Come si è forse capito dai miei Post, io sono sostanzialmente per la difesa del classico motore Endotermico, più ancora se e quando viene accusato di quasi tutti i mali che attanagliano il pianeta Terra.
Gli integralismi dogmatici sono di per sé inquinanti, e dunque quando la pletora degli “elettrofili” da un decennio a questa parte proclama la assoluta santità e beatitudine della mobilità “BEV” o “ZE” trovo sempre l’occasione per tirare giù dall’albero qualche evangelico la cui eco-testa è composta ormai irreversibilmente non di litio ma peggio, di puro stronzio.
Detto questo, sono sempre puntuale nel ricordare ai tanti “Semplicio” della decarbonizzazione quanta parte di endotermiche in Occidente andrebbe riassorbito da non si sa bene quale dedicato “Piano Marshall” che dovrebbe finanziare nell’ordine: acquisto BEV nuova, riconversione dei centri di AfterSales, alienazione e recupero della endotermica vecchia, il tutto ripetuto per almeno 150 milioni di volte e di vecchie auto. Solo così si riuscirebbe a raggiungere almeno il 25% di BEV circolanti rispetto all’intero parco vecchio occidentale. Mancando tutto questo, essere al 4% di BEV presenti in Europa ed USA non è un demerito. E’ la logica.
Così come non serve essere feroci nelle statistiche commerciali che vedono l’elettrico puro, sebbene promosso dai quattro angoli del Globo istituzionale e governativo (e nonostante incentivi ed agevolazioni) fermo ad un tetto di non più del 4% di parco circolante immatricolato in Occidente dopo appunto almeno 15 anni di demonizzazione endotermica.
Vogliamo infine aggiungere che l’auto è un investimento legato alla consapevolezza ed alla esperienza di uso e di gestione, e che dal lato delle “sicurezze” l’elettrico lascia davvero parecchio a desiderare?
Potete indicarmi, cortesemente, le risposte ufficiali del mercato “Z.E” in termini di: durata batterie, costi di sostituzione o rigenerazione, possibilità di assistenza ed Aftermarket “IAA” e non solo “OEM/OES”, valore di remarketing a data stabilita, etc…? Se come pare le risposte sono di pura speranza, come pensare che consumatori persuasi del fatto che – al massimo – il mercato evolverà nel futuro in un abbassamento dei prezzi, non vogliano attendere “sine die” questo fatidico futuro rendendo tuttavia il mercato attuale un vero e proprio stillicidio?
Detto questo, non mi tiro indietro alle responsabilità ed alle zone critiche delle alimentazioni destinate ai motori endotermici, che sono chiaramente fonte di inquinamento, di spreco, e di un certo malcostume di uso legato a vecchissime consuetudini.
Le endotermiche: un mondo multicolore, multialimentazione, da rivalutare
Prima cosa: le auto in Italia ed in Europa non sono troppe: sono troppe soltanto quelle che dovrebbero onestamente prendere la via della rottamazione; situazione persino degradata dal lato dei LCV (Light Commercial Vehicles) trentennali, che tuttavia appartenendo generalmente a personaggi umanamente poco raccomandabili e fondamentalmente intestatari di nulla, si ritrovano a circolare indisturbati pur collezionando volumi di verbali la cui superficie cartacea attualmente tappezzerebbe gli Hangar.
Detto questo chi rispetta e difende il motore endotermico deve sapere e rispettare le tre condizioni fondamentali che legano l’essere civili a questo tipo di mobilità:
– L’utilizzo coscienzioso e necessario, alternato nei momenti ludici con soluzioni di mobilità alternativa: non sono solo gli elettrofili ad amare lo sharing elettrico, la bici e le lunghe passeggiate;
– L’utilizzo di una endotermica deve tornare ai protocolli di corretta gestione di un tempo: i filtri si cambiano a cadenza (quello dell’aria ormai non oltre i 5.000 km.) e non a caso di cane; le gomme idem, e tagliandi di controllo e revisione devono essere categorici. E dovendo essere rigorosi, ci dovremmo vergognare tutti, io stesso, che un’auto nasca e muoia con la stessa marmitta catalitica persino dopo trenta anni di vita.
Infine, volenti o nolenti la risorsa fossile è sempre meno in occidente, e sempre più destinata ai nuovi Padroni industriali del mondo: Cina, India ed Asia. Questo significa che entro breve il mondo automobilistico europeo, fatto di almeno 160 milioni di auto in circolazione, avrà tre conseguenze sulla sua pelle: riduzione di almeno il 25% di parco circolante auto privato, esplosione del Car Pooling e dello Sharing solidale; aumento dei costi di gestione e manutenzione anche dell’Usato; ripartizione delle scorte di combustibili per autotrasporto in queste chiare e prevedibili funzioni: 35% trasporto merci, 20% mobilità istituzionale e sociale (Sanità e sicurezza , Ordine Pubblico, Amministrativa, ambientale), 25% mobilità professionale e lavorativa, ed infine (sebbene la cosa vi possa sembrare assurda) un residuo 20% di Combustibile destinato alla mobilità civile privata. Basta gitarelle fuori porta, insomma.
Da cosa traggo queste percentuali? Da una risorsa che gli elettrofili dimostrano raramente: il buon senso.
Per loro la mobilità sostenibile è divisa in sole tre fasce: i ricchi possono tutto in elettrico e ai poveri diamo le briches, dal MaxiSUV alla Hypercar, dalla colonnina FastCharge domestica e riservata fino ai sistemi di Guida autonoma; per la middle Class c’è la speranza di un buon sistema di Renting (non sia mai, avere di proprietà una elettrica) e per chi può ancora meno la infinita bontà dello Sharing sociale – con monopattini, bici e minicar elettriche – arriva a mettere una pezza nel nome della sostenibilità equa e solidale. Proprio su questo aspettavo Maria Antonietta Border Layern e l’ìpotesi del Leasing sociale: ripeto, al popolo diamo le brioches, il pane stufa alla lunga.
Per i raziocinanti dell’endotermico, invece, la consapevolezza dei contingentamenti, dei vincoli, del risparmio e della rigenerazione non può più essere un pensiero latente. Farà sempre più parte di un ecosistema nel quale il concetto dominante che abbiamo sempre trascurato è quello del nostro nobile padre Einstein, perfetto in termini di generazione energetica: nulla si crea (né si può creare) e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Ecco, appunto, quella specifica condizione della trasformazione energetica deve diventare un poco il fulcro del nostro protocollo di sviluppo futuro, in cui la mobilità – per fortuna o purtroppo – diventerà ancora più determinante.
Il tragico palcoscenico del Lockdown, oltrechè esercitazione programmata per la verifica di tenuta del mondo informatico e telematico (con un intero mondo operativo da dietro schermi di un PC o di un dispositivo Mobile) ha mostrato che spostarsi sul territorio non è una opzione ma una necessità. Farlo risparmiando risorse è l’unica via possibile.
Pensare che la forma più intelligente di risparmio sia rottamare quasi seicento milioni di auto molto vecchie circolanti nel mondo sostituendole con altrettante elettriche è un poco il siparietto comico di improvvisati geni della mobilità ecologica che arrivati persino al mezzo secolo di vita pensano che il tuono provenga ancora dallo scontro tra le nuvole…Ma questo l’ho ripetuto a beneficio della memoria da galline che a molti esploratori del Web è stata indotta: sbattendo gli occhi, dimenticate le cose di buon senso lette prima e vi disponete a memorizzare nuove fregnacce.
Se si vuole trovare una forma immediata di risparmio e di ottimizzazione è nel recupero e nella rigenerazione di quanto più possibile parco auto circolante sulle strade del mondo. E questo non significa solo “collezionare” ma riqualificare, trasformare, adeguare quello che già c’è spostando il focus industriale dalla creazione di nuove linee di auto al settore dell’Aftermarket innovativo.
Oggi una qualunque auto a benzina o Diesel può essere rivitalizzata attraverso:
– Nuova centralina e software per l’utilizzo di biocarburanti;
– Impianto di adduzione o sostituzione con Gas parzialmente rinnovabili;
– Può restare in attesa di sviluppi su produzione e distribuzione di E-fuel composto con Idrogeno;
– Può essere trasformata, mediante Kit Retrofit, in auto 100% elettrica.
Al confronto, cosa può diventare una 100% elettrica se non rimanere tale?
Nel frattempo, come sempre il mercato si organizza e si muove secondo la propria logica: quella di margini e profitto.
In effetti il mercato si è accorto – ben prima dei culi pesanti della UE e degli EV-angelici – che ingolosire il consumatore-tipo dell’elettrico “puro” con il miraggio della progressiva riduzione dei costi di accesso avrebbe portato i Costruttori europei ad affrontare una guerra suicida contro i produttori asiatici.
Mentre nel frattempo la speranza di un calo dei prezzi sta frenando le intenzioni di acquisto di tanti che attendono tempi migliori. Forse inutilmente.
Meglio, molto meglio sarebbe (o potrebbe ancora essere) un programma strutturato di Aftermarket – da parte dei Marchi occidentali – per offrire al cliente sempre meno dotato finanziariamente la serie dei servizi e delle opzioni che ho appena elencato sopra, sviluppando contemporaneamente una “fidelizzazione di ritorno” di un esercito di proprietari di Usato che, per effetto delle ultime mutazioni socioeconomiche, trova oggi molto più ragionevole cercare di tenere un’auto pur vecchia affiancandola a servizi paralleli di Sharing e di mobilità alternativa.
Facendo lo slalom tra i dati, è ormai evidente la riduzione delle percorrenze medie degli italiani in auto, a cui si aggiunge una crisi socioeconomica che sta riducendo la propensione all’acquisto.
Inutile farsi illusioni, perché la moda della autoimmatricolazioniè ancora vitale nei Dealer e nei Costruttori. Dunque il dato netto di ricambio auto tra privati è decisamente meno brillante delle statistiche.
Questo è dunque il tema di fondo del mercato. Una volta si diceva: “Cambio, Tengo o Restituisco?”. Beh, oggi dovremmo molto più razionalmente chiederci tutti “Tengo, Rottamo, o Trasformo??”.
Ri-generare e valorizzare un Usato circolante (con migliori e nuovi Ricambi, Pneumatici, upgrade e nuove dotazioni di vivibilità come Entertainment ed ADAS Aftermarket) fino al punto di trasformarlo può essere un buon modo per riprendere contatto tra Automobilista e Brand, rispettando le esigenze del primo e la ricerca dei margini da parte del secondo.
Autoprove si è spesso interessato delle trasformazioni aftermarket e delle conversioni attraverso Kit di auto popolari, senza incedere in una specie di eccesso modaiolo che ha portato quasi esclusivamente a posizionare il Kit retrofit elettrico nel novero delle soluzioni “fighette” da Fashion Week di Milano. Mentre invece il Kit elettrico Retrofit, uno dei pochi meriti civici e legislativi dell’Italia rispetto a tanti paesi europei rimasti indietro, risponde in primo luogo alla esigenza “circolare” ed ecologica di modificare in una endotermica solo la parte incriminata che inquina.
Mentre lattonerie e metalli, chassis ed impianti accessori, vuoi per i progressi industriali nelle lavorazioni vuoi per le dotazioni sempre più ricche delle auto moderne, possono reiterare all’infinito la loro esistenza. Dunque ben venga e sia benedetto da Autoprove chi ritenesse di prolungare l’esistenza della propria auto con un Kit Retrofit, ma anche dal versante GPL e Biometano / GNL la prospettiva tecnica e commerciale offre soluzioni validissime. Gli artigiani impiantisti italiani sono un vanto nel mondo e di certo il prezzo di fornitura ed installazione aftermarket di Impianti è decisamente alla portata di tutte le tasche.
Synfuel, ed Idrogeno: i vocaboli più complessi della multialimentazione. Per un attimo lasciate perdere e concentratevi su Etanolo 100%, E85, GPL, Metano e Biometano. Oppure di Hybrid Diesel e di Gasolio addizionato con GAS e GPL. L’endotermico non è morto e ha ancora tante storie da raccontare.
Riccardo Bellumori