Continua la storia di Ken Tyrrell: nella prima parte abbiamo raccontato l’esordio ad un passo dal debutto in Formula Uno, nel 1968, di un team giovane ma già vincente fin da subito nelle formule minori, dotato di un manager straordinario e leggendario, definito amorevolmente “Zio Ken”oppure il “Boscaiolo” per aver insediato la sua Factory in una ex segheria nel Surrey.
E poi a fianco Ken ha la sua famiglia, nella quale entrano di diritto di volta in volta i suoi tecnici, meccanici, piloti.
La storia però da sottolineare come epopea è quella che lo lega a Jackie Stewart, il figlio agonistico prediletto.
L’epopea si chiude del 1973: sei Stagioni di F1 a partire dal 1968, un Titolo mondiale vinto ogni due Stagioni, il primato insuperabile di essere stato il primo Team Manager a portare un Marchio francese al tetto dell’Iride mondiale in F1 con la Matra, ed il piccolo vanto di essere stato il secondo Manager a portare l’alloro mondiale anche alla Cosworth nel 1968.
Una storia nella storia quella tra Ken Tyrrell e la dinastia “DFV”-“DFY” otto cilindri a V da 3 litri cui Ken regala l’ultima vittoria di sempre in Formula Uno, nel 1983 a Detroit. Ma in un destino o Karma leggendario non può non entrare anche la tragedia insieme all’epica positiva e vincente.
Ed è proprio un ultimo gesto di coinvolgimento tra Ken e il Cosworth, motivato dalla volontà del geniale manager di “allungare” la vita ormai agli sgoccioli del V8 inglese “aspirato” a generare la disavventura che a mio personale avviso (di appassionato tifoso ed ammiratore della storia di Tyrrell) colpisce l’uomo ed il suo Team nel 1984 e purtroppo anche in una maledetta coda di Settembre 1985; e che di fatto spazza via la dimensione “epica” della Tyrrell destinandola ad un percorso di precarietà e di seconda classifica da cui Ken non uscirà se non con la cessione all’alba del nuovo millennio della sua creatura, il Team Tyrrell.
Ma se la prima parte del racconto si ferma al 1974, è per un motivo preciso: la creatività di Ken è a tal punto esplosiva da mettere in cantiere una nuova opera prima ed unica nella storia della Formula Uno: la prima ed unica monoposto a Sei Ruote della storia, la P34.
Sei ruote, due leoni alla guida: Tyrrell P34 ed il sogno svanito troppo in fretta.
Chi si affidasse a “Rush” (il famoso film di Ron Howard) per capire e circoscrivere la storia del 1976, sarebbe secondo me indotto in un innocuo ed involontario errore: quello di credere che alla partenza del maledetto Gran Premio di Germania, Domenica Primo Agosto al Nurburgring, l’ombra minacciosa di James Hunt si fosse allungata sul povero ed indifeso Niki Lauda creandogli ansia e scompenso.
Facciamo chiarezza: da inizio Stagione al Nurburgring di Agosto, in quel 1976, c’erano già stati nove Gran Premi ed il ruolino di marcia di Sir James Hunt era stato di ben due vittorie (buonissimo, certo.) ma anche di ben quattro ritiri.
Un totale di solo 26 punti a pari punti con Patrick Depailler, contro i 61 di Niki, seguito al secondo posto provvisorio da…….Jody Scheckersulla Tyrrell P34 a sei ruote.
Certo, con ben 24 punti di distacco dal ferrarista, ma con il vanto di aver regalato alla sua Tyrrell la prima vittoria di sempre ad una six wheels, e con il compagno Patrick terzo ex aequo con Hunt. L’idea che guida Derek Gardner e Ken Tyrrell nella realizzazione di una sei ruote prende ovviamente le basi dalla liberà regolamentare che solo dopo il debutto della P34 vieterà in modo assoluto monoposto di F1 con più di quattro ruote.
Ma dentro la P34 le strisce gialle cromatiche lungo la carenatura blu classico Tyrrell erano beneaugurali o predittive di una sorta di sogno, chi lo sa: Elf, sponsor della Tyrrell findai tempi della Matra, era contemporaneamente rimasta sponsor di questa nelle Gare Sport Prototipi dove andava davvero bene. Ma alle Gare Sport Prototipi si era affacciata anche la Renault che, seppure molto meno competitiva all’inizio, aveva interessato il Governo francese sul diritto che un Marchio di Stato (la Elf) sponsorizzasse un altro Marchio di Stato (la Renault) invece che un Marchio privato che tra l’altro era ormai consolidato in un Gruppo straniero (Chrysler)……..La malizia della Renault ebbe la meglio e così Elf passò a sponsorizzare nelle Sport Prototipi la sola Renault insieme a Zio Ken in F1. Questo fu il “ponte per un consulto preventivo degli uomini Renault con Ken per un possibile, aleatorio, debutto del primo motore Turbo Renault di F1 al servizio non di una monoposto e di un Team della Losanga ma del pragmatissimo (e ancora Top) Team Tyrrell.
Tutto bene, tutto bello e tutto pronto. Jabouille testa sulla F.2 il primo Turbo della storia F1 a metà del 1976, mentre le strisce gialle beneaugurali sulla P34 lasciano presagire un futuro matrimonio. Peccato che i test preliminari della F2 Renault siano giudicati scoraggianti per una piccola Squadra come Tyrrell alla ricerca di un risultato concreto ed immediato. Dunque alla fine della Stagione 1976 Ken Tyrrell ritira la disponibilità ad alloggiare il motore Turbo V6 sulle sue monoposto.
Ma comincia a non essere già più il vecchio Ken: quella sua fedeltà al Cosworth gli costerà cara, dimostrando scarsa capacità di intravedere il futuro. Oggi come oggi sarebbe stato interessante vedere una TyrrellTurbo Renault nel 1979 o 1980…….Peccato davvero.
Nel frattempo, comincia, in una sorta di “livella” dopo il boom dal 1969 al 1973, un periodo grigio che dura perlomeno dal 1977 a tutto il 1981: in primo luogo è vero che la “P34” nel 1976 riporta dopo tre Stagioni sul Podio mondiale la Tyrrell (Ken vede la sua Squadra al terzo posto in Classifica Costruttori ed al terzo e quarto posto i suoi alfieri Jody e Patrick), e dunque porta nelle casse del Team anche i Premi Gara; ma da un lato proprio la Elf decide di ridurre l’impegno con Ken per il 1977 (al fine di assistere e finanziare il debutto della Renault); ma in secondo luogo a giocare un brutto scherzo alla Squadra è il fornitore delle Gomme. La Good Year aveva assistito per tutto il 1976 la P34 fornendo le “gommine” anteriori di diametro e foggia completamente diversa dalla norma.
E aveva dovuto farlo con gomme Slick, Rain e da tempo in prova. Alla fine del 1976 GoodYear però tira la riga dei conti e vede che non ha più senso per lei continuare nell’assistenza diretta e nell’investimento produttivo in un tipo di pneumatico monopolizzato da un solo Team.Dunque nel 1977 il gommista americano preallerta Ken “Caro Boscaiolo” (sembra quasi di poter sapere cosa si sono detti in quel frangente) “per noi vincere con gomme tradizionali o con la tua sei ruote non fa differenza, ma il piano di conti si; per cui, tieniti una bella dotazione di minipneumatici anteriori Rain, slick e morbidi e tanti saluti. Per noi il progetto P34 si chiude qui”.
Ed ecco perché la P34 del 1977 sembra la sorella sfortunata della versione ’76: nuovi colori un poco più spenti per via del nuovo sponsor finanziario; ma soprattutto una architettura stravolta con le quattro ruote anteriori che sporgono dalla carenatura a scudo aerodinamico anteriore per potersi raffreddare senza incorrere in degrado che costringerebbe ad un maggior consumo. Con quel po’ di magazzino rimasto da GoodYear i poveri Patrick e Ronnie Peterson devono farci tutta la Stagione.
Dunque, la P34 perde il DNA con cui fu realizzata: essere più filante e più veloce per la minore sezione frontale.
Ken rinuncia al progetto dalla Stagione 1978 ma perde anche il papà progettuale della “P34”, Derek Gardner, e deve affidarsi al nuovo arrivato Maurice Phillips, che “vampirizzando” una vecchia scocca della sei ruote ricava la “008”, una delle più antiquate e sgraziate monoposto della Stagione 1978, una copia bulimica della McLaren M23, in fondo.Nel 1978 i pochi acuti di Pironi e la vittoria a Monaco di Depailler sono un nobile sipario su una storia leggendaria.
Nel 1979 e 1980 arriva lo sponsor nuovo, la Candy, ma è l’equipaggio a non essere all’altezza: Pironi e Jarier nel 1979 portano a pochi acuti tra terzo e sesto posto, ma il 1980 è un disastro con Jarier ormai quasi in pensione e Daly che distrugge continuamente monoposto. E’ la prima Stagione di sempre per la Tyrrell in F1 senza neppure un Podio.
E purtroppo non è l’unica. Nel 1981 Ken corre con gli Sponsor “a gettone”, trovando di volta in volta una iscrizione in Gara per le carenature della “010/011” che rimangono spesso bianche; ma la novità della vita per Zio Ken è aver trovato finalmente un nuovo “figlioccio”: mantenendo l’attitudine al Talent Scouting Ken assicura alla Squadra del 1981 due “mini-campioncini” a saldo, due ragazzi emergenti come Eddie Cheever e Michele Alboreto. Eddie salterà nel 1982 sulla LigierTalbot Matra, mentre Michele diventerà una delle vere sorprese del Mondiale.
Su una Tyrrell 011 vecchia, rabberciata e motorizzata con gli ultimi Cosworth “DFV” da non più di 495 cavalli contro i nuovi “DFY” da quasi 515 cavalli di Williams e McLaren, Michele regala alla Tyrrelldopo due Stagioni da dimenticare un piccolo sogno: Podio ad Imola e vittoria di prestigio a Dallas, ultima Gara.
Dunque non solo la pubblicità negli USA, non solo il battage mediatico da fine anno ad inizio Stagione, ma con Michele primo degli italiani in Pattuglia iridata la Tyrrell arriva nel 1983 con tre requisiti da sogno: il nuovo Cosworth “DFY” che condivide ormai con sempre meno Squadre, un piccolo Dream Team con un giovane talento, ed infine lo sponsor dei sogni Benetton. Ma all’orizzonte arrivano alcune forti nuvole di tempesta: i “buffi” che Ken ha sopportato nel biennio ‘81/’82 devono essere saldati, e questo porta la Squadra a “stornare” una buona fetta dei soldi della sponsorizzazione (che i Benetton gli versano per un miglior futuro) verso il saldo delle partite pregresse. Motivo per cui la famiglia veneta sarebbe già sul punto di far decadere tutto vedendo i propri colori simbolo di eleganza e stile spalmati su una delle più brutte monoposto della Stagione 1983.
La Tyrrell “011” versione aggiornata con le pance laterali tagliate con la motosega e colorate di nero opaco (una delle linee e livree più sgraziate del tempo) e soprattutto una concezione progettuale vecchia portano la Squadra a raschiare il fondo nelle prime sei Gare (ed ovviamente questo non poteva essere nelle premesse dell’accordo di sponsoring) con due soli miseri punticini di Danny Sullivan e ben cinque ritiri tra entrambi i Piloti. Arriva non si sa come (ma qualcuno comincia a sospettarlo….) la vittoria a Detroit 1983, proprio nella piazza più gradita ai Benetton e le cose vanno avanti, ma già dalla seconda metà di Stagione partirà l’accordo tra il marchio tessile veneto ed Alfa Romeo Euroracing per il 1984. Insomma, Ken deve ricominciare daccapo ma c’è qualcosa che comincia a metterlo un po’ sotto il mirino.
Di sicuro due sono i passaggi che lo hanno messo nella “Black List” di Bernie Ecclestone e della Associazione FOCA: la partecipazione al Gran Premio di Imola 1982 disertato dai Teams iscritti alla FOCA; e il voto contrario all’aumento dei serbatoi a 220 Litri in favore dei motori turbo. E poi, arriva la squalifica del 1984…
Che tuttavia colpisce la Squadra nel momento della rinascita, con la coppia terribile Brundle e Bellof a fare miracoli. E’ appena arrivato il 1984, e da sei mesi è arrivata in casa Tyrrell la nuova monoposto “012”.
L’ultima stella cadente: 1984, la squalifica, Stefan Bellof
C’era stato un altro Ken Tyrrell, poco prima del 1984, ed era quello del 1983: sospettando che il secondo Pilota Danny Sullivan, (che comunque era chiamato a fare il suo dovere anche se fondamentalmente i Benetton lo avevano caldamente imposto soprattutto per il suo ascendente sul mercato statunitense) avesse già deciso di migrare al più presto dall’Europa per tornare negli USA,
Zio Ken volle metterlo alla corda; e – credo alle prove del Sabatoal Gran Premio di Gran Bretagna, con Danny che stava facendo tempi abbastanza migliori di Alboreto, Tyrrell decise di passare la monoposto di Sullivan a Michele……Sfuriata di Danny, e risata del Boscaiolo:” bene” – disse – “se ti arrabbi vuol dire che ci tieni a fare bella figura”, chiuse la questione restituendogli la monoposto.
Purtroppo quello che invece – paonazzo e madido di sudore – sbraccia ed urla alla volta di Martin Brundle ogni volta che lo vede passare, da almeno quattro Giri, davanti ai Box del circuito di Detroit come se lui e la sua “012” fossero stati morsi dalla tarantola, è un Boscaiolo in crisi di identità e di autorevolezza.
Ribaltando su Stefan Bellof, dopo Monaco, le attenzioni e la preferenza inizialmente mostrata per Brundle, ha involontariamente dato vita ad una guerra di lunghi coltelli tra le due piccole pesti del Mondiale 1984.
Martin e Stefan si guardano ormai come cane e gatto, temendo ciascuno una fregatura dall’altro; e a Detroit Brundle entra in paranoia: con Bellof fermo contro un muretto, a tre quarti di Gara svolta entra ai Box, per rabbocco di acqua e via di nuovo con anche gomme fresche.
Quello che accade dopo, a partire da otto/nove Giri dalla fine, è qualcosa che rasenta il cinema di fantascienza. Martin passa da ottavo a secondo, guidando come un pazzo ed ammirando da vicino il culo della Brabham BMW di Nelson Piquet capofila.
Si racconta che un Team manager avvicinatosi a Ken gli abbia chiesto tra il sorpreso e l’ironico: “Ma perché ti arrabbi così? Se continua con questa andatura il tuo ragazzo rischia di vincere…”
E Ken, sparandone una delle sue più farlocca delle altre risponde:” E’ che non voglio che si faccia male, e se continua così capiterà di sicuro”.
No, non è questo il motivo di tanto terrore da parte di Mister Tyrrell, e nei Box dove le notizie corrono veloci in molti stanno prenotando un posto in Platea per assistere ad un momento epocale: quello in cui i Commissari arrivano davanti al Boscaiolo per informarlo di essere sotto inchiesta e di voler svolgere esame approfondito della monoposto di Brundle una volta arrivato nel Paddock.
La serie di verifiche avrebbe dovuto far capire: cosa avesse spinto Martin ad effettuare un Pit Stop ad appena dieci/quindici Giri al termine del Gran Premio di Dallas; come e perché fosse stato effettuato eventuale rifornimento e rabbocco e soprattutto “dove” e “con cosa”.
E spunta fuori la famosa “Duck Watergun”: il trabiccolo ideato dalla Tyrrell per pompare ad alta pressione acqua e pallini di piombo attraverso un comando a due vie: concettualmente era un carrellino a pareti metalliche con dentro un doppio cilindro orizzontale pieno di solo liquido su un cilindro e di liquido più pallini di piombo (praticamente quelli con cui i cacciatori inglesi andavano a caccia di anatre intorno ai laghi), entrambi azionati da una bombola di aria compressa a due vie: una via spingeva tramite un pistone l’acqua, l’altra via eventualmente escludibile ovviamente pompava liquido più pallini dentro un contenitore. Quale?
La Commissione di Inchiesta, nel post Detroit, si trova davanti un manuale di uso e manutenzione di un vero e proprio sistema geniale ma, ahimè, variamente fuori legge: la Duck Gun spinge acqua dentro a due serbatoi in gomma racchiusi dentro la scocca in Honeycomb/Carbonio e asportabili solo svitando ed aprendo unvano nel sottoscocca. Perché proprio gomma?
Beh, a qualcuno viene il lampo di pensare che pallini di piombo sparati a pressione dentro contenitori cavi metallici avrebbero risuonato come ghiaia; ma andiamo avanti: la commissione di inchiesta “vede” il foro di ingresso per l’acqua da mandare nei due serbatoi, non “vede” i due serbatoi se non vivisezionando in ispezione profonda; ma vede da subito due fori sotto le (chiamiamole) pance laterali a freccia della Tyrrell “012”: basterebbe questo a formalizzare una squalifica tombale per mancato rispetto delle regole sul fondo piatto; ma una difesa di ufficio chiesta da Tyrrell esclude qualsivoglia effetto o vantaggio aerodinamico, pertanto non potendoli definire “inutili” la Commissione ritiene i fori due “sfiati” dai quali esce l’eccesso di pressione e di acqua nei serbatoi.
Insomma, piano piano la giustizia automobilistica sta stringendo il cerchio attorno a Ken: l’ipotesi è che a seconda dei circuiti la Tyrrell si rifornisca alla partenza di acqua e piombo in quantità variabile, e che poi in corso di Gara disperda la zavorra per poi ripristinarla a pochi Giri dal termine tornando ai Box.
Molto bene, quando e come la Commissione di verifica potrebbe aver definito questo scenario? Nel post Gara di Detroit, e solo allora. Cosa aveva diritto a verificare la Commissione? Che a Detroit, e solo là a Detroit, l’operazione necessaria al Team Tyrrellper ripristinare liquidi e condizioni pre-Gara implicasse una zavorra non regolamentare (il piombo) poiché non sottoponibile a sigillo di immutabilità; ovvero definire il concetto contrario: senza l’immissione di piombo nel serbatoio supplementare la “012” era indiscutibilmente sottopeso.
Ma chiaramente anche la Commissione va avanti per teorie, perché a differenza dell’acqua dei freni nelle Williams e Brabhamdel 1982, l’acqua della Tyrrell si può rabboccare su base legale, perché serve ad abbassare la temperatura di esercizio del motore, e dunque è legittima come quella dei radiatori e degli Intercooler.
Pesare la “012” senza il rabbocco di “quei” serbatoi non sarebbe legale. Bell’inghippo sembra aver trovato il nostro Zio Ken. Ma insomma: cosa accade davvero in quel Gran Premio di Detroit 1984 prima, durante e dopo?
Prima, accade che Ken Tyrrell sia fondamentalmente un “desaparecido” della F1: probabilmente con ancora lo Sponsor Benetton avrebbe potuto disporre dei 4 cilindri Turbo della BMW (a quanto si vociferava all’epoca), ma con solo l’appoggio limitato di De Longhi e dei supporti portati dai due giovani talenti, Kenrimane uno degli ultimi Highlander con il Cosworth V8 3000 cc DFY.
E già nel 1983, con la nuova “012” in arrivo, Ken Tyrrell si rende conto che per sopravvivere (ed è dura ammetterlo per un tifoso sfegatato di quella Squadra) deve truccare le carte.
E per farlo, ormai anche stanco ed invecchiato, forse cede alle diverse suggestioni che animano il dibattito sportivo nei precedenti anni: il sottopeso, la benzina e l’iniezione di acqua.
La “012” era il minimo sindacale persino al suo debutto nell’Agosto 1983, con Alboreto e Danny Sullivanimprovvisamente meno prestanti che non sulla preistorica “011” ormai vecchia di quasi tre anni.
La “freccia” di Maurice Phillips era precaria sotto l’aspetto strutturale (troppo Honeycomb per una architettura per la quale i Top Team usavano 100% Carbonio pure per la carenatura), farlocca sotto l’aspetto aerodinamico (alettoni a freccia scenografici ma poco efficaci) e vecchia sotto l’aspetto dell’accessoristica.
Ken da almeno due anni andava avanti con l’ultimo aggiornamento del cambio Hewland di metà Stagione 1981 e si affidava alle sole revisioni, e per i motori Cosworth idem: vero che da fine 1982 dispone dei DFY (perché è rimasto una sorta di specie protetta ad usarlo in F1) ma non è gratis; e rispetto ai Top Team inglesi che usavano i DFY per massimo due o tre Gare, Zio Ken è costretto a tirare avanti almeno mezza Stagione con un solo motore per Monoposto.
Davvero dunque tutti gli espedienti possibili per facilitare vita e prestazioni del Cosworth erano per Ken importanti come togliere peso alla sua monoposto, in ossequio alla più naturale tendenza garagista.
Ken Tyrrell, ultimo Highlander “Garagista” ed ultimo Templare del Cosworth
Dopo Colin Chapman, che per strano gioco del destino muore vedendo per l’ultima volta le “sue” Lotus montare l’altrettanto “suo” Cosworth, Ken Tyrrell era diventato una sorta di Templare del V8 Ford aspirato.
Con questo era nata la leggenda del Boscaiolo e nella vita della Tyrrell in F1 la Squadra era di fatto la più longeva di sempre insieme alla Lotus, nel 1984, ad aver adottato la creatura di Costine Duckworth anche se vi era stato l’intermezzo brevissimo e fallimentare del 12 cilindri Matra.
La Stagione successiva 1985, quasi come una sorta di Record di contea contadina, il premio fedeltà al motore Cosworth serie “DFV-DFY” sarebbe diventato indiscutibilmente il suo.
Davvero, senza timore di smentita, se Ken avesse potuto scegliere avrebbe adottato il Cosworth a vita.
Ormai i suoi meccanici lo montavano, smontavano, gestivano a sentimento per quanto bene lo conoscevano.
Però nessuno si è mai dilettato di scrivere che il sistema di iniezione d’acqua del “DFY” inventato da Ken Tyrrell è l’ultimo vero upgrade del motore inglese per questa generazione prima della uscita di scena temporanea per monopolio della popolazione Turbo.
E non è un dispositivo pensato da Cosworth, il sistema Water Injection, ma a questi proposto proprio da Ken Tyrrell dopo aver “assimilato” l’uovo di colombo di Rudi Eggenberg che, per la Volvo 240 Turbo Gruppo A, aveva semplicemente “ribaltato” il principio di funzionamento del sensore acqua nella benzina che dopo il Brevetto Saab aveva ottimamente iniziato ad equipaggiare tutti i motori delle auto prodotte in Svezia.
Mentre però il sensore Saab funzionava in modalità antidetonante protettiva (cioè alla rilevazione di tracce di acqua nel processo di combustione in camera di scoppio riduceva la pressione del Turbo e regolava l’anticipo di accensione e l’afflusso di aria) nel caso della Volvo i sensori rilevavano la quantità di acqua vaporizzata nel carter di aspirazione, la temperatura dell’aria aspirata e combinando tutti i dati incrociati nella centralina elettronica di iniezione regolavano in automatico anticipo accensione, pressione della Wastegate e quantità di benzina immessa.
Zio Ken appena viene a sapere del brevetto Volvo “WTT” per la Volvo 240 Turbo di Gruppo A non ci pensa due volte: parla con Bosch, parla con Cosworth e realizza il suo sistema di “Water Injection” ma sarebbe meglio chiamarlo “Water induction”, perché in effetti a differenza del sistema di Volvo in cui l’aria entra in modo forzato con la turbina, nel caso di Ken Tyrrell il sistema è persino più “rognoso” e complesso: i cornetti di aspirazione sono la bocca di respirazione del motore nel quale l’aria dovrebbe poter arrivare, di regola accademica, voluminosa, veloce, roteante (effetto Swirl) e in pressione massima costante per consentire in fase di chiusura valvole di aspirazione di creare una colonna di aria pronta a “cadere” bella piena nel cilindro non appena la valvola si riapre.
Quali sono i problemi potenziali che Zio Ken si trova a dover gestire con il suo sistema e perché la soluzione non era stata adottata dai Top Team che avevano i DFY da due anni prima?
Ken Tyrrell affermava che l’iniezione di sola acqua serviva semplicemente a migliorare l’affidabilità (tramite raffreddamento evaporativo). Citò 17 guasti al motore correlati a valvole o pistoni nel 1983 (una combinazione di 14 gare del DFV e 16 gare della seconda serie del DFY, per un totale di 30) e nessuno nel 1984 fino a 2/3 della stagione, utilizzando 13 litri d’acqua a gara per integrare i 220 litri di benzina regolamentari. Fu la linea di difesa nell’Inchiesta, nella quale però l’elenco delle accuse diventò una specie di lista della spesa: a carico della Tyrrell la Commissione di Indagine fini’ per imputare 5 capi di accusa.
Prelevati campioni di acqua (ma sarebbe meglio chiamarlo liquido) dai famosi serbatoi in gomma ricavati in apposite anse del fondo scocca in Honeycomb della “012”, la Commissione di indagine rileva un elemento sconvolgente: la presenza di aromatici e di sostanze propellenti oltre soglie consentite ed ammissibili; si parla di un buon 30% di aromatici e/o di Toluene che in questo caso, spruzzati dentro le camere di scoppio del Cosworth insieme all’acqua vaporizzata fungerebbero da additivi.
Ecco la condizione che taglia le gambe alla Tyrrell per tutta la Stagione.
Ed ecco la lenzuolata che mezza popolazione della F1 dirigente aspettava per togliersi dalle palle Ken Tyrrell dalle assise assembleari dove per decidere il futuro regolamentare del Circus occorreva l’unanimità.
Tra Detroit, Dallas e l’inizio di Agosto alla Tyrrell vengono addebitati cumulativamente cinque capi di accusa, tutti a concorrere Gran Premio per Gran Premio almeno una condizione di irregolarità squalificante, e c’era l’imbarazzo della scelta :
-Zavorra in pallini di piombo posizionata in modo irregolare prchèrende impossibile punzonarla;
-Zavorra plausibilmente concorrente a raggiungere peso regolamentare sulla monoposto che, priva di essa, sarebbe sotto soglia di 540 Kg.;
-Presenza di idrocarburi oltre soglia ragionevole nell’acqua immessa nelle camere di scoppio con conseguente adulterazione del carburante regolamentare ammesso;
E qui arriva il bello: si ritiene che i condotti di acqua non portino acqua ma carburante? Allora aggiungi:
-Assenza di valvole di sicurezza obbligatorie nei condotti di carburante in arrivo al motore;
-Rifornimento di acqua “combustibile” vietata dal Regolamento durante lo svolgimento del Gran Premio;
-Assenza di omologazione necessaria per l’adozione di tubazioni carburante al fine di garantire tenuta a pressioni e temperature di esercizio.
Articoli del Regolamento cumulativamente trasgrediti dalla Tyrrell da inizio anno sono: Articolo 4 (Comma 2), Articolo 6 (Commi 9, 11 e 14) Articolo 14 (Commi 1 e 2). Ed infine l’Art.152.
Si, avete capito bene: questi capi di accusa trasformano la condizione di eventuale sottopeso in una rilevante minore rispetto al cuore della contestazione: nel serbatoio dell’acqua di iniezione ai condotti di aspirazione arriva non acqua ma……Carburante illegale. Roba da tenere per tutta la Stagione 1984 la Tyrrell fuori causa.
E per cancellare a Ken il diritto di voto dentro l’Assemblea della FOCA. Senza più franchi tiratori contro il voto unanime, le modifiche al Regolamento 1985 passano senza problemi, guarda caso. E la Tyrrell che riparte dalla Stagione nuova è un organismo in terapia intensiva. Niente premi Gara né rimborsi, niente più Sponsor, niente Turbo BMW ipotetico. Gerard Larrousse, grande amico di Ken e Manager Renault fa arrivare alla Factory inglese due motori. Uno per costruirci sopra una specie di “upgrade” della “012 Cosworth” cioè la Tyrrell 014. L’altro per fare la staffetta con il primo almeno dalla seconda metà Stagione in poi. Ma quella Squadra con monoposto blu anonime non è e non sarà mai più “la” Tyrrell. Secondo me. Ken Tyrrell ci lasciava per sempre il 25 Agosto del 2001. Esattamente quattro mesi dopo la tragedia che gli aveva tolto anche il suo ultimo “figlioccio” rimasto fino ad allora in vita: Michele Alboreto;
Depailler se n’era andato nel 1980, Cevert nel 1973. Stefan Bellofera scomparso il 2 Settembre del 1985.
Gli unici due “di famiglia” rimasti, cioè Martin Brundle e Jackie Stewart, dalla seconda metà di Agosto del 2001 in cui si fanno vedere più spesso al capezzale di Ken, trattengono a stento le lacrime e la tristezza. Il loro Team Manager del cuore e della vita si sta spegnendo. Ed è qui che si chiude anche il libro “KEN TYRRELL – La biografia autorizzata” che – Vi suggerisco di tenere nella Vostra Libreria.
Da me, all’ultimo Highlander della Formula Uno, solo un grande “Grazie, Ken”.
Riccardo Bellumori

