A dire la verità, mentre mi congratulo con me stesso per aver circoscritto materiale per almeno due libri dentro due precedenti articoli (dedicati alla Lean Burn ed al funzionamento modulare o parzializzato dei motori) che ho provato a rendere il più sintetici possibile; da un altro lato non vorrei essere troppo didascalico e frainteso: il fatto che io abbia messo sotto capitoli aspetti tecnici quasi fossero distinti tra loro è una suggestione; ogni Costruttore cercava di ottimizzare consumi ed emissioni lavorando contemporaneamente su aerodinamica, combustione magra, parzializzazione, attriti. Ma credo che elencando così Vi renderete conto di quanto impegno sottobanco fosse messo in atto.
Sul lato aerodinamico, tra anni Settanta ed Ottanta avete l’imbarazzo della scelta, ed ecco pochi esempi di prototipi aerodinamici. Sia chiaro: la rassegna che Vi porto in questo articolo è probabilmente un quindicesimo di quanto i Costruttori e le firme di Stile hanno proposto in due decenni.
Cercate ad esempio un prototipo di minicar capace nel 1982 di consumare 88,6 miglia per gallone e di avere un coefficiente di resistenza aerodinamica di 0,22 ? Allora pensate a Renault VESTA Concept I°
E prima del 1984 vengono realizzati due prototipi VESTA di prima generazione, cui segue nel 1985 il prototipo EVE (Economy Vehicle Elements) basato sulla Renault 18; ma l’azimut ed il perfezionamento del programma di ricerca si ha nel 1987 con il programma VESTA II: il 23 Giugno del 1987 ottiene il record mondiale per il minor consumo di carburante sulla lunga distanza percorrendo i quasi 600 chilometri autostradali da Bordeaux a Parigi con meno di 10 litri di benzina commerciale ad una media di 100 Km/ora.
Opel Tech 1: prototipo del 1981, che ha segnato lo stile del Marchio di Russelheim tra gli anni’80 ed i primi anni ’90: con le sue linee spigolose e razionali è riuscita ad anticipare modelli di grande successo come le Kadett del 1984 ed Omega del 1986, due vere e proprie colonne per la Opel negli anni ‘80. La Tech 1si basa sul telaio della Kadett di quarta generazione (in vendita dal 1979 al 1984) e ha forme aerodinamiche, tanto è vero che il coefficiente di resistenza all’avanzamento (0.235) non ha rivali fra le berline.
Volvo Light Component Project (LCP) 2000 è stata costruita nel 1983 come progetto per testare diversi tipi di carburante. In questo progetto, la Volvo ha sperimentato materiali leggeri per costruire il motore, come alluminio, magnesio e plastica. Gli ingegneri iniziano a lavorare nel 1979 sulla piattaforma di progetto per un’auto pensata per il nuovo millennio
In particolare la sinergia temporanea con Norsk Hydro (produttore norvegese leader nella produzione di magnesio) prevedeva un iniziale uso massiccio di questo materiale per ridurre il peso a meno di 700 kg. LCP aveva due tipi di motori: un turbodiesel a 3 cilindri da 1,3 litri (1279 cc); seguiva a questo un motore ELKO multi-alimentazione in ghisa da 1,4 litri e 90 Cv turbocompresso Il Cx andava da 0,25 a 0,28.
Dal Giappone, solo come esempio didascalico, la Toyota presenta nel 1985 il prototipo aerodinamico – volumetrico FXV, una tre volumi molto armoniosa e contraddistinta da un padiglione centrale molto prominente. L’idea di Toyota era quella di una linea ancora gradevole e canonica per l’Occidente (strizza molto l’occhio alle Sedan americane) con però al suo interno il meglio della tecnica giapponese: trazione integrale, 4WS (ruote sterzanti anche al posteriore) sospensioni idropneumatiche, ABS, motore turbo e cambio automatico. E per l’epoca, pensate, strumentazione gestita con monitor Touch Screen e proiezione sul parabrezza dei dati del cruscotto digitale. Con un Cx di 0,24 non era tra le concept più aerodinamiche ma fu tra quelle potenzialmente più realizzabili in serie.
E “dalla Russia con amore” arriva quello che non ti aspetti: LadaX1 nel 1981 e Lada X2 nel 1982 sono studi straordinariamente avanti nello stile per due monovolume spaziose e multi purposedisegnate da stilisti semisconosciuti come Patrushev, Chagin e Yartsev. Certo, linee e volumetria molto diverse dai canoni occidentali ed una certa ispirazione ad una “sommatoria” di scuole: da quella monovolume inglese e francese ai particolari in chiave Bertone e Pininfarina (mi viene da dire, ma ognuno qui ha una sua idea…) ma il risultato, per chi pensa solo alle Lada 124 od alle Mosckvitch, è straordinario.
Nel caso di Volkswagen ARVV siamo di fronte ad un bel paradosso: in questa rassegna è uno dei prototipi più datati (nasce nel 1976 ma viene completata nel 1980) ma la sua impronta si ritrova persino in altri prototipi di Wolfsburg nati anche 40 anni dopo. Seguendo l’onda di Peugeot e Opel di contrasto alla crisi energetica anni ’70, Volkswagen crea un prototipo aerodinamico “funzionante” da Record di velocità “composto”: cioè massima velocità per un motore turbo nel contesto di consumi ridotti. Scommessa azzeccata, il “siluro” (in compositi, carbonio ed alluminio con Cx di appena 0,15 e motore enorme per le dimensioni della monoposto – alta meno di un metro – di 2400 cc e sei cilindri turbocompresso ma Diesel e dotato di intercooler) ottiene la massima velocità mai raggiunta da una Volkswagen alla data del 1980 e diversi Record mondiali.
Pochi sanno che la ARVW fu la prima ad adottare anche un sistema di nebulizzazione di acqua nel Carter di aspirazione aria, per abbassare le temperature di esercizio tramite un serbatoio di acqua da 60 litri per evitare prese d’aria che potevano frenare il flusso di aria. Un piccolo mostro (anche foriero di qualche rischio, se si pensa solo alla trasmissione a catena per i suoi 177 cavalli) che solo uno tosto come Keke Rosberg poteva spingere a 362 Km orari a Nardò.
AUSTIN ECV2/3: Austin Rover non fa balenare alla memoria concept dall’estetica o dal Design estremo, ma è una impressione: perché negli archivi “segreti” del Gruppo britannico sono davvero tante le proposte di stile e di aerodinamica sconosciute al grande pubblico.
Una di queste, la “ECV 2” disegnata da Spen King, si basava sulla piattaforma da cui prese le sue basi la “Metro” ma con il prototipo del motore a tre cilindri. A questa seguirà nel 1982 la ECV 3, un poco più grande ma co Cx di 0,24 invece che 0,30: un telaio tubolare di alluminio con pannelli di carrozzeria in compositi e fiberglass completavano la struttura.
Ford Probe, invece, è una vera e propria dinastia di prototipi da laboratorio e da produzione di serie che parte dalla Probe I° del 1979, disegnata dalla Ghia ed incentrata sul risparmio di carburante pur nella personalità sportiva con cui i vertici Ford pensavano di surrogare con Probe la Mustang.
Il Cx di 0,22 era davvero notevole se si pensa che il pianale di Probe I° era quello della Mustang di serie, cioè lo Chassis della serie “Fox”. E mentre la serie “Probe II” diventa una Coupè di serie ma con scarso successo, nel 1981 arriva al Salone di Francoforte “Probe III”, cioè il preannuncio della Sierra. Ed è evidentemente la serie Probe che rimane più iconica. Raramente un prototipo da studi aerodinamici diventava in poco tempo una vettura di serie. Ricordo che a disegnare Probe III è un certo Patrick Le Quement, passato poi in Renault: senza di lui la Probe e la Sierra non sarebbero state quel che erano. Sottoscocca liscio, frontale riportato poi su Sierra e Scorpio, spoiler posteriore riportato sulla XR4i, ed inoltre sottoscocca carenato completamente, coda con ruote rivestite per un CX di 0,25.
Per inciso, con molte delle idee della Probe, la Audi 100 C3 presentata nel 1982 raggiunse un Cx di 0,30 (il Cx più basso della storia all’epoca per una vettura di serie).
Ma il salto di qualità arriva con la quarta serie del 1982/1983.
Probe IV è la vera pietra miliare dello sviluppo prototipale dei concetti chiave del programma evolutivo: Cx estremo (0,15), conformazione delle superfici della carrozzeria totalmente avvolgente, spoiler anteriore telescopico abbassabile in velocità, tergicristalli carenati in posizione di riposo, pneumatici a basso attrito, elettronica di bordo totale e posizionamento posteriore di radiatore e pompa del compressore per il climatizzatore.
La “Probe IV”, con il suo 1.6 quattro cilindri ad iniezione, era comunque molto più di una concept, eppure aveva scritto le pagine sufficienti a segnare la storia della ricerca di Ford in tema di prestazioni ed efficienza energetica. Ed in effetti la versione ultima del programma Probe, la “V”, è la chiusura stessa del programma di ricerca.
Perché a quel punto l’immagine commerciale di Ford riparte da Sierra e Scorpio per il mercato europeo e da Mustang e Thunderbird e, probabilmente, ai piani alti di Detroit comprendono che alla metà degli anni ’80 il tema premiante di un mercato che ritorna a “spendere” è la velocità e la simbologia agonistica; e dunque la Probe V è una sorta di rifinitura estrema dei concetti aerodinamici: una quasi monovolume con le linee dei cofani anteriore e posteriore appena accennate a definire la carrozzeria, e tutto questo porta il Cx al valore limite di 0,13.
Abbastanza affine stilisticamente alla Probe V di Ford anche un prototipo di Nissan, la CUE-X del 1985: sospensioni pneumatiche in grado di variare l’altezza da terra, ruote posteriori sterzanti,strumentazione digitale e il volante ad una sola razza con integrati diversi comandi, in modo da premerli senza distrazioni fanno parte della dotazione studiata per questa concept da cui deriva la Infiniti Q45 e che si differenzia dal resto delle concorrenti per la lunghezza vicina ai 4,90 metri e per il motorone V6 da 2,9 litri (quello della Maxima, per capirci) da 300 cavalli.
In casa PSA (Citroen la escludiamo a priori da questa rassegna per eccesso di meriti, visto che ha dedicato alla ricerca aerodinamica il massimo che un Costruttore globale avrebbe potuto dedicare fino al periodo oggetto del mio elenco) vorrei invece segnalare una sorta di “brutta copia” della Probe IV di Ford: la PEUGEOT Vera del 1985, una concept che metteva in mostra tecnologie innovative e un design futuristico, riflettendo le tendenze automobilistiche dell’epoca: si distingueva per il suo design audace e anticonformista, con una carrozzeria bassa e larga, linee aerodinamiche eleganti e caratteristiche distintive che la distinguevano dagli altri veicoli dell’epoca. L’auto presentava interni high-tech, con strumentazione avanzata e funzionalità volte a migliorare l’esperienza di guida.
BMW AVT infine è il prototipo che chiude la rassegna esemplificativa: un progetto che per anni è rimasto nei cassetti segreti degli “X Files” di Monaco, per una concept del 1981 nata per celebrare l’inaugurazione della Galleria del Vento ad Ascheim. Un pezzo unico bello ma infungibile perché realizzato in pezzo unico di compositi e altri materiali adatti ad una maquette. Il valore simbolico tuttavia risalta proprio dal momento in cui si è saputo, dopo anni, della sua esistenza.
Riccardo Bellumori

