Se fino ad oggi, parlando e raccontando del comparto Auto su Autoprove.it, mi sono inimicato diversi “Guru” di settore, Opinion Makers e soprattutto futurologi e chiromanti è perché da ex venditore di automobili ho imbastito così tanto di inutili slogan e mantra la mia esperienza professionale da suscitarmi effetti allergici il sentirli ripetere ad ogni ogni piè sospinto per cercare di raccontare il presente ed il futuro del mondo auto. Era il 2011 ed una rinomata Società di Ricerca presentava urbi ed orbi le risultanze di una prestigiosa analisi che ovviamente è stata penosamente toppata, con grande piacere per i committenti: al 2025 ci sarebbe stato un buon 30% di BEV circolanti in Europa. Me lo ricordo bene il tono della ricerca, ed infatti ne copiai il Link ed il testo “screenshottato”, in caso un giorno avessi trovato qualche incredulo.
Nel tempo, i cattedratici del “Tuttoelettrico” si sono rifugiati nel “Mobility Provider” e infine nel “C.A.S.E” (Connected, Autonomous, Shared, Electric) dimostrando davvero di riuscire a comporre al massimo ragionamenti del…….”CASE” appunto.
Ma quello che ha sempre, erroneamente, catalizzato l’attenzione di media ed opinionisti è stato il semplice dato aritmetico di fine anno: quante ne abbiamo vendute, di nuove?
Tipico approccio da bancarellari di rango, da anni avvezzi a dialogare con la rappresentanza più alienata del Management auto, quelli che Giotto Bizzarrini avrebbe chiamato “capetti” e che io in tempi non sospetti ribattezzai “Succursali umane di Filiali periferiche”: in pratica tutti i “piramidati” sottoposti che in regime di vincolo gerarchico avevano un mero ruolo manageriale locale di facciata, essendo invece costretti da perfetti sottopancia ad attendere – al fine di poter operare scelte, decisioni ed azioni – che il loro diretto superiore uscisse dal bagno mattutino per emanare le direttive quotidiane. Ma anche su questi aspetti, la considerazione che posso avere su larga parte
A loro diciamo grazie per aver mandato a fondo la bagnarola Automotive europea. Di fatto rimasta a galla, negli anni della crisi nera, più per grazia del supporto finanziario ed operativo del settore Aftersales che delle mirabili performances di vendita del nuovo
CLEPA lancia l’allarme: rischio marginalità e timore di “Marginalizzazione” nel mondo
Di questo comparto aftersales la parte più redditizia e stabilizzatrice era quella della componentistica rappresentata da colossi di settore che tuttavia, da un certo tempo a questa parte, hanno ripreso una antica abitudine (o vizio???) di “rifugiarsi” dove la vita costa meno: come una qualunque famigliola media del mondo che, per insostenibilità del tenore di vita metropolitana si rifugiano in Provincia: meno cinema, meno farmacie e distanze maggiori, ma almeno si arriva a fine mese. Non so quanto sia stata finora la difficoltà del fine mese per nomi come Bosch, Valeo, Mahle, Marelli o Brembo. Ma a parlare per loro è intervenuta la CLEPA (Associazione di Categoria dei Suppliers continentali) che ha denunciato la fase critica dei diversi associati che nel territorio europeo soffrirebbero capacità di investimento limitate e costi di produzione in crescita, compromettendone la posizione di leader internazionali. Con soglie di redditività molto basse sia nel 2023 che l’anno scorso, le Imprese della Supply Chain europea faticano a conseguire margini di profitto appena superiori al 4%. Eppure il surplus commerciale esportato anche fuori dalla UE (soprattutto verso USA, GB, India ed Africa) e il freno all’import cinese iniziato in realtà dopo il famoso 2020 sono gli unici elementi positivi che non sortiscono proiezioni positive e favorevoli sul futuro dei Top Suppliers automobilistici europei: perché da un lato tra UE e Cina si è ridotto anche l’export europeo di componenti, macchinari e servizi aftersales verso il Paese del Dragone; e poi esiste il rischio che il trend di importazione in UE di componenti cinesi “concorrenti” possa riaffiorare e crescere.
In più, anche se dal lato puramente simbolico, i Supplier dell’Unione sommati tra loro costruiscono insieme il Continente Leader sino a ieri sul mercato della componentistica mondiale, ma questo risultato si consegue anche dalla fitta rete produttiva extra UE, e questa è la conseguenza di quell’esodo di cui parlavo prima.Paradossalmente i 56 miliardi di Euro di produzione continentale esportata (dati Clepa) rivelano buone notizie e rischiosi sviluppi: l’aumento dell’import “elettrico” che rende anche l’industria europea vincolata al monopolio asiatico. Il surplus commerciale europeo lordo di 5,7 miliardi di Euro del 2023 si abbassa a 3,1 miliardi se inseriamo la contabilità dell’Import elettrico. E solo nel 2021 la stessa CLEPA aveva festeggiato la pronta risposta dei Suppliers continentali che post Lockdown avevano registrato un surplus produttivo esportato pari a circa 20 miliardi di Euro.
La salute del settore si vedeva, fino a ieri, anche nella spesa complessiva in R&D che i suppliers europei impegnavano in media del loro Bilancio: il 32%, che ci ha visti fino ad oggi seguire i soli Stati Uniti (33%) precedendo Giappone e Cina. Ma non è solo la situazione di Batterie e semiconduttori a impensierire l’Aftersales e la Supply Chain europea. Ad impensierire il settore torna un vecchio spettro: quello della delocalizzazione, che rappresenta il risultato di computo della accensione di nuovi investimenti extra UE contro le riduzioni di operatività dei siti continentali dei nostri Player di settore. Le ombre di un nuovo esodo, come quello che si sviluppò circa un quarto di secolo fa si riproiettano insidiose nascondendo oggi una pesante caratteristica: non è più un esodo di opportunità come quello che all’epoca fu avviato per raggiungere e conseguire nuovi obbiettivi industriali e nuove opportunità legate ai mercati appena aperti in Asia ed Est Europa.
Si chiude in Europa, si apre dall’altra parte del mondo: colpa solo dell’Elettrico?
Stavolta questo pare davvero un esodo di necessità legato alla contrazione contemporanea di mercato interno, di margini e soprattutto di tenuta degli investimenti. Alcuni esempi? Valeo ha da poco aperto un nuovo stabilimento produttivo in Cina per supportare la rivoluzione dei veicoli definiti dal software: sito a Shanghai, il nuovo stabilimento si concentra sulla ricerca e sviluppo e sulla produzione di controller di dominio e sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS); e per la prima volta nella storia, il 2024 segna l’anno in cui i supplier francesi hanno investito più risorse all’estero che in Patria, secondo una ricerca del Rhodium Group. Quest’anno la situazione appare peggiorata dalla guerra dei dazi avviata da Trump. Secondo i dati raccolti da Rhodium Group, think tank statunitense, gli investimenti diretti esteri cinesi nella filiera dei veicoli elettrici sono saliti a una media annua di 30,4 miliardi di dollari nel 2022-2024, rispetto agli 8,5 miliardi di dollari del 2018-2021: contemporaneamente il valore degli investimenti interni cinesi nella filiera dei veicoli elettrici è crollato da 94 miliardi di dollari nel 2022 (un picco) a soli 15 miliardi di dollari l’anno scorso.
Anche la “nuova” multinazionale Marelli, un tempo azienda della galassia FCA, starebbe già espandendo la sua presenza nella provincia dell’Anhui, installando nuove linee di produzione e lanciando nuovi prodotti in Cina per aumentare la capacità produttiva.
Secondo il Management la Cina vanta l’ecosistema della mobilità più dinamico e in rapida evoluzione al mondo, con cicli di produzione più brevi, aspettative dei clienti più elevate e un’innovazione costante rispetto ad altri Paesi. Marelli gestisce attualmente otto centri di ricerca e sviluppo e 17 stabilimenti in Cina, impiegando circa 5.000 persone. Non c’è solo la Cina: lo scorso anno Stellantis ha anche acquisito il 70% del principale distributore brasiliano di ricambi per auto “ComercialAutomotiva/DPaschoal” (oltre 120 punti vendita al dettaglio e 28 centri di distribuzione in tutto il Brasile) e questo rende Stellantisil più grande distributore indipendente di ricambi in Sud America. La consolidata attività di Comercial Automotiva/DPaschoal offre anche servizi specializzati come prodotti finanziari e formazione professionale. Mentre in Cina il Marchio Aftermarket compontistadi Stellantis, Distrigo, in Cina sta migliorando l’accesso ai canali di fornitura di ricambi post-vendita acquistando tre distributori indipendenti per diventare il quarto distributore di ricambi più grande del Paese”.
MAHLE invece produrrà in Cina convertitori DC/DC per i futuri veicoli elettrici a batteria di un produttore automobilistico internazionale, per un volume contrattuale di 200 milioni di euroed una produzione che inizierà nello stabilimento di Changshu nel 2028
Siemens invece dal 2023 sta investendo attivamente nei settori automobilistico e high-tech cinesi, concentrandosi su digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale, con iniziative significative come l’espansione da 140 milioni di euro del suo stabilimento digitale di Chengdu e un nuovo centro di ricerca e sviluppo a Shenzhen per il motion control.
Persino un Marchio storico nella subfornitura e componentistica come Champion (oggi proprietà di Knight Auto Precision Engineering Pte Ltd (“Knight Auto”, Gruppo Templewater) apre con questo ingresso nuovi scenari al proprio Business.
Purtroppo questa contabilità di nuove risorse avviate nei territori extra UE comporta anche conseguenze negative per i Player continentali: Bosch sta continuando a tagliare nei suoi Stabilimenti europei, con una prevista perdita di 22000 risorse umane entro il 2030 in Europa. Eppure nel 2024 Bosch ha anche aperto nuovi siti in Cina e investito un miliardo di Dollari in R&D per nuove soluzioni per veicoli elettrici e guida autonoma a Suzhou.
Questo un panorama che vede, o meglio ha visto già, anche chiusure ed accorpamenti di magazzini e impianti di produzione in Italia ad opera delle iniziative di Stellantis con i magazzini Mopare con la cessione di Assets industriali un tempo cardine del Know How industriale italiano nel settore.
Quanto tutto questo è colpa dell’elettrico? Per me molto poco, e dico questo tornando ai parrucconi e supercazzolaridell’informazione e del dibattito scientifico di settore in Italia ed Europa. Ad uccidere la Supply Chain e la subfornitura nell’Aftersales europeo ed italiano il convitato di pietra elettrico c’entra ma marginalmente: a danneggiare irreversibilmente la rete dei Suppliers europei entrano in gioco due dinamiche perverse accese dalla stupidità istituzionale europea e degli opinionisti di settore: la guerra idiota al Diesel post 2015, con una tiritera durata almeno un lustro nel quale si è recitato da più parti il “De Profundis” al motore a Gasolio; ed infine, chiaramente, il pessimo quadro di immagine che la tecnologia europea sull’endotermico ha assunto sui mercati extra UE con Asia, Africa ed India in testa. E questo ha significato non solo una perdita di appeal dei nostri Brand e modelli in quei mercati ma anche il crollo di accordi e partnership per avviare nuove linee produttive, Stabilimenti su Licenza, nuovi impianti per componenti e macchinari. E tutto questo non solo in ambito automobilistico specifico ma anche su altri settori: Agricoltura, Cantieristica, Logistica.
Un approccio “Radicale” per salvare l’Automotive europeo
Aver bombardato mediaticamente – dal 2015 – il comparto industriale che da solo valeva il 60% delle vendite di auto in Europa; aver lanciato una impossibile volata prima agli onirici “Mobility Provider” e poi alla cosiddetta e fumosa rivoluzione elettrica ha comportato un discredito internazionale che spero solo sia stato involontario, ma non ci credo. Il settore di eccellenza nella Supply e nella subfornitura europea è stato discriminato per effetto delle mosse politicamente e strategicamente idiote di Bruxelles e della sua commissione, ed oggi la popolazione europea ne coglie i frutti con crisi, chiusure e tagli. Aver mancato di difendere la filiera dei Suppliers europei lasciandoli alla mercèdelle guerre commerciali, delle crisi di liquidità, della riduzione operativa, soffiando istituzionalmente sul fuoco dell’incertezza programmatica di “Fit for 55” è stata la goccia classica, quella che ha fatto tracimare il vaso.
Oggi che l’Europa dovrebbe darsi il contegno che non ha per definire con esattezza e proiezione gli obbiettivi che ancora possono salvare il settore della Supply Chain europea e dare nuovo respiro alle Imprese ed agli addetti (potenziando ed incentivando la Rigenerazione, la valorizzazione dell’Usato, la definizione delle nuove alimentazioni e riportando lentamente in auge il Biogas di cui l’Europa è attualmente un centro di produzione e trattamento al Top del mondo) scopriamo definitamente quanto questa Commissione e questo Parlamento raffigurino perfettamente la definizione di Emma Bonino di quasi trenta anni fa: quella di una Unione “ex Gigante economico” e sempre più “nano politico”.
Riccardo Bellumori

