1)Perché non si trovano più in giro Venditori di talento o preparati?
2)E’ ancora importante il ruolo del Venditore di Salone, ed in che termini?
3)Quanto dovrebbe guadagnare un Venditore di Salone capace ed in grado di garantire risultati?
Abbiamo voluto rendere didascalico in questo modo un tema che appare e ricorre spesso nei dibattiti in tema di Automotive. Oggi si può ancora chiamare “Venditore” il professionista che sempre più deve lavorare in modalità multitasking (accounting di Clienti che sempre meno bazzicano nei Saloni, Telemarketing ed acquisizione telefonica di nuovi Clienti, consulente nella scelta di sempre nuovi mezzi, quotazione e rivendita dell’auto in permuta, vendita accessori, etc.)?
E che ovviamente deve farlo da “portabandiera” di una specifica Organizzazione di vendita e rappresentante di un numero e di una tipologia di Brand e modelli specifici, senza dunque la disponibilità di una larga parte della offerta concorrente?
Regola numero Uno: non vendere mai quello che vorresti comprare solo per Te
Se c’è un primo ragionamento che il potenziale Venditore deve imparare a fare suo fin dall’inizio, è quello del prodotto, dell’ambiente e del Brand o Gruppo che lui stesso sarà chiamato a promuovere. Molto spesso scegliere prioritariamente quel che appartiene all’insieme alle cose gradite o desiderate o privilegiate dal venditore porta a delle condotte che dal lato della trattativa e della chiusura contrattuale sono deleterie:
– Chi conosce o predilige un bene o servizio da commercializzare rischia di diventarne Fan, imponendo al potenziale Cliente un approccio sensazionalista e fideistico che potrebbe persino allarmarlo o “raffreddarlo” rispetto al potenziale acquisto che invece dovrebbe essere stimolato attraverso la progressiva scoperta da parte del venditore delle esigenze e dei desideri del potenziale Cliente.
– Chi apprezza a priori quel che deve promuovere agli altri finisce spesso per essere scontato, pressapochista per effetto della presunta perfetta conoscenza del prodotto sul quale tuttavia il rischio diventa quello di tralasciare aspetti o particolari determinanti per la scelta del cliente, ovvero si rischia di accentuare del bene o servizio da vendere le caratteristiche più interessanti per il Venditore ma magari molto meno per il compratore;
– Chi ha una influenza emotiva o passionale verso quel che intende intermediare, infine, rischia fortemente di proporlo esattamente nella stretta modalità in cui egli stesso accetterebbe di acquistarlo.
Il che ovviamente non preclude la eventualità che il Venditore di successo possa essere tale promuovendo la vendita del prodotto o del Marchio da questi prediletto, ma a patto di “astrarre” dal processo di vendita ogni sovraccarico emotivo scremando il contatto con il Cliente da elementi personali e non oggettivi.
Eppure il suggerimento di non avviare indiscriminatamente la propria professione di vendita presso il Brand o presso l’Organizzazione di vendita individuata non solo non va travisata (eludendo del nostro suggerimento l’aspetto discriminante: il rischio che si voglia vendere quello che solo il Venditore acquisterebbe, con effetti pessimi sul suo conto economico e sul suo rendimento professionale) ma forse al momento tale suggerimento è persino superfluo: in meno di un lustro la composizione dell’offerta commerciale sul mercato auto nuovo è talmente mutata da aver stravolto anche la scaletta personale del gradimento e della identificazione personale tra Venditore e bene da promuovere. Ecco allora, più in linea con i tempi moderni, la regola numero 2) Regola numero 2) Vendere quel che si può vendere in modalità “multipla”
Oggi la “trasferibilità” del processo di vendita dalla dimensione fisica a quella virtuale diventa sempre più una peculiarità strategica per fidelizzare con il potenziale Cliente, renderlo protagonista del processo di acquisto, e per essere selezionati come venditori di fiducia da parte di potenziali acquirenti che comunque metteranno a confronto un venditore incontrato nella loro fase di ricerca auto con tutti gli altri lungo una sorta di viatico della speranza. Ma essere “virtuale” per un venditore significa non solo poter apparire su pagine Social in contatto o dialogo con i propri potenziali acquirenti, anche perché questo tipo di strategia pubblica multimediale finirebbe per rendere un po’ troppo “incombente” il profilo personale del venditore rispetto a quel che alla fine viene chiamato a vendere.
No: in verità un consiglio che riteniamo di voler emettere a chi intenda percorrere l’attività di vendita auto è ovviamente diversa dallo stimolo a diventare un prezzemolino del Web. In verità il suggerimento è quello però di pianificare la propria attività di vendita secondo piani scalari e integrati di azione:
a) Azione fisica e territoriale diretta: cioè l’azione commerciale che evidentemente non può essere surrogata integralmente dall’ambito virtuale e che prevede il Test Drive con il potenziale Cliente, il presidio commerciale presso aree disposte o create in ambiti esterni al Salone di Vendita (Fiere, Centri Commerciali o piazze cittadine all’aperto) ed ovviamente anche la postazione di trattativa e dialogo commerciale con i visitatori presso Showrooms dedicati.
b) Questa serie di contesti che debbono essere svolti attraverso atti “fisici” possono però essere coadiuvati e rinforzati da attività da remoto come ad esempio: Telemarketing ovvero Direct Mailing, attività Social del Dealer / del Marchio Mandante / del Network di vendita; propensione del Dealer stesso a porre in essere attività multimediali o promozionali all’esterno del Punto Vendita; ed infine da una concreta e robusta attività del Dealer su supporti Web (Sito Aziendale dinamico e/o Blog, Configuratore, Supporto per e-Commerce), pagine Social ed ovviamente tramite ERP evoluti in grado di essere Web based o perlomeno Web oriented.
Sento ancora tanti venditori di Auto che in caso di trasferte o di attività di vendita extra salone affrontano limiti arcaici nella fruibilità del loro sistema ERP inadeguato a fornire in remoto l’esattezza dei dati necessari per una vendita (disponibilità di Stock, dati del veicolo in trattativa, accesso ai portali di preventivazione, di valutazione usato, accesso allo storico del veicolo usato oggetto di trattative di vendita, impossibilità di redigere contratti in formato elettronico, etc…).
Eppure anche se non ci si fa caso la parte di attività “extra Salone” da un lato è fondamentale per il venditore perché gli consente di raggiungere target di potenziali Clienti oltre il territorio di pertinenza del suo Showroom; dall’altro lato non può essere, l’attività su Web, Social ed “on line” solo una responsabilità autonoma del singolo venditore prescindendo dall’assetto e dalla potenzialità in virtuale del Dealer. Oppure, argomento più delicato, prescindendo dalla reputazione on line dello stesso Dealer.
Insomma, è fin troppo chiaro che attualmente la attività di vendita prevede una scaletta obbligatoriamente fisica (Test Drive, presidio commerciale in ambiti esterni al Salone di Vendita, postazione di trattativa e dialogo commerciale con i visitatori presso Showrooms dedicati) che però senza il corredo di attività Social e di supporti tecnologici, informatici e multimediali integrativi e strumentali all’attività fisica di trattativa ed intermediazione finisce per essere una scaletta indebolita dalla concorrenza e dalla volatilità del cliente potenziale.
Da questo è inevitabile arrivare al terzo fondamentale suggerimento:
Regola numero 3) Scegli il tuo Dealer Partner professionale con l’animo del potenziale Cliente
Come abbiamo anticipato in un pezzo precedente, il Cliente potenziale oggi è davvero più infedele di prima rispetto al suo Dealer o Marchio preferito e, visti gli importi in gioco, può sempre confrontare e scegliere alla fine il migliore dato economico complessivo della offerta di vendita di ciascun interlocutore commerciale;
Dunque la somma dei valori oggettivi che porteranno alla conclusione dell’eventuale contratto di vendita (Valore del nuovo venduto+eventuale margine di piano finanziario collegato – spesa per permuta secondo valutazione di mercato) va ormai sempre sommato alla serie di valori “immateriali” correlati (influenza od attività dell’eventuale acquirente su canali Social o sul Web, possibilità per il Dealer di costruire temi e storie da divulgare al fine di “rastrellare” nuovi potenziali Clienti, valore simbolico o didascalico del Marchio e modello oggetto della vendita rispetto ad un potenziale maggior impatto mediatico della vendita) perché la composizione dei valori oggettivi ed immateriali saranno la base di trattativa tra il potenziale Cliente ed ogni possibile Dealer di interesse di quest’ultimo.
Ma quanta parte della disponibilità del Vostro potenziale Cliente ad acquistare è subordinata alla immagine, alla reputazione, od alla dotazione professionale, strumentale e logistica del Dealer per il quale presterete il Vostro servizio di promotore vendite? Bella questione, eh? Da approfondire, da parte nostra, in una prossima puntata.
Riccardo Bellumori

