La storia della Maserati, così come il suo nome ed il suo simbolismo, sono ultimamente un argomento “tabù”.
Troppo alto il momento di incertezza commerciale del Marchio del Tridente, all’interno dei destini di Stellantis, per poter declinare con leggerezza e fiducia un percorso chiaro nel futuro, e questo comporta una certa prudenza e nostalgia nel richiamare alla memoria ricordi e momenti gloriosi del passato. Persino l’ultimo alert congiunto (downgrading da parte delle Agenzie di Rating e necessità di ricapitalizzazione di Maserati) pre-ferragostano sta riportando a galla fantasmi di un futuro molto cupo.
Dal passato deriva invece un carnet di date e ricorrenze suggestive in senso negativo: la cessione della famiglia Orsi alla Citroen alla fine degli anni Sessanta: trenta anni prima Adolfo Orsi (che sarà affiancato dopo dal figlio Omer) rileva una Società che i fratelli Maserati lasciano un po’ di tempo dopo la morte di Alfieri, tuttavia dando vita alla “Osca” con una serie di vetture piccole e sportive con cui la famiglia Maserati riprende il contatto con il mondo auto.
Adolfo Orsi trasforma una Factory artigianale di modelli nativi per le competizioni in una Industria polivalente mantenendo addirittura per diversi anni la gestione diretta – poi spartita con la famiglia – della linea di motocicli.
Con Adolfo Orsi, Omer e soprattutto il genio di Giulio Alfieri la Maserati si trasferisce a Modena (da Bologna, dove era nata e di cui riprendeva il tridente della celebre “Fontana del Nettuno”) e diventa una icona del lusso e della sportività, ma a caro prezzo: arrivano i Mondiali di F1 con Fangio, arriva la serie “Quattroporte” che diventa un best seller perché testimone unico del mix perfetto tra prestigio, eleganza, opulenza e prestazioni.
Ci sono persino dei guizzi di grande genio: la fine della cilindrata 5000 nelle Gare di Sport ed il contingentamento a tre litri dal 1957 è un problema per Orsi: una serie importante di prototipi per Piloti privati e una buona parte di auto stradali adotta in Gamma Maserati motori “over” la cui sovraproduzione nei magazzini porta all’idea di adattarli per il mercato nautico; così come l’occasione eccezionale dell’auto realizzata su misura per lo Scià di Persia e replicata in una miniserie di ulteriori 32 esemplari dal costo davvero da mille e una notte.
Ma arriva anche il conto: spese più veloci degli incassi, disordini sindacali, problemi di organizzazione e di approvvigionamento tecnologico per affrontare le continue complicazioni dei vincoli anti inquinamento americani e delle omologazioni in Europa.
Per cui Adolfo Orsi, pur potendo vantare crescita costante di ordinativi e di prestigio internazionale (la Quattroporte “I” viene venduta in quasi trecento esemplari che, moltiplicati per il listino di partenza di circa 7 milioni porta al fatturato monstre di più di due miliardi di Lire – aggiornati ad oggi corrispondono ad un valore di 24 milioni di Euro – in soli tre anni di produzione) sconta un problema di cashflow classico per un produttore di auto di prestigio: per contro Maserati è ormai quello che oggi si definisce un “Brand” di chiara fama.
Se ne accorge la Michelin, proprietaria di Citroen, che alla fine del 1967 volendo dare alla sua controllata una immagine di chiara luce sportiva decide di contattare Maserati per studiare un motore V6 da posizionare sotto il cofano della futura e futuristica “SM”. A questo punto Orsi ottiene dalla Citroen una presenza nel pacchetto azionario motivata dalle esigenze di sviluppo congiunto del progetto, ma in realtà con questo passaggio Orsi anticipa la cessione di quota maggioritaria (60%) che lo mette in semplice affiancamento di CdA nella nuova Maserati acquisita da Michelin/Citroen.
Solo sei anni dura il Purgatorio di Maserati dentro la Citroen; sei anni in cui il Marchio francese non ne azzecca una, portando pregiudizio all’unico vanto davvero spendibile di Maserati, cioè il suo pedigree ed il suo fascino internazionale.
Sono sei anni in cui il diktat del “downsizing” imposto dalla Francia a Modena diventa il motivo della uscita di Giulio Alfieri dal Marchio che per lui era la seconda casa.
Mezzo secolo fa: Maserati ad un passo dal chiudere i battenti
Sono sei anni che portano Maserati dalla difficoltà del Cashflowalla soglia del fallimento, con l’amministrazione controllata del 1974 e la ipotesi formulata da Peugeot di rilevare solo il Marchio, chiudere Modena e liquidare tutto. Siamo ad esattamente mezzo secolo fa. Durante questo periodo nasce però una piccola storia di provincia, semisconosciuta, che dimostra come di fronte ad un Golia scriteriato può esistere sempre un piccolo Davide capace di ritagliarsi uno spazio nella storia.
Ma riprendiamo le fila del racconto parlando intanto della storia sportiva di Maserati in un contesto speciale per lo sport e per la Francia: la “24 Ore di Le Mans”.
Maserati è stata protagonista di partecipazioni leggendarie in F1, alla Mille Miglia, persino alla Carrera Panamericana; si è ritagliata un posto di eccellenza anche alla Targa Florio, e persino nel celebre Campionato Europeo Turismo, negli anni Ottanta, la gamma a Modena poteva finalmente ostentare un modello in grado di apparire sulle Piste – in contrapposizione diretta con BMW, Alfa, Ford ed altri Costruttori leader – con la poco conosciuta “Biturbo Gruppo A”.
Allo stesso modo rimane negli annali del Motorsport la presenza sempre importante del Tridente alla 24 Ore di Le Mans dove però l’Albo d’Oro riporta una ultima apparizione ufficiale esattamente sessanta anni fa, nel 1965 con la bellissima “Tipo 65”, l’ultima Maserati a gareggiare nella 24 Ore e guidata da Jo Siffert.
La didascalia ufficiale riporta che tra il 1954 e il 1965 ventiquattro Maserati gareggiano a Le Mans. Ma nulla si sa di quel che avviene dopo, se non che non vi dovrebbero essere più partecipazioni ufficiali. E dal passaggio di Maserati al Gruppo Fiat dal 1993 ed il passaggio a Ferrari nel 1997 un solo “acuto” segna le didascalie storiche seppur in modo non entusiasmante: la nascita della “MC 12 GT1” basata sullo chassis della Ferrari “Enzo” viene concepita per far tornare il Tridente alla Categoria GT e nella 24 Ore di Le Mans, eppure proprio qui la MC 12 non potrà gareggiare: l’Ente organizzatore della “24 Ore” nonostante l’omologazione in Categoria GT nega alla Maserati il titolo di partecipazione a causa del rapporto dimensionale eccessivo.
Eppure in mezzo al periodo 1965 – 2005 avviene qualcosa di decisamente clandestino ed affascinante. E contro il “Golia”unpoco ottuso ed autolesionista raffigurato da Citroen prima e da Peugeot dopo, sono due piccoli ma gagliardi “Davide” a dettare legge.
Non sono due personaggi da poco, ma certo possono influire fino ad un certo punto nella logica e nella strategia di gestione del carrozzone francese che in quell’epoca è diventato il Marchio del doppio Chevron.
Si tratta di Giulio Alfieri, e di Guy Ligier : nulla avrebbe potuto unirli più di una vera prova di orgoglio personale e di sfida.
Senza dubbio da parte di Giulio Alfieri, il classico “Deus ex Machina” che all’interno di una organizzazione industriale si trova a diventarne il Jolly ma più per disposizione personale e per affetto verso il suo ambiente di lavoro che non per sola esigenza aziendale.
Giulio Alfieri arriva in Maserati nel 1953 e Maserati lo ingaggia per lo sviluppo del settore moto fino a quando una spartizione interna alla famiglia Orsi non porta alla separazione del settore “Due ruote” da quello auto nel quale viene “trasferito” Giulio. Curiosità, ma solo per appendice storica: chissà se Giulio Alfieri avrà mai avuto occasione già nel 1956 di fare la conoscenza con un giovane Alejandro De Tomaso che corre per una Stagione con la Maserati per poi passare alla Osca.
A parte questo, Alfieri sviluppa e realizza un nuovo corso che in qualche modo “marchia” il futuro del Tridente a partire dai nuovi motori (le nuove architetture da 3000 e 3500 cc., da 6 ed 8 cilindri, quei leggendari e famosi V8 con le testate colorate di verde, dove la vera natura rivoluzionaria di Alfieri si sposa con la sua grande capacità di osservazione e di analisi) ma continuando con la visione globale che trasforma davvero Maserati nel nuovo mercato nato dopo il primo Dopoguerra.
Ma soprattutto l’ingresso di Alfieri coincide con la nascita del filone Maserati “Gran Turismo”, cioè con un interesse che via via si sposta dalle corse alla produzione stradale della Casa del Tridente. Si dimentica talvolta che Alfieri è già fin dall’inizio parte del capitolo storico che segna gli allori di Maserati in F1, quella dimensione irripetibile di unione di intenti e di miracoli, con Fangio a regalare al Tridente i due mondiali che restano in Albo d’Oro per sempre.
Come detto la contemporanea bocciatura nelle regole internazionali delle cilindrate alte porta Maserati e Alfieri a studiare nuovi blocchi motore e nuove cubature per proporre sia al mondo agonistico sia al mercato privato una nuova gamma “Small Block” a partire dalla 3500 GT che è la prima Maserati di eccellenza costruita in grande serie.
Ma Alfieri diventa una icona in una occasione davvero straordinaria ed irripetibile, tra realtà e favola: la realizzazione della “5000 GT” speciale per lo Scià di Persia, quando nel 1958 il personaggio più iconico e mitizzato del periodo sceglie Maserati e Carrozzeria Touring per realizzare su misura la Gran Turismo più ricordata ed evocata nella storia.
All’epoca Maranello, Newport Pagnell, Coventry, Stoccarda (senza dover ricordare Rolls e Bentley) avrebbero fatto carte false per trovarsi al posto del Tridente.
Dal 1960 Maserati è un “highpoint” del prestigio sportivo a quattro ruote e tutto questo è stato merito anche molto di Giulio Alfieri.
Guy Ligier, un re a sua insaputa della storia dei motori
Ma c’è un altro piccolo eroe nelle pagine di uno dei momenti più brutti di Maserati intorno alla fine degli anni Sessanta. E’ un francese, che dalla vita ha avuto la prima vera botta da K.O. fin da bambino, e che da allora è abituato a sopravvivere.
E’ un ragazzone che ha incrociato da pilota anche il mondo Maserati, perché nel 1967 corre un solo Gran Premio di F1 a Spa Francorchamps guidando in una delle rare apparizioni una Cooper Maserati 12 cilindri 3 Litri. Anche lui, come Alejandro De Tomaso, dunque, incrocia il suo percorso con il Tridente: e non è un caso che solo per 48 ore e 48 mesi mancò di festeggiare anni e data di compleanno in contemporanea con quell’altro vulcano del Motorsportche fu Alejandro De Tomaso; come l’argentino anche Guy Ligier era infatti in continua crescita, e fu segnato nella sua carriera sportiva da un lutto. Nonché, francamente, come De Tomaso seppe corredare il successo sportivo di una utile e proficua amicizia con la politica.
Due enormi differenze: De Tomaso era argentino e figlio di un papà (emigrato italiano) ricchissimo, mentre Guy Ligier era francese e figlio di un contadino di Vichy.
I suoi due genitori morirono per una polmonite batterica scoppiata dentro il loro piccolo allevamento di bovini, e lui a sette anni si ritrovò orfano, passando un po’ per volta ad abitare presso la parentela di campagna.
Lasciò la scuola ad undici anni e fini’ in un laboratorio di macellazione carni, dove rimase praticamente per lavorare otto anni affrontando tuttavia le prime sfide sportive alla sua portata (soprattutto economica):
campione di Francia di canottaggio a 17 anni e poi giocatore di rugby nel RC Vichy, arriva a rappresentare la Francia “B” già a 20 anni e la Squadra Militare nel ’51.
Comincia a diventare insomma una piccola gloria locale e per questo entra in contatto con le realtà politiche del suo territorio, anche se è tutt’altro che un “moderato” o tranquillo ragazzo di Provincia.
Fuma, litiga, mena,forse (e non sarebbe uno scandalo per l’epoca) scommette ai cavalli ma – soprattutto – comincia a correre in moto, su strada.
E’ uno sfegatato in sella alle “sidecar” dell’esercito francese, ma è quando torna “civile” a fare il macellaio che parte la epopea motoristica di Guy Ligier.
A differenza di quanto raccontano le storie un poco “auliche” sui suoi inizia (strano che Ligier venga coccolato ed un poco inventato in questo primo spaccato di vita per essere dimenticato dopo….) nel 1958 il prossimo Sindaco di Vichy, ex stella del Canottaggio e grazie a questo un buon amico dell’ intraprendente Guy gli assegna una delle tante Società cuscinetto attraverso le quali – meritoriamente – il Sindaco trasforma il paese da rurale a città Termale, sportiva e turistica: pazienza se per farlo ha bisogno di “tramiti” per l’acquisto di terreni che successivamente “guarda caso” diventano aree edificabili con i voti di Giunta: nel 1961 la “Liger Travaux Publiques” conta già 500 mezzi da scavo e circa 900 operai, e da qui (anticipata dalla vittoria del Campionato francese Classe 500 nel 1959) comincia l’avventura motoristica di Guy prima come Pilota poi come compagno di JoSchlesser e poi, con la sigla “JS” commemorativa proprio dell’amico Jo, arriva la sua prima automobile costruita vicino a Vichy nella sua officina di Abrest, che rimase la sua base per vent’anni prima di stabilirsi a Magny-Cours.
Questa prima vettura era per le competizioni su pista, e fu presentata al Salon de l’Auto nel 1969 con il nome di Ligier JS1, progettata da Michel Tétu. Dentro al progetto di costruttore, Guy Ligier mette Pierre Bouillard e Roger Nebout, Heini Mader più un gruppetto di tecnici della Mc Laren.
Non è una sorpresa, in fondo, che da piccolo Costruttore Guy Ligierparta dalla cubatura e dal dimensionamento più “accattivante” in quel periodo: dal lato sportivo la cilindrata poco sopra i 1500 cc ed entro i 2 litri era quella preferita in maggioranza da piloti di belle speranze e debuttanti sia per le gare su pista che in Salita.
Commercialmente parlando, invece, anche se la “JS1” non aveva aspirazioni di diventare piccola serie su strada, la concorrenza era forte da Alpine A110, Matra M530, la ex Simca Abarth 1300 Bialbero da poco uscita di scena ed altre. Se la “JS1”tuttavia fosse diventata in origine una stradale avremmo visto una ennesima realizzazione da qualche parte d’Europa di una piccola biposto a motore posteriore centrale quattro cilindri in linea (Ford, guarda caso) da circa 1600 cc.
Invece l’interazione diretta tra Guy Ligier e i suoi Piloti Clienti porta rapidamente la “JS1” a crescere: 4 cilindri 2 litri, e poi l’incastonamentoideale con il sei cilindri a V Ford da 2300 della “Tanus M” per poi arrivare al 2600 V6 della neonata Ford Capri RS.
Ligier JS1 e JS2, in rotta verso il V6 Maserati. Una scommessa vinta
L’anno successivo arrivò la Ligier JS2, un’auto elegante e sportiva, disegnata ancora una volta da Michel Tétu. Allo stesso tempo venne lanciata un’auto scoperta, la Ligier JS3. Ma la vera natura della “JS2” è di diventare la capostipite di una produzione di serie che Guy Ligier, ben consigliato dai suoi, decide di portare su strada semplicemente perché dopo Alpine A110 e Matra in Francia c’è un “buco” di offerta proprio sul taglio di cilindrata dove in Inghilterra (Lotus, MG) ed in Italia (Dino, Alfa Romeo Montreal, etc..) si combatte ai ferri corti dentro un segmento commerciale di forte impatto anche simbolico.
In particolare dunque la “JS2” è l’evoluzione del concetto sportivo di Guy, progettata in tandem da Michel Tetu e Pietro Frua. Sempre identificata dal taglio che Ligier da alle sue realizzazioni, un livello che si inserisce tra le piccole Matra e le Alpine sia come dimensioni, che come cubature. Dopo la “JS1” cresciuta progressivamente da 1600 a 2600 con i Ford Capri “Cologne” elaborati dalla Weslake, non si sa come il buon Guy riesce nel 1971 a mettere le mani su una serie contingentata di motori 2600 V6 Ford “Essex” elaborati dalla Cosworthper una piccola serie speciale della Capri che Ford GB crea a casa sua (guida a destra….).
Il problema di Guy è che le sue piccole JS2 devono diventare una piccola serie di stradali targate, e per motivi fiscali (un algoritmo assurdo fatto dal Governo francese per il quale la fiscalità delle auto cubate dopo i 2.800 cc. pagavano un botto in cavalli fiscali, detto in poche parole) non digeriscono molto bene motori granchè superiori ai 2600 cc per le serie targate.
E quando la Cosworth si butta sull’Essex 3100 V6 per la Capri, Ligier è costretto a retrocedere al V6 2600 della Capri RS praticamente di serie, perchè nel frattempo neppure Weslake riesce ad elaborare il numero di unità motrici necessarie al buon Guy.
Nel frattempo la divisione commerciale e sportiva di Citroen è alla canna del gas: l’acquisto della Maserati nel 1969 avvenuto con il Tridente in crisi di Cashflow ma con vendite sostenute, si sta trasformando (per colpa dello stesso algoritmo fiscale del popolo che odiando il bidè non ha la possibilità di rinfrescarsi le idee) in un percorso verso il fallimento. Secondo Giulio Alfieri, il Deus ex Machina a Modena, il motivo è proprio nella “gabbia volumetrica” che Citroen ha costretto per il Tridente.
Massimo sei cilindri a V da 2.700 cc, l’algoritmo perfetto per il fisco francese che però trasforma SM Coupè e futura Quattroporte in costosissime auto da passeggio; e serve a nulla l’exploit rallystico della “SM” tra il ’71 ed il ’73. Dunque i magazzini di Citroen sono pieni di blocchi “V6” da 2,7 litri da sbolognare.
Guy Ligier fa mente locale, decide di contattare la Citroen e spunta una serie “Ligier Maserati” per la “JS2”: una settantina di motori comprati a prezzo di realizzo dalla Casa del Double Chevron, ma non crediate che questo sia un passaporto per il Paradiso per Guy.
E’ solo una trovata di sopravvivenza, alla fine del 1972 (quando esce la prima serie “JS2 Maserati”, il Marchio del Tridente è stato ridotto a livello spazzatura dalla Citroen) quando per Guy Ligier il sogno di tutti i Costruttori artigianali europei dell’epoca – il V8 2,6 dell’Alfa Romeo Montreal – rimane solo un bel miraggio.
Fin qui la storia “canonica” a cui se ne lega una parallela: “JS2” non può dimenticare le Gare, ma inizialmente Citroen non vuole saperne di prendersi l’onere di sostenere agonisticamente un “Rookie” dando assistenza e upgrade agonistico ai V6 Maserati.
Alfieri e Ligier, quella botta di orgoglio che la burocrazia francese spense sul nascere
Questo fino a quando nei corridoi del doppio Chevron a Parigi non si alzano i calici per due notizie: lo Stato francese decide di aiutare la Michelin a riacquistare dagli odiatissimi italiani della Fiat il 49% di pacchetto azionario detenuto da Torino; e nel frattempo la Stampa fa uscire in prima pagina la vittoria nella Categoria “Prototipi” della Ligier“JS2” Gruppo 5 Maserati al Tour de France 1973 che per i transalpini più che una Gara è un atto di fede. A quel punto i telefoni da Parigi squillano come matti verso Modena, destinatario Giulio Alfieri che ha già mezzo piede fuori dalla Maserati per dissidio verso il management francese.
Citroen si cosparge il capo di cenere e riconosce ad Alfieri “mezza ragione”: il V6 del Tridente deve crescere in cubatura fino a 3.000 cc. ed Alfieri deve trovare il modo, perché di V8 nuovi non se ne parla.
Guy Ligier e Giulio Alfieri passano tutto Natale a sperimentare tra Mugello e Paul Ricard una versione super cubata del V6 della SM a 2993 cc. Potenza espressa nei test 350 Cavalli, ufficiale e testata. Tra l’altro con quel V6 Alfieri si dimostra perfettamente erede di quel “nonno” V12 3000 cc che nel 1965 avrebbe dovuto equipaggiare la Cooper T80 e che sviluppava 385 Cv.
Al Tour de France del 1974 la “JS2” Prototipo con il Maserati V6 stravince, ma il bello arriva a Le Mans con la potenza contingentata a 320 Cv. Ligier finisce in modo promettente la 24 Ore di Le Mans del ’74 in ottava posizione. Dovrebbe essere il preludio ad una Le Mans 1975 con il botto. In realtà il botto c’è, in casa Ligier, perchè la “JS2” arriva seconda assoluta alla 24 Ore del 1975 ma dietro le spalle dell’equipaggio non c’è più il Maserati, ma il Ford Cosworth 3000 V8. Il motivo? E’ che nel frattempo i gollisti residuali al Governo all’Eliseo dirottano il 49% della quota Citroen detenuta da Michelin nelle mani amiche di Peugeot. Nasce PSA con anche la Matra.
Peugeot è fin troppo determinata: Matra in F1 con il rinnovato 12 cilindri 3000cc che in effetti era stato “dirottato” nelle Sport Prototipi e che guarda caso equipaggerà la prima Ligier di F1 dal 1976. Per Maserati il futuro più probabile, con la nuova amministrazione controllata, è addirittura la chiusura dello Stabilimento di Modena, con Peugeot che lancia un solo “sassolino”: se deve restare in PSA si dovrà chiudere Modena e trasferire tutto in Francia. Una provocazione che muove Alejandro De Tomaso a chiedere l’acquisto del Tridente con persino una fidejussione di Peugeot oltre ai soldi della GEPI.
Chissà, se, chissà forse.
Magari con la Ligier in F1 e la Maserati libera di muoversi, avremmo forse rivisto un “V8” Alfieri da 3000 cc. tornare alla ribalta nel Circus? Sognare è possibile, anche se serve a poco.
Ma nessuno deve impedirci di continuare a sognare un futuro migliore per Maserati. E nessuno deve osare togliere alla “nostra” Maserati un futuro possibile. Saranno guai veri, in caso contrario per i colpevoli.
Riccardo Bellumori