Autobianchi ha compiuto 70 anni lo scorso 11 Gennaio.
Quel giorno del 1955 Giuseppe Bianchi, Gianni Agnelli e Leopoldo Pirelli siglarono davanti ad un Notaio la nascita della Autobianchi secondo un progetto del geniale Ferruccio “Illo” Quintavalle; che tra l’altro già nel 1952 aveva fatto uscire il primo mezzo a motore della storia siglato Autobianchi, e si trattava di un Camion leggero, il “Visconteo”.
Strano ed ingiusto che mezzo mondo si sia scordato di questo anniversario: Autobianchi è stata molto più di una Casa Costruttrice di auto.
E’ stata il laboratorio viaggiante per le innovazioni del Gruppo Fiat. Da lei sono passati il motore della “Nuova 500” montato per primo sulla Bianchina, oltre alla trazione anteriore della Primula, ma anche il primo modello italiano di utilitaria fatta per battersi ad armi pari con Mini Morris e Renault 5, cioè la A112.
Così come con Autobianchi la storia si è chiusa comunque con un piccolo primato: la prima Casa europea a concepire una sorta di termine di mezzo perfetto tra le K-Car giapponesi (di cui si parla tanto in Europa ultimamente) ed una Utilitaria Premium ante litteram per l’epoca. Era la “Y10” diventata famosa come “Città del Futuro” e “Piace alla gente che piace”.
Autobianchi che, per inciso, ha inaugurato anche il filone delle auto del Gruppo Fiat griffate da Abarth, proprio nuovamente con la A112 Abarth del 1971.
Quello Stabilimento a due passi da una delle poche stazioni ferroviarie costruite su un ponte (perché la Stazione ferroviaria di Desio è sopraelevata rispetto alla strada circostante ma fondamentalmente è integrata nel cavalcavia che sovrasta il piano stradale, per cui è una delle poche Stazioni che possono essere raggiunte da questo solo tramite rampe e scale) oggi conserva il solo retaggio storico della presenza del simbolo cittadino dell’Auto: la Palazzina in stile Liberty che ho avuto il piacere, e il coraggio, di avvicinare direttamente per toccare i muri e girarla da vicino aprendo una facilissima via nella recinzione a maglia di ferro ridotta ormai ad un colabrodo.
Della leggenda Autobianchi oggi rimane questa unica reliquia, la Palazzina Cremonini di Viale Lombardia 55, sede storica degli uffici amministrativi del Marchio: recintata dalla Pubblica Sicurezza dopo essere diventata sede di Rave party abusivi, dimora di senzatetto e luogo di spaccio e prostituzione, ha visto dopo decenni, credo, uno dei rari visitatori innamorati della sua storia e non uno dei tanti border line che l’hanno devastata nel tempo. Quella palazzina con finestre ed accessi murati rimane, fin quando qualcuno non la abbatterà, un Museo a cielo aperto; purtroppo non resterà invece un dito puntato contro la Fiat del tempo, quella che nel 1992 trasferisce ad Arese e Pomigliano d’Arco le linee di montaggio proprio della “Y10” seconda serie e, fondendo Autobianchi con Lancia, spegne gli interruttori di Desio.
L’Impianto di Desio, città dentro alla città
Con l’imbarazzo, rispetto a Lambrate, di aver visto radere al suolo tutta l’area di quasi 250.000 metri quadri intorno alla quale era nata la “nuova” Desio: i quartieri residenziali per gli operai, il tessuto dei servizi, dei negozi e delle botteghe, e soprattutto il Bar dello Sport dove Coppi e Bartali prendevano il caffè ogni volta che andavano nello Stabilimento per provare nuove migliorie alle loro Bianchi.
A Lambrate almeno la Fabbrica di Cristallo è rimasta, monumento di acciaio che non ha nulla da invidiare alla Tour Eiffel come prodigio di ingegneria. Chi può vada a vederla, se non l’ha mai vista e finchè anche quella rimane in piedi.
Stesso contesto, identico gioco: partendo dalla Stazione di Lambrate con il bus locale “924” in poche fermate tra Via Pitteri e Via Raffaele Rubattino, avete il tempo di vedere la Caserma con i rifugi antiaereo a tetto conico, che pare quasi un villaggio di elfi,sull’area del primo stabilimento storico della Innocenti che poi si sposta quasi a ridosso di Segrate su Via Rubattino. E se arrivate alla fermata 12688, a fianco di quella che oggi è l’area gigantesca della Cesi, la nuova industrializzazione “del terziario avanzato” di Lambrate, Vi attende davanti un gigante di 22.000 mq. di reticolato, capriate e putrelle di acciaio corroso dal tempo e dall’abbandono.
Lo stabilimento Innocenti, il “Palazzo di Cristallo”, o meglio: la parte rimasta in piedi dell’area industriale, che nel frattempo ha perso l’area Maserati e la ex INNSA anche se al suo posto ha trovato un bellissimo e turistico “Parco dell’acqua”,alias parco della Lambretta alias appunto Parco Maserati.
Il gigante è là fermo da 32 anni. Il 31 Marzo del 1993, alle ore 17,30, gli operai uscirono per l’ultima volta da quello stabilimento.
Oggi lo trovate umoristicamente “recintato”; ma Vi basta arrivare ad una intersezione con il contiguo parco alberato per trovare la classica “falla”, cioè almeno tre bei metri quadri di rete divelta.
Io ho preso coraggio, e superata quella recinzione una fredda mattina di inizio Febbraio ho percorso in piena solitudine l’intorno e il cosiddetto “interno” della Fabbrica di Cristallo. Materassi abbandonati, cumuli di bottiglie di birra, resti di falò, poltrone rotte e persino uno stendipanni interno ad un colosso di edificio che ho percorso nel suo perimetro interno con un poco di imbarazzo, perché pensavo a cosa potesse nascondersi dietro una siepe o ad un monticello di spazzatura e calcinacci.
Desio, Laboratorio ambulante di tutta la Gamma Fiat
Ma ai cittadini di Lambrate è rimasto un ricordo fisico della epopea di Ferdinando e Luigi Innocenti. Nulla resta dentro Desio. Di sicuro l’erede naturale di Edoardo Bianchi, il figlio Giuseppeche divenne Presidente della “Fabbrica Automobili e Velocipedi Edoardo Bianchi”di Viale Abruzzi 16 a Milano, non era della stessa pasta del padre (morto in un incidente stradale nel 1946): Giuseppe non aveva alcun piano per l’impresa paterna che cominciava a proiettare una situazione di crisi: ecco perchèaccolse con piacere come Direttore Generale un altro vulcano, che si affacciò con idee rivoluzionarie. Era Ferruccio Quintavalle, cioè il discendente del leggendario San Bernardo di Assisi ed ex campione di tennis in Coppa Davis ed agli ottavi di finale Roland Garros del 1947.
Di Quintavalle l’idea di denominare dal 1952 con “Autobianchi” la gamma dei camioncini leggeri; e sua quella Autobianchi che nasce dunque nel 1955 ed è tutta nuova, tranne nel nome e nel Marchio già apparso sul “Visconteo” nel 1952 (scritta caratteristica in corsivo più quel logo triangolare che nel 1948 incorporava “A” e “B”); il Marchio nel 1957 era “pericolosamente”, data la simbologia affine a quella massonica, sovrastato da un compasso; e venne sostituito fugacemente dal 1965 al 1968 con un logo che univa il Toro di Piazza San Carlo ed il Biscione milanese; per poi diventare quel Logo leggendario creato nel 1967 da Ilio Negri (il papà dell’immagine di Lagostina, Pirelli, Innocenti, Boffi, etc…).
Tra il 1955 al 1970 la Fiat investe parecchio a Desio per renderlo uno dei siti più moderni d’Italia.
Concessionarie auto nelle vicinanze: Autobianchi utilizzava processi anticorrosione e lavorativi (cataforesi, zincatura, fondi ipossidici, oppure il processo Cryla-gard con la spruzzatura di olio ceroso negli scatolati, o la verniciatura a polvere automatizzata) prima ancora di Lancia e Fiat. Con la “Primula” il Gruppo Fiat consente a Dante Giacosa di dimostrare che il pur geniale Sir Alec Issigonis non era inarrivabile, a Torino; con la “A111” direi che – di più – Autobianchi crea dentro il Gruppo Fiat la media europea perfetta soprattutto per i paesi del Nord.
La Francia “adotta” da subito e volentieri la nuova tre volumi lussuosa di Desio che però esce di scena solo due anni e mezzo dopo l’avvio della produzione: era troppo minacciosa per la Fiat 128, forse?
Ed a questo punto la portabandiera della Autobianchi dal 1969 fino al 1985 rimane praticamente solo la “A112”, declinata in diversi allestimenti e soprattutto esportata un po’ dovunque: pensate, solo per la cronaca, che è una delle poche italiane pervenute in Europa sino a ridosso delle steppe russe.
Nel 1978 la Fiat e la Saab concordano una azione di “Comarketing” in base alla quale la Walmart finlandese (di cui Saab è proprietaria all’epoca) ha facoltà di produrre su licenza la nuova Lancia Delta ridenominata per l’occasione Saab “600”, mentre a marchio Lancia viene importata così com’è la A112 in tutta la penisola scandinava.
Autobianchi “Y10”, canto del cigno prima del “NON” lieto fine della storia industriale
Cosa dire infine della “Y10”? Solo “Piace alla gente che piace”, come recita lo slogan storico.
La prima “Lancia” del nuovo corso Autobianchi (purtroppo, visto come finisce); ma anche la prima Autobianchi con “Turbo”, oppure la prima con Cambio automatico, la prima due volumi di taglio moderno, la prima Autobianchi con pianale comune alla Fiat (la Panda).
La prima del Gruppo ad usare il “Fire”, tra l’altro.
La prima di serie con Cx di 0,31, cioè molto basso, e la prima piccola europea con apertura elettrica dei cristalli a compasso posteriori e con tergi monospazzola anteriore.
Decisamente fuori da ogni possibile confronto la ormai vecchia e particolare Mini Innocenti, nonostante restyling, passo allungato, nuove motorizzazioni anche Turbo e Diesel e persino un Cambio automatico. Impossibile raggiungere la più “trendy” Y10!
Via la “A112”, arriva la “Y10” Autobianchi, nonna di tutte le “ipsilon” di Chivasso: ultima vera prova di orgoglio, esattamente 40 anni fa, del Marchio. Stile come spesso accaduto fatto in casa, geniale (nonostante tutti si ingannino attribuendo il Design della “Y10” a firme celebri).
Ad Autobianchi si deve tra l’altro l’invenzione di un vero nuovo segmento commerciale, quello delle Utilitarie “Sub B” caratterizzate non tanto e non solo dalle dimensioni più ridotte nella fascia di mercato delle cittadine, ma da rapporti volumetrici ingombro/abitabilità ottimi per un utilizzo a metà tra prima e seconda auto.
Nello stesso periodo del 1985, infatti, la Austin Metro” moltopiccola fuori lo era un po’ troppo anche dentro, e la “Citroen “Visa” non convinceva troppo fuori della Francia;
mentre “Panda” Fiat e “Marbella” Seat erano troppo spartane per passare come potenziali prime piccole auto: “Y10” invece, a spese del vano di carico effettivamente minimale, offriva spazio abitabile in altezza e superficie di buon livello ma soprattutto una fruibilità ottima favorita da finiture di classe, altezza interna evetratura da vettura di livello superiore.
La “Y10” svolge la seconda parte del suo ciclo di vita da “migrante”: tra il 1992 ed il 1996 passa da Arese a Pomigliano, e chiude la sua onorata carriera in chiave “Lancia” sostituita dalla “Lancia Y” del 1995: ancora una volta orgoglioso esempio di lavoro fatto in casa, la “Y” vive il periodo – forse l’ultimo – di vanto stilistico del Gruppo Fiat al cui Centro Stile dimoravano veri e propri nomi sacri tra i quali Enrico Fumia. Ma qui siamo dentro già ad un’ altra storia.
Quella della Autobianchi di Desio si sta già spegnendo.
L’ennesima ed ultima Autobianchi disegnata dal Centro Stile Fiat“Y10” chiude un altro dei Record insoliti per un Marchio auto italiano dell’epoca: quello di essere stato il Costruttore dove, a parte la “Primula Coupè” della Carrozzeria Touring, le auto della Gamma sono state tutte disegnate da veri “mostri sacri” del Design internazionale, ma rigorosamente tutti interni alla Casa, cioè il Centro Stile del Gruppo: particolare curioso invece è che alcuni dettagli dei diversi modelli son stati disegnati da Stilisti esterni.
Durante la sua esistenza, Autobianchi ha fruito dei giganti della progettazione di Mirafiori: Dante Giacosa, Mario Maioli, Luigi Rapi, ma anche lo straordinario Pio Manzù, oltre a Tom Tijardaper la “Y10” quando questo fu nominato Supervisore dell’Advanced Design Department del Gruppo.
Tra i Designer esterni che hanno curato aspetti e dettagli della Gamma, ricordo sulla “Y10” la plancia di Bonetto e gli interni di Coggiola.
Come detto, però, anche la linea della “Y10” è opera del Centro Stile Fiat, visto che le concept di Italdesign e Pininfarina furono scartate !
Desio, l’antica Dexium: tranquillo paesino della Brianza poco noto per la sua tradizione industriale tessile e meccanica, è cresciuta insieme al suo Stabilimento Autobianchi come tutte le città in cui un Impianto industriale storico è dentro al complesso cittadino; lo Stabilimento perimetrato tra Viale Lombardia e Via Matteotti dove “Bianchi” si era insediata prima come “SAOM Officine Metallurgiche” nel 1920 – sostituendosi alla tedesca “Kronprinz” – e poi con la “Società Anonima fabbrica Automobili e Velocipedi di Edoardo Bianchi, Milano” dal 1937, quando la superficie operativa era passata dai 130.000 mq. ai 300.000 mq. del 1955.
Ma è bastato un attimo lungo dieci anni dal 1992 al 2002 perché le ruspe, nell’estate di quell’ ultimo anno 2002, cancellassero per sempre l’ultimo segno della vecchia gloria industriale di Desio: un colpo secco, e la Torre idrica che troneggiava all’ingresso dell’area cadde giù, di botto. Come i sogni ed i ricordi degli abitanti di quel luogo.
Riccardo Bellumori

