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Nuovo Ford Bronco 2026: Anteprima

A pochi giorni dall’addio alla Ford Focus, il marchio dell’ovale ha già in cantiere il modello che la sostituirà sul mercato europeo. E, proprio come è successo con le due generazioni precedenti della compatta, anche questa sarà prodotta in Spagna, nello storico stabilimento di Almussafes (Valencia).

Non sarà un’altra compatta, così come la Puma ha preso il posto della scomparsa Ford Fiesta (anche se la base è di fatto la stessa). Si tratterà infatti di un SUV, anche se Ford potrebbe nuovamente sollevare polemiche come con il nome di altri recenti modelli di SUV, soprattutto per il pubblico amante dei fuoristrada.

Questo nuovo modello Ford si chiamerà Bronco, una Bronco più piccola del robusto 4×4 che conosciamo da anni proveniente dagli Stati Uniti (prodotto nel Michigan). In un certo senso, come accade con l’Explorer venduto in Europa, anche se in questo caso non sembra avere nulla a che fare con Volkswagen (ricordiamo che l’Explorer, come la Capri, si basa sulla piattaforma MEB di Volkswagen, essendo molto simile alla ID.4).

Questo SUV crossover arriverà nel 2027 e sarà prodotto insieme alla Kuga, posizionandosi al di sotto di quest’ultima sul mercato. Sarà anche ibrido, con una versione ibrida plug-in (PHEV) come la Kuga, anche se si presume che avrà anche una versione ibrida convenzionale (HEV) nella sua gamma quando arriverà sul mercato.

In altre parole, sarà un concorrente diretto sia della Dacia Bigster, che ha una meccanica ibrida nella sua gamma di punta, sia della nuova Jeep Compass. Quest’ultima, oltre ad essere venduta come elettrica e ibrida convenzionale, aggiungerà alla sua gamma anche una variante ibrida plug-in all’inizio del 2026.

LA GAMMA FORD

Dal punto di vista meccanico, non avrà nulla a che vedere con la Bronco americana o la Bronco Sport: sarà infatti più piccola di entrambe. Ford continua così a sostituire i suoi modelli generalisti in Europa con quelli che definisce “modelli eroici” e a enfatizzare l’eredità del marchio americano, di cui la Mustang è l’esempio più visibile.

La Ford Bronco non solo prende il posto della Focus sul mercato (e anche dell’EcoSport), sopra la Puma e sotto la Kuga. Sostituisce anche modelli come la Galaxy, la Mondeo o la S-Max, tre modelli che fino a pochi anni fa venivano prodotti ad Almussafes. Come dato aggiuntivo, la Mondeo continua ad esistere… ma in Cina, dove proprio ora ha ricevuto un restyling. Questa Mondeo cinese viene venduta anche in Medio Oriente con il nome di Taurus.
È chiaro che Ford, con questa piccola Bronco, aspira ad avere un successo simile a quello che hanno avuto sia la Puma che la Kuga.

In tutta Europa la Puma si trova nella Top 5 delle SUV piccole più vendute (128.409 unità vendute solo nel mese di ottobre secondo Dataforce), mentre la Kuga è la sua seconda auto più venduta con 83.909 unità, oltre ad essere leader in Europa tra le ibride plug-in, molto importanti nei calcoli delle emissioni medie per il CAFE dell’Unione Europea.

Dopo essere rimasta solo con la Kuga, l’arrivo di un nuovo modello ad Almussafes è motivo di festa. Non sono tempi favorevoli per Ford, che ha chiuso lo stabilimento di Saarlouis (dove veniva prodotta la Focus) e prevede un taglio di circa 1.000 posti di lavoro nello stabilimento di Colonia.

Addio Influencer: il Venditore Auto deve diventare Tutor del suo Portafoglio Clienti

Il Web è come il nostro cervello: lo usiamo per il 30% al massimo delle sue potenzialità e gran parte di quel 30% utilizzato viene usato persino molto male.

La vendita tradizionale è stata, per secoli, una esperienza personale e “fisica”: prima che il venditore delle origini del mondo incontrasse i Clienti nei luoghi definiti per il commercio, il commercio non poteva essere definito tale; non perché all’epoca non esistesse il porta a porta ma perché la transazione di “prossimità” all’interno di una stessa Comunità ristretta si concludeva in un semplice scambio tra due o più cedenti in accordo tra loro. 

Il commercio nasce dopo, quando le distanze e le esigenze di incontro tra domanda e offerta genera le “piazze” commerciali definite per tale attività dove comunque la parte del contatto fisico e della esperienza sensoriale dell’acquisto si combinava già con la reputazione ed il fascino “esotico” della merce straniera, e con l’incontro tra razze e filosofie diverse.

Rapido excursus storico per definire come l’esperienza fisico-sensoriale che la razza umana ha tramandato a sé medesima di generazione in generazione da millenni è uno “zoccolo duro” che – a mio modesto avviso – improvvisati Guru della formazione Automotive hanno cercato di “equivocare” nella ormai annosa e pedante questione del trasferimento in modalità remota ed “online” della procedura di compravendita di un’auto che tuttora si compone di diversi passaggi organizzati e scalari:

​-Costruzione da parte del potenziale cliente di una coscienza di acquisto o indotta (interazione con la forza vendita dell’auto oppure per conseguenza di accordo contrattuale in corso) ovvero autonoma ed arbitraria, basata sempre più su un ventaglio di ipotesi di acquisto più che su un univoco modello originario;

-Contatto con l’ambiente di vendita e con il modello prescelto, esercizio delle opzioni disponibili a corredo della trattativa e della chiusura della vendita (Consulenza, Test Drive, giudizio sull’organizzazione di vendita e post-vendita, etc…); 

– Trattativa personale e mirata tra Cliente e venditore sugli elementi sostanziali e complementari dell’acquisto;

-Chiusura contrattuale.

Lo Showroom: da piazza di vendita a microcosmo del popolo automobilista

Quanto ho elencato rappresenta un elenco didascalico, ma non per questo noto e rispettato da tutti i Venditori e soprattutto non per questo onorato e tenuto in considerazione dallo Staff management aziendale di un Dealer. Purtroppo per il Dealer stesso, che sottintende ed equivoca spesso che non ci può essere fidelizzazione senza appartenenza, non ci può essere appartenenza senza condivisione, e non ci può essere condivisione senza “partecipazione”. E mentre è nella figura del Brand il quadro discriminante della appartenenza, è nei doveri e nei ruoli del Dealer la soddisfazione delle esigenze di “condivisione” con il Cliente. 

In tutto questo passaggio concettuale, al Venditore fisico professionista occorre lavorare e distinguersi nella opportunità di aumentare le occasioni di “partecipazione” del Cliente alla dimensione della futura compravendita. Ed è qui, e soprattutto qui che il Venditore professionista deve saper utilizzare molto più di quel 30% di risorsa Web che mediamente si utilizza e soprattutto deve saperla usare bene. 

Partendo da un concetto: cosa significa “partecipazione”? Il contrario di “alienazione” cui segue la conseguenza peggiore, se mai dovesse verificarsi, per il mondo auto: la dissociazione, cioè il muro della distanza irreversibile tra potenziali Clienti e Dealers e Costruttori. 

Alienazione, una condizione che al momento è davvero sulla soglia “Border Line” ovvero di tracimazione: il Cliente potenziale è stretto tra perdita dei riferimenti abituali (Marchi, modelli, corpi vettura, motorizzazioni ed allestimenti) sui quali basava la propria scelta; e deve comunque adempiere quasi obbligatoriamente alla sostituzione della propria vecchia compagna per motivi ecologici e non tanto e non più per scelta volontaria ed emotiva, visto che l’eventuale “vantaggio” ambientale è imposto in forma “Top/Down” e non percepito o riconosciuto autonomamente dall’acquirente. 

Il potenziale Cliente ed il Web: un ambiente che deve riportare “Partecipazione”

Che, del resto, si era già trovato a suo tempo a mal partito nel dover scegliere tra auto a Benzina o Turbodiesel, Monovolume o Station o Berlina, in contanti oppure finanziata, con finanziamento classico retail oppure con rata finale a saldo; e che adesso deve proiettare all’infinito le incertezze non solo proprie ma anche di Istituzioni, Opinione Pubblica e mondo industriale su un ventaglio di scelte possibili che oggi sono “compresse” nella lotta biblica tra bene e male: Endotermico contro BEV, trascurando che è proprio in questo scontro fintamente evangelico che si è consumata l’alienazione del Cliente di cui Vi ho elencato prima. Mentre il Venditore, al di là della categoria merceologica o del Brand che rappresenta nella attività professionale, dovrebbe poter invitare alla “partecipazione” il suo pubblico sulle diverse opportunità “classiche” alle quali si è aggiunta una vera e propria famiglia di nuove opzioni commerciali ed operative per la scelta e l’uso dell’auto.

Un esempio?

Acquistare “nuovo” o ricondizionare il “vecchio” (Kit Retrofit, Impianti Aftermarket, Ripristino); Comprare o Noleggiare; impegnare l’usato in Permuta o “fare da sé privatamente”; “Cash” o finanziato, retail o con ciclo di sostituzione programmato; BEV con motore centralizzato o sulle ruote, HEV, MHEV, PHEV, Endotermico puro, EREV; benzina, Gasolio, benzina “bio”, Biodiesel, Metanolo, GPL, GNL, Biometano, (e forse un giorno Idrogeno????); Brand classico all’europea o nuovo Player asiatico? E il Valore residuo? E l’assistenza? 

Vedrete, cari nuovi e futuri Venditori, che mettendovi nei “veri” panni dei Clienti potenziali o del Vostro pubblico “Social” riuscirete a comprendere che per occupare il Vostro spazio Web ed il loro tempo Vi servirà più capacità di farli “partecipi” e “attori protagonisti” che non “spettatori”.

Noi di Autoprove.it il buon esempio lo abbiamo già dato, eppure per questo abbiamo riscontrato manager poco evoluti ed un poco oscurantisti che si rifiutano di capire. Capire cosa? Ad esempio capire uno dei nostri “Slogan” più partecipativi e più gettonati dal nostro Pubblico.

Quel “Ma Voi li spenderete questi soldi per quest’auto?

Se volete, potete prendere esempio. Ci fa piacere. 

Riccardo Bellumori

Prova su strada della Volkswagen ID.7 Tourer Pro S

Ho effettuato un approfondito test drive per valutare le prestazioni e il comfort analizzando ogni aspetto della nuova Volkswagen ID.7 Tourer.
Vediamo come se la cava la versione Pro S con batteria grande da 86kWh e motore elettrico a trazione posteriore da 285CV.

Nuova Hyundai Staria 2026: interni in Anteprima

Ecco gli interi della Hyundai Staria restyling attesa nel 2026.
Sono apparse nuove immagini degli interni senza camuffamento della prossima Hyundai Staria facelift, che ci offrono una visione più chiara che mai dell’abitacolo profondamente rinnovato del MPV. Queste nuove foto di ShortsCar seguono le recenti foto spia degli esterni scattate nei pressi del centro di ricerca e sviluppo Hyundai a Namyang, confermando che il restyling apporterà aggiornamenti significativi sia all’interno che all’esterno.
Le immagini degli interni trapelate di recente rivelano che Hyundai sta apportando un aggiornamento tecnologico completo alla Staria. Il cambiamento più immediato è il nuovissimo volante Hyundai, ora in linea con il linguaggio stilistico dei modelli Hyundai più recenti, come la Ioniq 5 e la nuova Santa Fe. Il design del volante, più pulito e moderno, suggerisce un abitacolo più esclusivo e incentrato sul guidatore.

LO STILE AFFINATL

Un altro elemento di spicco è il nuovo display centrale, notevolmente più grande. La Staria uscente offriva già uno schermo di infotainment di dimensioni considerevoli, ma il modello restyling è stato aggiornato con un’unità più ampia e sofisticata che si integra perfettamente con il cruscotto. Anche l’interfaccia sembra essere stata aggiornata, indicando che Hyundai sta introducendo il suo ultimo software di infotainment per prestazioni più veloci, menu migliorati e funzionalità di connettività avanzate.
Ulteriori modifiche agli interni osservate includono: un cruscotto rivisto con elementi stilistici più orizzontali per un look più pulito
Pannello di controllo della climatizzazione aggiornato con comandi touch, nuovi materiali interni e finiture cromatiche, che suggeriscono una migliore qualità percepita, Layout della console centrale riprogettato per una migliore ergonomia
Questi miglioramenti posizionano la Staria restyling come una MPV più premium e tecnologicamente avanzata.

Recenti foto spia scattate durante i test su strada hanno confermato anche sostanziali aggiornamenti agli esterni.
Queste modifiche allineano la Staria alla direzione stilistica globale in evoluzione di Hyundai, conferendo al MPV un aspetto più nitido e distintivo sulla strada.

Sebbene non siano state confermate importanti revisioni meccaniche, il restyling potrebbe portare a una messa a punto ottimizzata del motore per una maggiore efficienza e prestazioni più fluide. Gli addetti ai lavori ipotizzano anche che Hyundai potrebbe espandere la disponibilità dei modelli ibridi in più mercati come parte della più ampia strategia di elettrificazione dell’azienda.
Tempistiche previste per il lancio
Il restyling della Hyundai Staria dovrebbe debuttare a livello globale alla fine del 2025 o all’inizio del 2026. Come di consueto, il lancio dovrebbe iniziare in Corea del Sud, seguito dai principali mercati internazionali quali: Sud-est asiatico, Medio Oriente, Europa.

Nuova Toyota Century 2026: il Restyling

La Toyota ha lanciato sul mercato la sua ammiraglia a quattro porte del nuovo anno modello. La berlina è stata dotata di sistemi di sicurezza migliorati.

Nell’ottobre di quest’anno, Toyota ha annunciato ufficialmente che avrebbe trasformato Century in un marchio indipendente a tutti gli effetti, che si sarebbe posizionato al di sopra di Lexus. Allo stesso tempo è stato presentato il concept di un crossover coupé, una sorta di manifesto del marchio Century. Da allora non ci sono stati sviluppi significativi, come il lancio di un sito web dedicato o la pubblicazione dell’elenco dei paesi in cui sarà presentato il nuovo marchio di lusso: evidentemente tutto questo è ancora da venire. Per ora, le auto della linea Century continuano a far parte del catalogo della casa madre. Questa serie comprende solo due modelli: la berlina, che ha dato il nome al “lusso”, e un SUV di grandi dimensioni. Il crossover è stato leggermente rinnovato durante l’estate, con l’aggiunta dell’opzione di oscuramento dei finestrini posteriori con regolazione a tre livelli. Ora in Giappone sono iniziate le vendite della berlina Toyota Century del nuovo anno modello.

Ricordiamo che questa berlina di rappresentanza a quattro porte è in produzione dal 1967. L’attuale generazione, la terza, è in produzione dal 2018. La lunghezza di questa berlina è di 5335 mm, il passo è di 3090 mm.

L’AMMIRAGLIA GIAPPONESE

In termini di design, l’attuale modernizzazione della Century non ha apportato alcuna modifica: sono stati migliorati l’equipaggiamento e il sistema di sicurezza Toyota Safety Sense. Ad esempio, il sistema multimediale con un modesto schermo da 8 pollici è ora di serie (in precedenza era un optional). Il sistema di frenata automatica ha imparato a riconoscere non solo i pedoni, ma anche i ciclisti e i motociclisti (di giorno), inoltre l’elettronica è in grado di riconoscere questi “ostacoli” anche quando si svolta agli incroci. Il sistema Proactive Driving Assist “supporta lo sterzo e la frenata” per impedire che la berlina si avvicini “troppo” a pedoni, ciclisti e auto parcheggiate.

Come in precedenza, la berlina Toyota Century è disponibile solo nella versione ibrida a trazione posteriore. Il propulsore comprende un motore a benzina V8 5.0 aspirato (381 CV, 510 Nm), un motore elettrico da 224 CV (300 Nm), un variatore elettromeccanico e una batteria al nichel-metallo idruro. La potenza complessiva è di 431 CV.

Nel nuovo anno modello, la berlina è notevolmente aumentata di prezzo. Se la Century pre-riforma, secondo i media giapponesi, costava recentemente

La Toyota ha lanciato sul mercato la sua ammiraglia a quattro porte del nuovo anno modello. La berlina è stata dotata di sistemi di sicurezza migliorati.

Nell’ottobre di quest’anno, Toyota ha annunciato ufficialmente che avrebbe trasformato Century in un marchio indipendente a tutti gli effetti, che si sarebbe posizionato al di sopra di Lexus. Allo stesso tempo è stato presentato il concept di un crossover coupé, una sorta di manifesto del marchio Century. Da allora non ci sono stati sviluppi significativi, come il lancio di un sito web dedicato o la pubblicazione dell’elenco dei paesi in cui sarà presentato il nuovo marchio di lusso: evidentemente tutto questo è ancora da venire. Per ora, le auto della linea Century continuano a far parte del catalogo della casa madre. Questa serie comprende solo due modelli: la berlina, che ha dato il nome al “lusso”, e un SUV di grandi dimensioni. Il crossover è stato leggermente rinnovato durante l’estate, con l’aggiunta dell’opzione di oscuramento dei finestrini posteriori con regolazione a tre livelli. Ora in Giappone sono iniziate le vendite della berlina Toyota Century del nuovo anno modello.

Ricordiamo che questa berlina di rappresentanza a quattro porte è in produzione dal 1967. L’attuale generazione, la terza, è in produzione dal 2018. La lunghezza di questa berlina è di 5335 mm, il passo è di 3090 mm.

In termini di design, l’attuale modernizzazione della Century non ha apportato alcuna modifica: sono stati migliorati l’equipaggiamento e il sistema di sicurezza Toyota Safety Sense. Ad esempio, il sistema multimediale con un modesto schermo da 8 pollici è ora di serie (in precedenza era un optional). Il sistema di frenata automatica ha imparato a riconoscere non solo i pedoni, ma anche i ciclisti e i motociclisti (di giorno), inoltre l’elettronica è in grado di riconoscere questi “ostacoli” anche quando si svolta agli incroci. Il sistema Proactive Driving Assist “supporta lo sterzo e la frenata” per impedire che la berlina si avvicini “troppo” a pedoni, ciclisti e auto parcheggiate.

Come in precedenza, la berlina Toyota Century è disponibile solo nella versione ibrida a trazione posteriore. Il propulsore comprende un motore a benzina V8 5.0 aspirato (381 CV, 510 Nm), un motore elettrico da 224 CV (300 Nm), un variatore elettromeccanico e una batteria al nichel-metallo idruro. La potenza complessiva è di 431 CV.

Nel nuovo anno modello, la berlina è notevolmente aumentata di prezzo. Se la Century pre-restyling, secondo i media giapponesi, costava recentemente 20.080.000 yen, per la versione modernizzata a quattro porte vengono chiesti già 23.000.000 di yen per la versione modernizzata a quattro porte vengono chiesti già 23.000.000 di yen.

Nuovo Dodge Durango 2026: Rendering Totale

Il Dodge Durango necessitava da tempo di un cambio generazionale e abbiamo deciso di presentare come potrebbe essere il nuovo Durango nello stile moderno dell’azienda.

Il Dodge Durango esiste dal 1997, quando è apparsa la prima generazione del SUV con telaio, basato sul pick-up Dodge Dakota. Nella terza generazione, introdotta nel 2010, è diventato un crossover con carrozzeria portante, tecnicamente simile al modello Jeep Grand Cherokee. Questa generazione è davvero longeva, dato che il SUV è in produzione da oltre 15 anni. Durante questo periodo, ha ricevuto numerosi aggiornamenti e diverse versioni, con l’ultimo restyling significativo avvenuto nel 2020.

Rendering Kolesa.ru

DATI TECNICI E MOTORI

Un mese e mezzo fa è stato annunciato che la prossima generazione di Durango vedrà la luce nel 2029. Non ci sono ancora informazioni sul suo aspetto e la data prevista per la presentazione è ancora lontana. Tuttavia, possiamo fare delle ipotesi su questo argomento, prendendo come base l’ultimo prodotto del marchio, il modello Charger di nuova generazione. La Durango potrebbe avere un frontale realizzato nel suo stile con fari incassati, pur mantenendo la caratteristica griglia trapezoidale del radiatore del marchio.

Il crossover ha nuovi specchietti esterni su gambe e i vetri laterali sono realizzati in un unico pezzo per un look più moderno (inoltre, le porte hanno perso i telai dei finestrini, simili alla Charger). Il dettaglio più caratteristico della parte posteriore dell’attuale Durango sono i fanali massicci che si estendono per tutta la larghezza. Il crossover mostrato nei rendering ha fanali posteriori simili, ma in uno stile più moderno.
È interessante notare che, nonostante l’età molto rispettabile del modello attuale, le sue vendite negli Stati Uniti nei primi tre trimestri sono cresciute del 16,1% raggiungendo le 54.417 unità. Tuttavia, questo dato è ancora significativamente inferiore rispetto ai suoi principali concorrenti, la Ford Explorer (160.929 unità) e la Jeep Grand Cherokee (154.221 unità). A causa dell’aumento della domanda, il crossover ha persino riportato in auge il motore V6 Pentastar di base (299 CV, 353 Nm), che era stato rimosso dalla gamma alcuni mesi fa. La gamma si basa sui motori HEMI, di cui il Durango offre tre versioni: un 5,7 litri aspirato (365 CV, 529 Nm), un 6,4 litri aspirato (482 CV, 637 Nm) e un 6,2 litri sovralimentato (720 CV, 875 Nm).
Nel frattempo, è stato recentemente annunciato ufficialmente che la nuova Dodge Charger avrà effettivamente una versione top con un V8 a benzina.

Biofuel: l’Europa potrà sostenere davvero il Carburante sostenibile?

E’ inutile girarci intorno: se per il Petrolio la contabilità e la statistica su quanto ce ne rimane per usi civili ed industriali è sempre oggetto di un alone di mistero; per la parte “bio” di addizione ai carburanti fossili la risposta è semplicemente nella terra. 

Perché non c’è trucco, non c’è inganno: le cifre stavolta le recuperi sopra la terra e non sotto; a partire dalle superfici e dalla dislocazione delle superfici coltivabili mondiali e per continuare con tonnellate e/o metri cubi raccolti, per finire con il rimpiazzo costante e continuativo delle colture prelevate per la produzione energetica. In poche parole, quello che è difficile computare in termini di filiera lo si può fare con la materia prima vegetale.

E dunque ripartiamo da qui: Biofuel, cioè Benzina “Bio” e Biogasolio: 5, 10, 25, 85, 95 per cento di componente etilica (Bioetanolo) addizionabile o sostituibile per la benzina fossile; 7, 10 e quote maggiori per cento di esteri e materia oleosa da addizionare o sostituire per il Gasolio.

Sapete cosa significa? Ma soprattutto, sapete cosa significa per un uomo della strada come sono io, non certo laureato in Agraria o professionista in tema, cercare di orientarsi in cifre e contesti di cui si sa ancora pochissimo?

Per le Benzine “Bio” a base di Bioetanolo significa riscrivere la classica classifica delle “Big Countries” del Petrolio e rifare una ideale classifica dei massimi produttori di materia prima utilizzabile per produrre Bioetanolo di prima e seconda generazione; e per fare questa classifica basta semplicemente scrollare i motori di Ricerca del Web, anche grossolanamente, sul dato del 2023:

 

La superpotenza delle risorse agricole necessarie alla materia prima “Bioetanolo” diventa così il Brasile che con con circa 950 milioni di tonnellate tra Canna da Zucchero e Mais supera l’India che tra riso e Canna da Zucchero a sua volta tocca 700 milioni di tonnellate prodotte. 

 

E’ interessante segnalare la posizione del riso come materia per bioetanolo di seconda generazione (proveniente da scarti come la pula) a fianco della risorsa storica data da uva, canna da zucchero e mais, così elencati per “anzianità” storica di ricerca e brevetti. 

 

Ed è chiaro che la classificazione più importante riguarda il bioetanolo ricavabile in forma “diretta” dalla fermentazione degli zuccheri contenuti nei soggetti agricoli elencati sopra: tra questi mais e riso sono un poco la risorsa agricola “ponte” tra uva, canna, barbabietola e topinambur (materia prima “zuccherina” se permettete la semplificazione) e la derivazione del bioetanolodall’amido dentro cui ad esempio rientra in minima parte lo scarto delle patate, ad esempio.

Piccola parentesi sul fruttosio, ma anche su materia agricola a forte presenza di amido: il bioetanolo proviene da colture “principe” ma anche da “ibride” (patate, frutta e verdura con zuccheri appartenenti alla famiglia del fruttosio, ad esempio) che non rimangono inutilizzati per altri scopi energetici ma più spesso entrano nel ciclo di lavorazione dei residui vegetali di scarto per lavorazione, ad esempio, di biogas.

Rapida classificazione per non “perdersi” tra tanti e diversi “BIO”

Ripeto, perdonate la semplificazione spicciola ma o ne parliamo così o Vi rimandiamo ai trattati: l’ultimo filone che approfondiremo è quello del bioetanolo da Fruttosio che proprio per questo non si chiama esattamente così. Viene chiamato 2,5 DMF (Dimetilfurano) e deriva in modo espresso e rapido dalla disidratazione del fruttosio che invece, per essere convertito in bioetanolo, ha bisogno di essere fermentato da lieviti e dunque comporta tempi e costi maggiori rispetto alla lavorazione di saccarosio e glucosio. 

Elemento questo che rimane centrale nella gestione del ciclo produttivo del bioetanolo: quello che si ricava più direttamente e con meno costi è ok, tutto quello che richiede tempi e costi maggiori viene spesso dirottato in altre tipologie di produzione energetica. 

Tornando alla nostra classifica di “Big Countries” per la produzione agricola di bioetanolo, il terzo Big Player diventa così la Cina che porta in dote quasi 600 milioni di tonnellate tra Mais, Canna da Zucchero, e riso ponendosi sopra gli Stati Uniti che mette dentro la sua produzione 2022/2023 circa 400 milioni di tonnellate di mais e Barbabietola da Zucchero, materia prima questa “canonica” per il Bioetanolo come l’uva ma con un importante “distinguo”: barbabietola e uva costituiscono l’asse etilico originario per l’Unione Europea ma, in primo luogo, sommando i milioni di tonnellate di tutti i Produttori Stati Membri dentro la UE per quel che riguarda Barbabietola da zucchero e uva non si arriverebbe neppure ad un terzo dei milioni di tonnellate composte di materia agricola che il solo Brasile avrebbe per il Bioetanolo; in secondo luogo parliamo, per il saccarosio (Barbabietola) come per l’uva di materia prima agricola che per la quasi totalità del prodotto alimentare principale viene consumata quasi interamente per il fabbrisogno della popolazione; e dunque utilizzabile solo per il reale scarto (potature e stralci per l’uva, foglie e melassa residuale per la barbabietola) che ovviamente dà luogo ad un distillato di bioetanolo piuttosto ridotto per tonnellata di scarto lavorato. 

Il miraggio “UVA”: ma quello che va nel serbatoio ci viene tolto di bocca

Chiaro ad esempio che, in tema di alcool e bioetanolo, l’uva è la materia prima per antonomasia. Ma in questo caso il dato interessante per il Biofuel non è l’uva in sé: troppo preziosa per il mondo alimentare, dove per la sua eccellenza consente ai dettaglianti una vendita che per l’alcool degustabile va ormai dai 6 ai 60 Euro per Litro di prezzo al pubblico; che è prodotto in quantità appena sufficienti per il mercato alimentare mondiale e che, infine, vede nelle “vinacce” di livello inferiore una predominanza nei sistemi di produzione ed elaborazione industriale sempre per l’alimentare. Dunque quel che può essere concepito come risorsa prima per il bioetanolo è al massimo la serie di scarti legati a potature, stralci e residui finali inservibili per l’alimentazione. E dunque ogni studio relativo all’uso industriale energifero di steli, bucce, semi, polpa avariata e residui di succo della produzione vinicola equivale ad una buona  notizia (ogni quintale di questo elenco di materia vegetale renderebbe fino a 30/40 litri di bioetanolo) ma anche ad una sorta di illusione: l’utilizzabilità e la rendita commerciale di questa materia per le primarie esigenze alimentari porterebbe da un lato ad una distrazione rispetto ad un canale fondamentale per la sopravvivenza e dall’altro comporterebbe una quotazione della materia prima molto alta.

Insomma, detto come sempre da uomo della strada: se consideriamo la produzione “nominale” di materia prima agricola trasformabile in “Bioetanolo” la nostra cara vecchia Unione Europea si pone al quinto posto dopo gli Stati Uniti, ma se andiamo a contare la produzione agricola realmente destinabile a Bioetanolo senza intaccare i volumi necessari all’uso sovrano ed irrinunciabile per alimentare e/o farmaceutico, la posizione della UE come produttore scivola molto più in basso. 

Parliamo, ripeto, non di Petrolio, che comunque la si voglia mettere è una risorsa che se non viene trasformata in energia serve per l’industria delle lavorazioni. Qui parliamo di materia agricola che da millenni viene usata per sfamare, cioè per una esigenza primaria; successivamente, all’alba dei tempi, ha fornito risorse per la trasformazione alimentare, farmaceutica, estetica; e che solo in un tempo relativamente recente rispetto alla sua storia viene vista come propellente. 

Parlare di mais, canna, ed altri come di materia energetica “sic et simpliciter” è sciocco. 

Quella è roba la cui eccedenza pura, quando c’è e non viene stoccata per il futuro, è comunque limitata per il mondo dei trasporti. Quella che serve per sfamarci se arriva alla canna di una pistola erogatrice ci viene tolta di bocca, o viceversa. Dunque per capire la reale disponibilità di materia prima per Bioetanolodobbiamo calcolare gli scarti ed i surplus di materia nobile.

Corte dei Conti europea: il “Bio” sostenibile rischia di non autosostenersi

Ecco un aspetto discriminante del tema “Biofuel” con Bioetanolo: la determinazione della dipendenza dall’estero di Bruxelles rispetto all’import necessario di materia prima vegetale su cui pesa, appunto, uno dei pareri non proprio entusiasti e propositivi della Corte dei Conti europea nel 2023. Torniamoci un attimo: quell’anno la Corte dei Conti lancia un “Warning” per la “sostenibilità” di un sistema di alimentazione con Biofuel in Europa, ma fa quasi sorridere una delle motivazioni alla base del giudizio dei togati europei: a pesare è anche una “assenza di prospettiva a lungo termine” che incide sulla sicurezza degli investimenti. 

Il danno oltre la beffa o la beffa per dissimulare il danno? In pratica la Corte dei Conti ha espresso a Bruxelles il dubbio che la incertezza e la precarietà programmatica – causata sempre da Bruxelles – sul futuro del motore endotermico possa impedire investimenti ed ammortamenti nella misura necessaria alla apertura che sempre  Bruxelles ha definito finalmente sulla inclusione dei Biofuels nel piano di Revisione 2026. Semplice, no? 

Bruxelles intende spingere su qualcosa che, per propria confusione strategica, mette a rischio di sviluppo. Geni veri, nelle istituzioni europee.

Dunque sul versante sostenibilità generale la Corte segnala la assenza di una prospettiva a lungo termine che incide negativamente sulla sicurezza degli investimenti; mentre per gli altri gradi di sostenibilità (ambientale, risorsa prima, economica) la Corte tocca gli aspetti della gestione delle Biomasse, i costi elevati di addizione della sostanza vegetale, ed ovviamente il problema chiave: il reale “peso” dei biocarburanti nella riduzione della CO2.

Come ricordato più volte, il programma incentivante dell’Unione verso i Biofuel parte dalla iniziativa pioniera del 2006 “Flexi-Fuel” e per il periodo 2014-2020 Bruxelles ha stanziato 430 milioni per progetti di ricerca. 

L’allarme della Corte parte però dallo stato dell’arte della diffusione dei Biofuels nell’aviazione europea: sebbene la nuova normativa ReFuelEU Aviation del 2023 abbia fissato una soglia base per i carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) al 6 % per il 2030 al lordo dei Biofuels, al momento tuttavia la capacità di produzione potenziale nell’UE raggiunge a malapena un decimo di quella cifra. 

Circa i benefici dei biocarburanti sulla riduzione degli inquinanti, la Corte esprime diversi dubbi sull’effetto potenzialmente negativo delle colture eventualmente massive per i Biofuels sulla biodiversità agricola necessaria anche alla risposta della domanda alimentare. 

Senza contare la dipendenza da paesi extra UE che aumenterebbe in conseguenza dell’aumento della domanda. Timore fondato, visto che la stessa Bruxelles che ha dichiarato guerra all’endotermico è la medesima che ha detto “si” al Biofuel che rischia di rimanere al palo per colpa ancora di quella Bruxelles che in tema “bio” si è anche accorta in un recente studio (Outlook 2018-2030) che il destino delle aree coltivabili nella UE è di contrazione e riduzione di almeno due milioni di ettari. Niente male per tutto quello che, bioetanolo compreso, deriva dalla coltivazione.

Insomma, è peggio per la UE dipendere dall’estero per il petrolio inquinante o per il Bioetanolo “ecologico”? A Voi la risposta, ed ovviamente con questo “focus” casareccio sul Bioetanolo abbiamo chiarito (o almeno speriamo) l’aspetto delle benzine “Bio”. Alla prossima, per approfondire – se volete – il tema ancora più complesso del Biodiesel.

Riccardo Bellumori

Nuova Volkswagen Taigo 2026: Rendering Totale

La Volkswagen Taigo si prepara a un restyling che segna una tappa importante nella sua giovane carriera. Presentata nel 2021 come SUV compatto dal profilo fastback, ha saputo distinguersi in un segmento molto affollato grazie a una linea più dinamica rispetto alle rivali tradizionali. Ora, con l’aggiornamento previsto per il 2025, la Taigo si evolve senza perdere la sua identità, puntando su un design più maturo e su contenuti tecnologici rinnovati.

Il frontale è stato ridisegnato con una griglia più ampia e gruppi ottici aggiornati, che introducono una firma luminosa a LED in linea con gli ultimi modelli della gamma Volkswagen. Anche il posteriore guadagna nuovi fanali e un paraurti più scolpito, conferendo al modello un aspetto più sportivo e coerente con la filosofia stilistica del marchio. All’interno, la Taigo propone materiali migliorati e un sistema di infotainment aggiornato, con schermi più grandi e software rivisto per offrire un’esperienza digitale più fluida e completa.

Rendering Kleber Silva

MOTORI E DATI TECNICI

Sul piano tecnico non si prevedono rivoluzioni: la gamma motori continuerà a basarsi sui collaudati benzina TSI, con il 1.0 e il 1.5 abbinati a cambi manuali o DSG. L’attenzione resta concentrata sull’efficienza e sull’equilibrio tra prestazioni e consumi, mentre gli aggiornamenti riguardano soprattutto la dotazione di assistenza alla guida e la connettività.

Il restyling della Taigo ha un obiettivo chiaro: rafforzare la competitività del modello in un mercato dove rivali come Ford Puma, Renault Arkana e Toyota Yaris Cross spingono forte. Volkswagen punta a consolidare il successo ottenuto finora, offrendo un SUV compatto che unisce praticità e stile, con una linea fastback che rimane il suo tratto distintivo. In definitiva, la nuova Taigo non stravolge ma affina, rendendosi più accattivante e pronta a conquistare una clientela giovane e attenta al design senza rinunciare alla sostanza.

La nuova Volkswagen Taigo restyling arriverà a fine 2026.