Alfa Romeo Giulia: longeva e quasi perfetta ma non è una vera Alfa

Autoprove ha un grande dono: fa riflettere. Forse perché l’energia che esce dalle dita sulla tastiera non è mai superiore a quella che serve a muovere i neuroni dentro al cervello. Siamo sempre in grado di fare un deciso “controcanto” all’informazione “dozzinale” sparsa a palate nel settore dell’Auto. 

Ma per far ragionare spesso partiamo dalla “destrutturazione” di concetti e vulgate popolari per dimostrarne la stupidità. Ed in questo caso, sono sicuro, la maggior parte di Voi che ha aperto l’articolo l’ha fatto per dissenso o stupore di fronte al mio titolo volutamente “Clickbat”.

 

In realtà ai miei tempi si chiamava “Titolo ad effetto” perché richiamava l’attenzione in prima pagina anche se in diverse occasioni il contenuto ed il titolo del servizio non combaciavano così perfettamente.

Ed è anche per me, in questo mio articolo su Giulia, dove un poco mi consentirete di perculare i cosiddetti “Alfisti DOC” pronti a legnare sempre il Biscione per eresia o per lesa Maestà.

 

Sapete quante “Ammiraglie” ha sfornato Alfa Romeo da quasi mezzo secolo? Parlo di berlinone comode, di rappresentanza, che ovviamente erano fino a pochi anni fa anche il manifesto pubblicitario ambulante dei diversi Marchi Costruttori in competizione tra loro nel settore del lusso. Ve le conto, così capite: Alfa 6, Alfa 90, Alfa 164 I° e II° Serie, 166, 159, Nuova Giulia e Nuova Giulia Restyling.

Tra l’altro nel caso della “164” Seconda Serie l’aggiunta non è solo per fare numero, visto che rispetto alla prima serie la “164” diventa come da logo “Super” perché implementa quanto a lusso e dotazioni la prima serie. Dunque, a conti fatti, parliamo di sei modelli diversi tra loro in successione.

Ma detto questo, sapete quante di queste Ammiraglie hanno toccato almeno i dieci anni pieni di produzione continuativa dentro Alfa Romeo? 

Solo una, finora, cioè la “164” che nasce nel 1997 ed esce di produzione a fine 1997. 

Alfa Romeo, sette Ammiraglie in meno di mezzo secolo: troppo o troppo poco?

Segue la nuova Giulia che al momento tocca i nove anni pieni di catena di montaggio (il 2015 in fondo fu l’anno della presentazione al pubblico ma la produzione parte ad Aprile del 2016) che condivide una curiosa classifica con la “166” fino ad oggi la Ammiraglia Alfa meno ricordata e forse rimpianta del Marchio.

Stendiamo un velo non pietoso (vista comunque la caratura delle protagoniste) ma rispettoso su Alfa 6 ed Alfa 90. Entrambe realizzate sullo chassis della Alfetta ed assolutamente segnate da una vita industriale ben diversa dalle statistiche riportate in generale o sul Web.

 

Alfa 6 fu un pietoso tentativo dell’Alfa Romeo dentro IRI di creare una Ammiraglia più adatta agli appalti ministeriali e dei Corpi Diplomatici che non per il mercato Consumer: nata ufficialmente nel 1974 ma tenuta in frigo per quasi cinque anni proprio per la precarietà del progetto commerciale, ebbe – ahimè – una spinta ed un “lasciapassare” solo dalla crudeltà degli anni di Piombo nei quali si rese necessaria la presenza di auto “robuste” e soprattutto blindabili per P.S. e Corpi dell’Amministrazione dello Stato. 

E così quella struttura stirata all’inverosimile su un telaio e sul passo della Alfetta diventò caratteristica per quei due volumi (cofano anteriore e posteriore) inverosimilmente allungati e sporgenti dagli assi ruota in senso longitudinale. 

Dal 1979 alla vera fine di produzione nel 1985 (poi il modello restò in listino fino al 1987 solo per svendere le giacenze in concessionaria) Alfa 6 finisce per il 90% in mano ad Esercito, Ministeri e dentro qualche Autoparco delle Imprese statali e municipalizzate. 

Solo un 15% probabilmente diventa l’auto di privati, ovviamente “Cumenda”, a loro volta interessati agli interventi di blindatura.

Per Alfa 90 invece tanto di cappello, per il coraggio e l’avventurosità del management ormai in dismissione dal Gruppo statale IRI ed alla Bertone che riceve un budget, per concepire la “90” con cui Fiat, per emulare il grande Marchionne, “avrebbe a malapena costruito il parafango della Panda”.

In verità il problema non è nel numero di modelli concepiti da Alfa Romeo in quasi mezzo secolo, ma nei numeri complessivi di produzione che fanno capire i livelli di R.O.I. davvero conseguiti.
Dalle sue sette versioni di Ammiraglia, in quasi quarantotto anni Alfa Romeo ha generato complessivamente circa 850.000 pezzi complessivi di produzione industriale.

Un Marchio come Mercedes Benz, tanto per Benchmark impossibile, lungo quasi mezzo secolo e comunque sette modelli diversi di Ammiraglia dalla W123 alla W214 odierna ha totalizzato ben 2 milioni e mezzo di pezzi (tre volte tanto) con un solo modello, la W124.

Audi ha conseguito a sua volta un milione di pezzi con la sola vendutissima “100 C2” costruita lungo un decennio.

Con le sue Ammiraglie, in verità, Alfa Romeo si pone più sui target conseguiti dalla Jaguar, ma quella più in difficoltà.  Quante auto sono state costruite/vendute (a spanne davvero grossolane, non è mia intenzione stabilire nuove classifiche ufficiali per cultori della materia) per ogni modello? Andiamo alla scala numerica:

Best seller Alfa 164 con 270.000 pezzi, segue la “159” con circa 245.000 pezzi.

Alfa Giulia si pone al momento con una cifra (molto a spanne) di 180.000 pezzi.

Alfa 166 con 100.000 pezzi e Alfa 90 con 56.000 seguono prima della ultima piazzata Alfa 6 con solo 12.000 unità in curriculum.

Ma andiamo a classifiche un poco più analitiche, per dare un punto di vista davvero da “Autoprove.it: 

“Alfa 6” ha totalizzato i suoi 12000 pezzi in sei anni di produzione, cioè duemila all’anno; “Alfa 166” ha venduto invece 100.000 pezzi in poco più di nove anni di vita equivalenti a 11.000 pezzi all’anno.

La sfortunata “Alfa 90” ha venduto 56.000 pezzi in tre anni, dunque quasi 18.000 all’anno, e la “Alfa 164” in dieci anni esatti di catena di montaggio ha garantito 27.000 pezzi all’anno. 

Al momento, detto in cifre, un bel po’ di più delle performances della “Giulia” che lungo i suoi primi nove anni di produzione registra circa 20.000 pezzi prodotti all’anno. 

Le Alfa non sono roba per “Grandi”?

Ed arriviamo alla “Masterpiece” di questa particolare classifica: secondo le statistiche reperite “qua e là” in Rete il dato di “Alfa 159” porta la berlinona disegnata da Giugiaro ad un lotto annuo di oltre 40.000 auto prodotte ogni anno. 

Un dato che nelle sue pur migliori prospettive di vita la “Giulia” non riuscirà di certo ad eguagliare. 

Mentre è plausibile, dalle ultime dichiarazioni del “ventaglio” Alfa Romeo/FCA/Stellantis, che alla Giulia perverrà perlomeno il gagliardetto di Ammiraglia del Biscione più prodotta in un ciclo ininterrotto di catena di montaggio dal secondo Dopoguerra ad oggi, visto che anche la serie “Alfa 1750/2000” che prima della “Alfa 6” era comunque la berlinona di rappresentanza di Arese ha completato in dieci anni il suo ciclo di esistenza industriale.

 

Eppure, “Giulia” rappresenta quasi quaranta anni dopo “164” il paradigma di una vera e propria nuova immagine di Alfa Romeo nel mondo. 

Come “164” la “Giulia” nasce per battersela ad armi pari con le tedesche “Premium” (nel 1987 non si chiamavano così…): linea sopraffina, telaio eccezionale, meccanica superlativa, studio degli interni e dell’accessoristica di bordo da benchmark di mercato assoluto. 

Ed in più quel blasone del Marchio che soprattutto in altri lidi rispetto all’Italia fa ancora vibrare i polsi. 

Ed allora perché, potreste chiedere, i risultati annui di Giulia non sono così eclatanti come quelli dei volumi produttivi di “159” e “164”? Qui occorre analizzare corsi e ricorsi, ma soprattutto l’ambito socioeconomico dell’Italia industriale e dei consumi.

Togliamo dal panorama, ahimè, la “parcellizzata” Alfa 6 (ben spiegati i motivi, poco sopra, di questa condizione di esclusione) ed ovviamente escludiamo dalla rassegna l’arma della disperazione “Alfa 90” cui la storia solo recentemente ha tributato quel lustro che, a nostro avviso, è decisamente ben meritato alla luce del coraggio e della passione dello Staff che Vi ha messo mano.

Partiamo dalla “164”: nasce nel periodo della “Milano da bere”, dell’Italia “treno economico” in piena corsa. Alfa 164 è l’Ammiraglia che torna sui mercati di tutto il mondo ed è un’opera straordinaria della Pininfarina con dentro ancora l’Ingegner Sergio ed un Team di Designer unici al  mondo. 

Alfa 164: l’Ammiraglia del rilancio internazionale. Ma le vere Alfa erano sempre le altre…

Ed è l’Alfa dell’ingresso nella Fiat del mago Vittorio Ghidella. Vi serve altro per comprendere le ragioni di un successo pieno ed incontestabile? Con 164 Alfa Romeo vede nella sua catena di montaggio ritmi che si erano dimenticati. Eppure, il prezzo; eppure, la concorrenza di Thema, delle tedesche, ed all’epoca anche delle francesi e della Ford Mondeo…..???? 

Ma dai, nulla di tutto questo. Per numeri come detto le tedesche erano dei rulli compressori ma Alfa 164 era roba da far impallidire in bellezza persino la W124 del divino Bruno Sacco. Non c’è dubbio: ma certo nasce e vive dentro un periodo relativamente felice per l’economia e per l’edonismo mondiale nel quale ancora le auto erano oggetto di status. 

 

Certo, dal 1993 la normativa europea su Catalizzatore e nuove omologazioni pone qualche piccola difficoltà, ma la questione vera è che da metà anni Novanta tutto il Gruppo Fiat cambia immagine, tutta Italia cambia immagine, e tutto l’Automotive non tedesco è costretto a cambiare immagine. Con tutto ciò anche nella seconda Serie “Super” la 164 mantiene estimatori nel mercato soprattutto delle Flotte Aziendali, e con la “Kappa” che davvero non viene capita dai nostalgici della “Thema”, Alfa Romeo surroga anche Lancia nelle car List delle Imprese. Ma i numeri e la qualità indubbia della berlinona di Arese, per il solo motivo di non avere la trazione posteriore, il Transaxle ed il Ponte De Dion viene sconsacrata senza mezzi termini dal popolo degli Alfisti. 

Quello che, per capirci: L’Alfa 90 non si può guardare con quello scudetto anteriore timido e quasi mimetizzato, con quella fanaleria troppo borghese e nemmeno una cromatura. Meglio l’Alfetta”, questo detto solo perché – come descritto più sopra – quello stesso popolo si sarebbe perculato da solo affermando “Meglio l’Alfa 6” che in fondo era un oggetto davvero sconosciuto ai più.


Ebbene quello stesso popolo era solito affermare che l’ultima vera Alfa era quella prima, fin quando non vedevano quella dopo per poter confermare che l’ultima vera Alfa era quella prima. E così, come per la “164” la vera ultima Alfa era la “75”; così la pletora degli iconoclasti seppellì facilmente la nuova arrivata “166” affermando che in fondo era molto più Alfa la 164…

Alfa 166: …Boh?

Ad onor del vero, la linea della 166, i suoi interni e l’aria da vera a propria predatrice della strada mi hanno sempre gratificato nell’impressione visiva. 

Certo, non ne ho mai guidata una, ma anche rispetto al contesto nazionale (praticamente rispetto alla Maserati “Quattroporte IV” era rimasta l’unica Ammiraglia “Retail” nella gamma offerta dall’industria tricolore) non si spiega come mai abbia venduto così poco essendo, badate bene, persino l’unica Ammiraglia – lungo mezzo secolo trascorso – ad aver beneficiato di ben tre dispositivi di Ecoincentivo Statale con rottamazione lungo la sua vita commerciale.

 

Come ho spiegato prima, nella nostra classifica di quasi mezzo secolo è la penultima prima della “povera” Alfa 6 per numero di pezzi all’anno. Insomma, una debacle??

 

Una spiegazione possibile è proprio nella “conversione Commodity” di tutto il Gruppo Fiat nel quale anche Lancia e Maserati erano cadute in disgrazia dalla seconda metà anni Novanta, e per Alfa la questione si sommava alla concorrenza interna con la “156” per la quale fu anche prevista in corso di vita un allestimento Station Wagon. Ed è chiaro che nel maggior assortimento di Gamma della “sorella minore” si concentrò il massimo interesse della clientela “tradizionale” Alfa. Peccato, perché davvero dal lato dello Stile la 166 meritava.

Alfa 159: Crossover per necessità, bersaglio dei facinorosi per attitudine

Se “166” merita un riconoscimento sullo stile, per “159” vale anche una attribuzione di merito per il nuovo posizionamento in un settore di mercato in cui la nuova “ammiraglia” Alfa in realtà copre una posizione a metà tra il segmento di mercato della antenata “156” (Segmento D) allungando un po’ i piedi dentro il Segmento “F” delle Ammiraglie pure. Più di un interlocutore con cui ho parlato negli anni si dice sicuro che in dimensioni La 159 superasse la 166 mentre in realtà è il contrario. Sarà effetto del muso importante con feritoie “carnivore” e fila di fari tondi, sarà per la linea di cintura alta e il padiglione del tetto un poco schiacciato, ma “159” sembra davvero molto più imponente, senza però apparire elitaria e troppo aristocratica  anche per l’utilizzatore “Professional” che nel frattempo a cominciato a crescere in Italia ed Europa. Sia chiaro, so benissimo che “159” non nasce per surrogare la “166” ma ne occupa benissimo la mancanza fino all’arrivo della Giulia.


Che come detto si presenta intelligentemente a sua volta sul mercato come una intelligente “Crossover” tra Segmenti D ed F alla tedesca. Con le sue dimensioni infatti Giulia si pone a metà tra le Classi “5” e “7” di BMW, le “E Class” ed “S Class” di Mercedes Benz e tra le “Audi A5” ed “A6”.

Certo, arriva dopo la cura da cavallo del Governo Monti, l’Austerithy europea voluta dalla Germania; arriva persino dopo il DieselGate che taglia virtualmente almeno metà delle attese di mercato anche della nuova Giulia. 

Senza contare che  tra coreane, giapponesi, francesi ed anglo – indiani (JLR dentro TATA) comincia a farsi largo l’immagine del “Suv” di Rappresentanza che anche nelle Flotte mette un poco in penombra la classica immagine della Tre Volumi presidenziale.

Dunque, nonostante la creatura voluta fortemente da Marchionne sia una delle migliori Alfa concepita dal Marchio del Biscione, eventi globali e sorti del mercato interno non facilitano il decollo commerciale e numerico sicuramente dalla scomparsa del grande CEO italo-canadese. 

Dopo, dal 2019 in poi, la somma di castastrofi mondiali (Covid, crisi dei semiconduttori, guerra in Ucraina e tagliole endotermiche) crea nella Giulia quell’effetto tampone certo acuito dalla gestione Stellantis. Con tutto ciò, di fronte ad una delle poche Alfa in grado di far impallidire tedesche e giapponesi, esiste ancora un nugolo di Alfisti pronti a dire:” Eh!!!! Ma la Giulia non è una vera Alfa”.

 

Così è se Vi pare…..In fondo, come dice il vecchio adagio: “Ogni mattina una nuova Alfa Romeo si sveglia e deve correre a dimostrare di essere una vera Alfa Romeo. Ogni mattina un Alfista DOC si sveglia e deve correre a sputtanare ogni nuova Alfa Romeo. Che tu sia un’ Alfa o un Alfista, non conta. L’importante è correre”.

Riccardo Bellumori

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