Era questione di mesi, neppure di anni.
Quando l’Associazione dei Costruttori tedeschi ha chiesto nel 2022 alla Commissione di Bruxelles di contemplare l’apporto potenziale degli “e-fuel” (la famiglia di propellenti sintetici derivati dalla composizione di Idrogeno e CO2) sulla strategia di decarbonizzazione legata alla riduzione delle emissioni inquinanti (che – dati alla mano – nei carburanti sintetici sono di misura omeopatica rispetto alla benzina ed al Gasolio fossile) sembrava che alla data prevista per la revisione, cioè il 2026, mancassero secoli. Mentre invece il tempo si è messo a correre e quella Commissione Europea che teneva in ostaggio l’Auto è diventata a sua volta un ostaggio, un naufrago in balia degli eventi.
Sembrava di vivere un mondo lontano in quel periodo di fine 2022 in cui dal Salone di Parigi si era espresso l’urlo di protesta dei Costruttori (capeggiati da De Meo e Tavares) verso Bruxelles per l’oppressione normativa del nuovo step anti emissione Euro7 e per la minaccia di eutanasia del motore endotermico alla data del 2035.
Ad onore del vero, quella proposta della Associazione dei Costruttori tedeschi, prontamente accettata dalla Commissione Europea, era un poco una sorta di elegante e diplomatica presa per i fondelli reciproca; da un lato la stessa Associazione aveva lanciato la proposta più che altro per “indorare” un simbolo decaduto del prestigio europeo (l’automotive tedesco) all’atto di una situazione industriale sull’e-fuel che all’epoca aveva qualcosa di surreale: nomi altisonanti impegnati nei progetti di “distillazione”, Impianti costosissimi avviati in zone e latitudini lontanissime in Sudamerica ma, a conti fatti, una produzione congiunturale e persino una proiezione di medio termine assolutamente velleitarie ed improponibile rispetto ad un consumo di massa del carburante sintetico per l’alimentazione delle auto sia per il costo che per la scarsa disponibilità e difficoltà di distribuzione e stoccaggio; ma probabilmente alla ironia involontaria dei Costruttori tedeschi si era accompagnata all’epoca il sarcasmo istituzionale con l’accettazione fin troppo leggera e temeraria da parte della Commissione Europea che – nella persona della sua Presidente Ursula – non aveva probabilmente nessuna intenzione all’epoca di mettere in discussione una rivoluzione elettrica imposta da anni prima.
Perché il problema esistenziale per l’e-fuel fino ad oggi è la questione pesante legata all’ammortamento finanziario ed industriale dei nuovi e costosi impianti di produzione e raffinazione destinati a produrre Idrogeno ed a catturare la CO2 nell’atmosfera al fine di assicurarsi il titolo di LCLF, Low carbon liquid fuels per un prodotto finale conforme alla normativa DinEn 228, utilizzabile per autotrazione anche in addizione al carburante tradizionale, e – cosa importantissima – stoccabile ed erogabile nelle consuete forme degli altri carburanti in distribuzione. Anche se i titoli e le didascalie fanno apparire l’e-fuel come un prodotto fantascientifico ed un poco inquietante, il suo vantaggio è nella “modulabilità” industriale che ne fa a priori un carburante eclettico e molto flessibile sia in “versione” pro-benzina che “pro Diesel” per alimentare una genealogia abbastanza ampia di motorizzazioni e vetture nuove o già circolanti.
Ma era ancora la fine del 2022 il periodo che abbiamo premesso. Ed intorno a questo confronto tra Associazione Costruttori tedeschi e Commissione europea cosa avveniva?
-La guerra russo ucraina, nella quale la UE si è posta in sostegno dell’Ucraina e con le misure restrittive delle sanzioni contro la Russia ha scommesso su una conclusione lampo mai verificata; per effetto di un errore di visione così marchiana i costi energetici importati e soprattutto la bassa crescita economica globale (al contrario di quella ideale e necessaria per programmare lo sviluppo equilibrato di un nuovo sistema di mobilità coinvolgendo consumatori, Costruttori e mondo delle infrastrutture) sono diventati la pietra al collo proprio dell’Europa, che in tema di mercato Auto e salute dei suoi stessi Costruttori vive una sofferenza al momento sconosciuta in Cina, Asia, India;
– Salute economica minata dal rally di aumento dei costi del GNL, risorsa energetica chiave in Europa, per effetto proprio della Guerra;
– Salute aggravata dal progressivo e sensibile downgrade economico ed internazionale di Francia e Germania, locomotori tradizionali dell’economia europea che vivono in questo ultimo anno una caduta libera di trend e fiducia senza che all’orizzonte si possa definire il momento della auspicabile risalita. Proprio la fase di crollo delle due economie principe in Europa coincide con il crollo dei due maggiori sponsor politici ed industriali della mobilità elettrica presso Bruxelles;
-Sponsorship sgretolata in Francia dal pessimo andamento commerciale di Stellantis e dal terremoto avvenuto in Renault dopo l’uscita di De Meo che in molti leggono come una sorta di protesta simbolica contro un sistema automotive allo sbando; e che in Germania è praticamente precipitata fin da quando, ormai quattro anni fa, il Governo di Pechino ha improvvisamente abolito l’obbligo annoso che impegnava i Costruttori esteri a stringere Joint Ventures con i Gruppi locali per entrare nel mercato cinese, di fatto però sciogliendo e liberando gli stessi costruttori cinesi da alleanze e sinergie obbligate con i Marchi europei che significavano obbligo di condivisione di Know How e soprattutto diritto di accesso degli stranieri alla torta dei contributi nazionali governativi.
In questo contesto, la progressiva frana sul mercato cinese di tanti Costruttori Premium tedeschi ed europei (ma più in generale il calo della quota di mercato detenuta dai Costruttori stranieri in Cina) ed al contempo la crescita esponenziale della produzione BEV asiatica nelle scelte dei consumatori continentali ha di sicuro ricondotto anche Bruxelles a più miti consigli su un futuro un po’ troppo prossimo di monopolio elettrico per la mobilità europea integrata: il rischio che decarbonizzazione facesse rima con desertificazione industriale deve aver pesato parecchio su un certo ripensamento delle istituzioni europee per il percorso di decarbonizzazione;
– Ripensamento che ad oggi non riguarda solo la posticipazione della scadenza perentoria al 2040 e la plausibile fine oggettiva (finora mai dichiarata espressamente ma solo ventilata) della tagliola endotermica per quella data; ma che comprende nell’ordine lo slittamento al 2028 della nuova BER, l’attuazione “morbida” dell’Euro 7 e l’attuale “allargamento” ai “Biofuel” delle tolleranze riservate in origine per il 2026 ai soli carburanti sintetici.
La famiglia allargata dei “Biocarburanti”: quelli “DOC” e quelli a loro insaputa
Bene, ma di cosa parliamo? Parliamo in senso esteso di almeno tre famiglie (pura, ibrida e impropria) di carburanti alternativi al solo fossile e complementari ovviamente agli e-Fuel di natura sintetica:
biocarburante si chiama, intanto, un combustibile la cui energia si ottiene attraverso il processo di fissazione biologica del carbonio prendendo carbonio inorganico (principalmente CO2) e trasformandolo in composti organici.
Dunque “biocarburante” è il composto in cui l’anidride carbonica presente in origine viene “fissata” da organismi viventi accelerando i tempi di trasformazione che il combustibile fossile subisce in tempi lunghissimi.
Ma torniamo alle tre famiglie (pura, ibrida e impropria) di cui ho parlato in precedenza, perché credo che la prima cosa che è bene evidenziare è la varietà in tema delle diverse alimentazioni “alternative” che a vario titolo (e spesso fuori luogo) sono chiamate “Biofuel”.
Ed in questo senso è utile anticipare il senso di questo articolo in più puntate: sensibilizzare su un tema (quello dei carburanti addizionati o assoluti con componente vegetale) che improvvisamente è salito alla ribalta delle cronache dopo la “apertura” (più che scontata, come premesso da mesi da parte di Autoprove.it) della Commissione europea alla loro adozione;
in secondo luogo la nostra attenzione è legata alla questione “approvvigionamento”: quanta materia prima agricola idonea per la miscelazione o distillazione di carburanti alternativi è ottenibile dalla coltivazione in terre di interesse europeo e/o quanta dovrà essere importata (trasferendo la dipendenza dall’estero di petrolio a quella di risorse agricole)? Perché sul fronte del “bioetanolo” ad esempio mais, canna da Zucchero e riso vedono un surplus produttivo in zone del mondo ben lontane della vecchia Europa che al massimo può opporre la barbabietola da zucchero come coltura massiva di prima generazione etilica: ad oggi gli elementi di coltivazione vitivinicola realmente di scarto (destinabile dunque senza problemi alla conversione in bioetanolo) sono in volume decisamente scarso, ed appena più sopra questi ci sono poltiglie, vinacce e materia residua che per finalità alimentari e farmacologiche sono decisamente preziose ed ambite per poterle “sprecare” dentro ai motori a meno di non aumentare il costo al litro del Biofuel…
Ed inoltre: come dovrebbe essere attuata la “fase di verifica”? Attraverso la diffusione “coatta” di benzine e gasoli con componente agricola aumentata oltre “E10”, magari avvicinando e generalizzando la soglia “E25” disponibile già usualmente in Svezia? Oppure stabilendo persino Step automatici ed irreversibili di distribuzione della “E85” che al momento è la soglia più alta immaginabile prima dell’Etanolo puro, e di soglie per il Biodiesel più alte di quelle attualmente previste?
Ed allora, alla fine, ecco la prima di due domande discriminanti: per conseguire il vantaggio ambientale della decarbonizzazionedel trasporto privato europeo (effetto indubbio della adozione e diffusione dei biofuel in sostituzione degli attuali carburanti fossili) quali saranno i probabili costi diretti (prezzo alla pompa e/o trasformazione della rete di distribuzione) ed indiretti (adeguamento, trasformazione, sostituzione del parco circolante europeo)?
Ma c’è un’altra incognita a cui dare una risposta plausibile; al di là del blocco o meno della produzione e vendita di motori endotermici al 2040 (falso problema, visto che se entro i prossimi tre lustri la produzione di auto elettriche risulterà economicamente e commercialmente più vantaggiosa ci penseranno i Costruttori a tagliare i ponti con l’endotermico; in alternativa, e questa mi pare lo scenario più plausibile, la progressiva riduzione di gamma endotermica vecchia porterà in scena un panorama di nuove motorizzazioni benzina e Diesel molto più evolute ed ecofriendly)la domanda che voglio condividere con Voi è: A Vostro avviso, quale sarà la “panoramica” più plausibile di Parco auto circolante europeo tra 15 anni?
Che mondo auto avremo tra 15 anni?
La risposta esatta a questa domanda fa tutta la differenza del mondo: quanti milioni di auto avremo sulle strade europee? Di queste, quante BEV/PlugIn Hybrid/Full Hybrid/Extended RangeHybrid/Endotermiche pure? Noi una proporzione ce la siamo strutturata in testa, e Vi anticipiamo subito che secondo noi l’ago della bilancia in questa ripartizione settoriale sarà costituito dalle Ibride Extended Range basate su architettura con trazione esclusivamente elettrica a batterie con intervento di un Rangeextender endotermico di erogazione energetica.
Proveremo a darVi una risposta in diverse puntate, perché come vedete il tema è più complesso degli Slogan circolati ultimamente in Rete.
Nella famiglia dei biofuel che definiamo “Puri” (in termini ortodossi ed astraendo per un attimo dalle modalità industriali di sintesi) il biocarburante per eccellenza secondo me e secondo la logica comune del buon senso è in primo luogo l’Idrogeno, di cui tratteremo – promesso – in altro contesto.
A seguire il Biogas / Biometano, per la limitata presenza delle emissioni inquinanti del carburante fossile, e per la eccezionale particolarità della molecola identica a quella del GNL (e del Metano fossile) che però deriva dalla trasformazione di materia di scarto che dunque viene distratta dal volume di rifiuto organico causa a sua volta di emissioni e di inquinamento;
Se questo elenco dovesse incontrare la suggestione negativa degli studiosi di settore non oso immaginare cosa avverrà nella elencazione della famiglia Ibrida, che a mio avviso dovrebbe contemplare ovviamente:
benzine fossili “Bio” cioè addizionate per percentuali importanti di componente etilica derivante da lavorazione di scarti e giacenze agricole residuali (o distillando il bioetanolo direttamente da materia prima elettiva come orzo, frumento, mais, canna e barbabietola da zucchero, riso, oltre ovviamente alle cosiddette e preziosissime vinacce legate allo scarto vitivinicolo; oppure derivando in zucchero lavorabile l’amido presente in materia prima agricola come le patate, ad esempio);
Gasolio “bio” dunque addizionato per percentuali importanti di componente agricola oleosa (semi, polpa di lavorazione) a loro volta derivanti da lavorazione.
Giusto per fissare i concetti, il bioetanolo si ottiene dalla fermentazione di materia agricola a forte componente “zuccherina”, dalle biomasse di cellulosa e persino dalle alghe (dalle quali, Vi abbiamo anticipato in un altro pezzo, si può anche provocare dentro un particolare ambiente creato in laboratorio una reazione generatrice di Idrogeno); invece il Biodiesel viene costituito dalla miscelazione di gasolio fossile con oli vegetali, detto in estrema sintesi, a base di colza, girasole, soia ed altri. Definiamo il Biodiesel “F.A.M.E.” (Fatty Acid Methyl Ester) quello appunto derivato dalla miscelazione di gasolio fossile con un mix di olii vegetali, grassi di origine animale e metanolo; mentre l’HVO rappresenta il Biodiesel ottenuto dalla “Idrogenazione” degli Oli e grassi vegetali ed animali compresi nella lavorazione.
Non capisco perché in questa famiglia non possa di diritto entrare anche il Dual mix Diesel, cioè il Gasolio addizionato con percentuali variabili di GPL o GNL/Biogas/Biometano; ed infatti io nella mia personalissima classifica ce lo aggiungo. Ovviamente mi trascinerò dietro una marea di insulti.
Poi arriviamo alla famiglia che definisco “impropria”, in effetti abitata da un solo propellente: il GPL. Non per apparire politicamente scorretto o per smontare facili leggende mantenute nel tempo: ma se due su cinque auto a GPL immatricolate in Europa girano per la nostra penisola italica (e sarebbe bene anche stendere una statistica fedele della situazione del parco circolante a GPL nella pianura padana tanto per esempio) sarebbe ora di chiedere quale apporto realmente può dare alla decarbonizzazioneuna alimentazione che ormai non si può più definire marginale ma che evidentemente non fornisce all’ambiente la mano determinante che servirebbe.
Ed è vero che detta così la questione è piuttosto semplicistica ma mi riprometto di parlarne in modo più approfondito.
Per chiudere, faremo una analisi approfondita dell’ospite scomodo: il Metanolo, che al di là della scarsa attenzione mediatica sta salendo rapidamente la scala gerarchica a livello industriale.
La mia sola curiosità che diventa domanda per Voi: di fronte al tam tam mediatico delle nuove decisioni di Bruxelles ed alla ripetizione spesso vuota del termine “Biofuel” Vi sareste mai aspettati anche solo per “preludio” quel che avete appreso?
Si parla di Biofuel e viene fuori un ginepraio di prodotti e di applicazioni elettive. Le conoscevate già tutte?
Ma soprattutto, Vi rendete conto di alcune peculiarità fondamentali che tutti noi dobbiamo assumere in più per essere eventualmente fruitori di Biofuel e Biogas?
La prima peculiarità è l’attitudine alla circolarità, al recupero ed al rispetto dell’ambiente. La seconda è più istituzionale: senza parafrasi e mezzi termini, quel che finisce di biofuel e bioGNL nei nostri motori è parte di quel che potrebbe o dovrebbe finire nelle nostre pance, e se dico pance non parlo solo del miliardo abbondante di popolazione residente nel benessere. Parlo proprio di otto miliardi di pance in tutto il mondo.
Per cui, la prima garanzia per percorrere chilometri lineari di strada con biocarburanti è quella di conservare ed ottimizzare chilometri quadrati di terra coltivabile. E in una Europa che sta progressivamente abbandonando le terre e le coltivazioni non è una buona notizia.
Alla prossima puntata.
Riccardo Bellumori

