Per i “Testimoni di GeoWATT” più fervidi è un tradimento che cancella per sempre il sogno di proiettare sulle strade europee il paradigma delle “Zero Emissioni”. Quel 10% di riserva endotermica di fatto chiude per sempre questo paradigma ed anzi, al contrario, sottintende una resa della politica agli interessi delle Lobby del Petrolio. Vedrete, dicono i GeoWATTIANI, che quei voltagabbana e burattini manovrati da Trump finiranno per affossare il luminoso ed inesorabile destino dell’auto 100% elettrica. E ci ritroveremo ancora dentro puzzolenti scatolette a combustione.
L’inquinamento – dicono – entrerà nel nostro corpo, avvelenerà il nostro sangue, sterilizzerà le nostre povee palline e noi super-ambientalisti non potremo dare vita a nuovi esaltati anti – endotermici in fasce.
Per gli “EndotermoEvangelici” è al contrario uno schiaffo in faccia al motore classico, una beffa ben orchestrata che sembra voler dire ai Dinosauri di ANFIA ed altre Organizzazioni di Settore: ”Volevate tenere in vita il motore termico? Si, ma a pane ed acqua.
Ora state zitti e fate vedere di cosa siete capaci, per abbattere comunque del 90% le emissioni dal 2035”.
Per gli Euroscettici è invece un “Papocchio” fatto apposta per coprire l’insulsaggine evangelica di dilettanti allo sbaraglio guidati da una delle peggiori Commissioni europee della storia di Maastricht: un modo per scaricare sul mondo industriale le tematiche impellenti dell’ecologia in movimento ed attendere che, come sempre, sia l’Industria privata a sciogliere i nodi che la politica incompetente ha a mano a mano allacciato alla gola della produttività continentale.
Con questo “Pacchetto Papocchio” Bruxelles si è lavata la coscienza e le mani, secondo questi Euroscettici, e per chiudere la bocca a tutti ha diviso salomonicamente il mondo in due caste: quella dei Sacerdoti BEV, comunque privilegiati dentro al Tempio, che godono dell’obbiettivo di decarbonizzazione al 90% e di un futuro comunque maggioritario; e quella dei Farisei endotermici che, con un misero tozzo di pane del 10% di deroga alle Zero emissioni totali, dovranno tirare a campare negli anni a venire.
Per molti è invece una prima tappa di un percorso ad ostacoli : da un lato il “Pacchetto Automotive” serve per estinguere la faida in corso da tre anni tra Commissione Europea e Costruttori perché quel 10% riconosciuto alla sopravvivenza degli endotermici si aggiunge al proseguimento del ricorso ai Carbon Credits (tema di cui non si parla più ma perfettamente ancora in vigore) ed alla diluizione in tre anni delle Multe CAFE che, per effetto delle decisioni appena prese nel “Pacchetto” dovranno a loro volta essere rimodulate per effetto dei nuovi Target definiti dal 2035; ma dall’altro lato secondo questa schiera di analisti questo stesso “Pacchetto” non è che il primo atto di un tavolo infinito che dal prossimo anno prevede lo step di revisione per la valutazione di impatto dei carburanti alternativi (2026), la stabilizzazione dello step antiemissione Euro 7, la nuova BER (2028) che definirà le nuove regole per l’aftermarket e l’aftesales europeo anche in chiave BEV ed Hybrid; e su questo tavolo via via si affacceranno nuovi Fascicoli e Dossier (trasformazione del Parco auto usato circolante, sviluppo dell’Idrogeno, supporto alla decarbonizzazione di tutta la filiera industriale legata all’Automotive, rigenerazione e riciclo) che di volta in volta aggiungeranno qualcosa alla “Contabilità ecologica” che riguarda l’Auto. Ecco, il sottoscritto appartiene a questa ultima schiera di opinionisti.
16 Dicembre 2025, il Ground Zero” della elettrificazione riparte da “90”
Dopo le decisioni, del tutto temporanee e destinate a nuovi Stepsdi verifica ed aggiustamenti, attuate il 16 Dicembre con il famoso “Pacchetto Automotive” è vero sicuramente solo un fatto: il dogma del “solo elettrico” dal 2035 va definitivamente in soffitta e “salva” la coabitazione con l’endotermico.
E’ di fatto quel 10% di “deroga” o di spiraglio a muovere tutto il dibattito più interessante che ne segue. E ci mancherebbe che noi di Autoprove.it ci potessimo esimere dal fare un po’ di polverone: anche perché, proverò a descrivere sulla base della mia personale valutazione, questo “Pacchetto” in realtà è abbastanza farlocco per non ammettere revisioni serie, in termini di maggiore respiro di questa iniziale “deroga” del 10%, nei prossimi anni. Vi spiego perché elencando dove – ad una prima analisi – il pacchetto “toppa” forse volontariamente ed in maniera pretestuosa.
Ma vorrei fare di più: in previsione di una “frana” che cadrà inesorabile nel comparto auto europeo, perché la serie di nefandezze svolte da almeno un quarto di secolo non può essere sanata per decreto, vorrei – spero senza suscitare imbarazzi o discordia – recensire il mio ragionamento sul pacchetto Automotive con la metafora della diga e sulla falsariga di un evento tragico – spesso chiuso nel cassetto della dimenticanza – che collega dighe, frane e scempiaggine umana: il Vajont.
Da Ixelles (Belgio) dove è nata quella che per me è la più bella, affascinante ed elegante donna politica europea del momento (ma che tuttavia ritengo inadatta al ruolo di Presidente dell’Unione Europea) a Longarone passano 1250 chilometri. Un abisso di strada, e soprattutto un abisso temporale in cui la piccola Ursula aveva cinque anni quando l’acqua della diga cancellò tre paesi dalla faccia della terra.
Eppure le analogie ed i simboli sono tragicamente coincidenti.
La Diga “Carbon Zero” ed il rischio frana dell’Automotive europeo
Dunque, ricapitoliamo: nell’Autunno del 2022 Tavares e De Meo guidano il dissenso dei Costruttori contro la “diga” edificata in tutta fretta dalla Commissione di Bruxelles. Un atto temerario che si sviluppa con un “muro” di cinta (Fit for 55) che dalla data del 2035 è destinato a bloccare per sempre in Europa la produzione di auto a motore endotermico; a questa “Diga” si somma il maggior “invaso” che prevede, assurdamente, l’intromissione di Euro 7: cioè una manovra costosissima di aggiornamento dei limiti di emissione allargata a componenti e pneumatici; una ulteriore mazzata impossibile da ammortizzare se poi, appena un decennio dopo, quei motori endotermici aggiornati ad Euro 7 devono essere tolti di mezzo.
Ed ecco la prima “minifrana”, cioè lo smottamento iniziale che deriva nella perdita di valore patrimoniale ed azionario dei Costruttori europei, ma non solo: inizia la crisi più drammatica del settore aftersales – una perla dell’Industria europea – con un crollo di valore dei Brand storici e l’inizio di uno shopping estero e di una valanga di dismissioni e ristrutturazioni aziendali che indeboliscono tutto il settore industriale continentale.
E’ pur vero che la politica di Bruxelles è da tempo più supina rispetto alle esigenze ed alle emergenze delle Utilities, vere centrali di diffusione di cariche dirigenziali e di collegamenti finanziari per il mondo politico che, di conseguenza, decide e legifera oggi con quell’occhio di riguardo per le Imprese dell’energia che un tempo si era soliti riservare invece ai Costruttori di Automobili; e dunque sono persino pronto ad accettare che dopo il Lockdown e soprattutto dopo l’inizio della Guerra russo ucraina le istituzioni di Bruxelles abbiano avviato programmi politici attenti più al comparto delle Utilities (Gigafactory, mappatura delle colonnine di ricarica, programmi di nuova economia mineraria, nuovo slancio alle rinnovabili) che non a quello dell’Automotive.
2025, 2026, 2028, 2035. E le scadenze non sono finite
Ma la situazione si complica con le scadenze nuove che si “ammassano” tutte all’orizzonte: Step di revisione chiesto dai Costruttori tedeschi al 2026 e New BER al 2028. Senza contare la precarizzazione della situazione politica che si crea con le elezioni di Giugno 2024 che danno un ceffone non indifferente alla vecchia composizione parlamentare e commissariale.
Nel frattempo però la frana non ha ridotto la sua pericolosità. Si è semplicemente deciso di smetterla temporaneamente con l’altalena letale che alza ed abbassa il livello di discriminazione sull’endotermico come fosse una soglia idrica che preme contro lamassa instabile della montagna.
Arriva però una condizione “ambientale” che influenza la mano che a Bruxelles gestisce le Chiuse metaforiche di questa Diga: la guerra russo ucraina scoppia in mano ai sostenitori ucraini presso la UE, Putin si incacchia e alla Casa Bianca statunitense arriva Donald Trump: cinque mandati presidenziali Democratici nei quali lungo trent’anni Clinton, Obama e Biden hanno tirato la volata alle auto elettriche finiscono dispersi nel mare. Trump per la prima volta da quella deriva ecologista non usa metafore e dichiara apertamente guerra all’ambientalismo che vuole abbattere il motore classico.
I riverberi arrivano ovviamente anche sulla povera Ursula che, a questo punto, si trova di fronte alla vessazione politico-strategica di Washington sulle nuove politiche doganali e sul fronte di un contrasto commerciale fortissimo contro la Cina: le auto elettriche suscettibili di aiuto di Stato da Pechino devono essere soggette a super Dazio.
A peggiorare la situazione dell’auto elettrica in Europa ed i rapporti con la Cina arriva anche il rally di crescita dei costi delle terre rare ed i contingentamenti decisi da Pechino: Litio, Cobalto ed altri metalli diventano più cari del diamante e dell’oro puro; e se diventa improponibile ordinare in Europa materie prime proibitive per le – poche- auto, figuriamoci per costruire le GigaFactory che Ursula vagheggiava da metà del 2022 e che sono tuttora rimaste lettera morta.
Per la prima volta concretamente la Presidente Von der Late abbassa il livello del muro contro l’endotermico: frenare l’avanzata commerciale cinese con le BEV significa di fatto ridurre le vendite del settore poiché gli europei nel frattempo non hanno una gamma capace di soddisfare una domanda di massa, e nel frattempo la riduzione della offerta potenziale dall’Asia non può che tagliare i volumi di immatricolato annuo.
A ridurre il muro di acqua pronta a spegnere l’endotermico nella metaforica Diga di “Fit for 55” ci pensa anche il dispositivo con cui la UE spalma lungo un triennio la constatazione e sanzione delle famigerate multe CAFE, mentre a risollevarlo di colpo arriva la previsione di una proposta per la quale Bruxelles imporrebbe quote obbligate di presenza di BEV nelle Flotte Aziendali (un mercato che copre il 60% delle immatricolazioni del Continente) a partire dal 2030.
La massa franosa instabile dell’Aftermarket e della componentistica continua a crollare e lo shopping estero di eccellenze europee del postvendita e della componentistica continua, instancabile. Nel frattempo parte la contromossa dei Suppliers continentali che tornano ad esodare verso Asia, Sudamerica ed Africa.
E siamo ai tempi moderni: a chiedere alla Commissione europea di abbassare la diga d’acqua contro gli endotermici è la Germania che, oltreche’ smentire e sputtanare se’ stessa con un dietro front clamoroso sulla conversione elettrica (sulla quale Frau AnghelonaMerkel aveva disegnato dal 2010 la nuova inesorabile frontiera avanguardista dei tedeschi sulle nuove tecnologie) si trova da almeno tre anni sul quel costone della montagna come nazione “franosa” ed in recessione economica grave.
Ma solo un attimo prima, come abbiamo trattato in un resoconto a puntate, alla fine di Luglio la stessa Commissione Europea aveva pubblicato un curioso “Sondaggio Pubblico” (on line fino al 10 Ottobre prossimo) di cui trovate un resoconto di sintesi cliccando su questo Link : una strana iniziativa – intitolata “Revision of the CO2 emission standard for Cars and Vans”- in cui, paradossalmente, Bruxelles chiedeva alla popolazione di esprimere un giudizio molto postumo sul programma avviato da anni sulla convergenza elettrica per la mobilità dalle istituzioni europee. Certo, i maligni potrebbero anche insinuare che la nuova “timidezza” della Commissione sulla conversione elettrica totalitaria abbia una causa indiretta discriminante nella improvvisa frana socioeconomica della Germania. Una conseguenza, certo, delle politiche estere spudorate e scorrette verso Cina e Russia (a volte a discapito degli altri Partner europei) che la Germania ha tenuto impunita dall’inizio della crisi dei Debiti sovrani, ma anche l’attestato della storica idiozia teutonica nello scommettere a lungo termine, sbagliando regolarmente la puntata sul cavallo vincente.
Cina ed Ucraina sono la palude nella quale Berlino si è infilata volontariamente con tutti e due i piedi, e i tedeschi devono ringraziare NATO ed Unione Europea se non si ritrovano, per la terza volta in un secolo, da soli ed isolati a pagare lo scotto delle loro strategie politiche farlocche.
La Germania, evangelica del tutto elettrico, diventa la “spalla” dell’Italia per l’Endotermico
Oggi la Germania è lo sparring partner un poco rintronato degli alleati europei (Italia, Polonia, Ungheria) che per primi hanno raccomandato a Bruxelles una moderazione dell’atteggiamento talebano contro l’endotermico; in pratica tutta la supercazzolasull’eco-mobilità che i tedeschi – per primi – hanno abbracciato per fare la figura dei primi della classe (ricordate il miliardino di Euri che Frau Anghelona ha preannunciato nel 2010 per realizzare le infrastrutture necessarie alla mobilità a Emissioni Zero?); e, con tale supercazzola, tutta la guerra contro l’endotermico che ne è derivata ha avuto una chiara matrice teutonica: avete mica anche Voi, per caso, copia delle riviste che circa quindici anni fa prevedevano il lancio da parte dei Premium brand tedeschi di decine e decine di modelli BEV ed Ibridi?
Un vero e proprio sfoggio di potenza nibelunga sul territorio europeo, una dichiarazione di supremazia tecnologica che aveva un solo scopo: aprire all’industria tedesca le porte della Grande Muraglia presentando i propri Brand come interlocutori ideali nella conversione elettrica della Cina sulla via della mobilità di massa. Per un po’ le cose andarono bene: il falco Schauble, tra l’altro, approfittò – scorrettamente – della cagnara avviata sulla strada della maxi austerithy per rinforzare la posizione commerciale delle industrie tedesche in Cina camminando sopra le teste delle economie europee confinanti. La Germania del quasi Default nel 2003, è ormai noto, dieci anni fa ha accentuato le possibili conseguenze negative di un allentamento del rigore europeo sui bilanci per poter dialogare da sola con il gigante cinese.
Di quel comportamento antieuropeo e fedifrago il Governo Merkel non ha mai pagato pegno di fronte a Bruxelles, approfittando del “bonus” secolare che tutti gli altri paesi europei sentivano di dovere simbolicamente alla Germania di Weimar ed in parte a quella uscita da Norimberga; ma approfittando anche del servilismo surrettizio dei Media europei.
Ma gli Stati Uniti se ne sono bellamente fregati dei simbolici Bonus ed hanno castigato la Germania dell’ Automotive con il Dieselgate anche se questo, alla fine dei conti, è stato una macchia etica ma anche una salvaguardia commerciale soprattutto per i Costruttori tedeschi (e ne abbiamo già discusso).
Vero, ad esempio dal lato dell’Automotive, che buona parte della operatività di tanti supplier italiani e spagnoli venne assorbita tra il 2011 e la vigilia del Lockdown dall’industria tedesca (che diventò in pochi anni leader europea nell’export verso la Cina e soprattutto il Paese occidentale con il maggior numero di Joint Ventures e sinergie industriali attive nel Paese del Dragone); ma è anche vero che dalla crisi del Dieselgate l’avvitamento progressivo della manifattura automobilistica tedesca ha stretto ai fianchi anche la subfornitura europea; e che questa situazione è stata peggiorata dal cambio di paradigma che da quattro anni a questa parte la Cina ha ristabilito con la Germania. Il risultato è tangibile: i numeri dell’export tedesco in Cina sono crollati, le Joint si sono decimate, i numeri di vendita dei Brand tedeschi in Cina è a livelli minimi che non si vedevano probabilmente da quasi venti anni. Ecco un altro fattore esterno che ha cominciato a pesare sulla slavina pronta a creare l’onda distruttiva sulla diga di “Carbon Zero”, la Diga voluta da Bruxelles.
E siamo arrivati alla metà di questo strano 2025: dieci anni dopo il Dieselgate, alla vigilia di una decisione fondamentale anche in Cina: interrompere gli aiuti di Stato diretti alla produzione di NEV ed in particolare di Full Electric. Improvvisamente è la Cina che abbassa con la sua mano esterna il livello di guardia della famosa Diga, ma il risultato non è di maggior tenuta della potenziale frana. La abolizione degli aiuti di Stato dal 2026 per le auto elettriche cinesi obbliga la Commissione a revocare il Superdazio: senza aiuti di Stato il provvedimento sarebbe illegittimo.
Le premesse ad un “Pacchetto” dei Pacchetti sull’Automotive da qui al 2035
Revocare il Superdazio, con riguardo soprattutto a vetture di taglio “Entry Level” (che cioè raggiungono in Cina il prezzo parametrabile a 6.000,00/9.500,00 Euro, e sono davvero tante) comporta tuttavia un doppio problema: da una parte aprire le porte all’import (anche parallelo) di K-Car asiatiche full electric a prezzi comunque nettamente inferiori a quello delle concorrenti europee; e dall’altro bloccare sul nascere gli elementi di vantaggio competitivo per i quali era stato logico per molti Costruttori avviare, dalla metà dello scorso anno, una serie di contatti programmatici sulla reale eventualità di impiantare in Europa linee di montaggio di BEV cinesi su licenza, o in partnership, con Costruttori della Grande Muraglia. Tale ipotesi strategica avrebbe ottenuto un obbiettivo “Win-Win” tra committente e licenziatario: da un lato avrebbe aggirato, per il Costruttore cinese originario, il vincolo dei superdazi; dall’altro avrebbe permesso al Costruttore licenziatario in Europa di sommare la contabilità di emissioni di quella produzione full electric al totale di Gamma prodotto evitando così le potenziali “sforature” e le multe CAFE.
Insomma, ecco che quel livello metaforico della Diga di “Carbon Zero” era tornata in stallo, e soprattutto sempre più lontano dalla manovrabilità di Bruxelles che, mano a mano, cominciava ad essere sempre più ostaggio di eventi esterni. Siamo ancora in Estate quando Ursula, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, lancia l’ipotesi di una “K-Car” elettrica ed unitaria per il Continente europeo e contemporaneamente apre la porta ai Biocarburanti nell’azione di decarbonizzazione delle emissioni: l’acqua della Diga risale e supera così il livello di stallo, ma allo stesso tempo la frana dell’Aftersales e della Supply Chain europea torna a smottare pericolosamente (e lo fa con dossier espliciti dell’EPA che indica il 2024 come un altro anno terribile per il comparto) ma la nuova visione dei biofuel in chiave di supporto al mantenimento dell’Endotermico fa da parziale “freno” ancora una volta.
A questo punto occorreva, a partire dall’Autunno, una decisione capace di fare da nuova piattaforma rispetto a “Fit for 55”, per effetto della quale lo scenario papabile della nuova mobilità post 2035 poteva sembrare – dalla fine dell’Estate di quest’anno – più una sciarada buona per appassionati della “Settimana Enigmistica” che non un manifesto programmatico: un Puzzle che metteva insieme ancora lo stop decretato per gli endotermici con la possibile ammissione dei Biocarburanti, il nuovo piano di superdazi con il calo di immatricolato nel comparto BEV, ed altri saliscendi simili.
E la “Diga”? nel frattempo la “Carbon Zero Diga” era passata di mano dal comando di Bruxelles a quello di Washington. Le bordate continuate di Trump contro i benefici fiscali sulle elettriche e le critiche all’ecologismo evangelico hanno avuto una forte eco in tutto il mondo.
In mezzo a tutto questo Cronoprogramma in gran parte “subìto” piuttosto che orchestrato dall’Unione Europea si sollevavano tuttavia voci e preannunci che da mesi hanno cominciato da un lato a far scendere il livello di acqua “elettrofila” e dall’altra hanno tentato un “puntellamento” della precaria situazione dell’Aftersales europeo: il ritorno nelle programmazioni industriali del Diesel, spinto dal favore nato intorno al mondo del Gasolio “Bio”.
Di fronte a tutto questo, posso solo immaginare che nelle stanze di Bruxelles il “Pacchetto” abbia cominciato a fare girotondi infiniti per cercare di corrispondere in qualche modo ai sempre più variabili ed eterodiretti scenari di mobilità globale.
Era dunque chiaro, alla base di un qualunque nuovo pacchetto, che ribadire “Carbon Zero” e la fine dell’endotermico tra dieci anni sarebbe stata una picconata autoinferta sugli attributi dell’Industria europea ed un chiaro avviso di sfratto della attuale Commissione per manifesta inadeguatezza ad operare in tema.
Dunque, fino ad un attimo prima del varo del “Pacchetto” gli Opinionisti si sono concentrati su un primo quesito: a quanto sarebbe ammontata la soglia percentuale di “deroga” a Carbon ZERO?
Partiamo, secondo quelle che sono le mie umili riflessioni, da questo valore. Quanto pesa sul futuro destino dell’endotermico europeo la “franchigia” del 10%? Pesa perché consentirebbe ad oggi la presenza in Gamma dei Costruttori di piccole motorizzazioni adibite a Range Extender. Tuttavia è da attendere, perché non può essere altrimenti, una necessaria clausola in deroga per i Costruttori sportivi e per le piccole serie di Supercarche ormai nella stessa Commissione cominciano a ritagliarsi un profilo speciale. E dunque già in parecchi si attendono, nel prossimo futuro, un ennesimo ritocco del “Pacchetto” attuale sia per questo aspetto sia perché nelle valutazioni deve ancora rientrare quello Step di revisione che si inaugura il prossimo anno e che vedrà l’inizio delle sperimentazioni con E-fuel e Biofuel.
Eppure, Vi sembrerà assurdo, io plaudo alla avventatezza della Commissione di rischiare una nuova ristrutturazione del Pacchetto attuale nel breve futuro anziché azzardare una “franchigia” emissiva maggiore del 10%.
Che, detto in tutta franchezza, per me è plausibile e realizzabile nella soglia del 30/70 (cioè 30% di emissioni totali consentite e 70% di abbattimento di CO2); ma non è in questione quel che penso io.
Pacchetto “Fase UNO”: liberare l’endotermico senza togliere slancio alla Finanza “Green”
Ad oggi concedere al mondo endotermico una soglia di sopravvivenza maggiore avrebbe sortito da domani almeno tre effetti pregiudizievoli a carico dell’Europa: avrebbe accelerato, anziché aiutato a combattere, l’invasione di Ibride e Dual Fuelasiatiche di importazione; avrebbe costretto a riformulare tutta la struttura delle Multe CAFE; ed infine avrebbe giocato a sfavore della cosiddetta “Finanza Green” che già da sola sta vivendo un momento di flessione rispetto agli anni d’oro di poco tempo fa.
Dunque a mio avviso – tornando all’esempio del Vajont – un Pacchetto con soglie di emissione ammessa superiori al 10% fin da subito avrebbe abbassato il famoso svaso della Diga “Carbon Zero” ma la frana dell’Aftersales europeo sarebbe derivata dall’ingresso di massa di endotermici cinesi.
Subito dopo l’annuncio devo però ammettere che la definizione di una soglia del 10% di emissione ancora contemplata nella “manovrina Automotive” non è il più importante degli elementi a dibattito; ma è in realtà tutto il corollario di dubbi ed aspettative che questo “mostriciattolo” del 16 Dicembre porta in dote su temi che, di fronte a questo Pacchetto, vedono il loro percorso di vigenza decisamente frastagliato da scalini ed inceppi.
Per intanto, i famigerati Carbon Credits: recenti revisioni normative a Bruxelles ne hanno reso l’acquisto decisamente poco vantaggioso, eppure il “Pacchetto Automotive” sembra far rientrare dalla finestra un sistema di compensazione che in molti ritenevano elegantemente accompagnato alla porta dei nuovi target climatici.
Eppure il Comitato scientifico indipendente (ERC) ha espresso un giudizio allarmato sulla interazione dei Carbon Credits nel raggiungimento degli obbiettivi di decarbonizzazione, in quanto la compravendita dei crediti “distoglie” fatalmente flussi di cassa e risorse finanziarie che le Imprese potrebbero investire in piani strutturali di ricondizionamento dei processi produttivi.
Chi vuole giocare con malizia tuttavia potrebbe collegare tra loro due informazioni apparentemente non in relazione: nel primo semestre del 2025 il livello di emissione di GSS (Green, Social, Sustainability) Bonds è calato rispetto al precedente semestre 2024 e il trend suscita di certo un allarme, peggiorato se possibile dalla “concessione” al 10% di emissioni consentite dal Pacchetto Auto che per alcuni investitori potrebbe implicare un passo indietro rispetto agli obbiettivi iniziali.
Eppure nel richiamo a Carbon Credits ed al supporto dei Biocarburanti si potrebbe capziosamente nascondere una sorta di piccolo “gioco di ruolo”: i Green Bond sui biocarburanti sono obbligazioni destinate a raccogliere liquidità sul mercato per produrre biocarburanti, il cui rendimento è legato ad obbiettivi di sostenibilità e target ambientali.
Di conseguenza il volume di biocarburante sostitutivo dei propellenti fossili realizza una discreta disponibilità di Carbon Credits che, in forma di asset legati al progetto di produzione alternativa, possono generare massa intermediabile sul mercato dei crediti.
Il Dubbio: meglio produrre BEV su Licenza o importare direttamente?
C’è un punto poco chiaro, nel pacchetto Auto, legato al ruolo ed al profilo della Gamma “BEV” di supporto alla produzione autoctona di Carbon Credits da parte dei Costruttori: meglioinvestire risorse proprie per costruire una Gamma BEV autoctona in grado di consentire al Costruttore, insieme alla riduzione della linea produttiva degli endotermici, di sommare al totale di emissioni “Endo” anche l’effetto decrementale di linee diproduzione di BEV Entry Level che permetta agli stessi Costruttori di mantenere target di riduzione della CO2 strutturali ?
Oppure meglio avviare un accordo su Licenza e produrre in Europa Car Lines di BEV riducendo la mole degli investimenti iniziali ma pagando Royalties per una gamma comunque necessaria al conseguimento degli obbiettivi di CO2 in ottica CAFE?
Ovvero, in ultima analisi, per effetto della probabile decadenza dei superdazi verso le BEV cinesi, sarà più conveniente importare direttamente lotti di auto prodotte in Cina e vendute a prezzi di promozione per effetto della iperproduzione in casa? Dopo la fine annunciata da Pechino di aiuti di Stato alla produzione dal prossimo anno, perde legittimità anche il sistema dei superdazi di Bruxelles e dunque perde i suoi vantaggi anche l’idea di impiantare nuovi Stabilimenti su Licenza qui in Europa, perché anche in caso di plausibili Joint Ventures a tema sarà più conveniente far arrivare a prezzi politici dalla Cina tutta l’Iperproduzione di BEV che da là proviene.
Ed allora? Ecco che per magia da quel 10% di franchigia dentro al Pacchetto discende un teorema del tutto nuovo e che, forse maliziosamente, mi pare di aver letto: la Commissione Europea che ammette ed anzi incoraggia l’avviamento di linee produttive di “K-Car” all’europea senza però approfondire quel concetto di contributo comunitario espresso dalla Von der Layen nel Discorso sullo Stato dell’Unione.
Come a dire: ”Intanto, cari Costruttori, sappiate che da un momento in poi i Carbon Credits Ve li dovete fabbricare in casa e non comprare; se poi l’Unione deciderà di finanziarVi le linee di montaggio, questo si vedrà a suo tempo”.
Ulteriore indizio che mi porta a pensare che questo Pacchetto sia “Pacchetto Atto Primo” a cui ne seguiranno a breve altri.
C’è poi da capire perché nel “Pacchetto” entrino marginalmente aspetti che sono determinanti per il processo di riduzione del “Footprint” di settore: l’uso di materiali ecocompatibili, il processo di riciclo a fine vita, la rigenerazione e l’accesso ad energie rinnovabili sembrano quasi accessori nel contesto; eppure al contrario sono, insieme alla riduzione della CO2 emessa dalle attività distributive e di Logistica, uno dei temi chiave della futura decarbonizzazione. Detenere ad esempio una flotta di mezzi logistici (terrestri, aerei o navali) a basse emissioni dovrà per forza diventare elemento contabile di quel 90% oggi definito nel Pacchetto e che, per effetto, dovrà essere ricalibrato. E’ il caso ad esempio di Costruttori cinesi che insediandosi in Europa potrebbero di buon diritto chiedere nella conta delle emissioni complessive anche quelle impegnate nella logistica svolta con mezzi Low Carbon. Altro aspetto, appunto, che determinerebbe un rimaneggiamento del Pacchetto.
Quanto pesano Biofuel ed alternativi nel bilancio ecologico? Lo dirà il prossimo Pacchetto?
Ed in ultima analisi: i Biocarburanti, i nuovi protagonisti del dibattito. Benzina Bio con componente etilica da un minimo del 25% in su, e Biogasolio HVO totalmente sostitutivo del fossile, insieme ad un inevitabile ritorno sulla scena del prodotto tipico europeo: il “Biometano”.
Parliamo di una nuova famiglia di alimentazioni che insieme al presente di GPL ed al prossimo futuro di metanolo, Idrogeno ed e-Fuel dovra sostituire i carburanti fossili per almeno l’80% dei volumi distribuiti ad oggi. Significa un cambio epocale per i motori che saranno prodotti da adesso in futuro.
Ok: ma per l’Usato? Sappiamo che l’Italia ha fatto la prima mossa senza che questa sia stata neppure contemplata nelle righe del “Pacchetto”: l’Italia – che fu tra le prime Nazioni europee a varare il provvedimento per il Kit Retrofit elettrico dieci anni fa – ha inquadrato in un testo di Decreto il Kit adatto all’utilizzo dei Biofuel anche sui motori a Gasolio che nativamente non rispecchiano le caratteristiche idonee. Un grande passo che, a ben vedere, si sposa perfettamente con attività più fervide in Francia, Germania e Penisola Scandinava e legate alle nuove “Sub ECU” (come le chiamo io) atte a modificare i valori di taratura e funzionamento dei motori inadatti nativamente a girare con benzine ricche di Bioetanolo o totalmente coperte da materia prima vegetale (E95, E100).
Prima o poi, o per motivi congiunturali o per esigenza dei consumatori, l’eventuale diffusione di massa della “E25” e benzine con soglie superiori in tutta Europa dovrà fare i conti con la impossibilità per almeno il 45% del parco auto usato circolante nella UE di funzionare a dovere.
Un patrimonio che comprende auto da lavoro, da collezione, o auto usate vecchie ma perfettamente funzionanti.
A meno che la soluzione tacita della Commissione non sia di girare la testa altrove, prima o poi di un eventuale nuovo pacchetto dovrà far parte anche la strategia di riassetto e di evoluzione del Parco circolante usato che attualmente in Europa vale circa 250 milioni di unità.
C’è poi l’aspetto più folkloristico: e se ad Ottobre il Sondaggio Pubblico promosso dalla UE dovesse sconfessare le politiche di Bruxelles sulla ecomobilità, riportando sugli altari con un plebiscito la preferenza del pubblico europeo sulle endotermiche, cosa accadrà? Credo che una idea, avendo letto le mie opinioni, Ve la siete fatta.
Insomma, il giudizio iniziale che mi sono fatto sulla possibilità che questo Pacchetto Auto sia:
-Una porta simbolicamente aperta all’endotermico come traccia delle strategie future della UE;
-Un ponte di nuovo dialogo tra Commissione e Costruttori;
-Un manifesto programmatico del nuovo indirizzo dei Green Bond sul versante Biofuel;
-Un protocollo a geometria variabile che, secondo me, avrà altre riedizioni in futuro,
tutto questo mi porta a pensare che, senza darne l’impressione, a Bruxelles ci troviamo già in piena Controriforma ecologista sulla mobilità post 2035.
E con questo, proprio per lasciarVi un bell’articolo lungo con cui affrontare i lunghi pomeriggi di festa in famiglia, lasciate che Vi porga i migliori auguri di buone Feste.
Riccardo Bellumori

