Benvenuta Gertrud mini E-Car specchio della piccolezzadella nostra vecchia Europa

La Presidente von der Leyen non è persona che annoia, senza dubbio: capacissima di buttarsi a testa bassa su una infinità di questioni, azioni e reazioni politiche nonostante, dicono, il suo segno zodiacale natale (Bilancia) renda più inclini al dialogo, all’equilibrio, alla ricerca della massima concordia. 

Per cui, o è sbagliato il suo giorno di nascita o è tutta Bruxelles in contrapposizione astrale con lei; ovvero, nonostante tutto, il magmatico ed instabile palcoscenico politico potrebbe essere l’ambiente di contrappasso per colei che fin dai tempi dell’Università ha fatto del precariato uno stile didattico: passata da Archeologia ad Economia a Medicina, aveva alla fine decisoche in casa il medico sarebbe dovuto essere uno solo ed una volta sposatolo si butta in politica, con una carriera che inizia a brillare dal 2001 per poi esplodere nella parabola vincente di Angela Merkel, per la quale dopo un certo valzer di dicasteri finisce per diventare il primo Ministro della Difesa tedesco donna; 

 

ma forse anche uno tra i più contestati e preferiti persino dall’occhio implacabile di Wikipedia per alcune topiche: l’acquisto di 138 elicotteri per la BundesWehr giudicati fallati dalle opposizioni, uno dei motivi di critica al suo operato.

Dal 2019 arriva ad illuminare la cupa e nebbiosa Bruxelles con il suo indubbio e solare fascino (è assolutamente una bellissima donna, ai miei occhi) ma anche con una evidente postura tipica di chi ha bisogno di tanto, tanto tempo per prendere le misure dei nuovi ambienti ed accasarsi, prima di risultare determinante ed efficace. 

Certo, gli eventi non l’aiutano: appena diventata Presidente della Commissione Europea il Continente piomba nel Lockdown e nella sceneggiata vaccinale, per poi dover affrontare (forse dalla parte sbagliata) la guerra russo ucraina mentre ancora la UE non si è ripresa pienamente dalla crisi pandemica.

 

Ma in questo Bruxelles si dà anche da fare per smaltire l’oceano di carta straccia che la BCE aveva prodotto per almeno un lustro durante la crisi dei Debiti Sovrani iniettando Euro a pioggia nei canali finanziari indiretti (acquisti di Titoli di Stato e aiuti alle Banche): circa 6 miliardi di Euro vengono prestati dall’Europa agli Stati nazionali per affrontare gli effetti recessivi del Lockdown, ed alla fine del 2020 Bruxelles fissa le linee guida del fondo “Next Generation EU”. 

Dopo di che, complice anche l’uscita dal ruolo apicale a Berlino della sua compagna di stanza politica, Frau Anghelona, nell’Autunno 2021, probabilmente la morbida e soave Ursula è entrata un attimo in confusione, soprattutto sotto l’aspetto chiave della politica estera e della politica “green” per l’Automotive. 

Non tocco per nulla le topiche su Ucraina o su altri eventi internazionali che vedono sostanzialmente la nostra Presidente della Commissione balbettare propositi ed intenzioni che durano lo spazio del volo di una farfalla; non voglio affrontare la programmazione di aiuti alle industrie Automotive a seguito di riconversione produttiva verso le forniture belliche; ho il buon gusto di astenermi dalle questioni su cui sono impreparato e ignaro dei giusti nessi di causa, e per questo non farò mai il politico.

La guerra di Autunno 2022 di Ursula e il tempo della moderazione

Ma su quello che conosco al meglio, il mondo Automotive, devo ammettere che la nostra amata Gertrud ha dato il meglio di sé tra l’estate del 2022 e la primavera del 2023: incentivi all’attività estrattiva e mineraria, programmi comunitari su Idrogeno, etanolo ed e-fuels, 40 Gigafactory in Europa; in tema di lotta all’inquinamento abbiamo “Fit for 55” e la scadenza del 2035, le nuove politiche per la gestione della “end of life” delle componenti e dei relitti della produzione auto; sulla applicazione “pratica” normativa dell’evoluzione ecologica sul mondo auto Gertrud Ursula ci ha regalato in rapida mitragliata la Euro 7, la prevista “BER 2022/2023”, lo step di revisione al 2026 sul possibile effetto correttivo dei carburanti alternativi sulla decarbonizzazione; ed infine la famosa tarantella sulle maxi multe legate allo sforamento dei limiti di emissione nei volumi produttivi dei Costruttori, finendo con la decisione sui superdaziall’import delle auto cinesi gravate da contributi statali. 

Abbiamo più volte detto dello scazzo pubblico di Tavares e De Meo al Salone di Parigi di Ottobre 2022; una settimana dopo aver compiuto il 65° anno portato benissimo, la Presidente è stata praticamente oggetto della gragnuola di sassate verbali dei due Top manager a cui si sono piano piano accodati altri leader del comparto Automotive, ma se davvero qualcosa è cambiato nella esaltazione ecologista di Ursula verso il 2035 deve essere accaduto tra le elezioni di Giugno 2024 e le stime di una industria automobilistica tedesca in piena frana verso il basso; perché da solo un anno su tutte le tagliole e le forche caudine che la Commissione ha posto sulle spalle dell’industria dell’auto europea il tono e la pressione si sono decisamente addolciti.

Beninteso, solo per licenza letteraria e per velocità narrativa io chiamo in causa nel processo legislativo di Bruxelles nome e figura esclusivamente della Signora Von del Layen, ben sapendo che il processo decisionale collettivo dipende anche da altri ruoli e figure. 

Ma rimane pur sempre lei la funzione politica apicale, e da lei deriva un indirizzo strategico ed evolutivo piuttosto che un altro a Bruxelles. Dunque, partiamo proprio da quest’ultimo profilo “crepuscolare” della elegante Premier comunitaria in pectore, e dal suo ultimo approccio “soft” sul processo verso “Carbon Zero” che ha dato il “la” ad una proposta che è bene analizzare con dettaglio anche sugli annessi e connessi rispetto ai suoi possibili effetti e conseguenze per mercato, consumatori, concorrenza ed Industria continentale.

La E-Car di Ursula, da “Key Car “ a “ PER CHI Car?”

Da dove iniziamo? Da John Elkann che, mesi fa, sollecita l’Unione a prendere in esame un regime normativo e fiscale specifico, nel quadro delle leggi sull’Automotive europeo, per una categoria di possibili minivetture paragonabili alla classe delle “Key Car” giapponesi. 

La promozione e la diffusione di questo tipo di minivetture avrebbe in primo luogo l’effetto di offrire ai consumatori europei una alternativa a basso costo per l’acquisto di un mezzo di trasporto elettrico o comunque ecologico;

in secondo luogo la nascita di un nuovo segmento “Sub A” (o meglio “Sub-SubB” con riferimento alle classificazioni dei segmenti di mercato odierni e del recente passato) fornirebbe uno sprint produttivo anche numerico e quantitativo al sistema industriale europeo che da diversi anni sconta una operatività ben al di sotto dei volumi produttivi ottimali.

Ovviamente, nell’operazione commerciale ed industriale di una “Key Car” europea elettrica non può essere estraneo un piano di aiuti pubblici, di agevolazioni fiscali e normative come del resto è avvenuto ed avviene in altri mercati.

Questo in sostanza il combinato disposto delle opinioni di Elkann, alle quali ne aggiungo personalmente un’altra, che ritengo arbitrariamente fondamentale e “criptata” nelle pieghe di questo programma: rimane in piedi, anche se diluito in tre anni, il sistema sanzionatorio delle multe per lo sforamento dei limiti di emissione di gamma; un sistema che diluisce e rallenta il suo effetto penalizzante lungo un percorso in tre anni dei quali uno tuttavia si sta per consumare.

Ed a consuntivo di questo primo anno, in proiezione verso la fine del biennio residuale, le cifre sono impietose: il trend virtuoso di riduzione delle emissioni per effetto della trasformazione di gamma, o per l’aumento virtuoso delle immatricolazioni od autoimmatricolazioni BEV non proietta ancora una uscita indenne dei maggiori Costruttori europei dalla mannaia delle multe “CAFE” in caso di sforamento del limite emissioni predefinito in 95 grammi di CO2 massima per chilometro percorso.

Come abbiamo avuto modo di prefigurare, è del tutto evidente che un metodo indolore nel breve termine è quello di intensificare le autoimmatricolazioni di BEV da destinare o alla vendita differita od alla esportazione nel canale usato.

 

CAFE, Multe, Linea di Prodotto BEV “Crossover”: soluzione o salto nel buio?

Abbiamo anche previsto che l’attuale offerta di gamma nei principali Costruttori europei in tema di BEV non permette di prevedere né un livello proiettivo di vendite sufficienti a mediare la soglia emissioni, né garantisce – dal lato della esposizione economica e finanziaria – in caso di autoimmatricolazioni di volume eccessivamente arduo da smaltire. 

Le alternative sono dunque due, al di là del canonico acquisto di Carbon Credits in una forma ed in una modalità che è in ogni caso diventata, anni dopo la diffusione di questa pratica di intermediazione, molto meno efficace e sempre più onerosa:

-A) Definire una Joint Venture con Costruttori esteri (asiatici od indiani, ovviamente) per introdurre nella gamma di prodotto proprietaria una linea di BEV costruita “under license” nel territorio della UE

Questo implica vantaggi e svantaggi legati soprattutto a due aspetti strutturali, o meglio alla loro assenza: poiché una linea produttiva full electric su licenza non può essere soggetta a soglie di controllo e programmazione pluriennale da parte del licenziatario, è chiaro che insediare o trasformare uno Stabilimento produttivo e immobilizzare investimenti per una attività legata alla precarietà del Costruttore titolare non risolve interamente nel lungo termine il problema delle multe come quello del “R.O.I”. 

Senza contare, in caso di interruzione del rapporto di licenza o di termine di eventuali diritti di esclusiva 

-B) Costruire Joint Ventures od un Consorzio tra Costruttori Continentali oppure affini tra loro per definire, programmare e produrre in Europa una Gamma di BEV “crossover” un poco come negli anni Settanta avveniva in Gran Bretagna con un unico modello rimarchiato e riveduto per diversi Marchi Costruttori; in questo caso vi sarebbe la maggior garanzia di gestione proprietaria del programma produttivo, ma certamente l’impegno economico degli investimenti iniziali potrebbe essere un ostacolo difficile da superare in relazione non ad uno sviluppo commerciale canonico (linea o gamma inquadrata in un ciclo di vita classico) ma piuttosto ad un espediente contabile valido fin tanto che l’espediente resta in piedi.

E’ del tutto evidente che dunque le dichiarazioni prima di John Elkann (che ha chiesto all’Unione Europea di approvare norme che consentano alle case automobilistiche di tornare a costruire piccole auto economiche e redditizie, in modo simile alle Key Car giapponesi) e poi di Filosa (un piano europeo straordinario di incentivi per auto popolari) hanno dato spazio ad una ipotesi balenata nella informazione di settore tra Stellantis e Renault che hanno espressamente proposto all’Unione di creare una Categoria specifica nuova per un segmento di mercato di auto assimilabili non alla categoria “Quadriciclo” (L6e, leggero; ed L7e, catalogato come “pesante”) ma più alla linea costruttiva delle Key Car: auto in tutto e per tutto immatricolate e targate come tali, diverse da Quadriciclo e Microcars di antica memoria, ma soprattutto inquadrabili statisticamente nel mercato auto generico. 

Il primo motivo, inconfessabile dico io, lo premetto di mia sponte, ma per farlo devo richiamare la situazione allarmante dei due promotori dell’idea (Renault e Stellantis) con il Gruppo italo francese pendente al momento – qualora permanessero i suoi attuali trend di vendita – di circa 2,5 miliardi di potenziale multa CAFE per lo sforamento, alla data attuale, dei limiti di emissione.

A differenza dei quadricicli Categoria L – difficilmente contemplabili in una classe di riduzione della soglia di CO2 emessa – un nuovo segmento di mercato “classico” (che potremmo definire “Sub-Sub B” appunto) avrebbe il compito non solo di abbassare la soglia di Listino mediamente offerto in Europa ma anche ovviamente di abbassare i livelli di CO2 prodotta consentendo ai Costruttori da un lato di continuare quanto più possibile con la Gamma endortermica /Hybrid quanto più possibile, e dall’altra di poter utilizzare un sistema di riduzione a basso costo di investimento.

Per un pugno di CO2 in meno…Da “Key Car” a carbon credit permanenti?

Ed arriviamo al “Discorso sullo stato dell’Unione” di Settembre2025 pronunciato dalla Presidente della Commissione Ursula Von den Layen e del quale Vi estrapolo dalle 25 pagine di programma il punto saliente: la sedicente “E- Car” non è – a ben vedere – un passaggio chiave della Relazione ma per noi che siamo attenti al settore riporta passaggi da segnalare.

Inserito nel pacchetto di temi sull’accessibilità economica, il tema delle automobili, dichiarate “pilastro della nostra economia e della nostra industria, motivo di vanto per l’Europa” prevede per quanto riguarda la neutralità tecnologica il riesame delle scadenze del 2035.  

 

E se “il futuro è elettrico e l’Europa ne farà parte” (dice la Signora Ursula), ed “è vero che milioni di europei vogliono comprare auto europee a prezzi ragionevoli”, tuttavia la Platea, o almeno quella che rimane un poco più con i piedi per terra, viene presa alla sprovvista da una ben strana considerazione della Signora Gertrud.

Che si impegna a dichiarare che l’Unione è interessata – testuali parole – a “investire anche in veicoli piccoli e poco costosi, per andare incontro tanto al mercato europeo quanto all’impennata della domanda mondiale.” (???) Ma la sorpresa non finisce qui. 

Vi ho ben elencato i punti di dissidio e la vera e propria serrata dei principali Costruttori di tre anni fa a Parigi: ebbene, suonerebbequasi sarcastica la proposta declinata nella Dichiarazione secondo la quale la Commissione ha in programma di proporre ai Costruttori di collaborare a un’iniziativa su auto di piccoledimensioni ed a prezzi contenuti. 

Ed ha predefinito il programma strategico con l’acronimo di “S.A.C.I – Small Affordable Cars Initiative” – teso a realizzare una “E-Car” simbolicamente “Made in Europe”, cioè rappresentativa dei valori che uniscono nella “E” sia il concetto di “Europa” sia quello di Ecologia, Efficienza, Economia. Cioè l’idea di una vetturetta di taglio popolare, accessibile sia per costo che per utilizzazione, capace di rispettare l’ambiente e di ottimizzare il dispendio energetico.

Di fatto – badate bene –  la Presidente Von der Wagen…Ops, scusate: Von der Layen in questi passaggi non ha mai esplicitamente presentato o preannunciato uno schema inesorabile di trazione 100% elettrica nei passaggi dedicati alla “E-car”, né ha enfatizzato nella lettera “E” l’iniziale di “Electric”. 

Segnalazione inutile perché implicita oppure tenuta da parte perché rischiosa, o semplicemente segno ulteriore di un pragmatico senso di realismo sulla revisione di obbiettivi impossibili’

La chiosa è a sua volta suggestiva: con l’esortazione rivolta al mondo industriale Auto europeo ad agire per non lasciare il mercato al facile monopolio della Cina, la Presidente intende fare un forte richiamo simbolico al concetto di “Europa in lotta”, concetto che nella Relazione è richiamato spesso.

 

 

 

Batterie con la carica dell’Equity: Ma chi, come e dove le potrà realizzare dentro l’Europa?

Sul versante batterie, la Von der Layen preannuncia un pacchetto di 1,8 mld di Euro in Equity per stimolare l’industria europea a diventare più autosufficiente, ma sempre in ottica di concorrenza e di “protezionismo illuminato”, la Signora Ursula pare anche insinuare un futuro prossimo in cui negli appalti europei la voce “Made in Europe” per la origine delle batterie potrebbe diventare discriminante. 

Ed a proposito di protezione, e di strumenti più o meno idonei, la Signora Ursula ha tenuto a difendere sia le azioni sin qui intraprese in primo luogo nei confronti dell’Import dalla Cina, sia l’accordo con Trump. 

 

E-Car, programmi e prospettive. Ma cosa c’è di concreto sul tavolo? Solo il tavolo.

Data l’ammirazione e la suggestione anche estetica che dichiaro senza imbarazzo per la anche mia presidente della Commissione Europea, che sino a qui nei miei pezzi ho affettuosamente rinominato una mezza dozzina di volte (oltre a Von der Wagen, mi ha sollevato umorismo la serie di altri nomignoli simpaticamente attribuiti: Border Layern, War Der Layen), eviterò qui di dedicare alla mia Presidente della Commissione a Bruxelles un nuovo vezzeggiativo: “BOH” der Layen. Perché in effetti nella serie di commenti più confacenti a corollario del Discorso sullo stato dell’Unione ci sta ben azzeccato anche dall’Opinione pubblica un bel “Boh?????”.

Cioè, insomma…….Premesso che sul tema centrale di nostro interesse (ma non solo su quello) possiamo elencare tutt’al più una bella e pomposa dichiarazione di intenti, restando nello specifico della E-Car siamo perplessi della evidenza che anche su questo tema decisamente circoscritto e tecnico la Signora Von der Layensi sia limitata ad anticipare una sorta di programma quadro dove tuttavia su nessuno dei punti elencati si possa definire una linea di azione concreta; e dove sui punti omessi o rimasti vacui è il caso di sollevare obiezioni.

Cominciamo ad esempio dalla intelaiatura del programma costruttivo della “E-Car”: cosa significa la proposta fatta ai Costruttori di collaborare? Significa farli partecipi di un programma costruttivo finanziato dalla UE? E come la mettiamo con i superdazi nei confronti dell’import cinese suscettibile di effetto dumping legato ai contributi statali? 

Oppure: chiamare alla partecipazione i Costruttori significa invitarli alla costituzione di una sorta di “Consorzio” condiviso nel tuttavia quale Marchi o Gruppi aderenti riceveranno dalla Unione e dalla Commissione “che cosa” esattamente?? Il diritto a concludere accordi sindacali e fiscali invitanti al fine di ridurre i costi di produzione? 

Il permesso di utilizzare i volumi produttivi di questa fantomatica E-Car per ridurre le emissioni di CO2 ed evitare le multe CAFE? 

Il sostegno di appositi programmi comunitari di sostegno all’Export? 

La tutela di Bruxelles in caso di Accordi di licenza per costruire all’estero questa benedetta E-Car? Insomma, come vedete, siamo in piena nebbia già dai presupposti. Cosa viene nelle tasche metaforiche dei Costruttori europei da parte di Bruxelles? 

Ma la domanda ugualmente cruciale è un’altra, rivolta alla Commissione: come abbiamo ben spiegato su Autoprove, il problema dell’Automotive europeo sarebbe dunque cercare di abbassare la soglia limite dei listini di acquisto di auto europee a livelli anche dei ceti più popolari? Azione lodevole, certo.

Ma difficilmente l’assassino, anche se involontario, veste i panni del guaritore: e dunque rispetto al paradosso tutto a carico dell’Europa che segnalammo lo scorso anno (Link) per il quale proprio l’Europa con la sua eccessiva farraginosità normativa ha distrutto un intero segmento commerciale (quello delle B e sub B) rendendolo antieconomico; ebbene, il primo “mea culpa” istituzionale dovrebbe esplicitarsi favorevolmente con l’esplicito impegno a favorire la rinascita di questo settore. 

Forse, magari, esonerando una forte quota di auto popolari neo prodotte dai vincoli e dalle sanzioni del CAFE, riporteremmo sul mercato una produzione davvero a buon mercato, affidabile e risconoscibile dal Consumatore meno facoltoso; allo stesso modo, non si capisce per quale motivo i Costruttori che per motivi di bilancio e di economie di scala hanno soppresso quel target di mercato dovrebbero avere interesse a ripopolarlo adesso: forse dietro alle proposte della Commissione si potrebbe nascondere un piano di aiuti, sgravi e sostegni da parte di Bruxelles? Ah, beh: certo che se l’ipotesi di una “E-car” popolare ed economica fosse per una full electric, magari accompagnata nel progetto dal conseguente corredo di supporti ed accessori per ricarica e gestione su strada, da un lato ci sarebbe la motivazione filosofica ed etica per una partecipazione economica straordinaria della UE, ed allora in questo caso siamo sicuri che i Costruttori europei accoglierebbero a braccia aperte l’invito. 

Ma nascerebbe un problema: nel comparto “Key Car” e microcarelettriche diverse dalle categorie L6e ed L7e la produzione giapponese, asiatica e persino indiana non ha rivali dal lato economico; siamo ancora troppo vicini al tam tam mediatico che la Tata Nano suscitò quando 15 anni fa fu presentata al prezzo su strada di meno di duemila Euro (3.700, odierni). Fosse mai stata importata in Europa, qui da noi all’epoca sarebbe costata il 20% in meno della più economica delle Sub B commercializzate nel Vecchio Continente. Dunque non c’è dubbio che una E-Car partecipata economicamente dall’attore pubblico di Bruxelles (una sorta di gigantesco IRI di bella memoria tricolore??) potrebbe costare una inezia al consumatore finale. 

Ma a questo punto due cose potrebbero accadere: una è che la Commissione non potrebbe mai più arginare la concorrenza lowCost asiatica con superdazi secondo la motivazione degli aiuti di Stato alle auto di importazione dai mercati di origine; e secondo, per le stesse motivazioni con cui l’Europa sta penalizzando le importazioni elettriche dalla Cina, allo stesso modo i mercati esteri potrebbero ipertassare una E-Car europea accusandola di concorrenza sleale e di Dumping per effetto degli aiuti economici di Bruxelles.

Dunque, ripeto, la sostanza lavorabile di una Gamma “E-Car” unitaria popolare ed economica europea o dovrà per forza prevedere aiuti pubblici di Bruxelles per nascere, e sarà un problema; oppure resterà un progetto proposto alla buona volontà dei Costruttori ai quali in cambio Bruxelles dovrebbe come minimo – al posto di aiuti pubblici – promettere almeno un vantaggio sulle possibili multe CAFE: che tuttavia, abbiamo spiegato in premessa, sono eventualmente superabili dai Costruttori attivando JV, sinergie e produzioni su licenza di alcuni delle centinaia di modelli BEV Low Cost che nascono in Cina.

Tutto questo, a ben vedere, non combatterà il problema concorrenza dentro la UE dei Costruttori asiatici che in tema di prezzi e costi sono sempre avvantaggiati, ma anzi alimenterà una nuova domanda interna (finora rimasta sopita tra i Consumatori europei) proprio a favore del prodotto asiatico: per farla breve, da domani una eventuale nuova “Tata Nano” che dovesse rinascere in India od Asia diventerebbe qui da noi una Best seller.

Certo, però, che il discorso della Signora Ursula legato a quella frase capziosa (“l’Unione è interessata – testuali parole – a “investire anche in veicoli piccoli e poco costosi, per andare incontro tanto al mercato europeo quanto all’impennata della domanda mondiale.”) regala a noi di Autoprove una legittima soddisfazione: dalla somma degli articoli che preannunciavano da parte nostra un crescente interesse di UE nelle persone di Francia e Germania verso il mercato africano (link), la nascita di una “E-Car” partecipata da Bruxelles e promossa anche con sostegni all’Export sarebbe un vero uovo di Colombo per la motorizzazione di massa del Continente africano (Link) a Nord (per mano dei Costruttori francesi impegnati eventualmente nel progetto E-Car) e di quello a Sud ma attraverso i Costruttori tedeschi. Del resto, la Gran Bretagna con gli USA sarebbe, a quella data, (Link) impegnata massicciamente ad investire in India ed Italia e Spagna sarebbero coinvolte come territori di insediamento industriale per la linea E-Car. Tutto calza a pennello, vedete ?

E noi lo abbiamo detto da un anno almeno, per primi. Ma dalle ipotesi della Relazione alla fattibilità del piano concreto di una possibile “E-Car” passano diverse esigenze e condizioni tutte da dover assicurare al nuovo progetto per poterlo realizzare dentro i confini d’Europa:

-serve un accordo quadro con l’unico Continente disponibile, l’Africa, per le materie prime e la circolarità delle risorse (recupero e rigenerazione in primis); 

​-serve una regolamentazione quadro per favorire la nascita di un nuovo Segmento di mercato che renda stabile e duraturo l’investimento produttivo;

​-serve un patto tra i maggiori Costruttori europei destinati al progetto, affinchè il bollino “Made in Europe” investa sia i Brand che la subfornitura;

​-serve un piano economico straordinario che a Bruxelles costerà parecchio, richiamando ovviamente la emissione di Green Bond tematici; 

​-serve infine la individuazione di veri e propri Distretti di Qualità destinati ad alimentare la fas produttiva e progettuale della ipotetica nuova “E-Car” che simpaticamente ribattezzo “Gertrud”.

E di fronte a tutto questo, è pensabile che uno sforzo di tale natura potrebbe rimanere circoscritto alla sola linea di minivetture plausibilmente elettriche? No, chiaro.

Dal blocco industriale aggregato per la produzione di una Gamma di E-Car popolari “100% Made in Europe” non ci vorrebbe molto per arrivare alla estensione del concetto e delle possibili aggregazioni per Nautica, Agricoltura, Cantieristica  e Logistica; per poi chiudere, nella certificazione conseguente della sicurezza della provenienza europea certificata, al settore della Difesa, vecchio amore politico di Ursula Von der Layen. 

Con la conseguente conferma, ancora una volta, della assoluta ragionevolezza della nostra provocazione: la mobilità europea estesa sta tornando ad essere un affare di Stato in Europa (Link)?

E se..???? L’Europa dell’Auto deve ritornare alle sue radici, non copiare l’Asia!

Su tutto il discorso della Signora Von der Lies, scusate Von derLayen, pesa però come un macigno il disconoscimento della responsabilità diretta di Bruxelles nell’affossamento continuato e massivo dell’Automotive europeo nelle sue radici fondamentali. Oggi di fatto il mondo conosce il “Made in Japan”, il “Made in USA” e il “Made in China” nei suoi aspetti positivi e negativi. Ma non ha mai conosciuto il Made in Europe”. Un poco come in una sorta di Expo permanente, l’Europa dell’auto si è vista rappresentare dal Dopoguerra fino agli anni Sessanta dall’emblema inglese. Poi dal 1960 fino alla fine degli anni Settanta ha prevalso nell’immaginario l’Automotive italiano e francese; per poi portare alla ribalta per pochi anni il format svedese e dalla fine degli anni Ottanta è stato il modello tedesco a mettersi in primo piano oscurando gli altri. 

In parole povere lungo settanta anni la staffetta ha premiato e poi insabbiato quattro culture automobilistiche di pregio in Europa lasciando nell’ultimo trentennio il monopolio della rappresentanza automobilistica europea alla Germania. Ne sono stata testimonianza i percorsi ostici e poco celebrati dalla stampa europea dell’Alleanza Renault – Nissan e la nascita di FCA in Italia: tutto quel che non profumava di Sassonia era automaticamente Serie B. Ovviamente, con la frana progressiva (dal Dieselgate in poi) del modello industriale tedesco anche per effetto della fine ingloriosa di un percorso virtuoso in Cina; e con le ultime vicende che stanno mostrando una Francia in crisi, quale dovrebbe o potrebbe essere il “modello vincente europeo” da lanciare nel mondo? La copia continentale di Key Car giapponesi, della Tata Nano, o delle microcar asiatiche? Ma scherziamo?????

E se ritornassimo a favorire l’Auto Europea di radici e di prestigio? Quella, per intenderci, di un prodotto auto scomparso qui da noi e rinato proprio in Asia (auto popolari, monovolume, Ammiraglie e Brand di prestigio, Distretti industriali qualificati, Ricerca e Sviluppo)?

Dunque, “NO” assoluto alla brutta copia europea delle Key Car solo perché le ha proposte John Elkann; “NO” alla riduzione dell’auto europea a Commodity per i mercati emergenti; “SI” alla ricostruzione dell’Europa delle “Signore Auto”, cara Signora Ursula Gertrud. Con rispetto.

Riccardo Bellumori

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