Il primo Ferragosto senza più Enzo Ferrari: 15 Agosto 1988

La notizia fu un piccolo colpo, accusato da milioni di italiani e daancora più appassionati al di là dei confini: il 14 Agosto un laconico annuncio  con il servizio più alla portata di TG comunicava quello che nessuno sarebbe mai stato pronto a sapere: Enzo Ferrari era deceduto a 90 anni, e la notizia al 14 Agosto veniva data a funerali già avvenuti. Inutile rievocare sermoni, coccodrilli, speciali, inserti in una fase socioculturale ancora dominata da TV e Carta stampata.

Quel 15 Agosto del 1988, tra una visita del Ministro degli Interni alla Centrale di controllo della Polizia di Stato e la solita lenzuolata di notizie e pettegolezzi sul tipico Ferragosto degli Italiani, una assenza mai percepita prima marcava la sua presenza nel più assoluto silenzio. 

Il monumento alla bella meccanica, alla velocità, all’azzardo, al Made in Italy se n’era andato e quel Ferragosto era il primo senza più il Drake al di là del suo ricordo. 

Ma forse lo stesso Drake non c’era più nei suoi Ferragosto ben precedenti al quel 15 Agosto 1988 ed Autoprove che non ama camminare nella massa, ma preferisce tracciare strade diverse e personali, Vi racconta attraverso me una storia che mai e poi  maiavrete avuto occasione di leggere e conoscere.

Certo quel 15 Agosto per la prima volta non si era alzato dal letto, dove probabilmente negli ultimi anni sorbiva semplicemente la metafora del caffellatte e fetta di ciambellone con cui si narrava che iniziasse la sua giornata.

Di sicuro da quella mattina 15 Agosto 1988 non vi sarebbe più stato l’ordine al suo Autista di passare a salutare Dino, il figlio amato, al Cimitero; non vi sarebbe più stata la visita al suo Barbiere di fiducia.

Quel 15 Agosto era il primo Ferragosto in cui non vi sarebbe mai più stato l’incontro a Maranello tra Enzo ed i meccanici – di turno ma accuratamente selezionati – che come ogni 15 Agosto in cui “Lui”si compiaceva di poter presenziare fino al 1986, quando dopo una ultima visita davvero fugace non prese impegni nel Ferragosto successivo.

Per Ferrari, come lui stesso ripeteva sempre anticipando di decenni in modo casereccio il buon Sergio Marchionne, le Ferie “da cosa?” non esistevano: Maranello era la sua casa, il suo lavoro, le sue ferie, le sue gite fuori porta; ed anche il suo cinematografo preferito e la poltrona elettiva per seguire i Gran Premi nel segreto del suo Studio. 

Come sempre. Però Enzo Ferrari non era davvero morto in quel 15 Agosto 1988

Ma forse era entrato in coma catatonico il 15 Agosto di sei anni prima, al Gran Premio di Austria del 1982, a Zeltweg, nella Domenica 15 Agosto più calda e triste, forse, della sua ultima fase di vita.

L’anno precedente, di quei tempi (o meglio il 16 Agosto del 1981) il “suo” Gilles Villeneuve, partito terzo, si era messo subito in testa in uno dei suoi classici “Start”, anche se si sarebbe ritirato dopo tre giri; 

ma in quella Domenica 15 Agosto invece, il “27 Rosso” dell’Aviatore non c’era più, affidato ad un francese – distinto e semisconosciuto – relegato al ruolo scomodissimo di sostituto di Villeneuve e scudiero “dell’altro”, il francofriulano, il Giuda Didier Pironi.

Gilles era volato via per sempre Sabato otto Maggio in un volo maledetto a chiosa di uno dei momenti più sofferti umanamente e sportivamente dentro la Ferrari.

Ma l’assurdo della vita è che in quella Domenica 15 Agosto 1982 non c’era più neppure Didier Pironi: l’altro ferrarista, quello con il “28”, era stato fino al Venerdì della Gara precedente leader irrecuperabile di una Stagione assurda, irripetibile, maledetta; e l’illustre guardiaspalle, vincente quasi per compensazione divina in Germania, da quel momento diventava il vessillo di Maranello. Il gregario elegante, silenzioso e discreto che Enzo aveva scelto per sedere sulla scomoda e bruciante monoposto di Gilles era il suo amico Patrick Tambay: al Gran Premio di Germania della settimana precedente quella Domenica d’Austria, senza più Didier, Patrick vinceva sventolando sul Podio l’orgoglio rosso che puntellò il seguito di una Stagione folle e diabolica.

Austria, Ferragosto 1982: Enzo Ferrari forse già ha spento qualcosa di sè

Il Sabato precedente Zeltweg, ad Hockenheim, Didier aveva sfiorato la morte tre mesi esatti dopo Gilles. 

E in quella Zeltweg ci poteva già essere la carica detonante in queste poche disgraziate note di ricordo, per avere una sincope, dentro un fisico semplicemente umano. 

Ma non bastava sul Drake: Enzo Ferrari non aveva sentimenti umani. Forse li aveva consumati dopo la morte di Dino, come poco a poco li consumava ogni qualvolta un suo figlio di Pista, al volante di una creatura di Enzo, volava via. 

Come ogni Capitano di Industria vincente e capace (perchè lo era, non certo uno stupido) il Grande Vecchio era una sorta di satanica bestia eretta e astuta, cinica ed aggrovigliata sulla lucida follia del suo progetto vitale. 

Ad uno così faceva forse più male – della sorte disastrosa dei suoi “galletti” – la guerra di frontiera che Fiat aveva deciso di fargli smaccatamente. 

Ed in questo Lui, Enzo Ferrari, si era ritrovato tra gli incubi ed i fantasmi un mondo intero che gli cadeva addosso. 

La probabilità che a vincere il Titolo Piloti del 1982 fosse DidierPironi forse gli era assolutamente ininfluente. 

Fosse stato per lui probabilmente avrebbe messo, da Giugno, la dinamite sotto le due 126C2 e sotto tutto il Mondiale 1982. Gilles era davvero un Pilota, un ragazzo, un talento, al quale Enzo Ferrari si era affezionato.

In un maledetto Mondiale 1982  che in Austria – cioè a casa sua – persino Niki Lauda era tornato a poter, in assurda ipotesi, vincere quasi ad aggrovigliare ricordi e pensieri di quel vecchio uomo, in un clima dove quel “Vedremo dove sarò io e dove sarete Voi” sembrava essere diventato un anatema semplicemente con il fuso orario sbagliato perché partito con cinque anni di ritardo; 

in quella Domenica forse neppure Enzo Ferrari sapeva più dov’era la sua creatura rossa, stravolta da una serie di eventi e attraversata da una sorte che neppure il più visionario dei suoi peggiori nemici avrebbe potuto prevedere.

E neppure noi Tifosi e telespettatori dell’epoca sapevamo più davvero dov’eravamo, ormai pervasi da quello stato d’animo di chi, al buio e verso sera, perduto all’improvviso il sentiero ed i segnali cruciali rivolge sguardo ed attenzione allarmata verso qualunque ombra, movimento o rumore provenga da intorno a noi. 

Avevamo perso tutti i riferimenti in F.1: giovani e più vecchi non dimenticheranno mai il 1982.

Dopo Hockenheim la platea al seguito del Circus non sapeva più davvero quali sarebbero diventati i protagonisti determinanti in quell’anno: forse sarebbe tornata sugli scudi la Renault della coppia “scoppiata” francese Prost-Arnoux ?

Bah, viste le premesse, ormai non ci credevano più neppure a casa loro…E con la terza forza turbocompressa (Brabham) sacrificata in un anno sabbatico, ecco che a questo punto tornavano alla ribalta loro, i “Garagisti”: come sempre in un sovraffollamento di nomi e storie e con Williams, Mc Laren, Lotus, Ligier in primo piano.

I Garagisti: chissà se il Drake avrà riavvolto l’audio di sé stesso, e di quando così li aveva appellati con un certo disprezzo bollandoli come adepti di un culto aerodinamico privo di altari motoristici, e per questo relegati ad un piano filosofico a metà tra una setta satanica ed una combriccola da sagra paesana…

Di certo loro, dopo Hockenheim, avevano sorprendentemente spostato le lancette all’indietro, a quel 31 Dicembre del 1981 in cui le sorti mondiali e le posizioni di testa erano ancora loro da quando – a partire dal 1968 – il geniale Ford Cosworth aveva accompagnato 11 titoli di Piloti di monoposto inglesi su 14 Stagioni fino ad allora senza alcun timore reverenziale.

1982: l’ultima volta in cui Enzo Ferrari vide una Rossa dominante fin dall’inizio

Questo voleva dire che era meglio una ottima aerodinamica che un gioiello di motore? 

No, voleva semplicemente dire che aver rovesciato il tavolo da gioco presentando il primo Turbo di Maranello era un modo snob per Enzo Ferrari di fare il Garagista senza darlo a vedere: se non puoi batterli unisciti a loro: i buoi dietro al carro, il turbo sopra i buoi e l’effetto suolo intorno a loro. 

E da Gennaio 1982, quando al Paul Ricard era apparsa la “126 C2” per i test invernali, gli stessi Garagisti si erano autodedicatil’incipit manzoniano “Ei fu” a ricordo di un’epopea vincente che quella sorta di “Ottobre Rosso” stava per cancellare.

Quella Ferrari – una delle più discusse e controverse Rosse della storia – era come lo gnocco fritto Take away, l’olio extravergine monodose, le fette singole di cotechino modenese: un modo Smart di proporre qualcosa che – se non fosse Smart – tornerebbe tradizionale; ma che non può che rimanere Smart per non far capire al contrario – che non ha proprio più nulla di tradizionale. 

E come ogni “Smart Revolution”, quella monoposto era il segno di un cambio.

Dopo la “126 C2” infatti nulla a Maranello era e sarebbe stato mai più come prima, in una sfida a duello in cui il Drake per la prima volta combatteva i Garagisti con le loro stesse armi poco prima che le armi diventassero di lì a poco uguali per tutti; forse questo è il vero habitat in cui era maturata la tragedia di un Gilles che nella nuova Ferrari S.P.A. “Senza Preferenze Affettive” poteva solo scegliere se adeguarsi al nuovo cinismo aziendale, o alzare i tacchi a fine Stagione forse ripetendo l’anatema che già aveva espresso Niki in faccia al Drake.

Il destino aveva creato la terza drammatica opzione: Gilles era andato via, per sempre lasciando nelle mani di un rampollo francese (nato agonisticamente nei Rallyes per non spaventare la mamma sulle monoposto) che da Imola di quell’anno aveva dovuto indossare un abito con cappio incorporato, che stringendosi sempre più attorno al suo stato emotivo lo ha di certo portato in crisi.

La batteria a Monaco è stato l’unico guaio stagionale estraneo alla sua interazione; ma lo spegnimento del motore alla partenza (guarda caso nella terra di Gilles) e lo schianto in Germania (casualità, dopo che un settimanale nazionale aveva distribuito il disco con la voce di Gilles….) lasciano ancora il dubbio sullo stato d’animo che poteva attraversare Didier dopo Zolder. Quel dichiarato Giuda odiato da mezza Stampa ed Opinione Pubblicaaveva anche un’anima, in fondo. 

Ma tutto questo, il 15 Agosto del 1982, era un capitolo passato e ne serviva uno nuovo a Maranello per continuare a scrivere il libro.

La Ferrari numero 28 di Didier quella Domenica era la battistrada: 39 Punti a quattro Gare dalla fine con 9 punti di vantaggio su John Watson (che quasi nessuno fino a fine Luglio avrebbe mai iscritto tra i potenziali Iridati), e ben 12 e 15 Punti di divario dagli altri due più possibili avversari Rosberg e Prost.

Pur fantasticando di un eventuale ed improbabile “boom” del simpatico irlandese della McLaren (che nemmeno un Bookmaker d’assalto avrebbe avuto l’immaginazione di quotare) sarebbe stato fin troppo ovvio predisporre alla stregua di Colin Chapman nel 1970 una “trincea di guardia” in grado di togliere via dalla disponibilità del Gruppone almeno i primi due posti fino a fine Stagione: la bagarre e la assoluta anarchia che regnava dietro avrebbe fatto il resto.

Sembrava infatti questa una nuova situazione alla “Rindt” del 1970, o addirittura alla “Lauda” nel 1976: dove nel primo caso un “Garagista” aveva ricreato una Squadra di contenimento contro il rimontante Ickx, che proprio grazie ad una Lotus interposta tra il belga ed il Podio aveva di fatto perso il Mondiale alla penultima Gara; e dove nel secondo caso, con la regia del “Grande Vecchio” nel ’76, un adepto della tribù dei piedi neri aveva firmato il suo unico insperato sigillo storico grazie in fondo alla estrema e virale vigliaccheria (e arrogante stupidità) insita nell’Adelmo che ogni giorno combatteva la sua battaglia contro Enzo che, a sua volta, doveva tenere a bada il Drake.

Perché Ferrari quando era Enzo si dimostrava più cinico e micidiale di un Garagista, mentre quando tornava anche per poco Adelmo diventava umano, teatrale, patetico. 

E perdente. Era invece quando si tramutava in “Drake” e “mammasantissima” che ultimamente rischiava il fallimento totale; perché i tempi cambiano, e anche i totem possono vacillare.

Fu “Drake” nel 1976, fu “Enzo” nel 1979 e tornò ad essere “Drake” quando con il “Patto della Concordia” del 1981 mise finalmente d’accordo Bernie e Balestre davanti a cappelletti al burro e cabaret di carni bollite.

Ma nel 1982, forse perché incapace di comprendere appieno quell’Angelo della Morte chiamato “126 C2” si comportò da “Adelmo” fino a dopo Zolder. Fino a dopo la morte di Gilles.

Da quel momento era rimasto al massimo “il Drake”: quello che da Hockenheim 1982 (quando decise di perdere attenzione al Mondiale Piloti semplicemente perché probabilmente non ci aveva mai creduto) chiamò d’urgenza Mario Andretti solo quando il rimontare delle due Mc Laren (e con il Podio proprio di Niki a fine Agosto) diventò minaccioso per la Classifica Costruttori.

Ma in quella Domenica 15 Agosto 1982, in un’Italia festiva ed abbandonata al riposo di metà estate, probabilmente quello seduto davanti alla TV nel suo Studio non è più né Enzo, né Adelmo, né più il Drake.

Ferrari è soprattutto un uomo vecchio che di lì a poco dirà al suo ennesimo figlio prediletto Forghieri “Và, non ti tengo”; il messaggio concordato anni prima tra i due, secondo il quale dal momento in cui Enzo avesse capito di non poter più guidare la sua creatura avrebbe consentito ai suoi più stretti collaboratori di abbandonare la nave.

Quel momento era ormai in arrivo, Marco Piccinini da D.S. era l’avamposto di nullità voluto dal Gruppo Fiat per iniziare ad espugnare la fortezza Rossa. 

Chissà che Enzo, avendo capito, non volesse consegnare loro una Cattedrale nel Deserto?

Proprio Forghieri alla vigilia di Zeltweg aveva dichiarato quanto fosse difficile reperire un sostituto anche per la seconda / prima / neoseconda Ferrari; ma chi crede a questo, dopo la immediatezza con cui a Monza Andretti salì sulla 126, appartiene al pubblico ideale di Ferrari?

Ognuno la pensi come vuole: io, cercando il mio momento di riconciliazione con un uomo che non ho mai avuto in simpatia (da perfetto nessuno quale sono, ma da Tifoso che ha diritto di esprimere il suo gradimento), voglio credere che libero da ogni figura retorica ed obbligo protocollare, quell’uomo solo davanti alla TV abbia voluto cedere al sentimento: se non di Gilles, quel Titolo non doveva essere di nessun’altra Ferrari quell’anno.

E come forse capziosamente disse Frank Williams: “Noi abbiamo vinto il Titolo 1982 che la Ferrari ha perso”; ci sono almeno tre sottotitoli che possono scorrere nella traduzione di quella frase, nessuno dei quali ha una motivazione o un effetto cordiale o amichevole.

Perché in quel 1982 non c’era un cretino, dico uno, che non avrebbe pagato per correre su una monoposto che poteva vincere persino radiocomandata. A parte Alan Jones, con cui Maranello non trovò l’accordo per motivi contrattuali, vorrei chiedere ai saputoni del momento chi fu a dire “No, grazie: non mi va di vincere”….

Ma al di là di questo, la Gara di quella Domenica 15 Agosto 1982 fu già una avvisaglia del fine Stagione, con Tambay fermo in mezzo alla Pista a mezz’ora dalla fine delle Qualifiche del Sabato, e la Squadra a chiedere con Marco Piccinini una interruzione non concessa per il recupero e la ripartenza: in terra di Niki, la Ferrari era solo un Team.

Patrick partiva quarto (e solo) sulla Rossa, davanti a lui Prost e dietro di lui Rosberg e Watson.

Pronti, partenza, Via: Patrick subisce una foratura, e solo un sorpasso in extremis su Lauda lo porta al quarto posto.

Davanti a lui, in Eurovisione, quel fotofinish storico tra Elio e Keke lascia nel Drake una strana sensazione di stomaco: sovrappone le immagini di Pironi al traguardo di Imola davanti a Gilles; quelle di un Elio scartato nel 1977 dal Drake per una inopportuna intromissione di papà Giulio sugli ingaggi concessi al ragazzo, e si chiude con la immagine di quel Go-Kart bianco numero 5 che facendo capolino da dietro Elio sul traguardo, clicca i lampeggianti anche sul retrovisore a Maranello. 

La perfetta rappresentazione di un ingarellamento autostradale tra una 308 GTB dell’epoca ed una “Triumph Dolomite” truccata tipica di un Garagista, con la Triumph che arriva per prima al casello contro ogni legge fisica.

Quella Domenica di metà Agosto a dominare erano stati quei tre Garagisti: Colin, Frank e Guy. Quello di loro che porterà a casa il Titolo dirà, come ricordavo : “Abbiamo vinto il Mondiale perso dalla Ferrari”…. No, non era una frase di riconoscimento o di abbraccio fraterno, ma lo schiaffo di un Garagista a chi lo aveva sprezzatamente definito come tale.

Uno scambio di cortesie al veleno, da parte di un quasi “ex Garagista” che grazie anche ai buoni uffici di Michael Edwardes(suo main Sponsor alla British Leyland) passerà a breve alla dimensione del “Trust vincente” con la Honda; destino già toccato in quella Domenica alla Lotus che aveva appena chiuso l’accordo con la Renault.

Rimaneva la Ligier, temporaneamente, a vestire i panni che furono il vanto del motorsport britannico.

Del resto, il titolo di tutto il nuovo inizio era nello striscione di “termine” di Zeltweg, con la cornice della “T.A.G” : Partner di Williams fino ad allora e per poco tempo a venire, e poi “Trust tecnologico” dominante da due anni dopo. 

Sotto quello striscione, primo e secondo, erano passati due nuovi assi della storia della F1. Uno dei due Enzo Ferrari lo conosceva bene: Elio De Angelis fu uno dei due possibili sostituti di Gilles dopo quel breve periodo in cui, post Fuji, anche il Drake aveva per un po’ dubitato delle sue scelte. Il secondo era Keke Rosberg: ottimo Pilota, ai livelli di Pironi fin dal 1980. Svincolato, libero da fine 1982 e passato per quasi culo alla Williams. Chissà se Enzo Adelmo avrà avuto un lampo di immaginazione pensando a cosa quei due caschi avrebbero potuto fare dentro le sue 126 C2. Ovviamente è una mia pia illusione……

Quella cornice al Traguardo era didascalica: Bene arrivati al Vostro traguardo da Garagisti, Benvenuti nel futuro.

15 Agosto 1982, l’ultima festa di Ferragosto della vecchia Formula Uno, forse la data di morte emotiva di Enzo Ferrari da allora al 14 Agosto del 1988. Sipario su un mondo ormai scomparso. Ciao, ancora, Grande Vecchio.

Riccardo Bellumori

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