuori. A cui la mia generazione ha voluto e vuole sempre bene.

Riccardo Bellumori

La Fiat Panda di Toyota diventa un Camper

Trasformare un’auto di uso quotidiano in un accogliente rifugio è diventato una sorta di passatempo in Giappone.

Dalle kei car ai furgoni full-size, le case automobilistiche locali e i tuner aftermarket continuano a rispondere con aggiornamenti pensati per il camperismo. L’ultima ad abbracciare questa tendenza è la Toyota Sienta, un minivan compatto che grazie a Modellista ha subito un’intelligente trasformazione.
Lanciata originariamente nel 2022 come concorrente della Honda Freed, la Toyota Sienta di terza generazione è costruita su una versione allungata della piattaforma TNGA-B condivisa con la Yaris. Misura 4.260 mm (167,7 pollici) di lunghezza ed è disponibile con un motore a benzina da 1,5 litri o un sistema ibrido, con trazione anteriore o trazione integrale E-Four.

Lanciata originariamente nel 2022 come concorrente della Honda Freed, la Sienta di terza generazione è costruita su una versione allungata della piattaforma TNGA-B condivisa con la Yaris. Misura 4.260 mm (167,7 pollici) di lunghezza ed è disponibile con un motore a benzina da 1,5 litri o un sistema ibrido, con trazione anteriore o trazione integrale E-Four.

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Il nuovo allestimento Juno di Toyota si basa su queste fondamenta, ripensando la disposizione dell’abitacolo posteriore in un’ottica di versatilità. Al posto della terza fila di sedili, lo spazio è dotato di un vano personalizzabile che può essere adattato a diversi scopi utilizzando una serie di mobili modulari.

IL CAMPER COMPATTO

Gli acquirenti possono scegliere tra cinque moduli singoli oppure optare per uno dei quattro kit a tema: Chill, Refresh, Focus e Comfort. A seconda della scelta, la Sienta può fungere da salotto, spazio per dormire o ufficio mobile compatto.

Il modello è inoltre dotato di sei luci LED montate sul soffitto, tappetini speciali con bordi neri e un emblema Juno sul portellone posteriore. Come per la Sienta standard, gli interni sono rivestiti con un tessuto deodorante, idrorepellente e oleorepellente, disponibile nei colori nero, fromage o kaki.
La Toyota Sienta Juno si basa sull’allestimento Hybrid Z e costa 3.654.200 yen (24.800 dollari) per il modello 2WD o 3.852.200 yen (26.100 dollari) per l’E-Four. Ciò significa che è più costosa di 570.900 yen (3.900 dollari) rispetto alla Sienta Hybrid Z standard con configurazione a cinque posti.

I singoli moduli di arredamento hanno i seguenti prezzi: il modulo basso costa 69.300 yen (470 dollari), la versione più grande 72.600 yen (490 dollari), il modulo cuscino 20.900 yen (140 dollari), il tavolino 31.900 yen (220 dollari) e il tavolo da lavoro 44.000 yen (300 dollari).Per le configurazioni complete, il pacchetto Chill costa 165.000 yen (1.100 dollari), Refresh 220.000 yen (1.500 dollari), Focus 231.000 yen (1.600 dollari) e Comfort è in cima alla lista con 330.000 yen (2.200 dollari).

Oltre alla versione Juno, l’azienda ha annunciato alcuni aggiornamenti per il modello Sienta, incentrati sui dispositivi di sicurezza. Tutte le versioni sono ora dotate di serie di freno di stazionamento elettrico, funzione di blocco del freno, climatizzatore automatico, cruise control adattivo, sistema di risposta alle emergenze del conducente e assistenza alla sterzata. Inoltre, tutti gli allestimenti, tranne quello base X, sono dotati di registratore di guida.

Non sono state apportate modifiche allo stile esterno o interno al di fuori degli elementi specifici della versione Juno. La gamma aggiornata della Sienta ha un prezzo che va da 2.077.900 a 3.322.000 yen (da 14.100 a 22.500 dollari) in Giappone, a seconda dell’allestimento e della motorizzazione scelti.

Lexus si prepara alla alla nuova LFA

Lexus sta intraprendendo un percorso più flessibile per la seconda metà del decennio, basandosi sulla sua consolidata gamma di modelli ibridi e avanzando costantemente verso la completa elettrificazione. L’azienda ha fatto marcia indietro rispetto al suo precedente piano di passare esclusivamente ai veicoli elettrici entro il 2035, ma diversi modelli alimentati a batteria sono ancora in fase di sviluppo, tra cui un’auto sportiva, una berlina e un SUV a tre file.

Questo approccio offre a Lexus una maggiore flessibilità per soddisfare le diverse esigenze dei clienti e le condizioni di mercato, pur continuando a perseguire i suoi obiettivi di elettrificazione a lungo termine. Diamo uno sguardo più da vicino ai modelli in arrivo, dalle coupé orientate alle prestazioni ai SUV adatti alle famiglie, e vediamo come ciascuno di essi si inserisce nella strategia in evoluzione del marchio.

Uno dei modelli in arrivo sembra ispirarsi fortemente alla Lexus Electrified Sport Concept 2021, concepita come un modo per portare lo spirito della supercar LFA con motore V10 nell’era delle emissioni zero. Secondo Auto News, la coupé, ancora senza nome, potrebbe arrivare alla fine del 2026, in coincidenza con il previsto ritiro della LC 500 con motore V8.

Si dice che il presidente di Toyota, Akio Toyoda, sia direttamente coinvolto nello sviluppo della coupé sportiva elettrica, con l’obiettivo di garantire che offra un’esperienza di guida autentica anche senza un motore a combustione. Il concept era dotato di batterie allo stato solido in grado di garantire un’autonomia di 700 km e motori elettrici in grado di lanciarla da 0 a 100 km/h in poco meno di due secondi. Resta da vedere se la versione di produzione sarà all’altezza di queste cifre.

All’inizio di quest’anno, i media giapponesi hanno riportato che Lexus potrebbe essere al lavoro su un’auto sportiva ibrida che potrebbe essere gemellata con la Toyota GR Supra di nuova generazione, anche se l’assenza di conferme ufficiali mantiene vive le speculazioni.

Sebbene Lexus abbia notevolmente ridimensionato i precedenti piani di diventare un marchio esclusivamente elettrico entro il 2035, ciò non influisce sullo sviluppo dei futuri veicoli elettrici. La differenza è che modelli come la berlina ES offriranno sia opzioni ibride che elettriche, coprendo una fascia più ampia del mercato.

A proposito, la nuova generazione della Lexus ES, presentata all’inizio di quest’anno in Cina e in Europa, dovrebbe arrivare nei concessionari statunitensi nella seconda metà del 2026.

La berlina IS più piccola abbandonerà il propulsore V8 (IS 500) il prossimo anno, anche se le versioni ibride dovrebbero rimanere disponibili in Nord America ancora per un po’. La maggior parte della gamma IS terminerà la produzione in Giappone nel novembre 2025 e, dato che il modello attuale ha già 12 anni, alcune indiscrezioni suggeriscono che una nuova generazione di IS potrebbe debuttare nel 2026 con opzioni di propulsione sia ibrida che elettrica. Al contrario, le coupé RC e RC F saranno probabilmente tolte dal mercato senza essere sostituite.

Non si sa ancora cosa riserva il futuro alla berlina ammiraglia Lexus LS, che ha debuttato nel 2017 e ha ricevuto un aggiornamento di metà ciclo nel 2020.

LA GAMMA LEXUS

Sul fronte dei SUV, Lexus sta lavorando a importanti aggiornamenti. Innanzitutto, secondo quanto riferito, la più piccola UX sarà “ripensata” per il 2026, abbandonando l’opzione completamente elettrica che è stata confermata fuori produzione a novembre 2025.
Concept SUV elettrico Lexus 2021
Salendo di livello, l’NX e l’RX dovrebbero ricevere aggiornamenti a metà ciclo di vita nel 2028, insieme ai robusti modelli GX e LX. Ancora più importante, secondo quanto riferito, Lexus sta lavorando a un SUV a tre file completamente elettrico che, secondo alcune indiscrezioni, dovrebbe debuttare nel 2027.

La versione di produzione del concept SUV elettrico Lexus 2021 potrebbe rappresentare un’alternativa a emissioni zero al TX di dimensioni simili, anch’esso in procinto di essere rinnovato nel 2027.

Infine, ma non meno importante, la Lexus RZ, attualmente l’unica vettura elettrica nella gamma nordamericana della casa automobilistica, ha recentemente ricevuto un aggiornamento di metà ciclo di vita in Europa.

Si prevede che arriverà nei concessionari statunitensi entro la fine dell’anno, con cambi di marcia simulati e un sistema steer-by-wire, mentre una versione F-Sport più potente è prevista per il 2026.

Pro e Contro della Tesla Model 3 RWD dopo una settimana di test

In questo video, esploriamo la Tesla Model 3 RWD dopo una settimana di test drive.

Analizziamo i pro e i contro di questa auto elettrica, concentrandoci sulla sua performance come auto elettrica e le sue caratteristiche uniche come la tesla autopilot.
Scopriamo insieme la Tesla Model 3 RWD!

Nuova BMW X5 2025: Rendering e Anteprima

La BMW X5 di quarta generazione è considerata uno dei crossover più belli della classe executive, ma sta iniziando a mostrare i segni del tempo. Il modello ha recentemente spento sette candeline sulla sua torta di compleanno e la casa automobilistica di Monaco sta attualmente preparando il suo successore, che sarà un cambiamento radicale in termini di design.

Ormai tutti sanno che la nuovissima BMW X5 seguirà la strada della Neue Klasse. Il nuovo linguaggio stilistico del marchio sarà adottato anche da altre future BMW, che seguiranno tutte le orme della Neue Klasse X Concept. Ciò significa che sarà caratterizzata da una griglia reniforme reinterpretata con un look retro-futuristico, nuovi fari con un disegno diverso e un paraurti con prese d’aria e prese d’aria aggressive.
Il cofano ha un design quasi a conchiglia e il profilo non sembra essere molto diverso da quello della BMW X5 uscente. La nuova generazione dovrebbe avere una serie di fanali posteriori sottili e allungati che ricordano un po’ l’attuale X6. La parte centrale del portellone è piuttosto verticale e il paraurti posteriore è piuttosto aggressivo, con ben quattro terminali di scarico sull’ultimo prototipo, una caratteristica che è stata adottata anche da @avarvarii nella sua BMW X5 2027 realizzata in rendering.

RIVOLUZIONE PER BMW

L’artista ha pubblicato sui social media all’inizio di questa settimana due illustrazioni digitali del modello in arrivo. Una mostra la parte anteriore dell’auto, mentre l’altra mette in risalto la parte posteriore e, da quanto possiamo vedere, queste immagini generate al computer sono piuttosto realistiche.

La verniciatura rossa con qualche tocco di nero qua e là, le pinze dei freni rosse, i cerchi in lega bicolore che mescolano il nero e il grigio e altri dettagli si adattano perfettamente al design. E, per quel che vale, questo veicolo assomiglia molto alla futura BMW X5 M.
Se così fosse, utilizzerebbe lo stesso motore elettrificato V8 biturbo da 4,4 litri dell’ultima BMW M5. Ciò significa godere di oltre 700 cavalli di potenza combinata.

Tuttavia, se fosse simile alla sua sorella ribassata, ci si potrebbe aspettare che la nuovissima BMW X5 M sia di qualche decimo di secondo più lenta della sua predecessora a causa del peso aggiuntivo. L’attuale X5 M accelera da 0 a 100 km/h in 3,6 secondi e raggiunge una velocità massima di 285 km/h con il pacchetto M Driver’s Pack installato. Il motore V8 biturbo da 4,4 litri sviluppa 617 cavalli (625 ps/460 kW) e 553 libbre-piedi (750 Nm) di coppia.

BMW dovrebbe svelare la nuovissima X5 nel corso del 2026, probabilmente per l’anno modello 2027, mentre la X5 M dovrebbe seguire nel 2027.