E’ Giovedì 6 Ottobre del 1955, ed a Parigi gli alberi che contornano i marciapiedi del “lungoSenna” iniziano a colorarsi del color ruggine che anticipa l’Autunno che si fa largo nel clima cittadino.
Una mattina soleggiata, tiepida in una delle Città europee più sognate dai visitatori e turisti, ed amata dai suoi cittadini.
Il traffico è quello di un classico Giovedì mattina autunnale, e le strade sono ordinatamente percorse da auto, mentre i passanti si muovono di fretta per raggiungere i loro obbiettivi.
Ma c’è qualcosa che irrompe e scombina quel delicato ed abituale movimento stradale.
Da lontano, sulla strada, si sta muovendo flemmatico e silenzioso….”qualcosa” !?
Eh, davvero: una sagoma il cui corpo bianco perla, esploso dai raggi del sole, è sovrastato da una “torretta” color nero ebano; e tutto quest’insieme, quasi un monolite spaziale in movimento, procede lento e regale in mezzo alle altre auto, ai pullman, ai furgoncini del Droghiere in movimento verso i clienti. Tutto quel che circonda quella forma mai vista prima sembra di un secolo precedente, sembra opaco, soprattutto sembra improvvisamente invecchiato.
Di fronte alla sua vista in movimento dolce ma deciso, chi incrocia la sua immagine interrompe ogni azione o stato. Occhi sgranati e suoni di esclamazione ammirata e curiosa. Cos’è? Da dove arriva?
Si dice che da qualche negozio, attraverso il telefono pubblico, alcuni passanti abbiano avvertito le Gendarmerie locali, nel timore che possa essere qualcosa di alieno. I più compassati pensano ad una azione pubblicitaria, oppure ad uno scherzo molto ben confezionato.
Ma quella forma in verità è un gesto di amore e di identificazione. Di amore verso la cittadinanza parigina e francese, verso anche quella Rive Gauche” della Senna (che tradizionalmente è il lato del fiume che individua anche uno stile di vita artistico ed anticonformista contrapposto alla radice più aristocratica e conservatrice della “Rive Droite” del fiume) su cui dava la finestra dell’Ufficio dirigenziale di colui da cui tutto questo era nato. un uomo che iniziò la sua avventura commerciale ed imprenditoriale a quattro ruote consegnando – dalla Concessionaria “Fernand Charron” di Champs Elysees – a tal Signor Testemolle il 7 Lugliodel 1919 la prima auto a suo nome dopo aver iniziato tutto dalla Officina “Citroen, Hinstin & Co” nel 1905.
Sto parlando ovviamente di Andrè Citroen, che nonostante le radici olandesi era a tal punto naturalizzato francese da aver chiesto all’Architetto dello Stabilimento a Quai de Javel (Parigi), dove si era insediato dal 4 Giugno del 1919 di orientare il suo ufficio con finestrone panoramico sulla Senna.
E proprio da Quai de Javel (oggi Quai Andrè Citroen), coprendo i quattro chilometri che dividevano la sede Citroen da cui “quella cosa” si era mossa, si percorreva proprio il lungoSenna dalla Rive Gauche, superando anche quella Tour Eiffel che lui, Andrè, era riuscito tra i pochissimi tra gli anni Venti ed i trenta a colorare con una ghirlanda di 200.000 lampadine a segnare la scritta “Citroen” che si vedeva da quasi ogni angolo notturno di Parigi.
Banca Lazard “uccide” il sogno di Andrè Citroen
Fu, quello, il sogno “minore” rispetto alla idea, che fece ovviamente inorridire la municipalità di Parigi, di fare della Torre Eiffel una fenomenale antenna per una “Radio Citroen” cui Andrèpensava da tempo: rassegnatosi, riuscì comunque, caso quasi isolato nella storia della Torre, a vestirla con quella pubblicità luminosa ideata dall’italiano Fernando Jacopozzi, colui che aveva disegnato l’illuminazione dell’Arco di Trionfo e di Notre Dame.
Se solo quel genio non fosse caduto nel dolore di aver perso la sua “creatura” (fondamentalmente la Citroen fu acquisita nel 1935 dal creditore principale, Michelin, dopo una istanza fallimentare mossa tra l’altro non dal Marchio di Pneumatici ma dalla Banca Lazard; ma Michelin stessa a quel punto, per far restare nel capitale gli altri investitori, chiese ad Andrè di cedere il posto lasciandolo praticamente per pietosa consolazione in un seggio nel Consiglio) e non fosse scomparso alla clinica George Bizet per un tumore fulminante al pancreas il 3 Luglio del 1935, avrebbe potuto ammirare 19 anni dopo la sua “Traction Avant” il suo popolo francese ammutolire di fronte alla regale bellezza e maestosa innovazione che la Citroen DS, apparsa in anteprima mondiale sulle strade della città, regalava agli sguardi raggiungendo in moto il Salone di Parigi 1955 di cui la Dea era madrina di eccezione.
Per fortuna, Andrè aveva fatto comunque in tempo a conoscere e ad ammirare uno dei papà di quella “DS” e forse il più iconico: Flaminio Bertoni, da Varese.
A 15 anni era un apprendista alla Carrozzeria Macchi, ma è talmente straripante nel suo genio creativo che la sua fama varca le Alpi, e dunque è proprio Andrè Citroen ad affidare a lui dal 1931 la ricerca di stile per Citroen e per la Traction Avant.
Sorprende il mondo perché per la prima volta consegna agli Ingegneri ed ai lattonieri – per la definizione delle forme del modello statico 1:1 – una realizzazione tridimensionale in scala, che con uno scheletro di legno e assi per ruote, basette per i fanali e tutto ricoperto e modellato nei minimi dettagli in plastilina costituisce il primo modello 3D in scala, propedeutico alla realizzazione industriale nel mondo Auto. Da quel momento l’intuizione di Flaminio diventerà la forma per il Project Management di ogni auto.
Ma nel caso di Bertoni e del suo talento, la realizzazione del modello in scala dopo gli Sketches grafici assolve anche alla eventualità che il Maestro, definendo via via il corpo tridimensionale della vettura, si accorga di modifiche necessarie rispetto al disegno su carta.
Nel 1938, all’atto di un possibile restyling della “Traction Avant” il make up ideato inizialmente da Bertoni riassume e anticipa già diverse delle opzioni e delle idee che diventeranno realtà nella “DS”.
Ma a quel punto, soprattutto per decisione del nuovo corso della politica internazionale con il rischio guerra e per il profilo gestionale ben più oculato della nuova proprietà Citroen, si decide di non disperdere budget sul rinnovo “estremo” della Traction, e la Citroen si butta a capofitto nel progetto “2CV” fissando le linee guida del nuovo prossimo ma aleatorio progetto “Vettura a Grande Diffusione” da far uscire nel momento più opportuno. Capo progetto tecnico è ovviamente l’Ingegner Lefevbre. Che, terminata la guerra, ha idee chiare: Flaminio dovrà disegnare sulla base e sulla ispirazione di una “goccia d’acqua”, proprio.
Flaminio Bertoni e Andrè Citroen, incontro del destino
Ovviamente molti cultori del Design e della evoluzione stilistica del mondo dell’auto nel tempo hanno operato una sorta di revisione ragionata del mito di Flaminio Bertoni; nel senso, ad esempio, di una forte influenza nelle linee del varesino assorbita dalle diverse creazioni preguerra di Germania, Boemia ed Italia molto avanti nella ricerca aerodinamica rispetto alla piazza inglese e francese. Senza contare anche il filone stilistico di diverse scuole statunitensi. Già, senza dubbio: ma la peculiarità straordinaria di Bertoni è stata quella di tradurre dentro una dimensione generale della DS inferiore a tante Ammiraglie a tre volumi europee delle linee tese ed aerodinamiche senza penalizzare comodità, spazio e comfort. Ad esempio, nella prima stesura del progetto “Hippopotame” del 1948 le dimensioni generali erano quasi al livello di una americana, con lunghezza superiore ai cinque metri e mezzo.
Ma “limando” e ridimensionando al millimetro ogni componente la stazza finale della DS è alla fine inferiore a colleghe pari grado nel lusso e nella capienza, ma molto più over size.
Eppure dentro una volumetria non esagerata i tecnici Citroen sono riusciti a far entrare un 4 cilindri 1900 cc per la versione meno cubata, sospensioni idropneumatiche e frenata idem, con freni a disco anteriori; e seppure con la coda rastremata e gli angoli di attacco delle ruote e delle sospensioni che praticamente raggiungono le estremità del corpo vettura il bagagliaio della “Dea” non è di molto inferiore a veri transatlantici come CX ed XM.
Bertoni, Mages, Lefevbre: questo il terzetto geniale che sotto la guida del Presidente Boulanger danno vita alla “Dea”.
Purtroppo il destino che ha fatto incontrare Andrè Citroen e “l’Italiano” (come le maestranze parigine chiamavano Flaminio Bertoni) li ha fatti parlare tra loro davvero molto poco, solo due anni e mezzo. Dopo il subentro di Michelin a Parigi e il crollo fisico di Andrè, i due non si sono praticamente più visti. Eppure nemmeno la nuova Citroen ha smesso di cercare – come Andrè – i migliori geni e talenti degni di lavorare per un Marchio davvero eretico e diverso dagli altri.
Nel 1962 ad affiancare Flaminio e Lefevbre arriva un giovane e geniale Robert Opron, ed è quasi un miracolo, perché solo un anno e mezzo dopo un ictus improvviso porta via Flaminio Bertoni proprio mentre con le sue mani sta modellando il nuovo cofano anteriore con fari panoramici ed integrati della seconda serie DS. A completare quel disegno con i fanali orientabili sarà proprio Opron che inizia a lavorare nel nuovo centro Stile di Velizy dove la Citroen si trasferisce lasciando il vecchio Atelier in Rue de Theatre.
Ovviamente tra la prima e seconda serie della DS arriva anche la dimensione “ID”: presentata nel 1956 è in parole povere un allestimento ovvero una “famiglia” delle DS più “entry level” e poi arrivano le “multispazio” (giardinetta o “Break”, familiare allungata e versione Veicolo commerciale) prima appunto del restyling con i fari integrati a filo e multifocali.
Un testimonial di eccezione: il Generalissimo De Gaulle
Un evento che, davvero incidentalmente, porta una improvvisa notorietà e leggenda alla “DS” nasce purtroppo da un fatto gravissimo: Charles de Gaulle, guida politica della Francia dal 1959 al 1969, fu l’obbiettivo di un attentato nell’agosto del 1962, a Petit Clamart: tornato a Parigi dalle vacanze estive per un consiglio dei ministri urgente. De Gaulle si avviò all’Eliseo dall’aeroporto militare di Villacoublay, su una DS19 scortata da poliziotti in motocicletta.
Ma di notte, nel ritorno a Villacoublay: una pattuglia di terroristi apre il fuoco contro la DS del Generale. Il convoglio passa senza feriti, ma con la DS che aveva due pneumatici a terra. Ciononostante, l’autista riuscì a seminare gli attentatori. La leggenda della “DS” che poteva muoversi anche su tre ruote grazie alle sue sospensioni idropneumatiche si somma alla leggenda delle due vittorie al Montecarlo nel 1959 e 1966. Prima ed unica auto da Rally a vincere con sospensioni idropneumatiche il “Monte” ed insieme un Rally internazionale; ultima “Oversize” a vincere il Monte grazie alla trazione anteriore, la “DS” fu regina del mercato per 19 anni prima della “CX”. E l’ultima Dea, la numero un milione e 456 mila 115 esce dall’impianto di Aulnaysous Bois il 24 Aprile del 1975. Era una DS 23, l’ultima Dea.
Riccardo Bellumori

