DieselGate: i danni per l’Italia potrebbero non essere finiti

Lo scandalo delle emissioni truccate – ormai è storia più che cronaca – individua il Gruppo Vw come primo e più evidente responsabile in modo imbarazzante – sia per il metodo che per i numeri, di quella che tuttavia si è poi appalesata quasi come una “prassi” condivisa tra diversi Players del mercato Auto globale. Per effetto dello scandalo, e della campagna mediatica di demonizzazione dell’alimentazione a Gasolio, si sono avute diverse conseguenze.

La prima, diretta sulle diverse Case colpite dai provvedimenti governativi, è stato ovviamente di tipo “giuridico – sanzionatorio”, mentre alterni sono stati gli effetti che ciascun Marchio ha potuto registrare sui numeri di produzione ed immatricolazione annua. La flessione di vendite nei principali mercati europei registrata l’anno scorso, quando praticamente poco più di una auto su tre immatricolate era a motore Diesel, è stata parzialmente tenuta a bada dalla vitalità del mercato Usato e dalla continuata richiesta proveniente dall’Est Europa.

AFP PHOTO / TOBIAS SCHWARZ

Effetto questo che perlomeno a livello di Componentistica e di Autoriparazione ha compensato per Dealers e Distributori il crollo di valore dello Stock di Usato, evitando contemporaneamente il Default nei valori di Magazzino Ricambi e l’esigenza di riqualificare ed i riprogrammare il Know How di officina.

E fin qui, possiamo dire, siamo d’accordo su quanto è avvenuto e su quanto di peggio poteva succedere, ed in effetti non è successo.

Ed a fronte di questo excursus storico, addirittura alcuni comparti industriali, come ad esempio l’impiantistica a Gas nonché la tecnologia e la componentistica “Green”, hanno potuto godere di un buon periodo di rilancio e di espansione proprio perché individuati come alternativi alla motorizzazione Diesel. Tra i territori industriali “beneficiati” da questo effetto secondario generato dal Dieselgate, possiamo addirittura includere l’Italia. Basti pensare ad esempio agli Installatori e Produttori di Impianti a Gas, tra i quali l’Italia annovera uno dei primi Top Players mondiali; pensiamo anche agli effetti sul comparto delle energie rinnovabili e specificatamente del “BioGas” dove l’Italia è tra i primi produttori. E non trascuriamo la capacità e la ripresa di produttività di piccole Imprese, Reti di Impresa, Distretti dedicati e costituiti nel Paese intorno alla tematica della mobilità elettro/Ibrida.

Tutto bene, dunque? No, assolutamente.

Per intanto, il futuro incerto e confusionario del mercato auto europeo, di sicuro non aiutato dallo stato confusionale della Commissione, non agevola di certo la ripresa di valore del Parco circolante nazionale, ancora in maggioranza costituito da mezzi a Gasolio. E la perdita di valore, se non addirittura l’inabilità di gran parte del Parco circolante sarebbe in primis una perdita patrimoniale per cittadini ed Imprese titolari.

Ma poi in Italia la questione “Dieselgate” e lotta al Diesel riguarda in primis alcuni Gruppi, nazionali ovvero a vocazione nazionale ovvero insediati sul nostro territorio, la cui produttività è dipesa e dipende tuttora dai numeri del motore a Gasolio sul mercato.

E più che di FCA, che sul DieselGate combatte tuttora un battaglia di carte bollate con l’amministrazione Usa, sono altri i protagonisti da ricordare.

Il dieselgate in Italia

Come detto, da noi come in altri Paesi una frana ulteriore sul mercato Diesel avrebbe effetti nefasti e diretti sulle Flotte, sul Long Term Rent (rischio svalutazione di una fetta del parco auto, difficoltà di programmazione ordini, contestazioni e rivalsa sui contratti in corso) ed ovviamente sulla vendita del Nuovo, che in una fase di rinnovata criticità del mercato dopo una crisi epocale come quella del Crack Lehman, non sarebbe salutare.


Ricordo però che limitatamente alla galassia Volkswagen (la prima vittima di quel DieselGate), nel nostro Paese noi ospitiamo dei pilastri industriali del Gruppo tedesco (Lamborghini, Ducati ad esempio) oltre ad una rete di Dealer ed Officine dirette, con tutto il rischio di ricaduta su impiego ed indotto sul territorio.

Poi c’è la filiera della Supply Chain e della subfornitura legata alla galassia Vokswagen; ed eventualmente pensiamo alla Bosch (in Puglia ha il più grande complesso della Regione), la regina incontrastata della componentistica e delle apparecchiature legate al “Common Rail” che riceverebbe una “botta” non indifferente da uno stop al Diesel e da un nuovo calo del mercato globale.

Infine c’è la questione VM di Cento: la fabbrica passata al 100% nel 2013 nelle mani di Fiat è il fiore all’occhiello della produzione nazionale di motori Diesel.
Nata nel 1947, ha montato il suo primo motore per auto nel 1979 sull’Alfetta e, per nemesi storica, nel 1990 presentò il Turbotronic, definito “il Diesel più pulito del mondo”.
Chiaro che se si tratterà di acquisire quote di mercato lasciate temporaneamente libere da VW/Audi la VM farà la sua brava parte, ma se al contrario dovesse materializzarsi un Armageddon mondiale sul mercato dei Diesel, anche a Ferrara se ne sentirebbero gli effetti in modo nefasto.

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