I 30 anni di Smart: da modello iconico a nuovo concetto di mobilità

Chi conosce la storia dell’auto sa che l’inizio degli anni Settanta è stato un periodo d’oro per l’innovazione e la nascita di nuovi concetti. 

Oggi si parla stancamente e banalmente di ecologia, ma all’epoca la coscienza ambientalista, le rivoluzioni culturali e le contestazioni studentesche in piazza portarono i Costruttori ad avviare ricerche e progetti di rinnovamento nella gamma e nella concezione di nuovi modelli.

In Italia, Francia e Germania soprattutto si moltiplicavano i progetti di “New Mobility” ad opera di Marchi privati: in Germania decisamente promotrice di un nuovo corso fu la Daimler Mercedes che dal 1969 con il prototipo C111 iniziava un vero e proprio filone di ricerca su nuove tecnologie, sicurezza, prestazioni.

Ma quello della “C111” non era l’unico Staff creativo ed alternativo messo alla prova con sé stesso nella concezione di nuove idee. 

 

Un poco più paludato, a metà tra impegno personale e condivisione aziendale, si stava muovendo nel 1972 un giovane Ingegnere a Stoccarda: coinvolto nel processo rivoluzionario in cui “Mr. Cynar” (Ve lo ricorderete, ne abbiamo parlato proprio qui su Autoprove.it” declinava la sua perfetta idea di Car Sharingelettrificato ante litteram, con Stazioni di scambio e di ricarica e piccole Citycar 100% elettriche in grado di decongestionare il traffico) Johann Tomforde nel 1972 è un appassionato visitatore del Salone “Transpo” di Amburgo, dove osserva concezioni avanzate di trasporto che lo ispirano nell’avvio di un progetto che, appunto, da un lato si rifà al filone “revisionista” ed alternativo dell’Automotive di matrice mediterranea; ma dall’altro richiama molto la storia delle microvetture che avevano motorizzato la Germania del Dopoguerra con Glas, Messerschmitt, BMW Isetta, ed altre.

Una volta avviato il progetto, Tomforde inizia a dialogare con Werner Breitschwert, Responsabile dal 1973 della produzione carrozzerie dentro Mercedes, al quale finisce per presentare – pensate – il progetto di una microcar che, esattamente quasi come nella architettura del motore a “sogliola” della “Classe A” di oltre venti anni dopo, avrebbe dovuto avere un micromotore (nel caso di Tomforde a due tempi) sotto al pavimento rialzato dell’auto ovviamente quasi monovolume. I tempi purtroppo erano acerbi, più dal lato industriale che non rispetto all’eventuale gradimento di mercato. 

Chiaro che una sorta di piccola monovolume pratica per una piccola famiglia, un giovane Imprenditore od artigiano alla ricerca di una microcar economica e spaziosa per esercitare il suo lavoro attraversando facilmente le città già caotiche avrebbe avuto un discreto successo già quasi mezzo secolo fa, soprattutto in Germania dove il concetto di “utilitaria” incontrava il profilo “universale” del Maggiolino Volkswagen oppure l’offerta della vera “Entry level” dell’industria teutonica dell’epoca, la “NSU Prinz”. Il resto del mercato era davvero scoperto e dunque perfino facile preda dell’import da altri Paesi.

Ma anche Mercedes, al di là della difficile conversione industriale del progetto, era piuttosto dubbiosa sulla ipotesi di “innestare” sulla sua Gamma decisamente di prestigio un modello destinato all’acquisto “Low Cost” dell’epoca.

Da Mercedes “NAFA” ai primi “vagiti” di Smart ForTwo”

Bisogna attendere il 1981 quando nell’ambito di un progetto finanziato dal Governo federale tedesco già dal 1979, Mercedes partecipa con la sua proposta che riprende diversi concetti di Tomforde (a quell’epoca entrato in collaborazione con la Stella a tre punte pur conservando la docenza universitaria): ed ecco “NAFA” forse primo o tra i primi monovolume “lilliput” di Stoccarda; disegno del leggendario Bruno Sacco, qualche concessione onorevole all’ancora più leggendario Pio Manzù (che guarda caso aveva fondato Autonova proprio in Germania) 2 metri e mezzo di tecnologia pura con trazione anteriore, quattro ruote sterzanti, porte scorrevoli in senso longitudinale, posto per due persone e molto bagaglio. Un  minimotore endotermico a tre cilindri da un litro e consumi da formica.

Il seguito di “e-NAFA” (la versione elettrificata del prototipo ma con forme decisamente più evolute a metà tra la futura MCC e la Classe A) che arriva nel 1989 riapre il fascicolo dei sogni che porta lentamente alla nascita della “Smart”. Poi con il furgone polifunzionale “Mercedes Eco Sprinter” del 1992, realizzato con i suoi studenti universitari, Tomforde apre davvero le danze in Mercedes, che intanto ha avviato i primi contatti con Nicolas Hayek di MCC per il futuro progetto “Smart”, che appunto è l’acronimo “Swatch –Mercedes ART”.
E se vogliamo trovare l’anniversario “sconosciuto” e simbiotico con questo 2025, possiamo trovarlo nel trentennale da quel 1995 in cui il Team interno ormai nominato e dedicato allo sviluppo della nuova “Urban Car” monovolume realizza il quadro sinottico sia stilistico che architettonico – tecnico di una vettura che deve rivolgersi non più solo all’utilizzatore privato magari come seconda vettura ma come mezzo polivalente e tuttoterreno anche per le Flotte, le Imprese, ed il Noleggio. 

Non a caso è il 1995 che celebra la scelta definitiva del “tutto-dietro” come sinonimo di motricità assoluta su ogni fondo.

Ma è soprattutto nel 1995 che il lavoro di ricerca estrema e futuristica traduce dentro la ormai prossima “Smart” la sintesi di un telefono cellulare, di un navigatore satellitare e di un lettore MP3: nasce per questo “Mobility Box”. E dal 1998 inizia la “epopea” della monovolume urbana più famosa del mondo. La Smart, appunto.

 

Che è tornata sui mercati non più come JV tra Daimler Mercedes e Swatch ma, da tre anni, come partnership tra Daimler e Geely che hanno di fatto costituito un Brand autonomo e non più una semplice “Car Line”: Smart Automobile da allora è diventato più di un nuovo Marchio, o di una nuova gamma di modelli. E’ una nuova filosofia di mobilità molto ma molto “tailor made”. 

A Ningbo, la città caposede del Quartier Generale di Smart, si trova non solo un Marchio ma un concetto nuovo.

Smart: da modelli a concetti di nuova mobilità

Tong Xiangbei, l’uomo chiamato al suo vertice, ha il giusto bagaglio di esperienza in Cina e negli Stati Uniti per guidare questo nuovo modo di comunicare e rappresentare la mobilità e di mettere in comunicazione i due canoni fondamentali per dare vita alle nuove Smart: il canone stilistico e del Design che è nelle mani di Mercedes e quello costruttivo che ovviamente vede gli impianti Smart in Cina: cosa che, va detta, mette in comunicazione il nuovo Brand con la dimensione estesa del Gruppo Geely (a sua volta titolare di Polestar, Volvo, Lotus, London Electric Taxi e di Terrafugia, uno dei nuovi Players statunitensi per il tema “auto volanti”. 

Oltreche è di Geely la piattaforma full electric SEA (SustenibilityExperience Architecture) che appunto vede la sua applicazione anche in altri modelli del Gruppo.

E chissa’ che non sia proprio in questo dualismo molto più che simbolico tra Mercedes e Geely il segreto della possibile vittoria su un mercato dove la vera leva “premium” è quella di poter lanciare concetti e filosofie in grado di creare o potenziare “Community”.

Aspetto che la originaria monovolume ha iniziato già in “embrione” fin dalla sua nascita e lungo tre generazioni di gamma. 

E che si ripete nella dimensione di oltre due milioni di Smart “ForTwo” e “ForFour” attualmente ancora in circolazione nel mondo: eppure la nuova Smart si è già ben tenuta distante da uno dei problemi originari di Smart. L’ortodossia che ha legato il Marchio ed il prodotto alla sola monovolume due posti e che ha condannato all’oblio tutte le altre realizzazioni.

Altro aspetto che forse ha addirittura limitato le ambizioni della gamma Smart nel mercato è stato il corollario di vincoli impliciti che nello sviluppo di Gamma della “Swatch Car” hanno imposto a quest’ultima di rimanere circoscritta all’unica espressione commerciale che non entrasse mai in concorrenza diretta con “mamma” Mercedes: la micro monovolume, appunto.

E dovremmo anche ammettere, rispetto alla partnership con Swatch, che alla lunga di questa ha prevalso l’aspetto un poco “radical chic” e mondano che tuttavia nella maggior parte dell’Opinione pubblica ha rinforzato l’opinione di altolocato “giocattolino” della piccola monovolume in una visione abbastanza critica per l’attitudine utilitaristica della maggior parte dei consumatori potenziali che hanno finito per temere surrettiziamente una inadeguatezza di “ForTwo” e “ForFour” (fino alla penultima versione) nell’utilizzo concreto e professionale.

Ad essere invece testimoni di un vero e proprio cambio di paradigma, noi di Autoprove.it abbiamo testato recentemente la #5 (che con #1 ed #3 – e la scelta dei numeri primi per denominare la Gamma non è evidentemente casuale – rappresenta l’attuale offerta di Gamma estesa) nella versione speciale Brabus. E Vi possiamo dire di esserne rimasti colpiti davvero favorevolmente: tecnologia al Top, personalità distinta e tanti sguardi rapiti ed interessati ad osservare una davvero bella linea di SUV; ma anche tanta qualità ed ergonomia. 

Tutto studiato con cura e destinato a trasmettere sicurezza, durata, affidabilità ed estrema flessibilità di uso. Ed in fondo è questo uno dei messaggi che nuova Smart vuole trasmettere al mercato globale: essere “furbi” sia nella offerta al pubblico di modelli e soluzioni che mancano al resto della concorrenza; e far crescere una Community di automobilisti ed utilizzatori “smart”, cioè furbi anche loro a saper valutare l’ottimo esempio di “Value for Money” con cui ci si può distinguere per strada, gratificando i sensi e la ragione, senza spendere cifre stellari.

 

Almeno, secondo noi, è questa la nuova mission di Smart.

 

Riccardo Bellumori

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