Quanti guai che ha combinato la Televisione: mezzo secolo dopo la diffusione del Mezzo di Comunicazione di Massa (MCM) più caratteristico nell’evoluzione della Società, ci ha fatto abituare alla sua propria scaletta rappresentativa, quella in cui apparire è sempre stato meglio che spiegare e descrivere, e quella in cui il significante era sempre privilegiato rispetto al significato. Con questa architettura organizzativa, i tanti “Eroi Borghesi” di ogni aspetto sociale, culturale ed artistico, sono sempre stati relegati a posizioni di subalternità mediatica rispetto a personalità più istrioniche e scenografiche.
Se alla spinta mediatica per eccellenza, quella televisiva, sommiamo lungo quaranta anni di narrativa sull’Industrial Design il peso moltiplicatore delle Riviste di settore, ed infine mettiamo la stratificazione che i troppi “ripetitori da salotto” hanno fatto sul Web delle storie più ridondate; porta da almeno un quarto di secolo ad amplificare soprattutto storie già fin troppo note.
Tutto compreso, siamo arrivati – quaranta anni dopo – ad aver totalmente elevato al rango di epica alcune storie persino mediocri per insabbiare profili e carriere di chi, oserei dire umilmente, si è tenuto sempre al di fuori del cono di luce mediatico e pubblicitario.
Segnando con piccoli fuochi durante sessantacinque anni di storia “sul campo” la storia bella del Disegno di Stile.
Il problema di Ercole Spada, come quello di tante divinità terrene del disegno, non è elencare i padri nobili che in un modo o nell’altro lo hanno ispirato.
Uno di questi fu di certo Scaglione, succendendo al quale nella evoluzione della “Giulietta Sprint Zagato” assegno’ alla sua creazione l’imprimatur della “coda tronca” di cui Spada sarà discreto e nobile sacerdote per sempre.
Il problema è che queste divinità terrene, e non per colpa loro, non hanno visto il piacere di una generazione degna di figli elettivi in grado di trasmetterne ed onorarne la memoria e la lezione culturale che ha fatto crescere il “senso del bello” in intere generazioni di persone nel mondo.
Ed oggi che lo devo ricordare in memoria perché scomparso nella sua residenza estiva al Sestriere, pesa come in pochi altri casi il dolore e la sensazione di colpa per non averlo potuto o cercato di conoscere anche solo per un saluto ed un “grazie” detto di persona.
Sessantacinque anni fa, la storia di Ercole Spada inizia intrecciandosi con un’altra storia di nobile provincialismo: la Bristol (marchio artigianale inglese conservatore nel midollo e però testimone di un lusso sportivo senza tempo) ha voglia di una miniserie di special basate sulla Coupè “406” e si affida alla Zagato. Nel frattempo a questa è arrivato da parte del ventiduenne Ercole un plico: lettera di presentazione e disegni, tanti ed in bellissima copia, per offrire la sua collaborazione nel disegno di stile che lo aveva appassionato fin da bambino, forse con la piacevole “deriva” del fratello minore Augusto che stava intraprendendo gli studi di architettura e che dopo il Liceo Scientifico si era iscritto al Politecnico.
Ma – devo presumere – i pigmalioni ispiratori di Ercole a quel 1960 sono già diversi, ed italiani, che hanno già scritto pagine importanti di storia dello stile, permettendo ad Ercole a sua volta di riempire fogli bianchi di bozzetti, profili, tratti che diventeranno il suo marchio di fabbrica perfezionato negli anni del Diploma all’Istituto Tecnico Feltrinelli di Milano da cui esce nel 1956 come Perito industriale. La “Bristol 406 GTZ” – opera prima di Ercole – è l’anticamera del lavoro che appena successivo già lo iscrive nella dimensione dei grandi: un poco “Maserati Mostro”, quel tanto che basta di Scaglietti e Franco Scaglione, la “406 GTZ” è qualcosa che alla Bristol non avevano mai visto, ed in verità non viene commissionata dal Marchio inglese ma da un suo agente in Gran Bretagna.
La Aston Martin DB4 GT Zagato che segue la Bristol a cavallo tra 1960 e 1961 è qualcosa di più di una concept: è lo sdoganamento di Aston Martin da canoni puramente sportivi che lo stesso David Brown aveva cercato fin dall’inizio della sua gestione in Aston Martin di instaurare e che Ercole Spada seppe battezzare senza privare il Marchio inglese della personalità che l’ha reso celebre. E la DB4 GT è anche la prima opera in simbiosi tra Elio Zagato ed il giovane Ercole: alla Aston Martin non cercano solo eleganza ma sportività tale da rendere la DB4 competitiva con la Ferrari 250 SWB, e questo fa spremere a Elio tutto il Know How tecnico ed aerodinamico che lo contraddistingue per elaborare la piattaforma Superleggera della Carrozzeria Touring; impresa difficile visto che la lavorazione Superleggera contraddistingue un tipo di telaio dove la “pelle” della carrozzeria svolge un ruolo portante e strutturale. Ed è subito nell’opera di stile della Aston Martin che Ercole Spada si rivela un genio visionario oltre che stilistico. E sono passati solo pochi mesi dal layout della Bristol.
Il Genio e l’Umanità: l’antidoto di pochi, nel mondo dello Stile auto, alla “fenomenite”
Nella DB4 di Spada entrano bellezza classica, piacere visivo del gioco di luci ed ombre, e la plasticità tipica delle forme semplici e senza fronzoli (pinne posteriori, rostri, fregi) che si abbracciano per creare una volumetria priva di quelle angolazioni forzate ed un poco barocche che DB4 “original” del 1959 portava in dote anche nella concezione della Touring.
Non pensiate che io voglia comporre una biografia non richiesta ed integrale di un uomo come Spada: in primo luogo perché non richiesta e successivamente perché inutile (vista la serie di articoli apparsi) e poi perché non merito di scriverla.
Vorrei solo ricordare la serenità e la modestia “non falsa” con cui rispondendo alle domande durante il Premio “Matita d’Oro” (strameritatissimo e persino “tardivo” nel 2018), Ercole Spada (l’uomo che tanto per fare un esempio tra i tanti grazie alla “Serie 7” disegnata per BMW consentì al marchio bavarese per la prima volta nella storia un sorpasso storico su Mercedes nelle vendite di superammiraglie“Segmento E/F” dove la Classe S di Bruno Sacco era da anni la Best Seller indiscutibile) dichiarava semplicemente di essere stato beneficiato da un colpo di fortuna e da un riflesso di scaltrezza coraggiosa e giovanile:
“Quando Elio Zagato, nel valutare la mia possibile assunzione, mi chiese se avessi la patente, se sapessi guidare molto bene l’auto (Elio oltre che ottimo Disegnatore era stato anche ex Pilota e collaudava personalmente le sue creazioni e così pretendeva dai suoi collaboratori) e se davvero mi sentivo un talento nel disegno; ebbene io risposi assolutamente si per tre volte”; così si espresse in quel Premio del 2018 alternando forte simpatia, umiltà e grande carattere”.
Detto in parole povere, l’ingresso di Ercole Spada in Zagato è il frutto di due tenere “bugie”: in realtà Zagato, a corto di nuove leve nel suo Atelier, ha esigenza soprattutto di un disegnatore in grado di aiutare la realizzazione di disegni in scala 1:1 per i modellisti, più che di un creativo. Mentre Ercole Spada si guarda bene dal dire a Zagato che in realtà lui di disegni in scala 1:1 non ne ha mai fatti fino ad allora.Ma la Zagato che incontra il giovane Ercole è in fondo una piccola Factory da una trentina di dipendenti, e il vero “Designer” è in effetti il solo Patron Elio.
Si può dire dunque che in quel momento in cui entra il secondo vero Designer sarà proprio Ercole Spada. Che, fino al trasferimento a Terrazzano di Rho, nei nuovi impianti Zagato a partire dal 1962, dividerà eroicamente tecnigrafo e lavagne nelle stesse aree dei battilastra della vecchia e lillipuziana Carrozzeria a Milano, in Via G.B. Giorgini 16 vicino a Viale Certosa. Ma quello che colpisce di Ercole è la sua natura a tal punto discreta e comprensiva da aver lasciato al solo Elio, il patron, il lusso e la pubblicità mediatica di quelle realizzazioni: al Salone dove Aston Martin e Bristol sono esposte, il giovane Spada non viene neppure portato. Ma è una sorta di “agreement” anche di reciproco scambio: Zagato sta dando fiducia al suo giovane talento, ed Ercole sta prendendo pian piano possesso di tutti i segreti del mestiere.Ma resta straordinaria e didascalica la rappresentazione storica fatta da Ercole Spada sul “workflow” adottato dentro la Zagato: come amava dire in più di una occasione, la Galleria del Vento della Zagato era l’autostrada, e con Zagato impegnato direttamente alla guida il buon Ercole fa da cronometrista per testare le modifiche aerodinamiche sui concept.
Mi piace ricordare, di Ercole Spada, le sue quattro creazioni che in un modo o nell’altro mi sono rimaste impresse e che voglio ricordare per l’effetto che mi hanno lasciato nel tempo: immagino già il disappunto di quanti preferirebbero che io moltiplicassi le recensioni sulla serie Zagato che Spada ha realizzato per Alfa Romeo e Lancia, ma in fondo (ripeto) non ne vedo il motivo visto che dal 3 Agosto il Web e le pagine della Stampa specializzata sono pieni di ricordi di queste auto.
Mi farebbe certo curiosità, avessi tempo e spazio, leggere le recensioni su una delle più discusse e criticate opere di Spada, la famigerata “Lancia Flavia Sport Zagato del 1962, un modello che fino a ieri si è tirato dietro le osservazioni poco lusinghiere dei “puristi” che non hanno perdonato a Spada la tentazione anticonvenzionale di stravolgere la classica fisionomia Lancia. Ma consentitemi di raccontare e recensire il “mio” preferito Ercole Spada sulla base di cinqueprove d’autore che in particolare che mi piace condividere con Voi:
Iso Varedo, BMW Serie 7 E32, Ford Mustang, la famiglia di modelli basati sul pianale Fiat Tipo “2/3” e la particolare e rarissima “Codatronca” del Centro Stile che Ercole Spada fonda con suo figlio Paolo dal 2008.
La prima opera che vorrei ricordare, inutile a dirsi, è la rarissima e rarefatta “Iso Varedo”: quando Piero Rivolta affida ad Ercole Spada il progetto della prima berlinetta a motore posteriore centrale della dinastia “Iso Rivolta” la situazione del Marchio del Grifone è disastrosa, e dunque il progetto gestito stilisticamente da Spada è una avventura vincolata da budget irrisori, necessità di rilancio di un Marchio in crisi, ed esigenze legate all’inevitabile confronto della futura “Varedo” nel segmento di mercato di Lamborghini Countach e De Tomaso Pantera solo per ricordare le dirette concorrenti a motore posteriore centrale.
Cosa Vi sottolineo di Varedo? Il coraggio di tre reali galantuomini e passionali uomini del mondo Auto che conta (un giovane Piero Rivolta succeduto al padre Commendatore Renzo, Giotto Bizzarrini e proprio Ercole Spada) che si buttano nel futuro (motore centrale, parabrezza piatto, superfici in compositi e fiberglass, linee oniriche) senza il budget e la sicurezza che accompagnava altri marchi in questo tipo di mercato; correre, superare i limiti, poter essere nel gotha dell’industria auto per rilanciare un Marchio di eccellenza.
Varedo: personalità, coraggio e un pizzico di avventura per l’ultima Concept Iso
All’epoca Spada è ancora un freelance in rapporto con Ford da un lato e Ghia (sempre più nell’orbita del Marchio Ovale); per Ford UK ha appena disegnato una pietra miliare (visto che influenzerà più o meno massicciamente la serie “Probe” delle concept americane legate agli studi aerodinamici) come la “GT70” sviluppata in due serie: un layout per una possibile versione “Gruppo 4” per i Rally (con motore V6 della Capri RS 2600) destinata a fare concorrenza ad Alpine e Stratos; ed una successiva “concept” del 1971 decisamente più elegante e rivolta elettivamente al confronto stradale con la Gamma Lotus, con la “Opel GT” e con la Porsche 914 oltre che, evidentemente, con la neonata De Tomaso Mangusta.
La base del telaio è un vincolo insuperabile anche per Ercole, perché arriva diretto dal progetto che nel corso di pochi mesi nel 1970 Giotto Bizzarrini aveva pensato su commissione da parte di AMC per la “AMX/3” con cui a sua volta l’ex quarto Gruppo americano voleva fare concorrenza a Ferrari e Corvette: il vincolo è a tal punto assillante che la “Varedo” per la quale Ercole Spada disegna il corpo carrozzeria ha lo stesso interasse reso dal telaio della “AMX/3” c.d. a passo corto (era intenzione della American Motors infatti equipaggiare la probabile AMX con un V8 ed un V6), ma per motivi anche di “trend” sportivo legato ai canoni europei la carrozzeria che riveste il “V8 Cleveland” della Ford rispetto al 6,4 litri della AMX è alta solo un metro anziché 130 cm. della AMX/3. Ercole disegna qualcosa di unico e davvero speciale sia per il prodotto finale che per il tempo consentito da Piero Rivolta che ha assolutamente bisogno di presentare la Varedo al Salone di Torino del 1972.
Linea che riprende nel taglio dei fanali posteriori la sua concept GT70, taglio laterale meno a cuneo della Stratos“Concept Zero” della quale riprende il tema dei due quadrati vetrati laterali a mo’ di finestrino panoramico; codone che assume un “guscio” fessurato simile alla griglia coprilunottodi “Carabo”ma in questo caso assimilata nella carrozzeria, ed infine l’anteriore che davvero presenta un taglio che non dimentichi, con questo sviluppo di “vuoti” e “pieni” sulla superficie che rende il “frontale” della Varedo un contrasto bellissimo e dinamico in ogni vista. Purtroppo Varedo rimane un sogno fermo allo stadio di prototipo, a causa degli sviluppi finanziari e societari di Iso Autoveicoli Spa con la cessione a Ivo Pera ed alla cordata che diede vita alla IsoMotor.
Ford Mustang di Ercole Spada: a sua insaputa il “cavallo” della rinascita
Per Ford USA il modello “Mk2” (T4 Series) della Mustang era stato praticamente una ecatombe commerciale e mediatica: troppo ritagliata sul segmento “medio” al punto da rinunciare al “must” del motore V8, la Mustang della vergogna costò addirittura la carriera di Lee Iacocca nell’Ovale.
A fronte di questo Ford decise di delegare anche alla Ghia di Torino uno studio della “futura III° Serie (T-5): l’atelier di stile ovviamente organizza più di un Team di ricerca, ma nel 1975 il concept di Ercole Spada, seppur non selezionato come “Masterpiece” da mandare in produzione, offre al Team di Stile di Detroit (guidato da Jack Telnack) il maggior numero di spunti per dare vita al modello del vero rilancio.
Tra le particolarità che del prototipo di Ercole Spada si ritrovano nel modello messo in commercio dal 1979 ci sono i quattro fari rettangolari anteriori, il cofano anteriore molto allungato nella proporzione con gli altri volumi ed un particolare disegno di declino del montante posteriore verso il basso, piccoli segni caratteristici che hanno fatto appunto della terza serie Mustang quella dell’insperato rilancio sul mercato americano. E pensare che rispetto alle strutture ciclopiche di Detroit sia stata l’idea di stile di un discreto e silenzioso genio come Spada a prevalere, non può che colpirci.
Ercole Spada alla corte di Monaco: la rivoluzione silenziosa con Claus Luthe
Uscito da Ghia e Ford, e dopo la parentesi inespressa della “Varedo”, la vita di Ercole Spada incontra il clima freddo e brumoso della Germania, poco male per un nativo di Busto Arsizio.
Certo, diversi motivi facilitano e stimolano questo cambio epocale: il destino di Ghia che lentamente diventa un avamposto Ford a tal punto vissuto come esclusivo da Detroit che persino Alejandro De Tomaso, inviato dal Management dell’Ovale a guidarne le sorti a Torino, si trova a dover combattere per ottenere “licenza” creativa minimamente sufficiente per percorrere con lo Staff interno di Design un percorso sperimentale che i vertici americani della Casa Costruttrice volevano ridotto al minimo: secondo Ford insomma Ghia doveva trasformarsi in una sorta di “griffe” pregiata in stile “Vanden Plas” per il Gruppo BritishMotors in Gran Bretagna.
Questo lento stato di depotenziamento di Ghia, oltre probabilmente ad un clima socio/politico/industriale (lotte sindacali, crisi energetica, terrorismo e difficoltà estrema della filiera della eccellenza artigiana di cui i Centri Stile erano i capisaldi) che da metà anni Settanta diventa sempre più opprimente, possono essere stati il movente per il quale Ercole Spada approda in Germania; e come avrei voluto chiedere al Maestro Marcello Gandini, mi sarebbe piaciuto anche chiedere personalmente ad Ercole Spada come viveva il periodo in cui le contestazioni studentesche spaccavano i vetri alle auto di prestigio, oppure le lotte sindacali boicottavano le catene di montaggio delle fabbriche; e contrapporre tutto questo ad un oggi in cui tanti dei nostri cosiddetti politici di oggi sono tra quei teppisti giovanili che allora devastavano il patrimonio auto per ideologie od interesse e che oggi si illudono di poterlo difendere……….Ercole Spada arriva insomma in Germania ma non direttamente e inizialmente alla BMW di Monaco (dove è appena arrivato Claus Luthe); ma passa quasi otto mesi alla Audi di Ingolstadt, selezionato e promosso da un headhunter incaricato direttamente da Ferdinand Piech.
Ma questa è l’unica parentesi che lascia l’amaro in bocca ad Ercole, secondo la recensione di un sito/blog di settore “CarCatalog” da cui si evince che pur lavorando all’embrione di quella che diventerà successivamente la “Audi Quattro”, a causa di un Budget risicatissimo e di una situazione gestionale interna davvero drammatica (stile notte dei lunghi coltelli, dove tutti erano contro tutti), Ercole si trova a dover utilizzare un numero altissimo di componenti e particolari della prossima “Audi 80” in uscita.
Il risultato, per le immagini diffuse da questo Blog, è di una sorta di “embrione” della Audi Quartz che commissionata alla Pininfarina farà la sua apparizione addirittura sei anni dopo.
Ma il disordine regna così sovrano ad Ingolstadt all’epoca che il diretto responsabile “pro-tempore” dello Stile Audi (Hartmut Warkuss) liquida senza molta eleganza e senza mezzi termini il lavoro di Ercole Spada ritenendolo “inadeguato”.
Ci siamo capiti???? Per rispondere alla chiamata di Audi, Ercole aveva coinvolto tutta la famiglia che pochi mesi dopo il suo arrivo in Audi lo aveva seguito vendendo l’appartamento in Italia ed iscrivendo subito i bambini ad una nuova Scuola.
Anche per questo, il referente in BMW che aveva ausiliatoClaus Luthe a passare in BMW entra in contatto con il nostro genio nazionale e riesce a favorire il passaggio alla BMW che sotto la spinta creativa prima di Paul Bracq e poi di Claus Luthe sta aprendosi ad una nuova “vita” commerciale ed industriale.
Inizia quella sorta di “ossessione” bavarese nel voler surclassare e combattere Mercedes nel suo stesso campo di battaglia: le vetture di classe.
Ovvio che la “summa” di tutto questo si ritrovi nella Serie “7” E32 che deve sostituire – apparentemente superando una sorta di ciclopico muro di ereditarietà inarrivabile – la precedente Serie 7 di Paul Bracq, che a sua volta doveva superare la pesante primogenitura del grande Michelotti.
Ercole Spada non si fa trovare impreparato: i primi “sketches” ovvero bozzetti di stile della sua idea di serie “7” sono del 1982/1983, ma non replicano in nulla le linee che Claus Luthe sta imprimendo alla nuova Serie 3 ed anticipano in modo sorprendente persino i concetti di stile che muoveranno la futura Serie 5 “E34”.
Chi distrattamente vede una sorta di “stratificazione” e di omologia tra Serie 3 di Luthe e Serie “7” e “5” di Ercole Spada o non ha occhio o semplicemente non sa tenere in mano una matita: al di là del family feeling garantito dal frontale a quattro fari rotondi ci sono tra le tre serie supervisionate da Luthe e Spada molte più differenze determinanti di quelle che separano le tre serie (“3”, “5”, “7”) supervisionate da Paul Bracq; un po’ come il non saper leggere le differenze tra “Panda”, “Uno”, “Regata”, “Tipo”, “Autobianchi Y10”e Fiat “Croma” opera di quattro Centri Stile e Designer diversi……
Risultato: con la “E32” Serie 7 la BMW riesce per la prima volta nella sua storia a superare le vendite della Classe S di Bruno Sacco nella categoria Ammiraglie.
La perfezione tecnica di Wolfgang Reitzle e la industrializzazione “All Quality” di Heinz Radermacheravevano incontrato lo stile essenziale e purtuttavia emozionale di Spada.
Fu una vera best seller che la Stampa tedesca rinomina “Jaguar di Baviera, ma che tiene la strada” e che vedrà la ripetizione del successo nella successiva “E34” Serie 5 dal 1988, per la quale ugualmente il Team di Ercole Spada aveva efficacemente “congelato” il concept di stile dalla fine del 1985.
Con Ercole Spada, dopo la metà degli anni Ottanta, Monaco di Baviera brinda ad un risultato storico che ancora da quelle parti si ricorda, soprattutto nella debacle del sistema auto europeo di oggi…….
Pochi possono sapere cosa la “Serie 7 E32” ha rappresentato per quel periodo per BMW, e Ve ne ricordo alcuni passaggi: dopo la Serie “7” precedente che consentiva solo a Monaco di “essere” in un settore Ammiraglie dove ci era arrivata, più che per merito di Bracq, per il lavoro certosino e fondamentale di Giovanni Michelotti che aveva saputo da un lato traghettare BMW in un target “Sport Representative – Executive” che forniva sia emozione che status; ma che dall’altro aveva riportato, dopo la “Neue Klasse” e le Coupèmonumentali, il marchio bavarese su un livello “Luxury” dal quale il marchio dell’Elica era stato defenestrato a causa del disastro generato dai famosi Angeli Barocchi.
Nessuno a Monaco di Baviera avrebbe potuto solo pensare che con una grossa Berlina di rappresentanza la BMW potesse non solo elevarsi – quanto a pedigree – al temporaneo successo di Jaguar (che dopo la privatizzazione del Governo Thatcher e la vittoria “favorita” nell’Euroturismo 1984 dalla XJS proprio a danno della BMW 635 aveva ritrovato lo smalto commerciale di un tempo tornando a rivestire il ruolo di Benchmark); ma che potesse minacciare i numeri di vendita che Mercedes “Serie S” di Bruno Sacco aveva saputo costruire in Europa ed America lasciando alla Ammiraglia della Stella il solo mercato mediorientale. Ed invece fu proprio quello che Ercole Spada seppe regalare con la Serie “7”.
Piattaforma “Tipo 2: il genio di Ercole Spada diventa “Modulare”
Ed arriva il 1983, quando Ercole fa ritorno in Italia ed entra nello Studio I.De.A. nato dentro Villa Cantamerla nel 1978 da una idea di Franco Mantegazza, Renzo Piano ed altri geni dello stile e dell’Industria dell’auto; e dall’opera prima della Concept VSS del 1978, con l’arrivo di Ercole Spada prende il via un progetto ambizioso commissionato direttamente dall’allora A.D. di Fiat Vittorio Ghidella: sviluppare sulla base della “VSS” due vetture diverse sia come segmento di mercato che come aspetto pur nel rispetto di una medesima piattaforma e della massima condivisione di componenti.
Ercole Spada si trova coinvolto nel progetto che porta nel 1984 a congelare i figurini di stile di due vetture tra loro “asimmetriche” (Fiat Tipo e Lancia Dedra), dalle quali prenderanno forma la serie “Tempra” per Fiat e “Delta Seconda Serie” per Lancia.
Ma già alla fine del 1987 la sfida per Ercole viene moltiplicata: l’arrivo di Alfa Romeo dentro il Gruppo Fiat e l’assenza di piattaforme in grado di rendere “complementari” le future realizzazioni di Arese con l’assetto industriale e produttivo di Mirafiori e Chivasso (l’Alfa acquisita da Fiat viveva su due soli pianali, quello ex Alfasud del 1968 a Pomigliano d’Arco con motore e trazione anteriore e quello originario della Alfetta del 1971 ma con trazione posteriore) pongono l’ancora capo di Fiat ed ideologo della Societa’“Alfa Lancia SpA” pensata proprio da Ghidella alla fine del 1986 a dover mettere in piedi un nuovo modulo sulla base del Pianale “Tipo 3” dal quale prende forma la futura “Alfa 155”.
SVS e Codatronca, 2008: rimettersi in gioco a settanta anni, per passione
Dopo il ritorno nel 1992 alla Zagato, Ercole Spada ne esce alla soglia del nuovo Millennio per abbracciare una nuova sfida: a settanta anni quasi sopraggiunti, si mette di nuovo in gioco in una ennesima sfida di Impresa e di vita, fondando insieme al figlio Paolo la “Spada Concept(https://www.spadaconcept.com) nel periodo che forse più di altri indirizza il nostro Paese all’oblio del settore Automotive: prevale la spinta “commodity” sul fronte dello stile, il “family feeling” non è più un supporto mediatico e simbolico ma è un vincolo insuperabile verso la omologazione Corporate dei diversi Marchi dentro la serie di Gruppi Internazionali di cui il mondo Auto si circonda. La frontiera elettrica comincia ad esplodere con il fenomeno “Tesla”, ma soprattutto il Crack Lehman ha avuto un effetto “Tsunami” nel panorama industriale a quattro ruote. Interi Gruppi rischiano la Bancarotta, inizia ad affacciarsi nel Vecchio Continente e nel mercato occidentale il mondo oltrefrontiera di Cina ed India.
Eppure Ercole Spada sente dentro la forza e la passione intatta per fare quel che in tanti hanno smesso di fare: vedere oltre, proponendo in prima persona una nuova offerta di stile che allo stesso tempo gratifichi il senso estetico ed emotivo del Cliente e rispecchi il motivo eterno per il quale si nasce e si continua ad essere Designer auto: tramandare la cultura della bellezza dinamica.
Ercole getta il suo “sasso” nello stagno di una banalità di settore che il mercato Auto offre sempre più in abbondanza, e ritrova i suoi paradigmi tradizionali: la grinta, le linee decise e la “Coda Tronca”. Proprio per questo nel 2008 lancia la sua concept didascalica: “CodaTronca”, su base meccanica della Chevrolet Corvette e linea onirica ed unica.
Al “Top Marques” di Montecarlo del 2008 il New York Times dichiara questa Concept la più bella auto dell’esposizione. Ma non c’è solo bellezza ma anche piacere di guida con il V8 da 7 litri a carter secco da 630 cavalli, un tempo di 3,4 secondi per passare da zero a cento chilometri orari, e 335 chilometri orari. Provate a guardarla ancora oggi, ben 17 anni dopo il suo battesimo. Passerete interi minuti a ripassare con lo sguardo particolari, spigoli ed incrocio di luci che ogni secondo abituano i vostri occhi ad una linea che ancora oggi, anche se di ieri, richiama sempre il domani.
Il ricordo personale di un amico di Autoprove: Federico Signorelli
Federico è un ragazzo che noi di Autoprove particolarmente stimiamo e di cui non abbiamo mai parlato spesso: grazie alla sua passione cristallina e sincera per la ricerca storica nel campo dell’Automobile, è diventato con il suo solo impegno un ottimo riferimento, e ne ha dato prova con il suo primo Libro “45 Storie sull’Automobile” che cattura l’attenzione su dimensioni storiche speciali e in molti casi sconosciute alla gran massa degli appassionati.
Proprio la passione ma anche la disponibilità libera del nostro amico Federico, insieme alla passione ed all’impegno degli amici cultori ed “Owners” di Isomoto ed Iso Rivolta ha dato a noi di Autoprove la fortuna di poter condividere un giorno di commemorazione per Giotto Bizzarrini nello scorso sei Giugno 2023 nell’ambito della Mostra “L’IsoAvventura”al Mauto di Torino.
Proprio in quel contesto è maturata la conoscenza e a quel punto una sorta di amicizia e condivisione personale tra Federico ed Ercole Spada.
Due anni fa, pensate: questo discreto, elegante, disponibile e sereno uomo di ormai 85 anni si è reso disponibile con tutti i nostri amici ricordati sopra a condividere ed esplicare pezzi di storia importanti del mondo auto a partire ovviamente dalle informazioni determinanti sulla Iso Varedo.
Con la sua vecchia e popolarissima Fiat Panda, Ercole si presentava al Mauto da solo (stanco e provato ma disponibilissimo) anche più volte nell’arco delle settimane, per presentare lucidi e progetti, svelare aneddoti, ripercorrere passaggi storici. Con un affetto ed una passione che traspariva dagli occhi e dal sorriso discreto sempre presente. Fu probabilmente una sorta (se l’amico Federico mi consente) di “consulente ombra” per i ragazzi appassionati che stavano organizzando quella bellissima Mostra, ed ha tributato loro (l’uomo delle Zagato storiche, del record BMW, delle prove più belle del disegno di Stile all’italiana) una attenzione ed una vicinanza umana che rende ancora di più Ercole Spada un silenzioso e discreto eroe borghese dello Stile italiano.
Una mia ultima riflessione? Con Marcello Gandini e Bruno Sacco (insieme ovviamente a Giovanni Michelotti scomparso diverso tempo fa) scompare completamente il 90% del patrimonio artistico ed ingegneristico italiano che è riuscito da solo a rendere grande l’Automotive tedesco, oltre che rendere leggendario il “Made in Italy” che oggi, nella Patria del B&B globale e dei palazzi sventrati per allestire alloggi turistici e fare cassa, è semplicemente uno slogan inventato dentro un ufficio ministeriale a Via Veneto. Oggi, ancora un poco di più, l’Italia perde un pezzo di sé e sposa un pezzettino in più di Portogallo e Grecia. Ma noi siamo italiani, non possiamo essere la Grecia, dicono nei Bar e sotto gli ombrelloni.
Riccardo Bellumori