Nella prima puntata di ricordo di Lancia Beta Montecarlo e della Montecarlo Turbo Gruppo 5 abbiamo voluto “soffiare sul fuoco” di una situazione panoramica di insieme nella quale abbiamo provato a rimodulare il ruolo e l’importanza (molto più che episodica e simbolica) di quella che nella storia dell’auto rimaneun modello piuttosto di nicchia e – seppur baciata da una notevole gloria sportiva e da un discreto successo commerciale – un’auto rimasta quasi nell’immaginario collettivo un “unicum” estemporaneo dentro al mondo Lancia.
Se solo pensassimo invece a questi quattro elementi sovrapposti che abitano dentro tutta la vicenda Lancia Montecarlo, scopriremmo come nulla di tutta questa vicenda sia mai stato davvero secondario:
– Alla data in cui Fiat assegna alla Pininfarina il progetto codice “X1/8” (che poi presterà servizio pratico con la Beta Montecarlo) il Marchio torinese è proprietario al 100% di Fiat, Autobianchi, Lancia (poco dopo anche di Abarth); e detiene o direttamente o indirettamente il 49% di Ferrari SEFAC e temporaneamente anche di Maserati Spa: avete mai giocato a “trova l’intruso”?
Perché se ci avete giocato, è di tutta evidenza che la situazione di totale controllo e gestione di tre dei quattro Marchi interni al Gruppo (Maserati è partecipata al 49% attraverso la quota detenuta daTorino di Citroen) si “scontra” con un rapporto societario con Ferrari di cui Fiat detiene la minoranza decisionale pagandola tuttavia molto cara, perché i conti della Rossa sono sempre salati;
– L’esigenza di ripartenza della Lancia non può prescindere da una presenza agonistica che, fin dai tempi della gestione Pesenti, si è difesa ottimamente nello scenario Rallyes internazionale, e questa è già di per sé una Best Practice che aumenta e non riduce la platea dei Marchi interni al Gruppo Fiat che sono “adiacenti” al simbolismo agonistico di Ferrari;
-La coesistenza sportiva e commerciale dei diversi Marchi dentro il Gruppo Fiat rappresenta ad inizio anni Settanta la didascalia storica e simbolica più in linea con l’immagine ed il pedigree di ciascun Marchio partecipato da Torino, ed ovviamente in questo Ferrari detiene l’imprimatur sulle Piste di Velocità; Lancia si consolida nel mondo Rally (dove Autobianchi rappresenta la mini eccellenza della A112 Abarth, la piccola belva stravincente e strapreferita dai Piloti privati) alternando una staffetta elettiva con Fiat, ed ovviamente Abarth – benchè inserita in un vero ben di Dio di partecipazione e presenza agonistica del Gruppo Fiat – oscilla tra l’ipotesi di una Gamma propria nello Sport e sul mercato o la trasformazione in “griffe” prestigiosa (come poi diventerà da metà anni Settanta fino agli anni Novanta inoltrati). Tuttavia lo stesso mondo delle Corse inizia una trasformazione ed una crescita mediatica legata alla diffusione di TV e riviste specializzate.
Tutto chiaro, tutto perfetto, tutto pacifico, se non fosse per le sempre più frequenti reprimende del CdA e dell’azionariato di Fiat sui conti proibitivi provenienti da Maranello per la gestione sportiva che, a ben vedere, non riguarda solo la Formula Uno.
Il Cavallino è anche un simbolo storico importante ancora nella Categoria Sport Prototipi, nelle Gruppo 5 e 6 dunque, e continua la sua estensione alle formule minori con i V6 Dino che equipaggiano oltre che la Stratos anche alcune presenze in F2.
Lancia Montecarlo in Gruppo 5….Ma non c’era già una Ferrari???
Un esempio? Quando nasce la “GT4” 2+2 nella cilindrata 3 Litri 8 cilindri, per promuovere le sue vendite la Scuderia NART chiede a gran voce al Drake (siamo nel 1974, tre anni prima dell’inizio del programma Lancia Montecarlo) di sviluppare una Gruppo 5 “Silhouette” per le Gare IMSA; mentre tante altre sono ancora le GT e le Gruppo 5 impegnate in Gara in tutto il mondo al solo scopo di promuovere la Gamma commerciale del Cavallino.
Di tutto questo ovviamente il Gruppo Fiat inizia a “far di conto”: è vero che la politica commerciale della Rossa è aggressiva e ricava dai Clienti una bella dose di CashFlow; è vero che molte partecipazioni agonistiche dove la Rossa è presente sono gestite e finanziate da Importatori e Team sportivi privati; ma anche solo nelle attività di R&D e nel supporto alle attività agonistiche di Clienti Privati e di “Appaltatori” sportivi in giro per il Mondo l’impegno economico di Maranello (e la nota spese a carico di Torino) non è indifferente: anche per questo, nel 1977, fa capolino “timidamente” dalle fiancate della “312 T2” di F1 il logo rettangolare Blu con lettere stampatello bianche della Fiat in versione “sponsor”.
Insieme a questo viene fuori dal 1969 la questione “Lancia”: il Marchio tutto da reinventare, da riscrivere su foglio bianco; la gestione Pesenti è stata talmente minimalista e pauperistica da aver sbiadito la “Mission” originaria del vecchio Patron Vincenzo Lancia.
Tra il 1956 ed il 1969 c’è nebbia fitta dalla quale resta lontano il ricordo degli ultimi acuti in F.1, alla Mille Miglia, alla Targa Florio.
Rimane anche però il profilo sportivo di Fulvia Coupè nei Rallyes. La piena intenzione dei nuovi proprietari in Fiat di ripartire proprio dai Rallyes si sposa con la mente vulcanica di Cesare Fiorio, anima sportiva e deus ex Machina di “HF”. Si arriva con azzardo, pura e benedetta incoscienza, ed una lungimiranza unica, alla “Stratos”. In mezzo ci finisce anche la Ferrari ma non senza piccoli incidenti diplomatici fin da subito.
La scelta del “V6 Dino” da 2400 cc. come risorsa per un numero di circa 500 pezzi da omologare, risponde in primis alla discreta necessità di tesaurizzare le esperienze residuali del programma “Dino Fiat” andato non proprio benissimo dal punto di vista commerciale, e su questo Enzo Ferrari non ha voce in capitolo.
Ma per il programma sportivo nei Rallyes occorre anche il supporto tecnico e gestionale del Reparto Corse di Maranello, e qui si sprecano i “si dice” che confrontano una sensibile indisponenza del Drake verso il neo acquisito Marchio di Chivasso che viene declinata con la quasi impossibilità per la Ferrari di impegnare ulteriormente risorse dedicate ai programmi agonistici in corso.
Al punto che PierUgo Gobbato prende “maliziosamente” anche in esame l’ipotesi di mettere a frutto un altro 49% indirettamente detenuto da Fiat: quello di Maserati, da cui può arrivare il celebre “V6” da 2,7 litri disegnato da Giulio Alfieri e capace a Le Mans di oltre 335 Cv. durante tutto il corso di una 24 Ore dietro al sedere di una Ligier JS2.
Come detto il progetto Stratos non era per nulla soggetto a “must” di natura iconica: un progetto rivoluzionario in cui la selezione del meglio possibile era di fatto Work in progress; e tanto per capirci, quel “V6” Alfieri da 2700 cc. della Maserati avrebbe poco prima dell’accordo definitivo con Maranello vinto prepotentemente il Rally del Marocco 1973 con la Citroen “SM” Gruppo 4.
A questo punto – per evitare forse una nuova e peggiore icona concorrenziale alla Ferrari dentro al Gruppo Fiat, cioè “Lancia Maserati”- l’indisponenza di Enzo Ferrari sparisce, ed inizia il rapporto programmatico che porta la Stratos Gruppo 4 a fare davvero paura: anche se ritardi nella lavorazione dei basamenti Dino 246 “Tasmania” in partenza da Maranello verso Borgo San Paolo portano a posticipare l’omologazione di parecchi mesi ed i relativi debutti vincenti al “Tour De Corse” 1973 (dove per scherzo del destino vince anche Ligier JS2 Maserati V6 la categoria Berlinette di Serie).
Vedete che, puntualizzando passaggi anche sottotraccia, si può dare una luce diversa a determinati accadimenti?
Ma se l’esperienza di Lancia Stratos prende i suoi passi dalla “Zero” di Bertone/Gandini del 1970, per arrivare al prototipo reale da omologazione intorno alla fine del 1973, in tempo utile per debuttare al Tour de Corse; l’attivismo frenetico di Fiat tra il 1969 ed il 1975 è mozzafiato, e nella precedente puntata abbiamo raccontato i cinque anni e mezzo che passano dall’avvio del progetto “X1/8” presso la Pininfarina al debutto a Ginevra della “Lancia Beta Montecarlo”.
Bene, la nostra storia si ferma qui….
Scherzo: il diavolo si nasconde nei particolari, dice il detto. Nello stesso anno della “Beta Montecarlo” ma al Salone di Parigi e non di Ginevra la Ferrari porta al debutto la nuova serie “GTB” inaugurata dalla “308”, cioè 3 litri otto cilindri a V.
1976: quella strana “308” da Rally in prova a Fiorano come “AntiStratos”?
Ma poiche’ tutto della Ferrari fa notizia (soprattutto quando ha un aroma pungente di attività quasi segreta9 ai primi di Febbraio, dopo la presentazione della “312 T2” per la Formula 1, il Cavallino neo Campione del Mondo svolge a Fiorano un test davvero curioso: porta in pista una “308” con le classiche fattezze da allestimento “Gruppo 4”, con fanaloni rotondi all’anteriore al posto dei fari a scomparsa, un abitacolo spoglio con sedili anatomici, un Rollbar ed un assetto vagamente rialzato.
Chiude il panorama la presenza di quattro gomme scolpite e cerchi decisamente…Rally.
Una Ferrari da….Rally??? Fino a che può la Ferrari mantiene una sorta di cappa di piombo, spiegando solo molto frettolosamente che il prototipo non è opera del Reparto Corse, oberato dagli impegni per la Formula Uno.
Reparto Corse sul quale, tuttavia, si dice pesasse un “gentlemen Agreement” con Fiat legato all’impegno reciproco dei due contraenti di non porre in essere programmi ed iniziative sportive o commerciali in diretto e smaccato contrasto con il resto del Gruppo Fiat per quanto riguardava Maranello né contro questa per quanto riguardava Torino.
Et voilà, ecco il bizantinismo: il Reparto Corse è estraneo a tutto, perché a realizzare e gestire il prototipo, quasi fosse una sorta di “Tuning”, è stato il Reparto Assistenza Clienti di Gaetano Florinisvincolato come reparto giuridico da eventuali accordi o effetti dell’accordo medesimo.
Su tutto questo cala il silenzio stampa subito dopo.
Ed in fondo, per quale motivo tutta questa attenzione ad esonerare il Reparto Corse da quella 308 Gruppo 4 palusibilmente Rally se non per l’esigenza di premettere che rispetto al Gentlemen agreement con Fiat a Maranello sono perfettamente in regola?
Ma è un fatto che quella “bozza” di 308 GTB Gruppo 4 scriverà pochi semestri dopo una serie di pagine “giallo-noir” nel comparto Rally: a partire dalla convenzione con Michelotto cui arriveranno dopo poco decine di Chassis denudati e rinforzati da Maranello che l’artigiano maestro di Rally allestirà per reinviare tutto a Maranello di nuovo per il montaggio dei gruppi meccanici.
Dopo di che arriverà la sorte positiva della “308 GTB” di Charles Pozzi ed il Vice Titolo iridato Europeo nel 1981; per chiudere con il famoso corto circuito raccontato da Tonino Tognana cui Cesare Fiorio in persona avrebbe cortesemente imposto la “Lancia 037” in sostituzione della sua “308 GTB” per andare a vincere il Titolo Italiano 1983.
Solo se – anni dopo – si somma ai tempi contingenti la coda di eventi successivi strettamente correlati, si capisce che tra Stratos e Montecarlo si disegna una sottile guerra di nervi con Maranello; ed in fondo, chi mai si è domandato che magone si poteva essere manifestato a livello diaframmatico nel Drake apprendendo che il primo atto del nuovo corso Lancia dentro Fiat avrebbe preso la forma di una berlinetta a motore posteriore centrale così pericolosamente affine alla produzione “ordinaria” dentro il Cavallino?
E che magone pote’ manifestarsi tuttavia in mezzo al costato di Lancia, della “HF” di Cesare Fiorio, di PierUgo Gobbato quando vennero a sapere che presso il mitico Michelotto, uno dei Jolly del successo Stratos, era stata scaricata dai camion partiti dalla Via Emilia alla fine del 1977 una quindicina di scocche “308 GTB” superalleggerite e complete di parti in vetroresina? Ne vogliamo parlare?
Lancia Montecarlo Turbo: quei primi Test ad Orbassano…anti Ferrari?
Strano, curioso anno il 1977: quasi in modo carbonaro, nella Galleria del Vento della Pininfarina ad Orbassano i Designer e gli Ingegneri del Centro di Stile iniziano a sagomare le linee più aerodinamiche ed emozionali intorno ad una ben nota cellula abitacolo: è quella della Lancia Beta Montecarlo. Siamo agli albori del progetto “Gruppo 5” per la belvetta di Chivasso il cui motore viene studiato anche da Nicola Materazzi; la “Beta Montecarlo Turbo” Gr.5 – figlia più di una astutissima comprensione dei nuovi Regolamenti delle Sport-Prototipi che di un raffinato progetto tecnico – porta per la prima volta la Lancia in Pista a livello Internazionale dopo l’ingresso in Fiat e dopo una serie di presenze iconiche nel mondo dei Rally.
In sostanza: Lancia si presenta dentro al Gruppo Fiat come una alternativa ragionabile della Ferrari in Pista, anche se nella dimensione delle derivate di serie?
La risposta è inequivocabile: Si, ma cerchiamo di capire perché, e di inquadrare il motivo e la opportunità storica e regolamentare per la quale sta avvenendo tutto questo.
Nelle Categorie “FIA” dopo ed oltre le Classi di iscrizione ed omologazione agonistica (Gruppi) “1-2-3-4” riferiti a modelli impegnati in Gara ma originati strettamente da una produzione di serie (minima, contingentata o di larga scala, a seconda) viene definita la Classe di “Gruppo 5”: comprende veri e propri “prototipi” non soggetti ad un contingente minimo di produzione per accedere alla omologazione ma limitati in base ad alcune voci discriminanti in base alle diverse evoluzioni periodiche dei Regolamenti (cilindrata massima 5 litri, poi 3 litri).
Dopo si arriva ad una particolare ridefinizione del Gruppo nel 1976, che arriva ad ammettere le “Special Production Cars” ridenominate “Silhouettes” per via della assoluta corrispondenza della “cellula centrale abitacolo” in termini dimensionale e formale che entro un limite di larghezza massima di Categoria permetteva di “implementare” le forme originali con parafanghi e parti di carrozzeria anteriori e posteriori di foggia e dimensioni assolutamente libere.
In questo contesto il Campionato del Mondo Marche vede le Gruppo 5 pretendenti uniche e dirette del Titolo, mentre in parallelo per le classiche “barchette” aperte libere (ovvero per le iscritte al Gruppo 6) viene riservato un Mondiale Vetture Sport dedicato.
Nel Mondiale Marche vengono ammesse due Divisioni in base alla cilindrata massima: entro Due Litri ed oltre Due Litri.
Fatte le debite proporzioni, la Divisione 2 oltre due Litri annovera già da sola un nome che sarebbe bene evitare in scontro diretto: è quello della Porsche e delle creature diaboliche derivate dalla “911”.
La Divisione entro Due litri è in effetti, nel rapporto cubatura/peso limite, più identitaria alla originaria Lancia Beta Montecarlo; da qui parte la costruzione lenta ma inesorabile di un progetto per riportare sul palcoscenico mondiale di Pista di Velocità il Marchio di Chivasso ad oltre venti anni dal tragico ritiro dalla Formula Uno. Con una sorta di messaggio vagamente esoterico e che non è “illecito” provare a immaginare: “Ferrari, rendi ciò che all’epoca fu nostro”.
Certo, la partecipazione alla Formula Uno era fuori discussione per mille motivi e non solo per l’agreement con Ferrari.
Eppure, a qualcuno è sfuggito forse che di potenziali Gruppo 5 in casa a Maranello ve ne erano diverse, anche in grado di rompere le scatole alla Porsche? No, non Vi è sfuggito.
Vogliamo allora mettere anche questo piccolo e non secondario particolare a “puntello” di una visione strategica del Gruppo Fiat che forse in quella seconda metà degli anni Settanta puntava non certo a sabotare il Cavallino ma a precostituire un cannone ben carico da sparare in caso di bisogno?
Quale bisogno? Ve l’ho anticipato nel gioco “Scova l’intruso”: il “bisogno” sarebbe dipeso da dove avrebbe potuto puntare l’ago di quel fatidico 49% di presenza di Fiat nel pacchetto di controllo di Ferrari.
Ovvero la Beta Montecarlo Turbo in fieri era anche il passaggio di sponda nel ping pong con Maranello nel programma sportivo che a quel punto solo un cieco non avrebbe scorto in piena esplosione di confronto se non diretto almeno semantico e simbolico dentro al Gruppo Fiat. E come ben anticipato nella prima parte, dal 1979 al ponte di comando di Fiat arriva l’Ingegner Vittorio Ghidella, grande appassionato Lancia.
Lancia Montecarlo millequattro, Ferrari lancia la…..Millechiodi: Gruppo 5 di scontro?
Appena poche settimane dopo i primi test della Beta Montecarlo “embrione” in Galleria del Vento ad Orbassano, sempre Pininfarina presenta nel 1977 la Ferrari 308 GTB “Millechiodi”, in concetto simbolico rappresentabile – volendo – anche come laelaborazione in chiave Gruppo 5 “Silhouette” della berlinetta V8 di Maranello visto che la Gruppo 4 era già a quel punto omologata.
Sembra quasi, la “Millechiodi” voler rifare il verso al vento favorevole spirato dal Gruppo 5 FIA verso Torino, dove Chivasso aveva un prodotto “ad Hoc” nella “Montecarlo Turbo” che, dotata di un 1475 cc turbocompresso studiato e lavorato in casa, aveva in parte “rotto” quel binomio avviato con Maranello sulla Stratos.
In verità se la Montecarlo, un vero gioiellino tecnico pareva ancora di più un miracolo di lungimiranza politica oltre che una gomitata al fianco di Maranello, la “Millechiodi” sembrava quasi uno schiaffo di reazione lanciato dal Cavallino a Mirafiori: la capacità di interpretare i Regolamenti poteva essere la linea “Maginot” sulla quale entrambi i colossi (Ferrari e Lancia) sapevano eccellere.
A confronto della iconica “512 BB” Gruppo 5 Ferrari (per paragonare modelli dello stesso Gruppo Costruttore) la Montecarlo poteva apparire come una utilitaria.
Eppure conseguì risultati che rimangono nella storia ed in Albo d’Oro superando, persino, ogni più rosea aspettativa.
Passano i mesi, e finalmente la Montecarlo Turbo fa il suo debutto, dalla fine del 1979 alla fine del 1981. Poi cambiano i Regolamenti e per Lancia Montecarlo Turbo sarà il momento dell’addio.
La vettura era spinta da un quattro cilindri turbocompresso di 1,425 litri abbinato ad un cambio manuale a cinque rapporti e differenziale autobloccante.
Il 6 maggio 1979, la Montecarlo fece il suo debutto nel Campionato Internazionale Silhouette alla 6 Ore di Silverstone. Poco prima, a Dicembre 1978, viene presentata al mondo intero
La vettura pronto gara pesava solo 750 kg (300 in meno della versione stradale) grazie alla cellula abitacolo in acciaio ed alluminio con due tralicci tubolari davanti e dietro che avevano i punti di attacco alla strada tramite quattro ruote indipendenti Mc Pherson e barra stabilizzatrice.
Nel 1981, con un motore potenziato a 400 CV, le Montecarlo Turbo del team ufficiale Lancia Corse, sotto la direzione di Cesare Fiorio, si aggiudicano la vittoria di divisione e il Mondiale Marche, il primo per il marchio torinese.
Non era difficile puntare a questo obbiettivo grazie al Dream Team supervisionato da Cesare Fiorio: dal motorista Gianni Tonti al meccanico e pilota collaudatore Claudio Maglioli, affiancati da Gianpaolo Dallara per la realizzazione del telaio.
A Riccardo Patrese viene affidato il compito di collaudare e mettere a punto la vettura.
Tre cilindrate diverse, 1.425,9, 1.429,4 e 1.773 cc consentono di creare vetture che corrono, e vincono, in classi differenti: il coefficiente di incremento parametrico “Turbo/Aspirato” pari ad 1,4 fa corrispondere il 1425,9 cc. ed il 1429,4 cc. ad un Due litri pieno ed il 1773 cc. è ovviamente lo schema di motore per aprire le danze anche in Divisione 2.
Montecarlo riporta dopo decenni l’Iride sulle piste per Lancia
Nel 1979 arriva il Titolo Mondiale di Divisione, nel 1980 bis di Divisione e Titolo Mondiale Marche Assoluto.
Secondo Mondiale Marche Assoluto e terzo Titolo di Divisione nel 1981. Cosa volete di più da una assoluta e benvenuta “eccezione” arrivata in modo rocambolesco dentro la Lancia? La Beta Montecarlo è in fondo una delle “Silhouettes” più vincenti della storia in relazione agli allori e titoli vinti rispetto al periodo di servizio agonistico. Che si chiude solo perché dal 1982 arriva il nuovo “Gruppo C” a cambiare regole e piattaforme. Ed è un peccato: Lancia “LC1” (con il motore della Beta Montecarlo) e soprattutto “LC2” con motore Ferrari sono dal punto di vista delle vittorie delle lontanissime parenti della piccola e rivoluzionaria Gruppo 5.
Con la Montecarlo Turbo Lancia iscrive di nuovo dopo quasi un quarto di secolo il suo nome in un Albo d’Oro riservato alla Velocità su Pista; lo fa non certo in F1 ma in una specialità agonistica dove i suoi rivali si chiamano Porsche, BMW, Ford (tra gli altri); dove il nome di un ultimo Marchio italiano vincente assoluto era stato quello dell’Alfa Romeo nel 1975; dove Ferrari era assente dal suo ultimo Titolo nel 1972 e dove infine, cosa non di poco conto, su otto edizioni stagionali dal 1972 al 1979 le Case italiane si erano imposte per tre volte contro cinque divise tra Matra e Porsche.
Resta infine un ultimo vanto per la piccola ed amata Montecarlo Turbo: essere stata l’ultima vincitrice di sempre a vincere il Titolo Mondiale Marche nel 1981 prima che dall’anno successivo il Trofeo prendesse la denominazione di Mondiale Endurance partecipato dalle “Gruppo C” che di fatto sono una evoluzione del Gruppo “6”; mentre nella concezione del “Gruppo B” si fondono insieme ben tre Gruppi: Gruppo 3, Gruppo 4 e Gruppo 5. Ma siamo già in un’altra storia.
Questa storia qui, raccontata per rendere onore ad una piccola leggenda del Motorsport, voleva solo aggiungere un pizzico di “spy Story”: magari amplificata, ma non del tutto inesistente.
Un modo come un altro per celebrare quella automobilina in scala che fece più belli i miei dieci anni, tantissimo tempo fa.
Riccardo Bellumori

