Le avvisaglie sono fin troppo evidenti: la guerra commerciale nel comparto Automotive non è più tra Costruttori contrapposti (Marchi o Gruppi che siano) oppure tra “scuole” a confronto (scuola americana, europea, giapponese, etc….). La guerra è diventata globale e si combatte tra dimensioni continentali.
Vecchia Europa, Stati Uniti, Giappone sono i Continenti “storici”; Corea e diverse aree dell’Asia sono i “Rookies” da radarizzare nella loro evoluzione; la Cina è la vera “Big Country” del nuovo Millennio capace di far impallidire con la sua produttività ed aggressività commerciale l’intero Occidente e che, in prospettiva, potrebbe persino “familiarizzare” con altre dimensioni di mercato continentali.
Sudamerica e Canada sono eterne promesse in via di decollo: lo è di sicuro il Sudamerica che addirittura pone agli Usa il patema di una nuova colonizzazione cinese del mercato auto; ,mentre il Canada rimane fortemente ancorato ai rapporti con l’Occidente.
Poi c’è l’India, altra perenne eterna promessa e mercato potenziale da alcune centinaia di milioni di nuovi automobilisti entro un decennio; India che però non ha ancora ingranato la marcia per affrontare la salita decisa di volumi produttivi e che tuttavia, vista la progressione del settore Aftermarket, tutti pensano ormai prossima ad una motorizzazione di massa.
Infine rimangono sotto esame le realtà “sgranate” e necessarie di nuova definizione: area balcanica prettamente localizzata intorno alla Russia compresa questa stessa Nazione, dove ci sarebbe mercato potenziale che fa gola a tanti e dove i protagonisti eletti alla nuova motorizzazione di massa dipendono non tanto dal mercato ma dalla robusta serie di relazioni politiche.
Un sistema commerciale ed un ambito di mercato a metà tra sviluppo teleguidato dal potere politico, evoluzioni socio-culturali in essere o al contrario sviluppo territoriale vincolato ad un nuovo colonialismo è di certo l’area piuttosto esplosiva del Medio Oriente, diviso in due aree: da un lato un mercato “Top Premium” di già attualmente composto da milioni di supernababbi che da soli detengono il 40% del fatturato mondiale legato a Hypercar ed auto di lusso estremo; dall’altra una potenziale domanda popolare di diverse decine di milioni di abitanti ancora privi di un’auto per trasporto personale.
Chiuderei con l’Africa: mercato che dal 2035 presenterà una dimensione unificata da 55 Stati membri, forse una moneta di struttura “Cryptovaluta”, ed un miliardo e duecento milioni di abitanti in prospettiva il 45% dei quali in età lavorativa. Significa, in soldoni, una potenzialità di almeno mezzo miliardo di nuovi aquirenti di auto.
C’è ancora bisogno di un “mercato globale”?
Fa sorridere di doverosa compassione la proiezione a dieci o venti anni dei numeri di mercato a disposizione dell’Occidente: da noi in Europa parlano fin troppo bene i tassi di natalità che vedono una popolazione sempre più vecchia e – certamente – più bisognosa di mobilità assistita, ma certo anche di mezzi di mobilità più urbana che altro, magari assistiti da dispositivi di Guida Autonoma e di servizi di tipo “M.a.a.S – Mobility as a Service” separati da processi di acquisto veri e propri; una popolazione lavorativa sempre più legata all’immigrazione di stranieri provenienti dai Continenti elencati prima e che dunque potrebbero consumare il loro acquisto od utilizzo dell’auto fuori dai confini europei.
Insomma, se dal 2035 l’Europa a 27 (sempre che rimanga in piedi) potrà continuare a proiettare una domanda potenziale di circa 15 milioni di nuove auto all’anno sarà sempre di più per effetto dell’immigrazione da un lato e dei sistemi organizzati di mobilità dall’altro; di “Passenger Cars” per il Cliente tradizionale se ne vedranno sempre meno anche perché l’enorme bacino di Usato riciclabile e sostenibile surrogherà molta domanda potenziale di nuove auto.
Rimangono, certo, i grandi numeri potenziali del settore Aziendale di un Vecchio Continente ancora pieno di Ragioni Sociali e di Imprenditoria individuale; ma rimane da capire che effetto avrà il possibile Shopping estero conseguente alle tante crisi socioeconomiche dentro all’Unione; Shopping al quale gli Stati Membri potrebbero presto opporre una nuova nazionalizzazione delle Aziende strategiche: Difesa, Trasporto, Comunicazioni in primis. E ad ogni prospettiva di neonazionalizzazioni si associa sempre un atteggiamento di chiusura e “blindatura” dei mercati interni dalla concorrenza estera.
Se in Europa questo avverrà sarà solo per l’ottimo esempio che la liberalissima e leale America sta insegnando al mondo: “Cari ragazzi, io chiudo i cancelli, affanculo il diritto alla concorrenza, il mercato globale e la neutralità dello Stato. America at First, e se serve noi blindiamo tutto e vi saluto auto di importazione: casomai Washington è disponibile a parlare di nuovi insediamenti esteri qui da noi; ma con Sudamerica e India in prospettiva le Imprese Made in Usa hanno da mangiare per il prossimo mezzo secolo”.
E dove America ed Europa volessero mettere il timbro “National Security” su un comparto di mobilità destinato ad un mercato interno di almeno mezzo miliardo di cittadini residenti, si dovrebbe poter parlare di nuova “Mobilità di Stato”. Cosa intendiamo dire?
Molto semplicemente che a scanso di quello che amano dire opinion makers molto distratti, l’Automotive occidentale non è mai stato un libero mercato. Casomai è stato un quadrangolare di lotta libera molto ben perimetrato e sorvegliato dalla politica. Questo per il semplice motivo che lo sviluppo del mercato Auto è stato svolto, in Occidente, secondo cinque “ere” commerciali e politiche ben precise.
Si inizia nello spazio di pace tra prima e seconda Guerra mondiale quando la politica nazionale dei principali Stati europei ed Americani svolge il ruolo di grande acquirente di sistemi e prodotti auto per la mobilità.
La diffusione popolare dell’auto, ovvero di massa, è una chimera in diversi Stati europei mentre cresce molto più accentuata negli Stati Uniti. Ma il vero “trust” tra Industria auto e politica è nelle forniture militari, vista la domanda e visto il periodo. Gli impianti produttivi sfornano motori per mezzi terrestri, navali ed aerei, le fonderie producono parti di carrozzerie e lamierati per aerei, navi, mezzi blindati e di supporto logistico. Eserciti e Governi pagano bene e regolarmente, all’inizio, le forniture. Poi arriva la fine della guerra.
Ed entra in campo la seconda era: quella della mobilità per le masse popolari, grazie soprattutto a tre grandi supporti: i piani Marshall di ricostruzione industriale in Europa, la diffusione dei brevetti automotive ceduti ed intermediati come pegno di guerra, ed infine la diffusione del petrolio raffinato come combustibile fossile unificato
L’auto occidentale si è diffusa con l’industria bellica all’inizio: ritorno alle origini?
Ovviamente la diffusione industriale di stabilimenti, magazzini e la prima movimentazione di supply deriva dalla rete dell’industria bellica riconvertita e spesso ceduta dai Governi in cambio di specifici impegni a piani di assunzione operaia
Dall’altro lato i Costruttori che decidono di entrare nel mondo Auto e che provengono da altri settori sono centinaia in tutta Europa, convinti da un prevedibile boom della mobilità privata che , va detto, è costosissima: i neo-Cojoners di ogni età che speculano sul presunto aumento dei listini odierni provassero a proporzionare il prezzo di acquisto di auto popolari europee di oltre settanta anni fa con i salari medi che venivano pagati in Europa.
La terza era: la diffusione esponenziale dell’auto diventa un ramo di attività per il credito e gradualmente il peso del controllo diretto od indiretto della politica e del settore pubblico si ricompone in modo diverso Paese per Paese. Si arriva alla composizione di Marchi diversi e delocalizzati dentro Gruppi internazionali, l’Automotive occidentale si ramifica in Sudamerica, Canada, Australia, Africa mentre il Giappone si estende in Asia e Corea.
Sempre e comunque il mondo industriale auto occidentale può solo scambiare affari e licenze costruttive in Cina ed URSS, mentre inizia la saga delle Nazioni emergenti ed a basso costo di produzione. Nessuno sa forse con esattezza come si comportassero e quali attese ispirassero quelle aree protette da cortine imperforabili di segreto e silenzio qualora fossero diventati mercati globali.
La quarta era inizia proprio da quando aree del mondo pesanti tre volte l’Occidente unito si aprono, virtualmente, al mercato occidentale. Non tanto perché è l’Occidente a imprimere il suo “footprint” su questi mercati ma semplicemente perché l’apertura dei blocchi ad oriente ed Est risulta alla fine molto più perniciosa per l’Occidente rispetto ai vasi chiusi che c’erano prima. La finanziarizzazione del sistema di vendita da fattore positivo di sviluppo diventa un potenziale motivo di default. Il settore auto finanzia una esplosione di acquisti che paga la sua effervescenza con una esposizione creditizia che i Costruttori in lotta tra loro non controllano emettendo derivati e strumenti di rischio a livello Alert.
Siamo alla quarta era: quella passaggio dall’automobile “ANALOGICA” ovvero meccanica/endotermica con strumentazione si supporto classica a quella “Digitale”: Connettività globale, Ricarica elettrica. Guida Autonoma, materiali rari, Blockchain, accumulo in Corrente continua e tanto altro pronto a finire nelle mani di clienti privati. Siamo sicuri??
Cioè, siamo sicuri che quando parliamo di “guida autonoma” od intelligente di armamenti e mezzi militari stiamo parlando di altro riferendoci alle auto private od a mezzi di trasporto organizzato merci e persone?
Quando parliamo di “sovraffollamento” di rete e di eccesso di IoTin circolazione nel mondo, possiamo astrarre dal tema Automobile che – in proiezione – dovrebbe aumentare il suo parco circolante di diverse centinaia di milioni di nuovi punti in movimento nel globo?
Quando ci dovessimo trovare a parlare di centinaia di milioni di auto elettriche nel prossimo futuro, con annesso pacco batterie in una potenziale sharing Community, sicuri che quel carico di energia in movimento resti o debba restare estraneo al bene collettivo?
E in una dimensione industriale globale in cui dovunque il recupero e il riciclo saranno inevitabili e significativi anche per i dati macroeconomici di ogni Paese ed area continentale, sicuri che lasciare al privato il doppio delle incombenze di proprietà dell’auto (acquisto e gestione da sempre, ma recupero e tracciatura sono di fatto nuove incombenze) sia il passo ideale?
“Mobilità di Stato” per ottimizzare il mercato auto
Ed ecco forse l’idea inconfessabile della politica occidentale: pervenire ad una “Mobilità di Stato”associata alla quinta definita era: quella dell’Industria automobilistica che si trasforma in dimensione di “Mobility Providers” non più solo al servizio del Cliente finale ma come “ponte” di servizio verso territorio e dimensione collettiva da un lato e Cliente finale dall’altro.
Questo significherebbe un rapporto tra Governo pubblico e Utilizzatore privato visualizzabile in un perpetuo Noleggio senza proprietà contraddistinto da una presenza attiva del settore pubblico nella erogazione, controllo e regolamentazione di prodotti e servizi di mobilità. E forse questo motiverebbe il “link” genericamente destabilizzante che Bruxelles e Washigton che hanno recentemente appaiato il destino dell’Industria Automotive a quella militare,
questo darebbe inoltre più “sale” alle indiscrezioni a mezzo stampa sull’uscita di Luca De Meo da Renault, per alcuni motivata dallo “strappo” tra De Meo e Macron sulla ipotesi di assegnare alla Renault la produzione di Droni.
Questo scenario infine darebbe vita, in tema di futuribili strutture “Blockchain”, alla visione più che plausibile di sistemi Blockchain continentali e non solo industriali per ciascun Gruppo Costruttore.
Da questo, infine, potrebbe derivare una nuova “perimetrazione” dei diversi mercati auto non secondo divisioni doganali ma secondo i livelli di comunicazione tra Blockchain diverse.Il che, con grande sollievo e gioia di alcuni Leader politici e di tanti Costruttori, significherebbe la fine del mercato globale ed il ritorno a mercati continentali protetti semplicemente da crittogrammi diversi tra loro.
Ecco perché, a pensarci bene, l’Auto e la mobilità di Stato in Occidente è molto più vicina di quel che si può razionalmente immaginare.
Riccardo Bellumori