Non solo DACIA: breve storia delle Low Cost in Europa

Un fenomeno tipicamente Made in Usa e trapiantato in Gran Bretagna ha poi visto una progressione nel resto dei mercati europei. Una breve storia, per vedere come anche in questo caso l’Italia ha spesso precorso i tempi.

Auto e marchi Low Cost – Se cerchiamo l’antenata di tutte le Auto Low Cost la testimonial è lei: Ford T”, con la sua produzione in Catena di montaggio e l’allestimento essenziale ha partecipato alla motorizzazione di massa dell’America. Se cerchiamo una diretta consanguinea in Gran Bretagna troviamo invece la “Austin Seven”, vetturetta appositamente studiata per essere venduta a prezzi popolari. Nel 1922, appena uscita, fu lanciata a 225 Sterline di prezzo, per poi scendere a sole 165 Sterline sei mesi dopo. Fu venduta in ben 2500 unità già solo al primo anno e fu prodotta su licenza in diversi Paesi: persino in Germania la prima auto BMW, la Dixi, era una Seven costruita su licenza.

In Francia le “Low Cost” furono rappresentate essenzialmente da Citroen2CV” e dalla “R4Renault: ma entriamo in un ambito un poco “disambiguo”, se consideriamo in generale le realizzazioni di auto “basiche” come generiche offerte “low Cost”.

Perché in effetti, già dall’inizio del secondo dopoguerra, la prima motorizzazione di massa è dovuta essenzialmente ad auto economiche (le Goggomobil e le Messeschsmitt in Germania, le “Bubble Car” in Inghilterra, persino in USA si affacciarono realizzazioni economiche di versioni di serie, mentre in Italia capostipite fu la Fiat “Topolino”) che pertanto costituirono un vero e proprio segmento di mercato.

Si fa presto a dire Low Cost. Una definizione tecnica

Cerchiamo di definire un concetto di Low Cost, perché in effetti in caso contrario rischiamo di far entrare nella categoria ogni tipo di auto economica prodotto in ogni parte del mondo.

Tecnicamente, secondo la dottrina “scientifica”, l’auto Low Cost è un modello che all’interno di una Gamma canonica di un Marchio “interrompe” proprio questi canoni offrendosi come alternativa di basso costo alla stessa produzione di serie.

Oppure, nel caso di Marchi “Low Cost” veri e propri, parliamo di Costruttori che volontariamente producono modelli in una Gamma proposta in versione semplificata ed essenziale per ridurre il prezzo finale.

Una curiosità? Una vettura tipicamente Low Cost in America è quasi sconosciuta: è la “Frazer Henry J” del 1950: unico corpo vettura, due motori e pochi accessori per un prezzo finale di soli 1.300 Dollari.

Il Boom economico mondiale continuativo dal Dopoguerra fino alla prima crisi energetica di fine anni ’60 portò un poco in ombra il settore “Low Cost” grazie ad una generale maggiore disponibilità economica dei Consumatori. Per questo a espandersi fu soprattutto il settore delle cosidette “utilitarie” e medie: nel 1960 le motorizzazioni più vendute andavano dai 490 cc. ai 1100 cc. Dai 1600 cc. in su si passava praticamente nel settore delle “Ammiraglie”.

Le “Low Cost” atipiche: DAF ed Audi

Fino alla sua esistenza in vita, un Marchio inusualmente “Low Cost” fu la olandese DAF che proponeva il primo cambio Variomatic che permetteva di acquistare a basso costo una vettura a cambio automatico. Altra concezione di “alternativa” a basso costo la offrì la Volkswagen con il nuovo Marchio “Audi” che si propose all’inizio come alter-ego economico nel settore di lusso contro Mercedes e BMW.

Arriva la crisi energetica: si torna a risparmiare

Dal 1970 la crisi energetica porta i Costruttori a rilanciare due settori di mercato: le motorizzazioni Diesel (con Peugeot che offre addirittura già un motore a Gasolio di soli 1300 cc.), ma anche una nuova ventata di “Utilitarie”, proposte anche per controbattere la Best Seller Austin “Mini Minor”.

A partire dalla antesignana “Autobianchi A112” passando per la “Renault 5”, la “Peugeot 104”, la “Fiat 127”, le “Audi 50” e “Volkswagen Polo”, “Ford Fiesta”, “Citroen LNA” ed “Innocenti Mini 90”, il mercato viene invaso da “City Car” da 850 cc. fino ad un massimo di 1300 cc. La motivazione è però più quella di ridurre i consumi e di proporre la cosidetta “seconda auto” piuttosto che proporre una vera e propria offerta “Low Cost”. Per questo dobbiamo attendere ancora qualche anno……

Anni ’80: le Low Cost che non ti aspetti, SEAT e FIAT apripista in Europa

La nuova esplosione del mercato Auto negli anni ’80, con la seconda crisi energetica che rilancia le nuove generazioni a Gasolio e di nuovo modelli piccoli e medi, comincia anche a vedere in Europa il frutto della prima globalizzazione: dalle piccole giapponesi, alla Hyundai “Pony”, passando per Skoda e Seat.

Proprio dal marchio spagnolo parte la prima vera iniziativa “Low Cost” in Europa: rotto l’accordo con Fiat, la Seat fino all’ingresso di Volkswagen in capitale “rimaneggiò” i modelli torinesi (Panda, 127, Ritmo) costruiti su licenza e per due anni esportò in tutta Europa delle vere e proprie “Low Cost” – Seat Marbella, Fura e Ronda – realmente economiche. Basti pensare che rispetto alla Fiat Panda la Seat “Marbella” costava ben il 15% in meno!!!

Per questo, anche per fronteggiare in primis la concorrenza inaspettata della Casa spagnola, Mirafiori decise di affiancare al lancio dei nuovi modelli di inizio anni ’80 (Panda, Uno, Ritmo II Serie, Regata) anche la continuità seriale dei vecchi modelli, e su questo Fiat fu una primizia: negli anni ’80 generalmente i vecchi modelli usufruivano di campagne di “Sellout” con prezzi ribassati anche del 30% per favorire lo smaltimento degli Stock. Ma spesso questa tecnica frenava le vendite dei nuovi modelli (fu il caso clamoroso della “Sierra” affossata inizialmente dal sell-out della Taunus). Fiat fu la prima Casa europea a prolungare anche per anni la vendita delle vecchie serie: il caso della “128” e della “127 unificata” vendute fino al 1985 a soli circa 9 milioni di Lire, e della “126 Personal Unificata” della FSM polacca.

Per fronteggiare invece le nuove aggressioni dalla Corea e dall’Est europeo (Lada Samara e Skoda Favorit), la Citroen lanciò per la prima volta in Europa un “innesto” di vettura Low Cost di altro Marchio (operazione che negli USA era decisamente più usuale): era il 1984 e fu commercializzata la “AXEL” derivata da un prodotto della rumena Oltcit.

Prima di Francia, Cina ed India, il Marchio Low Cost 100% europeo: Innocenti

Facciamo appena in tempo a vedere in Europa uno dei primi esempi di auto “Low Cost” di marca giapponese (la indiana Maruti 800 brandizzata Suzuki) dal 1991, che Fiat fresca proprietaria di Innocenti decide – purtroppo – di destinare il Marchio di Lambrate al primo Brand Low Cost d’Europa. Per fare questo smantella le strutture industriali del Marchio ed opera semplicemente una “rimarchiatura” di modelli provenienti dalla Galassia Fiat: Koral, Elba e Mille sono le ultime uscite del Marchio prima della chiusura: modelli di sicuro economici ma troppo sottotono ed anonimi per risultare appetibili.

Fiat fa ancora in tempo a lanciare la “Palio” prima che Renault proceda dal 2005 con il lancio in pompa magna di Dacia.

Che con l’arrivo di Tata, Mahindra e dei primi Marchi cinesi con le SUV economiche traccia una storia ben conosciuta. Per chiudere, ricordiamo la guerra in casa tra le “low Cost” Renault Clio Storia e Peugeot 206 Plus. Prima dell’avvento della nostra Fiat “Tipo”. A questa breve sintesi storica segue una semplice domanda: dove è finito il mercato delle auto “Low Cost”? Ed è possibile ipotizzare un mercato “Low Cost” per il nuovo mercato delle auto elettriche? Belle domande…

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