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Pacchetto Auto UE: Piattaforma strategica o avvio di controriforma?

Per i “Testimoni di GeoWATT” più fervidi è un tradimento che cancella per sempre il sogno di proiettare sulle strade europee il paradigma delle “Zero Emissioni”. Quel 10% di riserva endotermica di fatto chiude per sempre questo paradigma ed anzi, al contrario, sottintende una resa della politica agli interessi delle Lobby del Petrolio. Vedrete, dicono i GeoWATTIANI, che quei voltagabbana e burattini manovrati da Trump finiranno per affossare il luminoso ed inesorabile destino dell’auto 100% elettrica. E ci ritroveremo ancora dentro puzzolenti scatolette a combustione.

L’inquinamento – dicono – entrerà nel nostro corpo, avvelenerà il nostro sangue, sterilizzerà le nostre povee palline e noi super-ambientalisti non potremo dare vita a nuovi esaltati anti – endotermici in fasce.

Per gli “EndotermoEvangelici” è al contrario uno schiaffo in faccia al motore classico, una beffa ben orchestrata che sembra voler dire ai Dinosauri di ANFIA ed altre Organizzazioni di Settore: ”Volevate tenere in vita il motore termico? Si, ma a pane ed acqua. 

Ora state zitti e fate vedere di cosa siete capaci, per abbattere comunque del 90% le emissioni dal 2035”.

Per gli Euroscettici è invece un “Papocchio” fatto apposta per coprire l’insulsaggine evangelica di dilettanti allo sbaraglio guidati da una delle peggiori Commissioni europee della storia di Maastricht: un modo per scaricare sul mondo industriale le tematiche impellenti dell’ecologia in movimento ed attendere che, come sempre, sia l’Industria privata a sciogliere i nodi che la politica incompetente ha a mano a mano allacciato alla gola della produttività continentale. 

Con questo “Pacchetto Papocchio” Bruxelles si è lavata la coscienza e le mani, secondo questi Euroscettici, e per chiudere la bocca a tutti ha diviso salomonicamente il mondo in due caste: quella dei Sacerdoti BEV, comunque privilegiati dentro al Tempio, che godono dell’obbiettivo di decarbonizzazione al 90% e di un futuro comunque maggioritario; e quella dei Farisei endotermici che, con un misero tozzo di pane del 10% di deroga alle Zero emissioni totali, dovranno tirare a campare negli anni a venire.

Per molti è invece una prima tappa di un percorso ad ostacoli : da un lato il “Pacchetto Automotive” serve per estinguere la faida in corso da tre anni tra Commissione Europea e Costruttori perché quel 10% riconosciuto alla sopravvivenza degli endotermici si aggiunge al proseguimento del ricorso ai Carbon Credits (tema di cui non si parla più ma perfettamente ancora in vigore) ed alla diluizione in tre anni delle Multe CAFE che, per effetto delle decisioni appena prese nel “Pacchetto” dovranno a loro volta essere rimodulate per effetto dei nuovi Target definiti dal 2035; ma dall’altro lato secondo questa schiera di analisti questo stesso “Pacchetto” non è che il primo atto di un tavolo infinito che dal prossimo anno prevede lo step di revisione per la valutazione di impatto dei carburanti alternativi (2026), la stabilizzazione dello step antiemissione Euro 7, la nuova BER (2028) che definirà le nuove regole per l’aftermarket e l’aftesales europeo anche in chiave BEV ed Hybrid; e su questo tavolo via via si affacceranno nuovi Fascicoli e Dossier (trasformazione del Parco auto usato circolante, sviluppo dell’Idrogeno, supporto alla decarbonizzazione di tutta la filiera industriale legata all’Automotive, rigenerazione e riciclo) che di volta in volta aggiungeranno qualcosa alla “Contabilità ecologica” che riguarda l’Auto. Ecco, il sottoscritto appartiene a questa ultima schiera di opinionisti.

16 Dicembre 2025, il Ground Zero” della elettrificazione riparte da “90”

Dopo le decisioni, del tutto temporanee e destinate a nuovi Stepsdi verifica ed aggiustamenti, attuate il 16 Dicembre con il famoso “Pacchetto Automotive” è vero sicuramente solo un fatto: il dogma del “solo elettrico” dal 2035 va definitivamente in soffitta e “salva” la coabitazione con l’endotermico. 

E’ di fatto quel 10% di “deroga” o di spiraglio a muovere tutto il dibattito più interessante che ne segue. E ci mancherebbe che noi di Autoprove.it ci potessimo esimere dal fare un po’ di polverone: anche perché, proverò a descrivere sulla base della mia personale valutazione, questo “Pacchetto” in realtà è abbastanza farlocco per non ammettere revisioni serie, in termini di maggiore respiro di questa iniziale “deroga” del 10%, nei prossimi anni. Vi spiego perché elencando dove – ad una prima analisi – il pacchetto “toppa” forse volontariamente ed in maniera pretestuosa.

Ma vorrei fare di più: in previsione di una “frana” che cadrà inesorabile nel comparto auto europeo, perché la serie di nefandezze svolte da almeno un quarto di secolo non può essere sanata per decreto, vorrei – spero senza suscitare imbarazzi o discordia – recensire il mio ragionamento sul pacchetto Automotive con la metafora della diga e sulla falsariga di un evento tragico – spesso chiuso nel cassetto della dimenticanza – che collega dighe, frane e scempiaggine umana: il Vajont.

Da Ixelles (Belgio) dove è nata quella che per me è la più bella, affascinante ed elegante donna politica europea del momento (ma che tuttavia ritengo inadatta al ruolo di Presidente dell’Unione Europea) a Longarone passano 1250 chilometri. Un abisso di strada, e soprattutto un abisso temporale in cui la piccola Ursula aveva cinque anni quando l’acqua della diga cancellò tre paesi dalla faccia della terra.

Eppure le analogie ed i simboli sono tragicamente coincidenti.

La Diga “Carbon Zero” ed il rischio frana dell’Automotive europeo

Dunque, ricapitoliamo: nell’Autunno del 2022 Tavares e De Meo guidano il dissenso dei Costruttori contro la “diga” edificata in tutta fretta dalla Commissione di Bruxelles. Un atto temerario che si sviluppa con un “muro” di cinta (Fit for 55) che dalla data del 2035 è destinato a bloccare per sempre in Europa la produzione di auto a motore endotermico; a questa “Diga” si somma il maggior “invaso” che prevede, assurdamente, l’intromissione di Euro 7: cioè una manovra costosissima di aggiornamento dei limiti di emissione allargata a componenti e pneumatici; una ulteriore mazzata impossibile da ammortizzare se poi, appena un decennio dopo, quei motori endotermici aggiornati ad Euro 7 devono essere tolti di mezzo.

Ed ecco la prima “minifrana”, cioè lo smottamento iniziale che deriva nella perdita di valore patrimoniale ed azionario dei Costruttori europei, ma non solo: inizia la crisi più drammatica del settore aftersales – una perla dell’Industria europea – con un crollo di valore dei Brand storici e l’inizio di uno shopping estero e di una valanga di dismissioni e ristrutturazioni aziendali che indeboliscono tutto il settore industriale continentale.

E’ pur vero che la politica di Bruxelles è da tempo più supina rispetto alle esigenze ed alle emergenze delle Utilities, vere centrali di diffusione di cariche dirigenziali e di collegamenti finanziari per il mondo politico che, di conseguenza, decide e legifera oggi con quell’occhio di riguardo per le Imprese dell’energia che un tempo si era soliti riservare invece ai Costruttori di Automobili; e dunque sono persino pronto ad accettare che dopo il Lockdown e soprattutto dopo l’inizio della Guerra russo ucraina le istituzioni di Bruxelles abbiano avviato programmi politici attenti più al comparto delle Utilities (Gigafactory, mappatura delle colonnine di ricarica, programmi di nuova economia mineraria, nuovo slancio alle rinnovabili) che non a quello dell’Automotive.

2025, 2026, 2028, 2035. E le scadenze non sono finite

Ma la situazione si complica con le scadenze nuove che si “ammassano” tutte all’orizzonte: Step di revisione chiesto dai Costruttori tedeschi al 2026 e New BER al 2028. Senza contare la precarizzazione della situazione politica che si crea con le elezioni di Giugno 2024 che danno un ceffone non indifferente alla vecchia composizione parlamentare e commissariale.

Nel frattempo però la frana non ha ridotto la sua pericolosità. Si è semplicemente deciso di smetterla temporaneamente con l’altalena letale che alza ed abbassa il livello di discriminazione sull’endotermico come fosse una soglia idrica che preme contro lamassa instabile della montagna.

Arriva però una condizione “ambientale” che influenza la mano che a Bruxelles gestisce le Chiuse metaforiche di questa Diga: la guerra russo ucraina scoppia in mano ai sostenitori ucraini presso la UE, Putin si incacchia e alla Casa Bianca statunitense arriva Donald Trump: cinque mandati presidenziali Democratici nei quali lungo trent’anni Clinton, Obama e Biden hanno tirato la volata alle auto elettriche finiscono dispersi nel mare. Trump per la prima volta da quella deriva ecologista non usa metafore e dichiara apertamente guerra all’ambientalismo che vuole abbattere il motore classico

I riverberi arrivano ovviamente anche sulla povera Ursula che, a questo punto, si trova di fronte alla vessazione politico-strategica di Washington sulle nuove politiche doganali e sul fronte di un contrasto commerciale fortissimo contro la Cina: le auto elettriche suscettibili di aiuto di Stato da Pechino devono essere soggette a super Dazio. 

A peggiorare la situazione dell’auto elettrica in Europa ed i rapporti con la Cina arriva anche il rally di crescita dei costi delle terre rare ed i contingentamenti decisi da Pechino: Litio, Cobalto ed altri metalli diventano più cari del diamante e dell’oro puro; e se diventa improponibile ordinare in Europa materie prime proibitive per le – poche- auto, figuriamoci per costruire le GigaFactory che Ursula vagheggiava da metà del 2022 e che sono tuttora rimaste lettera morta. 

Per la prima volta concretamente la Presidente Von der Late abbassa il livello del muro contro l’endotermico: frenare l’avanzata commerciale cinese con le BEV significa di fatto ridurre le vendite del settore poiché gli europei nel frattempo non hanno una gamma capace di soddisfare una domanda di massa, e nel frattempo la riduzione della offerta potenziale dall’Asia non può che tagliare i volumi di immatricolato annuo. 

A ridurre il muro di acqua pronta a spegnere l’endotermico nella metaforica Diga di “Fit for 55” ci pensa anche il dispositivo con cui la UE spalma lungo un triennio la constatazione e sanzione delle famigerate multe CAFE, mentre a risollevarlo di colpo arriva la previsione di una proposta per la quale Bruxelles imporrebbe quote obbligate di presenza di BEV nelle Flotte Aziendali (un mercato che copre il 60% delle immatricolazioni del Continente) a partire dal 2030. 

La massa franosa instabile dell’Aftermarket e della componentistica continua a crollare e lo shopping estero di eccellenze europee del postvendita e della componentistica continua, instancabile. Nel frattempo parte la contromossa dei Suppliers continentali che tornano ad esodare verso Asia, Sudamerica ed Africa.

E siamo ai tempi moderni: a chiedere alla Commissione europea di abbassare la diga d’acqua contro gli endotermici è la Germania che, oltreche’ smentire e sputtanare se’ stessa con un dietro front clamoroso sulla conversione elettrica (sulla quale Frau AnghelonaMerkel aveva disegnato dal 2010 la nuova inesorabile frontiera avanguardista dei tedeschi sulle nuove tecnologie) si trova da almeno tre anni sul quel costone della montagna come nazione “franosa” ed in recessione economica grave.  

Ma solo un attimo prima, come abbiamo trattato in un resoconto a puntate, alla fine di Luglio la stessa Commissione Europea aveva pubblicato un curioso “Sondaggio Pubblico” (on line fino al 10 Ottobre prossimo) di cui trovate un resoconto di sintesi cliccando su questo Link : una strana iniziativa – intitolata “Revision of the CO2 emission standard for Cars and Vans”- in cui, paradossalmente, Bruxelles chiedeva alla popolazione di esprimere un giudizio molto postumo sul programma avviato da anni sulla convergenza elettrica per la mobilità dalle istituzioni europee. Certo, i maligni potrebbero anche insinuare che la nuova “timidezza” della Commissione sulla conversione elettrica totalitaria abbia una causa indiretta discriminante nella improvvisa frana socioeconomica della Germania. Una conseguenza, certo, delle politiche estere spudorate e scorrette verso Cina e Russia (a volte a discapito degli altri Partner europei) che la Germania ha tenuto impunita dall’inizio della crisi dei Debiti sovrani, ma anche l’attestato della storica idiozia teutonica nello scommettere a lungo termine, sbagliando regolarmente la puntata sul cavallo vincente.

Cina ed Ucraina sono la palude nella quale Berlino si è infilata volontariamente con tutti e due i piedi, e i tedeschi devono ringraziare NATO ed Unione Europea se non si ritrovano, per la terza volta in un secolo, da soli ed isolati a pagare lo scotto delle loro strategie politiche farlocche.

 

La Germania, evangelica del tutto elettrico, diventa la “spalla” dell’Italia per l’Endotermico

Oggi la Germania è lo sparring partner un poco rintronato degli alleati europei (Italia, Polonia, Ungheria) che per primi hanno raccomandato a Bruxelles una moderazione dell’atteggiamento talebano contro l’endotermico; in pratica tutta la supercazzolasull’eco-mobilità che i tedeschi – per primi – hanno abbracciato per fare la figura dei primi della classe (ricordate il miliardino di Euri che Frau Anghelona ha preannunciato nel 2010 per realizzare le infrastrutture necessarie alla mobilità a Emissioni Zero?); e, con tale supercazzola, tutta la guerra contro l’endotermico che ne è derivata ha avuto una chiara matrice teutonica: avete mica anche Voi, per caso, copia delle riviste che circa quindici anni fa prevedevano il lancio da parte dei Premium brand tedeschi di decine e decine di modelli BEV ed Ibridi? 

Un vero e proprio sfoggio di potenza nibelunga sul territorio europeo, una dichiarazione di supremazia tecnologica che aveva un solo scopo: aprire all’industria tedesca le porte della Grande Muraglia presentando i propri Brand come interlocutori ideali nella conversione elettrica della Cina sulla via della mobilità di massa. Per un po’ le cose andarono bene: il falco Schauble, tra l’altro, approfittò – scorrettamente – della cagnara avviata sulla strada della maxi austerithy per rinforzare la posizione commerciale delle industrie tedesche in Cina camminando sopra le teste delle economie europee confinanti. La Germania del quasi Default nel 2003, è ormai noto, dieci anni fa ha accentuato le possibili conseguenze negative di un allentamento del rigore europeo sui bilanci per poter dialogare da sola con il gigante cinese

Di quel comportamento antieuropeo e fedifrago il Governo Merkel non ha mai pagato pegno di fronte a Bruxelles, approfittando del “bonus” secolare che tutti gli altri paesi europei sentivano di dovere simbolicamente alla Germania di Weimar ed in parte a quella uscita da Norimberga; ma approfittando anche del servilismo surrettizio dei Media europei.

Ma gli Stati Uniti se ne sono bellamente fregati dei simbolici Bonus ed hanno castigato la Germania dell’ Automotive con il Dieselgate anche se questo, alla fine dei conti, è stato una macchia etica ma anche una salvaguardia commerciale soprattutto per i Costruttori tedeschi (e ne abbiamo già discusso).

Vero, ad esempio dal lato dell’Automotive, che buona parte della operatività di tanti supplier italiani e spagnoli venne assorbita tra il 2011 e la vigilia del Lockdown dall’industria tedesca (che diventò in pochi anni leader europea nell’export verso la Cina e soprattutto il Paese occidentale con il maggior numero di Joint Ventures e sinergie industriali attive nel Paese del Dragone); ma è anche vero che dalla crisi del Dieselgate l’avvitamento progressivo della manifattura automobilistica tedesca ha stretto ai fianchi anche la subfornitura europea; e che questa situazione è stata peggiorata dal cambio di paradigma che da quattro anni a questa parte la Cina ha ristabilito con la Germania. Il risultato è tangibile: i numeri dell’export tedesco in Cina sono crollati, le Joint si sono decimate, i numeri di vendita dei Brand tedeschi in Cina è a livelli minimi che non si vedevano probabilmente da quasi venti anni. Ecco un altro fattore esterno che ha cominciato a pesare sulla slavina pronta a creare l’onda distruttiva sulla diga di “Carbon Zero”, la Diga voluta da Bruxelles. 

E siamo arrivati alla metà di questo strano 2025: dieci anni dopo il Dieselgate, alla vigilia di una decisione fondamentale anche in Cina: interrompere gli aiuti di Stato diretti alla produzione di NEV ed in particolare di Full Electric. Improvvisamente è la Cina che abbassa con la sua mano esterna il livello di guardia della famosa Diga, ma il risultato non è di maggior tenuta della potenziale frana. La abolizione degli aiuti di Stato dal 2026 per le auto elettriche cinesi obbliga la Commissione a revocare il Superdazio: senza aiuti di Stato il provvedimento sarebbe illegittimo. 

Le premesse ad un “Pacchetto” dei Pacchetti sull’Automotive da qui al 2035

Revocare il Superdazio, con riguardo soprattutto a vetture di taglio “Entry Level” (che cioè raggiungono in Cina il prezzo parametrabile a 6.000,00/9.500,00 Euro, e sono davvero tante) comporta tuttavia un doppio problema: da una parte aprire le porte all’import (anche parallelo) di K-Car asiatiche full electric a prezzi comunque nettamente inferiori a quello delle concorrenti europee; e dall’altro bloccare sul nascere gli elementi di vantaggio competitivo per i quali era stato logico per molti Costruttori avviare, dalla metà dello scorso anno, una serie di contatti programmatici sulla reale eventualità di impiantare in Europa linee di montaggio di BEV cinesi su licenza, o in partnership, con Costruttori della Grande Muraglia. Tale ipotesi strategica avrebbe ottenuto un obbiettivo “Win-Win” tra committente e licenziatario: da un lato avrebbe aggirato, per il Costruttore cinese originario, il vincolo dei superdazi; dall’altro avrebbe permesso al Costruttore licenziatario in Europa di sommare la contabilità di emissioni di quella produzione full electric al totale di Gamma prodotto evitando così le potenziali “sforature” e le multe CAFE. 

 

Insomma, ecco che quel livello metaforico della Diga di “Carbon Zero” era tornata in stallo, e soprattutto sempre più lontano dalla manovrabilità di Bruxelles che, mano a mano, cominciava ad essere sempre più ostaggio di eventi esterni. Siamo ancora in Estate quando Ursula, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, lancia l’ipotesi di una “K-Car” elettrica ed unitaria per il Continente europeo e contemporaneamente apre la porta ai Biocarburanti nell’azione di decarbonizzazione delle emissioni: l’acqua della Diga risale e supera così il livello di stallo, ma allo stesso tempo la frana dell’Aftersales e della Supply Chain europea torna a smottare pericolosamente (e lo fa con dossier espliciti dell’EPA che indica il 2024 come un altro anno terribile per il comparto) ma la nuova visione dei biofuel in chiave di supporto al mantenimento dell’Endotermico fa da parziale “freno” ancora una volta.

A questo punto occorreva, a partire dall’Autunno, una decisione capace di fare da nuova piattaforma rispetto a “Fit for 55”, per effetto della quale lo scenario papabile della nuova mobilità post 2035 poteva sembrare – dalla fine dell’Estate di quest’anno – più una sciarada buona per appassionati della “Settimana Enigmistica” che non un manifesto programmatico: un Puzzle che metteva insieme ancora lo stop decretato per gli endotermici con la possibile ammissione dei Biocarburanti, il nuovo piano di superdazi con il calo di immatricolato nel comparto BEV, ed altri saliscendi simili. 

E la “Diga”? nel frattempo la “Carbon Zero Diga” era passata di mano dal comando di Bruxelles a quello di Washington. Le bordate continuate di Trump contro i benefici fiscali sulle elettriche e le critiche all’ecologismo evangelico hanno avuto una forte eco in tutto il mondo. 

 

In mezzo a tutto questo Cronoprogramma in gran parte “subìto” piuttosto che orchestrato dall’Unione Europea si sollevavano tuttavia voci e preannunci che da mesi hanno cominciato da un lato a far scendere il livello di acqua “elettrofila” e dall’altra hanno tentato un “puntellamento” della precaria situazione dell’Aftersales europeo: il ritorno nelle programmazioni industriali del Diesel, spinto dal favore nato intorno al mondo del Gasolio “Bio”.

 

Di fronte a tutto questo, posso solo immaginare che nelle stanze di Bruxelles il “Pacchetto” abbia cominciato a fare girotondi infiniti per cercare di corrispondere in qualche modo ai sempre più variabili ed eterodiretti scenari di mobilità globale

Era dunque chiaro, alla base di un qualunque nuovo pacchetto, che ribadire “Carbon Zero” e la fine dell’endotermico tra dieci anni sarebbe stata una picconata autoinferta sugli attributi dell’Industria europea ed un chiaro avviso di sfratto della attuale Commissione per manifesta inadeguatezza ad operare in tema. 

Dunque, fino ad un attimo prima del varo del “Pacchetto” gli Opinionisti si sono concentrati su un primo quesito: a quanto sarebbe ammontata la soglia percentuale di “deroga” a Carbon ZERO? 

Partiamo, secondo quelle che sono le mie umili riflessioni, da questo valore. Quanto pesa sul futuro destino dell’endotermico europeo la “franchigia” del 10%? Pesa perché consentirebbe ad oggi la presenza in Gamma dei Costruttori di piccole motorizzazioni adibite a Range Extender. Tuttavia è da attendere, perché non può essere altrimenti, una necessaria clausola in deroga per i Costruttori sportivi e per le piccole serie di Supercarche ormai nella stessa Commissione cominciano a ritagliarsi un profilo speciale. E dunque già in parecchi si attendono, nel prossimo futuro, un ennesimo ritocco del “Pacchetto” attuale sia per questo aspetto sia perché nelle valutazioni deve ancora rientrare quello Step di revisione che si inaugura il prossimo anno e che vedrà l’inizio delle sperimentazioni con E-fuel e Biofuel.

Eppure, Vi sembrerà assurdo, io plaudo alla avventatezza della Commissione di rischiare una nuova ristrutturazione del Pacchetto attuale nel breve futuro anziché azzardare una “franchigia” emissiva maggiore del 10%. 

Che, detto in tutta franchezza, per me è plausibile e realizzabile nella soglia del 30/70 (cioè 30% di emissioni totali consentite e 70% di abbattimento di CO2); ma non è in questione quel che penso io. 

Pacchetto “Fase UNO”: liberare l’endotermico senza togliere slancio alla Finanza “Green”

Ad oggi concedere al mondo endotermico una soglia di sopravvivenza maggiore avrebbe sortito da domani almeno tre effetti pregiudizievoli a carico dell’Europa: avrebbe accelerato, anziché aiutato a combattere, l’invasione di Ibride e Dual Fuelasiatiche di importazione; avrebbe costretto a riformulare tutta la struttura delle Multe CAFE; ed infine avrebbe giocato a sfavore della cosiddetta “Finanza Green” che già da sola sta vivendo un momento di flessione rispetto agli anni d’oro di poco tempo fa.

Dunque a mio avviso – tornando all’esempio del Vajont – un Pacchetto con soglie di emissione ammessa superiori al 10% fin da subito avrebbe abbassato il famoso svaso della Diga “Carbon Zero” ma la frana dell’Aftersales europeo sarebbe derivata dall’ingresso di massa di endotermici cinesi.

 

Subito dopo l’annuncio devo però ammettere che la definizione di una soglia del 10% di emissione ancora contemplata nella “manovrina Automotive” non è il più importante degli elementi a dibattito; ma è in realtà tutto il corollario di dubbi ed aspettative che questo “mostriciattolo” del 16 Dicembre porta in dote su temi che, di fronte a questo Pacchetto, vedono il loro percorso di vigenza decisamente frastagliato da scalini ed inceppi. 

Per intanto, i famigerati Carbon Credits: recenti revisioni normative a Bruxelles ne hanno reso l’acquisto decisamente poco vantaggioso, eppure il “Pacchetto Automotive” sembra far rientrare dalla finestra un sistema di compensazione che in molti ritenevano elegantemente accompagnato alla porta dei nuovi target climatici. 

 

Eppure il Comitato scientifico indipendente (ERC) ha espresso un giudizio allarmato sulla interazione dei Carbon Credits nel raggiungimento degli obbiettivi di decarbonizzazione, in quanto la compravendita dei crediti “distoglie” fatalmente flussi di cassa e risorse finanziarie che le Imprese potrebbero investire in piani strutturali di ricondizionamento dei processi produttivi.

Chi vuole giocare con malizia tuttavia potrebbe collegare tra loro due informazioni apparentemente non in relazione: nel primo semestre del 2025 il livello di emissione di GSS (Green, Social, Sustainability) Bonds è calato rispetto al precedente semestre 2024 e il trend suscita di certo un allarme, peggiorato se possibile dalla “concessione” al 10% di emissioni consentite dal Pacchetto Auto che per alcuni investitori potrebbe implicare un passo indietro rispetto agli obbiettivi iniziali.

Eppure nel richiamo a Carbon Credits ed al supporto dei Biocarburanti si potrebbe capziosamente nascondere una sorta di piccolo “gioco di ruolo”: i Green Bond sui biocarburanti sono obbligazioni destinate a raccogliere liquidità sul mercato per produrre biocarburanti, il cui rendimento è legato ad obbiettivi di sostenibilità e target ambientali. 

Di conseguenza il volume di biocarburante sostitutivo dei propellenti fossili realizza una discreta disponibilità di Carbon Credits che, in forma di asset legati al progetto di produzione alternativa, possono generare massa intermediabile sul mercato dei crediti. 

Il Dubbio: meglio produrre BEV su Licenza o importare direttamente?

C’è un punto poco chiaro, nel pacchetto Auto, legato al ruolo ed al profilo della Gamma “BEV” di supporto alla produzione autoctona di Carbon Credits da parte dei Costruttori: meglioinvestire risorse proprie per costruire una Gamma BEV autoctona in grado di consentire al Costruttore, insieme alla riduzione della linea produttiva degli endotermici, di sommare al totale di emissioni “Endo” anche l’effetto decrementale di linee diproduzione di BEV Entry Level che permetta agli stessi Costruttori di mantenere target di riduzione della CO2 strutturali ? 

Oppure meglio avviare un accordo su Licenza e produrre in Europa Car Lines di BEV riducendo la mole degli investimenti iniziali ma pagando Royalties per una gamma comunque necessaria al conseguimento degli obbiettivi di CO2 in ottica CAFE? 

Ovvero, in ultima analisi, per effetto della probabile decadenza dei superdazi verso le BEV cinesi, sarà più conveniente importare direttamente lotti di auto prodotte in Cina e vendute a prezzi di promozione per effetto della iperproduzione in casa? Dopo la fine annunciata da Pechino di aiuti di Stato alla produzione dal prossimo anno, perde legittimità anche il sistema dei superdazi di Bruxelles e dunque perde i suoi vantaggi anche l’idea di impiantare nuovi Stabilimenti su Licenza qui in Europa, perché anche in caso di plausibili Joint Ventures a tema sarà più conveniente far arrivare a prezzi politici dalla Cina tutta l’Iperproduzione di BEV che da là proviene.

 

Ed allora? Ecco che per magia da quel 10% di franchigia dentro al Pacchetto discende un teorema del tutto nuovo e che, forse maliziosamente, mi pare di aver letto: la Commissione Europea che ammette ed anzi incoraggia l’avviamento di linee produttive di “K-Car” all’europea senza però approfondire quel concetto di contributo comunitario espresso dalla Von der Layen nel Discorso sullo Stato dell’Unione. 

Come a dire: ”Intanto, cari Costruttori, sappiate che da un momento in poi i Carbon Credits Ve li dovete fabbricare in casa e non comprare; se poi l’Unione deciderà di finanziarVi le linee di montaggio, questo si vedrà a suo tempo”. 

Ulteriore indizio che mi porta a pensare che questo Pacchetto sia “Pacchetto Atto Primo” a cui ne seguiranno a breve altri.

 

C’è poi da capire perché nel “Pacchetto” entrino marginalmente aspetti che sono determinanti per il processo di riduzione del “Footprint” di settore: l’uso di materiali ecocompatibili, il processo di riciclo a fine vita, la rigenerazione e l’accesso ad energie rinnovabili sembrano quasi accessori nel contesto; eppure al contrario sono, insieme alla riduzione della CO2 emessa dalle attività distributive e di Logistica, uno dei temi chiave della futura decarbonizzazione. Detenere ad esempio una flotta di mezzi logistici (terrestri, aerei o navali) a basse emissioni dovrà per forza diventare elemento contabile di quel 90% oggi definito nel Pacchetto e che, per effetto, dovrà essere ricalibrato. E’ il caso ad esempio di Costruttori cinesi che insediandosi in Europa potrebbero di buon diritto chiedere nella conta delle emissioni complessive anche quelle impegnate nella logistica svolta con mezzi Low Carbon. Altro aspetto, appunto, che determinerebbe un rimaneggiamento del Pacchetto.

Quanto pesano Biofuel ed alternativi nel bilancio ecologico? Lo dirà il prossimo Pacchetto?

Ed in ultima analisi: i Biocarburanti, i nuovi protagonisti del dibattito. Benzina Bio con componente etilica da un minimo del 25% in su, e Biogasolio HVO totalmente sostitutivo del fossile, insieme ad un inevitabile ritorno sulla scena del prodotto tipico europeo: il “Biometano”.

Parliamo di una nuova famiglia di alimentazioni che insieme al presente di GPL ed al prossimo futuro di metanolo, Idrogeno ed e-Fuel dovra sostituire i carburanti fossili per almeno l’80% dei volumi distribuiti ad oggi. Significa un cambio epocale per i motori che saranno prodotti da adesso in futuro. 

Ok: ma per l’Usato? Sappiamo che l’Italia ha fatto la prima mossa senza che questa sia stata neppure contemplata nelle righe del “Pacchetto”: l’Italia – che fu tra le prime Nazioni europee a varare il provvedimento per il Kit Retrofit elettrico dieci anni fa – ha inquadrato in un testo di Decreto il Kit adatto all’utilizzo dei Biofuel anche sui motori a Gasolio che nativamente non rispecchiano le caratteristiche idonee. Un grande passo che, a ben vedere, si sposa perfettamente con attività più fervide in Francia, Germania e Penisola Scandinava e legate alle nuove “Sub ECU” (come le chiamo io) atte a modificare i valori di taratura e funzionamento dei motori inadatti nativamente a girare con benzine ricche di Bioetanolo o totalmente coperte da materia prima vegetale (E95, E100). 

Prima o poi, o per motivi congiunturali o per esigenza dei consumatori, l’eventuale diffusione di massa della “E25” e benzine con soglie superiori in tutta Europa dovrà fare i conti con la impossibilità per almeno il 45% del parco auto usato circolante nella UE di funzionare a dovere. 

Un patrimonio che comprende auto da lavoro, da collezione, o auto usate vecchie ma perfettamente funzionanti. 

A meno che la soluzione tacita della Commissione non sia di girare la testa altrove, prima o poi di un eventuale nuovo pacchetto dovrà far parte anche la strategia di riassetto e di evoluzione del Parco circolante usato che attualmente in Europa vale circa 250 milioni di unità.

C’è poi l’aspetto più folkloristico: e se ad Ottobre il Sondaggio Pubblico promosso dalla UE dovesse sconfessare le politiche di Bruxelles sulla ecomobilità, riportando sugli altari con un plebiscito la preferenza del pubblico europeo sulle endotermiche, cosa accadrà? Credo che una idea, avendo letto le mie opinioni, Ve la siete fatta.

Insomma, il giudizio iniziale che mi sono fatto sulla possibilità che questo Pacchetto Auto sia:

​-Una porta simbolicamente aperta all’endotermico come traccia delle strategie future della UE;

-Un ponte di nuovo dialogo tra Commissione e Costruttori;

-Un manifesto programmatico del nuovo indirizzo dei Green Bond sul versante Biofuel;

​-Un protocollo a geometria variabile che, secondo me, avrà altre riedizioni in futuro,

tutto questo mi porta a pensare che, senza darne l’impressione, a Bruxelles ci troviamo già in piena Controriforma ecologista sulla mobilità post 2035.

E con questo, proprio per lasciarVi un bell’articolo lungo con cui affrontare i lunghi pomeriggi di festa in famiglia, lasciate che Vi porga i migliori auguri di buone Feste.

Riccardo Bellumori

Gorden Wagener dice addio a Mercedes: fine di un’era di design

Mentre continuano a circolare voci su Jaguar Land Rover e Gerry McGovern, c’è stato un altro importante cambiamento nel settore. Tuttavia, questa volta è ufficiale: Mercedes ha annunciato che il Chief Design Officer Gorden Wagener lascerà l’azienda il 31 gennaio 2026.

La casa automobilistica ha dichiarato che Wagener ha chiesto di lasciare l’azienda e che le due parti hanno raggiunto un accordo reciproco sulla sua partenza. I termini dell’accordo rimangono un mistero, ma questo segna la fine di un rapporto durato quasi 30 anni.

Wagener è entrato in Mercedes nel 1997 e ha ottenuto grandi consensi per aver progettato la SLR McLaren. Ha anche progettato la Classe A (W176), la Classe S (W222) e una serie di altri modelli.

Nel 2008 è diventato responsabile del design. Meno di un decennio dopo, è stato nominato primo Chief Design Officer dell’azienda.
Grazie a questi ruoli di rilievo, Wagener ha contribuito alla realizzazione di una serie di modelli diversi, tra cui la prima generazione di AMG GT (C190) e l’ultima SL (R232). La casa automobilistica ha poi sottolineato che “ha sviluppato in modo coerente il design dei marchi Mercedes-Benz, Mercedes-AMG, Mercedes-Maybach e Classe G, oltre che Smart”.

IL CAMBIO DI PASSO

Tuttavia, questa è solo la punta dell’iceberg, poiché Wagener ha portato il design Mercedes ben oltre le automobili. In particolare, Mercedes-Benz Style ha contribuito alla realizzazione di elicotteri, yacht di lusso, mobili e progetti residenziali come Mercedes-Benz Places Miami.
Sebbene Mercedes abbia sorvolato sugli aspetti “negativi”, ultimamente ce ne sono stati molti ed è impossibile ignorarli. La linea EQ anonima è stata ampiamente criticata e l’azienda ha affrettato un restyling di emergenza per la EQS.

L’azienda è stata anche pesantemente criticata per aver abbandonato il lusso tradizionale e concentrarsi su schermi e tecnologie di cattivo gusto come le selfie cam.

Mentre tutti alla fine lasciano un’eredità controversa, Wagener ha lasciato il segno alla Mercedes e nell’industria in generale. La sua presenza si farà sentire per anni a venire, dato che la casa automobilistica ha recentemente introdotto un nuovo linguaggio stilistico stellare.

Il presidente di Mercedes, Ola Källenius, ha dichiarato: “Gorden Wagener ha plasmato l’identità dei nostri marchi con la sua filosofia di design visionaria. Nel corso di molti anni, ha dato un contributo decisivo assicurando che i nostri prodotti innovativi fossero sinonimo di estetica unica in tutto il mondo. La sua creatività e il suo senso per il futuro del design automobilistico hanno arricchito in modo sostenibile Mercedes-Benz” e “Vorrei ringraziare Gorden per il suo impegno, il suo lavoro eccezionale e la sua influenza duratura, e gli auguro tutto il meglio per il futuro”.

Nuova BMW Serie 5 2026: Rendering in Anteprima

La nuova BMW Serie 5 restyling arriverà nel 2026 e proporrà una estetica affilata.

Sono apparse online alcune nuove foto spia del modello bavarese aggiornato, grazie alle quali abbiamo la possibilità di vedere nuovi dettagli del suo aspetto.
La quinta serie fu presentata per la prima volta nel 1972, sostituendo la famiglia di grandi berline Neue Klasse, prodotte dal 1962. Oggi è in produzione l’ottava generazione del modello con indice di fabbrica G60, la cui anteprima ha avuto luogo nella primavera del 2023. Sono passati solo due anni e mezzo, ma la BMW sta già testando attivamente la versione restyling.

I primi prototipi sono stati avvistati alcuni mesi fa, quando abbiamo realizzato i rendering della berlina aggiornata. Ieri sono state pubblicate le foto di una station wagon camuffata, sulla quale si può notare una parte anteriore leggermente modificata. È ancora realizzata nel nuovo stile della società Neue Klasse con fari quasi verticali, visivamente uniti alla griglia del radiatore, mentre nelle foto più recenti sono apparse anche delle “narici” separate, simili nella forma al modello attuale. Per la prima volta si intravedono i tratti delle luci posteriori aggiornate, che manterranno la loro forma, ma avranno un contenuto completamente nuovo, come di solito accade nella maggior parte dei restyling dei modelli BMW. A giudicare dalle foto spia, le luci potrebbero essere realizzate nello stile dell’attuale terza serie con ampie strisce a forma di L.

Rendering Kolesa.ru

LO STILE AFFILATO

La quinta serie dell’ottava generazione della BMW Serie 5 si basa sulla stessa piattaforma CLAR del modello precedente. Si prevede che dopo il restyling l’auto manterrà un’ampia gamma di motori a benzina e diesel da 2,0 e 3,0 litri con diversi gradi di elettrificazione, mentre alcune versioni riceveranno sicuramente un leggero aumento di potenza. Cambiamenti significativi potrebbero verificarsi negli interni dell’auto, dove è molto probabile l’introduzione del nuovo display iDrive Panoramic, come nel nuovo crossover iX3.
Il debutto della nuova BMW Serie 5 restyling è previsto per il prossimo anno. Nel frattempo, il mese scorso è stata presentata la versione finale della roadster Z4, la cui produzione sarà completata tra pochi mesi.

Nuova Kia XCeed 2026: Rendering Totale

La presentazione della versione rinnovata della cross-hatchback è prevista per la prima metà del 2026, mentre la commercializzazione di questo nuovo modello avverrà in estate.
Il marchio coreano ha presentato il SUV compatto Kia XCeed nel settembre 2019, mentre il primo aggiornamento del modello è avvenuto nell’estate del 2022. Il mercato principale per questa cross-hatchback è l’Europa, ma le vendite di questo modello qui lasciano attualmente a desiderare. Secondo le statistiche di Jato Dynamics, nei primi otto mesi del 2025 (non sono ancora disponibili dati più recenti) i concessionari del marchio nel Vecchio Continente hanno venduto 15.633 esemplari, il 33% in meno rispetto al periodo gennaio-agosto dello scorso anno.
Attualmente il produttore sta continuando a lavorare allo sviluppo della Kia XCeed aggiornata: la scorsa estate alcuni prototipi camuffati della cinque porte rinnovata sono stati immortalati dai fotografi spia e, sulla base di quelle foto, il nostro designer Nikita Chuiko ha ipotizzato quale potrebbe essere l’aspetto della futura novità.

Ora i colleghi di Motor.es ha proposto la sua versione del potenziale aspetto del crossover hatchback aggiornato, e questa volta l’artista si è sbizzarrito con i rendering, mostrando la futura XCeed da diverse angolazioni. Vale la pena notare che l’auto raffigurata in queste immagini ha subito una profonda revisione dell’esterno.

Nei rendering, l’aspetto della Kia XCeed è stato progettato secondo l’attuale stile del marchio e presenta una serie di caratteristiche comuni, ad esempio, con il crossover globale Kia Seltos presentato la scorsa settimana. L’autore dei render ha disegnato per la cross-hatchback dei fari anteriori a forma di T con luci di marcia ramificate e blocchi principali verticali, tra i quali è posizionato un ponte a forma di “naso di tigre” affusolato.

Rendering Kolesa.ru

IL DESIGN DISTINTIVO

Più in basso si trova una griglia del radiatore allungata orizzontalmente, unita a una grande presa d’aria integrata nella parte inferiore del paraurti anteriore, separate da un’ampia barra verniciata in tinta con la carrozzeria, mentre il bordo inferiore è di colore argento. Lungo il perimetro della carrozzeria è possibile vedere un kit aerodinamico in plastica non verniciata, che include semicerchi sui passaruota.

Il modello nei rendering è dotato di normali specchietti esterni con corpi neri e maniglie tradizionali, nonché di un tetto nero inclinato con barre portatutto argentate, antenna a pinna di squalo e spoiler nero con luce di stop nella parte superiore del portellone. I fanali sono realizzati nello stesso stile dei fari anteriori e sono collegati tra loro da una striscia. Nella parte inferiore del paraurti posteriore è integrato un diffusore argentato.

Si prevede che nel corso del restyling la Kia XCeed riceverà un nuovo sedile di guida e un cruscotto diverso con due display da 12,3 pollici ciascuno: uno fungerà da quadro strumenti virtuale, il secondo da touchscreen del sistema di informazione e intrattenimento. Secondo i dati preliminari, l’azienda coreana potrebbe modernizzare leggermente la gamma di motori, ma probabilmente non ci saranno cambiamenti significativi.
La cross-hatchback aggiornata debutterà probabilmente nella prima metà del 2026, mentre la futura Kia XCeed sarà in vendita in estate. I prezzi della novità saranno resi noti in seguito; in uno dei più grandi mercati europei, la Germania, il costo dell’attuale versione varia da 26.990 a 38.490 euro.

Il ritorno delle Station Wagon in Europa: nostalgia o nuovo protezionismo contro l’Asia?

La moda delle “Auto tutto volume”, è vero, nasce in America: per differenziare le “Carryall” (le future Pick up) nate per uso lavorativo, a battezzare le “Station Wagon” – cioè l’auto pensata per i pendolari e gli abitanti sub-urbani – ci pensò la Chevrolet proprio con la “Suburban”. Ma è nel Vecchio Continente che la saga delle “Estate” e “Shooting Brake” inglesi, delle “Break” francesi, delle “Familcar” tedesche e delle “Giardinette” italiane trova la sua espressione migliore dal lato della varietà di assortimento, della bellezza formale e della volumetria disponibile per persone e bagagli.

Ma, intanto, un breve excursus sulle terminologie: in America le “Station Wagon” nascono sulla base originaria di veicoli nati ad inizio del XX° Secolo come mezzi di trasporto a più posti predisposti dai gruppi di operai che, di territorio in territorio, venivano assunti e messi a lavorare nella estensione della rete ferroviaria: questa attività progressiva si insediava di tratta in tratta nelle aree disabitate del Paese, e dunque intorno alle future Stazioni si creavano avamposti rurali composti da operai, personale ferroviario, primi commercianti, medici; tutti con un’unica esigenza primaria, quella di andare e venire dalla zona di lavoro.

All’inizio furono carrozze a cavallo e biciclette, ma da un certo momento in poi sugli chassis incompleti dei primi Pick Up motorizzati la leggenda vuole che alcuni abili artigiani abbiano assemblato carrozzature volumetriche arredare con panche di legno prese direttamente dai vagoni. Quei mezzi squadrati, semplici, con l’interno simile a quello di un treno, presero facilmente il nome amichevole di “Station Wagon” (Vagoni di Stazione). Da allora, come detto, Chevrolet per prima annusò il Business ed armò i suoi avventurosi agenti di inizio Novecento con la prima “Suburban”.

L’ortodossia britannica per i termini tecnici diede vita invece a due definizioni specifiche : si chiamavano “Estate” le vere e proprie familiari di serie, quelle auto belle capienti per ospitare famiglia ed annessi e connessi per partire dalla città a raggiungere i rinomati “casali” della borghesia britannica nelle campagne; e con il termine “Shooting Brake” invece si distinguevano più realizzazioni speciali fatte ad uso di “Vip” e nobili, aumentando spazi e volumi preferibilmente di Coupè e vetture sportive, al fine di permettere ai fortunati proprietari di poter appoggiare nel ricavato volume posteriore le sacche da Golf, o l’armamentario da caccia con annessi segugi, senza sporcare i ricchi sedili in pelle anteriori…Il termine “Shooting Brake” infatti proveniva da delle voluminose carrozze a cavallo realizzate per i nobili che andavano a caccia in gruppo: “Shooting Brake” identifica proprio il “bosco di caccia”: e notare anche la “francesizzazione” del termine “Brake” in “Break”, cioè la denominazione universale di ogni familiare francese fino ad una trentina di anni fa.

Le “Estate” invece erano realizzazioni industriali rese ancora più facili da produrre e diffuse dopo che “Pressed Steel” (la Compagnia inglese erede delle nuove tecnologie americane sulla produzione di Chassis monoscocca stampati in luogo del pianale a longheroni e traverse) fece proliferare il sistema di stampaggio delle scocche, modo costruttivo che rendeva più facile diversi corpi vettura su uno stesso pianale.

L’Italia invece coniò un termine sul quale è nata una leggenda “macabra”: dopo l’acquisizione dei brevetti di “Carrozzeria funzionale” e della francese Clairalpax, che industrializzava la modifica delle carrozzerie di serie per farle diventare “a cassone”, ci fu un ploriferare di “autofunebri” e di autoambulanze disegnate anche da grandi Carrozzieri: retaggio dell’epoca signorile e baronale in cui nel giorno del rito funebre i ricchi amavano ordinare e ricevere carrozze oblunghe ricche di vetrature (per gli addobbi floreali) e di volume posteriore che si scontrava con un anteriore ridotto.

Di là a dopo la Guerra, quando dagli anni Cinquanta il boom della motorizzazione di massa rese molto interessanti per i lavoratori e per i nuclei familiari le vetture con grande baule, la tipica capacità “miniaturizzatrice” degli italiani fece proliferare – incredibile a dirsi – in un primo tempo la carrozzeria “Wagon” sulle piccole utilitarie. La fusione tra l’allusione popolare (a scopo canzonatorio e spiritoso) del famigerato “giardino” cimiteriale e le piccole dimensioni delle prime “wagon” in un Paese dove l’inglese non era ancora diffuso diede probabile origine al termine di “Giardinetta”; mentre, ad onore del vero, la Stampa specializzata cominciò presto a chiamare “Familiare” la versione “vagonata” delle auto di dimensioni e prestigio più elevato; e “Furgonate” le versioni adatte al lavoro ed al trasporto commerciale.

In Germania, a mia memoria, il termine “Familcar” con cui fu inaugurata la serie originaria delle Volkswagen da metà anni Sessanta (e che divenne un vero simbolo con la famiglia delle Passat) rappresentava più un simbolo autoprodotto da Wolfburgche non una sigla condivisa. Tuttavia in Germania le prime Wagon di grande serie arrivano con i Marchi legati ai Gruppi americani (Opel e Ford) e dunque il termine si diffonde prima che in altri paesi.

Curioso notare che le prime “mini wagon” nacquero dal Dopoguerra proprio in Germania, grazie alla diffusione della versione tedesca delle “Bubble Car”, anche se a livello di industrializzazione di serie la famosa “Bianchina Giardinetta” si può dire l’antesignana delle “miniWagon” popolari.

Un aneddoto invece che lega la genialità italiana ad una icona “multivolume” europea leggendaria: la “Volvo” in effetti si distingue per aver rappresentato una iconizzazione vera e propria delle Station Wagon in Europa, dentro una epopea in cui la Svezia si era ritagliata lungo un buon quindicennio un ruolo di protagonista “Premium” (all’epoca si chiamava “lusso” ed andava bene così) con Saab e Volvo: la prima fortemente ancorata alla formula della carrozzeria “Sedan” o tutt’al più “hatchback” dalla “99” in poi dopo aver iniziato la carriera automobilistica con i due Volumi (ad eccezione della “95” che in effetti era una sorta di Shooting Brake), mentre Volvo si era ritagliata un posto d’onore nel mondo auto con la – di nuovo – Shooting Brake “P1800”. Tuttavia dagli anni Settanta la serie “200” trovava la sua vera esplosione con il corpo vettura Wagon. 

In realtà però la stessa Volvo limitava parecchio nelle presentazioni ufficiali ed istituzionali questo termine rivolto più ad una destinazione lavorativa dei modelli concorrenti, mentre il marchio svedese intendeva con la serie “200” ed ancora di più dalla Serie “700” proporre un concetto molto più signorile e prestigioso della sua versione familiare. L’occasione in verità non venne da Stoccolma, ma da Roma. Infatti la filiale italiana della Volvo, nel 1991, si trova a fare i conti con un crollo di ordini della storica ed ormai vecchia “200” che tra l’altro viene ormai diffusa in Europa praticamente solo in versione Wagon. 

Il Marketing italiano, a questo punto, si inventa un colpo di genio: ordina dalla Svezia un contingente di “200” Turbodiesel full optional, particolarmente curate da vendere a professionisti e Flotte oltre che ai Clienti tradizionali. 

Ma solo per l’Italia Volvo concede alla filiale del Belpaese di denominare questa serie limitata “Polar”, per consentire ai Dealer dello Stivale di rendere di nuovo appetibile la classica e vecchia Wagon promuovendola come una serie speciale appositamente pensata per il nostro mercato: pezzi forti di questa offerta destinata alla sola “200” Wagon sono ovviamente il prestigio del Marchio, la solidità e proverbiale comodità dell’auto, ed infine un ottimo rapporto dotazione / prezzo anche in virtù di una speciale campagna “Loyalty” che consente alla Volvo Italia di scontare in modo speciale il “nuovo” e di permutare con vantaggio pezzi usati che sono ancora richiestissimi sul mercato dell’epoca.

Il risultato, che si pensava potesse essere discreto, si rivelò invece un vero e proprio “Boom”: gli ordini si moltiplicarono e in tantissimi proprietari di altri Marchi consegnarono il loro usato per salire su una nuova Volvo “Polar” a condizioni irripetibili. 

A quel punto anche la Casamadre svedese, attestando un successo di mercato fuori dalle più rosee aspettative, decise di celebrare il nostro colpo di genio concedendo a tutta la Gamma Wagon del mondo, per un certo periodo, l’estensione di questa sigla iconica che pochi anni dopo sarà superata da un’altra ancora più straordinaria. La Sigla “T5” Wagon associata ai trionfi dell’Euroturismo.

Station Wagon: Boom dagli anni Sessanta, crisi con le prime “Monovolume”

Le “wagon” si diffondono con una certa lentezza in Europa dagli anni Sessanta, nonostante i Costruttori moltiplichino le offerte di questo corpo vettura: il cliente popolare tuttavia si indirizza verso le più accessibili “giardinette” per la famiglia, che mano a mano diventeranno le “2 Volumi” utilitarie; mentre chi ha più disponibilità si lega al concetto di lusso tradizionale delle “Sedan” classiche affiancando l’uso e la proprietà dei “Van” ovvero furgonati per esigenza lavorativa.

Fatica ad esplodere come negli USA la moda delle Wagon per la famiglia, poiché a parte l’Inghilterra con le “Estate”, le “Familiari” italiane e le “Break” francesi si legano ad una visione operaia del loro uso.

Deve però esplodere la moda del turismo d’altura e dei grandi Tour nazionali ed in Europa per dare alla “Wagon” una dignita’“trendy”: siamo ancora negli anni Sessanta ed al famigerato “Bulli” la nuova cultura giovanile e popolare apre le porte a questo tipo di corpo vettura scelto per la sua capacità socializzatrice. Vere “icone” contrapposte si sfidano sul campo in diversi segmenti di mercato: Saab “95” che finisce persino sulle strade calde dei Rally mondiali, la “DS” Citroen che contrasta con la geometrica formalità di Fiat, Opel, Ford; mentre Peugeot solidarizza con operai e commercianti ai quali fornisce “Break” di vocazione lavorativa.

La mazzata del 1973 con la crisi energetica dà alla Wagon invece un ruolo salvifico: per il ceto medio fa coincidere nella disponibilità ristretta di molti la capacità di rappresentare ed unire il “furgoncino” da lavoro con l’utilitaria da passeggio; per le famiglie rappresenta un vero e proprio indice di risparmio nella accoppiata “Diesel + Wagon” che prende piede dalla crisi del Kippur; e per i professionisti ed i Manager aziendali la possibilità di viaggiare a Gasolio senza impoverire le casse dell’Impresa si sposa ad un nuovo lusso e prestigio: la “Familiare ammiraglia” con Clima, Radio, sedili in tessuto pregiato, barre portapacchi cromate e una comodità da prima classe.

Siamo alla seconda metà degli anni Settanta ed il mercato ha già proiettato le regine del futuro prossimo, con l’esplosione di “Wagon” in quasi tutti i Marchi Costruttori presenti in Occidente. Diciamo per dovere e affetto, in questa fase è il Gruppo Fiat a fare da vero e proprio Benchmark. Appare sul mercato europeo con una compilation di “tutto volume”: dalla minimal “500 Giardiniera” alla “127” e “128” Panorama che fondono le qualità di Shooting Brake a tre porte con la funzionalità delle furgonate. C’è poi “131 Panorama” che aggredisce il fronte di mercato più combattuto in Europa con una “Crossover” a metà tra Segmento “C” (Peugeot “304”/”305”; Citroen “GS”; Renault “18”) e Segmento “D” (Peugeot “504”/”505”, Volkswagen “Passat”, Ford “Granada”, Opel “Rekord”); ma nel resto del Gruppo c’è anche Lancia con la prima “CoupèWagon” di grande serie a tre porte che si contrappone alle uniche due alternative Wagon 2 porte e baule del tempo, cioè la “Ford Taunus” e la “Alfasud”.

In alto, quasi al vertice del Pedigree, il mercato europeo in quel fine anni Settanta propone ancora il Top di classe con la Gamma Mercedes W123, la Serie “200” di Volvo, la “CX Break”; e persino il Giappone invia le sue prime apripista con Subaru, Toyota e Nissan.

Boom anni Ottanta, Sublimazione anni Novanta e nuovo millennio è di MPV e Monovolume

Gli anni Ottanta sono e restano un vero palcoscenico di rango, ma non tanto per la varietà, l’assortimento od il livello di accessori ed allestimento (perché su quel versante credo che il massimo dell’industria europea si raggiunge nel decennio successivo) ma quanto per il peso dell’investimento industriale affrontato dai Costruttori europei: nonostante le cosiddette “Piattaforme comuni” siano ancora un bel sogno, la progressione del motore a Gasolio nelle preferenze dei consumatori e l’ideale appaiamento con le possibilità “Multiutility” delle Wagon portano quasi tutti i Costruttori a presentare versioni tuttovolume per le loro “Sedan” e persino per le Due Volumi. 

Faccio prima ad elencare i Marchi che dentro la “CEE” sono temporaneamente estranei alla nuova moda delle Wagon negli anni Ottanta: sono solo Autobianchi, Innocenti, Saab, Seat e Jaguar nella fascia altissima. Tutti gli altri Marchi esplodono con un corredo di Wagon che segnano un’epoca. E indicando solo le realizzazioni che sono originate negli anni Ottanta, troviamo ben diciotto proposte:

Alfa Romeo con la serie “Sportwagon” sulla “33”, Audi (“100 Avant”), Austin (“Montego”), BMW (Serie “3” Touring”) Citroen (“BX”, “XM”),  Fiat (“Regata”), Ford (“Escort”, “Sierra”), Lancia (“Thema”), Mercedes (“W124”), Opel (“Kadett”, “Rekord”), Renault (“21”), Volkswagen (“Polo”, “Passat”), Volvo (“740”, “760”). Eppure tutto questo sfoggio, rispetto al successivo decennio, non si avvale della estensione di piattaforme che dal 1990 – tanto per intenderci – permetterà ad ogni Costruttore di crescere nella propria Gamma condividendo con altri Marchi chassis e catene di montaggio (motivo per il quale con l’ingresso di Ford anche Mazda amplierà con 323 e 626 la sua offerta, Seat e Skoda faranno lo stesso grazie a Volkswagen e persino Innocenti vedrà con la “Elba” il rebranding della “Duna Wagon”); e dunque immaginate quanto sacrificio economico hanno affrontato i Costruttori nel decennio 1980. Mentre la proliferazione di pianali in comune per la maggior parte dei Costruttori negli anni Novanta anticipa un altro Boom del nuovo Millennio: quello delle Monovolume, che il più delle volte nascono su pianali rielaborati di allestimenti Wagon dentro i diversi Costruttori.

Eppure, anche se la condivisione dei pianali moltiplica i corpi vettura (due, due e mezzo, tre volumi, Wagon, Monovolume, Coupè) la versatilità “simbolica” delle Due volumi e delle Wagon segna un solco rispetto all’ormai marginale target dei Clienti affezionati alla configurazione “Sedan”; mentre le monovolumeed MPV esaltano i potenziali acquirenti nella altezza da terra della seduta e nella piena sfruttabilità del volume totale interno grazie ai sedili asportabili. Eppure il mercato non si ferma a questo: occorre una nuova “fusion” ed una nuova contestualizzazione “dimensionale” che prende corpo soprattutto dopo la prima decade del nuovo Millennio. 

E siamo nei tempi davvero recenti, e da questo punto della storia la Vostra memoria è buona testimone del progressivo e inesorabile declino della presenza di Station Wagon, o meglio: della sublimazione del corpo vettura Wagon nella nuova corrente commerciale dei “SUV” e “Maxi Suv”, che in effetti nelle nuove versioni e proposte di Gamma presentano un dettaglio comune a tutte: il volume di coda e il vano di carico decisamente sovrabbondante con un taglio piuttosto verticale del portellone oppure, nelle dinamiche lineari dove la fiancata posteriore “risale” riducendo la luce dei cristalli posteriori, l’accenno diagonale del lunotto non riesce a contrastare la prominenza verticale e massiccia della coda. Tutto questo, ovviamente, è destinato ad evolvere nelle scelte del consumatore medio, ma le avvisaglie si vedono già ora: gli ultimi dati relativi alle vendite globali nel 2023 indicano che la loro domanda è aumentata, nonostante il continuo aumento dei volumi dei SUV; eppure in Europa e negli USA ritorna la forma volumetrica classica della “Station Wagon”, e la quota di mercato molto lentamente risale. 

Sarà per una affezione dura a morire, sarà per la spersonalizzazione potenziale ed inesorabile del “monoprodotto” SUV; o forse molto più semplicemente perché la presunta rivoluzione BEV in Europa si mostra ancora lontana da venire; ed allora perché forzare con chassis rialzati e dimensionati per ricevere la dotazione di batterie idonee per le BEV ma sovrabbondanti per Ibride ed Endotermiche? 

E, aggiungiamo, il fascino “retrò” di qualcosa di cui si è persa la vista per tanto tempo può tornare propizio per il ritorno di fiamma verso un format stilistico e volumetrico molto apprezzato per la maggior parte dei potenziali clienti europei. 

Senza dimenticare che su quella forma di “Station Wagon” i Designer europei ed italiani in particolare hanno saputo realizzare dei veri e propri gioielli di stile inarrivabile dalla concorrenza asiatica. Insomma, un ritorno alla preferenza delle “Wagon all’europea” potrebbe anche essere segnato da quella eccellenza stilistica e formale che, in questo frangente di mercato, tornerebbe molto utile per “blindare” dalla concorrenza asiatica.

Riccardo Bellumori

Nuovo Ford Bronco ibrido: arrivo in Cina

In Cina sono iniziate le vendite del grande crossover a cinque posti Ford Bronco, sviluppato dalla joint venture Jiangling Ford. Sono disponibili versioni completamente elettriche e ibride plug-in, con trazione integrale già nella versione base.

Il Ford Bronco cinese non ha nulla a che vedere con i suoi omonimi americani: il Bronco, un SUV di medie dimensioni con telaio rigido, e il Bronco Sport, un crossover compatto basato sulla piattaforma C2 per autovetture. Ci sarà anche un quarto Bronco, quello europeo, previsto per il 2027 e, secondo alcune indiscrezioni, anch’esso costruito sulla piattaforma C2. Il Bronco cinese ha fatto il suo debutto ufficiale a novembre al salone dell’auto di Guangzhou, e oggi sono iniziate le vendite a tutti gli effetti.

IL BRONCO GREEN

Il Bronco cinese ha una propria piattaforma, progettata per propulsori elettrici e ibridi plug-in di tipo EREV (Extended Range Electric Vehicle), in cui il motore a combustione interna non è meccanicamente collegato alle ruote, funziona in modalità generatore e ricarica la batteria di trazione. La carrozzeria è portante, nel tetto sopra il parabrezza è montato un lidar per il funzionamento degli avanzati assistenti elettronici alla guida. Le sospensioni sono completamente indipendenti, a molle: anteriori a doppio braccio trasversale, posteriori multibraccio. La lunghezza complessiva del crossover è di 5025 mm, la larghezza è di 1960 mm, l’altezza è di 1825 mm, il passo è di 2950 mm. L’altezza da terra è di 215-220 mm a seconda della versione, la profondità del guado superabile è di 600 mm.
L’abitacolo è rigorosamente a cinque posti. A pagamento è disponibile la versione camper, grazie alla quale il crossover porta il nome Bronco Basecamp: questa versione è dotata di un tetto apribile in vetro con azionamento elettrico, necessario per avere più spazio sopra la testa quando si posiziona un materasso matrimoniale sopra i sedili, senza dover estrarre gli oggetti dal bagagliaio. Il portellone posteriore si trasforma in un angolo cottura con tavolino ribaltabile. Per alimentare gli elettrodomestici è prevista una presa da 6,6 kW. Per conservare cibi e bevande tra i sedili anteriori è presente un thermobox da 7,5 litri in grado di mantenere una temperatura bassa o alta.

Al centro è collocato un tablet multimediale da 15,6 pollici con processore Qualcomm Snapdragon 8255. Il display del cruscotto è da 8,8 pollici e, in tutte le versioni tranne quella base, è integrato da uno schermo proiettato da 70 pollici sul parabrezza. L’impianto audio top di gamma da 1000 watt conta 21 altoparlanti. Nella parte anteriore della lunga console tra i sedili anteriori è presente un doppio vano con ricarica wireless da 50 watt per smartphone.

Il volume del bagagliaio principale è di 497 litri, mentre nelle versioni elettriche è presente un bagagliaio aggiuntivo da 160 litri nella parte anteriore.

DATI TECNICI E MOTORI

Il Bronco con propulsore EREV utilizza come generatore un motore turbo a benzina da 1,5 litri con una potenza di 150 CV, mentre le ruote sono azionate da due motori elettrici: uno anteriore da 177 CV e uno posteriore da 245 CV.

La potenza massima complessiva è di 422 CV (310 kW) e 600 Nm, l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiede 5,8 secondi, la velocità massima è limitata a 170 km/h. La capacità della batteria di trazione è di 43,7 kWh, l’autonomia con una sola ricarica senza accensione del motore a combustione interna è di 220 km secondo il ciclo CLTC, mentre in modalità ibrida con il serbatoio pieno (63 l) il crossover può percorrere 1220 km.

Nella versione più costosa, il Bronco ibrido è dotato di bloccaggi meccanici dei differenziali tra le ruote.

Nuovo Leapmotor D19 2026: Anteprima

Leapmotor si appresta a lanciare sul mercato il suo SUV più costoso. Il modello sarà disponibile in versione ibrida o completamente elettrica.
La presentazione del crossover a tre file Leapmotor D19 è stata effettuata già a metà ottobre. Ma solo ora sono stati pubblicati i primi schizzi e alcune immagini frammentarie degli interni. Il salone completo sarà svelato la prossima settimana. Ricordiamo che il grande SUV è stato il primo modello della nuova serie D di punta. In Cina sono già in corso gli ordini “alla cieca”, ovvero senza l’annuncio di tutte le caratteristiche e dei prezzi. Il D19 sarà lanciato sul mercato interno nel 2026.
A giudicare dalle immagini, non ci sono novità sostanziali nel design degli interni del SUV. Leapmotor D19 ha schermi separati per il cruscotto e il sistema multimediale. Il crossover ha anche un tunnel centrale a due livelli, nella parte superiore del quale sono situati due spazi per la ricarica wireless e un paio di portabicchieri scoperti, mentre nella parte terminale è integrato un altro display e, forse, un box estraibile con funzioni di riscaldamento e raffreddamento.

I sedili anteriori sono dotati di tavolini integrati, mentre quelli della seconda fila hanno poggiapiedi ribaltabili. Si nota anche che nei poggiatesta sono integrati degli altoparlanti. E, naturalmente, i sedili sono sicuramente dotati di riscaldamento, ventilazione e massaggiatore.

STILE PREMIUM

Leapmotor ha anche sottolineato la presenza di “lussuosi lampadari a parete”, “lampade da lettura in stile aeronautico” e “sistema di aromatizzazione intelligente”. Infine, l’abitacolo è rifinito con pannelli in legno.

Per quanto riguarda l’aspetto esteriore della D19, è tipico di molte auto cinesi moderne. Il crossover ha un “frontale” liscio, fari a due livelli e maniglie delle portiere a scomparsa, mentre i montanti posteriori possono essere rivestiti in cromo. Sono previsti cerchi da 21 pollici. I fari hanno un proiettore integrato e il mono-faretto può mostrare animazioni e il livello di carica della batteria, dato che il modello è ovviamente elettrificato. Nell’elenco delle dotazioni sono presenti anche sospensioni pneumatiche con ammortizzatori adattivi e un avanzato pilota automatico con lidar sopra il parabrezza.

Le dimensioni esatte non sono ancora state rivelate. In precedenza, Leapmotor aveva annunciato che la lunghezza della D19 supera i 5,2 metri, la larghezza è di quasi 2 metri e il passo è di oltre 3,1 metri.

È noto che il crossover sarà offerto come ibrido in serie (il motore a combustione interna funziona in modalità generatore) o come auto elettrica. La versione ibrida ha un sistema elettrico da 800 volt, trazione integrale e una batteria da 80,3 kWh.

La potenza totale di questo Leapmotor D19 è di 544 CV. L’autonomia dichiarata solo con trazione elettrica supera i 500 km secondo il ciclo cinese CLTC. Il SUV elettrico ha un’architettura da 1000 volt, tre motori elettrici e una batteria con una capacità di 115 kWh. La potenza complessiva è di 734 CV. L’autonomia è superiore a 720 km.

I media cinesi ipotizzano che la Leapmotor D19 costerà circa 250.000 yuan. Per ora, il titolo di modello più costoso del marchio spetta al crossover C16, con un prezzo a partire da 161.800 yuan.

Nuovo Mercedes VLE 2026: il Teaser

Mercedes ha confermato quando il suo nuovissimo minivan elettrico VLE entrerà sotto i riflettori, e la data è fissata per il 10 marzo a Stoccarda. Insieme all’annuncio, l’azienda ha pubblicato un’immagine teaser che ci permette di vedere da vicino la parte anteriore. Le luci diurne con un brillante motivo a stella collegano immediatamente il VLE di produzione al precedente concept Vision V.

Mentre il concept ha attirato l’attenzione con le sue proporzioni audaci e le superfici quasi fantascientifiche, il VLE mantiene un aspetto leggermente più sobrio. Ciononostante, la somiglianza con il modello precedente è evidente e Mercedes non esita ad affermare che questo è l’inizio di una nuova era.

Sarà il primo modello costruito sulla nuova piattaforma elettrica VAN.EA del marchio, modulare e scalabile per coprire tutto, dai semplici veicoli per il trasporto di persone alle lussuose navette e ai grandi furgoni per le consegne.

LO STILE UNICO

La nuova Mercedes VLE promette di unire la qualità di guida di una limousine alla praticità di un MPV. Pensate a sedili flessibili per un massimo di otto persone, un cruscotto MBUX Hyperscreen da pilastro a pilastro che esegue l’ultima versione del sistema operativo Mercedes-Benz (MB.OS) e tantissime idee intelligenti per lo stivaggio.

Una variante VLS più lussuosa con sedili in stile lounge e un enorme schermo 4K per l’intrattenimento posteriore arriverà in seguito per gli acquirenti che desiderano il massimo del lusso con autista e un numero inferiore di posti a sedere.

La griglia più grande mai vista

L’immagine teaser mostra un muso liscio con una griglia ancora più grande di quella della nuova GLC EQ, affiancata da luci diurne a forma di stella che conferiscono al furgone un’identità distintiva.

I recenti prototipi avvistati durante i test invernali suggeriscono che la forma complessiva seguirà da vicino la silhouette della Vision V, con una linea del tetto più bassa e fiancate più scolpite per evitare il solito aspetto squadrato della maggior parte dei furgoni di grandi dimensioni. Il nostro rendering Carscoops, visibile qui sotto, mostra come potrebbe essere il VLE di produzione.
Sotto la carrozzeria, la piattaforma elettrica VAN.EA dovrebbe offrire opzioni a motore singolo e doppio per coprire un’ampia gamma di prestazioni, con versioni base da 268 CV (272 PS / 200 kW) e modelli top di gamma che sfiorano i 470 CV (476 PS / 350 kW).

Le dimensioni delle batterie potrebbero variare da 90 kWh a quasi 120 kWh, con autonomie WLTP di oltre 300 miglia (500 km) nelle versioni più efficienti, e tutti i VLE sono in grado di assorbire 350 kW grazie al loro impianto elettrico a 800 volt. I furgoni a combustione di oggi continueranno ad essere offerti, ma su una piattaforma diversa.

Mercedes definisce il VLE il primo SUV al mondo, anche se in realtà si tratta di un minivan elettrico di fascia alta con grandi ambizioni che arriva dopo furgoni simili di Lexus, Volvo e Zeekr.

Avremo tutti i dettagli a marzo, ma i primi segnali suggeriscono che la classe dei veicoli per il trasporto di persone sta per diventare molto più affascinante.