Chi tra Voi, tanti Signori Rossi, non l’ha mai sognato? Uscire di casa, aprire la portiera della Vostra auto di prima mattina, magari salutando il Barista sotto casa o il vicino che porta a spasso il cane di ritorno dal Parco di Quartiere.
Salire, indossare il casco integrale, regolare le cinture sul sedile anatomico sportivo; e passando a casa del Vostro collega, Ragionier Bianchi dell’ufficio Contabilità ed Acquisti, farlo salire a bordo.
Imbarcarsi alla volta della Costa d’Avorio, e là correre il Rally della vita.
E vincerlo, con la propria auto. Tornare a casa, non prima di aver adempiuto ad un provvidenziale “bagno” all’autolavaggio per togliere dalla carrozzeria sabbia e fango.
Perché appena tornati a casa, c’è come sempre la Gara più difficile nella vita di un uomo: accompagnare la moglie a fare spese.
Sembra un sogno, ma per una volta nella storia fu un vero e proprio record da Albo d’Oro quello accaduto trentasei anni fa: l’auto del Signor Rossi vince in Terra d’Africa prima su tutti.
Ma cosa era accaduto? Spieghiamo partendo dalla base di tutto, cioè il Regolamento internazionale che disciplinava dal 1982 il mondo delle partecipazioni alle Gare delle auto provenienti dalla produzione di serie.
Quella voglia di correre del Signor Rossi e le Categorie FIA
La dimensione agonistica delle auto di Serie, quelle cosiddette derivate o “strettamente” diventò un vero e proprio argomento di primo piano dentro la Federazione Internazionale dell’Automobilismo: erano gli anni Sessanta, la gente comprava auto di qualunque tipo e se poteva ci andava a correre, molto spesso in Gare organizzate in modo casareccio e senza un contesto con le Classifiche ufficiali. Dall’altra parte i Costruttori premevano ai piani alti delle Istituzioni perché legare le auto di serie alle Competizioni faceva bene al mercato. Così ad inizio anni Sessanta inizia una segmentazione ufficiale di omologazioni speciali che la FIA organizza con pesi, contrappesi, categorie e soglie.
Nascono i “Gruppi”: andando al contrario, dal Gruppo “4” fatto per le auto elaborate pesantemente rispetto a quelle di Serie, passando per le “meno elaborate” del Gruppo 2, si arrivava alla “base”. Quel “Gruppo 1” che comprendeva tutte le auto che i Costruttori centellinavano dalla propria Gamma di serie, e che come tali dovevano presentarsi davanti ai Commissari di una qualunque partenza di Gara nazionale o internazionale.
Uniche modifiche ammesse: scarico libero, installazione del Rollbar interno, gomme omologate per la Gara, tappezzerie e sedili posteriori rimossi per alleggerire, e sedili anteriori anatomici da competizione.
Dischi adesivi portanumero attaccati a fiancate e cofano, e via, ma nulla di quello che apparteneva alla omologazione di serie (Carburatori o sistemi iniezione, collettori aspirazione e scarico, impianto frenante, cambio, ammortizzatori, impianto illuminazione, etc..) poteva essere alterato. In concreto, cosa avveniva? Molto semplice: ogni anno i Costruttori presentavano alla Federazione la lista dei modelli ed allestimenti da sottoporre ad omologazione, sul vincolo primario di un lotto minimo annuo di unità prodotte.
Era questo il primo cavillo su cui la FIA intendeva frenare il rischio che i Costruttori omologassero “mostri” stradali potentissimi, costosissimi e dunque proibitivi: porre un tetto minimo di produzione imponeva alle Case di portare in omologazione i più ragionevoli compromessi in Gamma tra sportività, riproducibilità e accessibilità da parte dei Clienti.
E non a caso, nonostante ogni Gruppo fosse sottodiviso da Categorie in base alla cilindrata, il Gruppo 1 nel mondo Rally finì storicamente per diventare la riserva di caccia delle versioni sportive delle piccole utilitarie: dalla “Morris Minor” alle successive “Renault 5 Alpine”, le Autobianchi e Fiat Abarth, e così via: le piccole pesti dentro la Gamma dei Costruttori cominciarono a crescere, perché con loro i Costruttori guadagnavano tre volte: aumentavano la massa critica di vendita delle utilitarie con le serie speciali; guadagnavano molto di più su listini, manutenzioni e ricambi, ed infine in parecchi casi organizzavano trofei od organizzazioni a supporto (a pagamento) dei Piloti privati.
Chi volesse approfittare della postilla appena descritta per capire come poter riportare in auge le utilitarie, ha modo di riflettere.
Detto questo, il sistema dei “Gruppi” (1,2,3,4,5) legati alle auto originate dalla Serie va avanti fino alla prima riforma del Gennaio1982: la FIA porta dentro il Gruppo “A” il vecchio Gruppo “2”, riassume i vecchi Gruppi “3”, “4”, “5” nel Gruppo B e trasforma il caro vecchio e rassicurante Gruppo “1” in Gruppo “N”.
Cambiano davvero elementi di contorno o numeri necessari per l’omologazione ma in fondo soprattutto nel Gruppo “N” i principi rimangono sostanzialmente gli stessi. Ma a cambiare se ci pensate è il motivo per i quale la FIA decide il cambio regolamentare: le potenze specifiche dei motori di serie si sono alzate, arriva il turbocompressore, e le miniserie speciali dentro la Gamma di serie si moltiplicano. Ed è un vero e proprio “Boom” delle iscrizioni e partecipazioni di Gruppo N, favorito anche dal tam tam mediatico di Stampa e programmi televisivi dedicati alle piccole sportivissime: serie “GTI” Volkswagen o PSA, Abarth per Fiat, “XR” per Ford, ma anche Opel, Renault e decine di altri Costruttori hanno le loro portabandiera.
Ed inizia a circolare, grazie alle riviste, il perfetto manuale del piccolo preparatore: dall’elenco delle elaborazioni possibili e consentite dai Regolamenti (testata abbassata, molle valvole più dure, bilanciamento alberi, segmenti pistoni speciali, e persino la lucidatura a specchio di ogni superficie aspirante o in rotazione) per portare i motori di Serie, senza falsare nulla, a girare anche fino a 500/1000 Giri più in alto rispetto alla serie; fino alla scelta di molle ammortizzatori più rigide, e così via sempre con l’accortezza di non modificare in corso d’opera nulla che i Commissari di Gara o di Categoria abbiano nel frattempo “timbrato” con piombi o punzonature di riferimento.
Il mondo delle Gare amatoriali si riempie di storie di tanti Signori Rossi che in tutta Europa affrontano con la propria auto il traffico cittadino, le consegne, le attività professionali fino al Venerdìpomeriggio e che poi da quel momento fino alla sera della Domenica “spogliano” la loro auto vestendola per la Gara del Weekend, o sulla pista vicino casa o sul tracciato da Rally per il Campionato regionale o nazionale. Oppure, sempre più spesso, dentro i Trofei monomarca.
E alla Domenica sera, lavata accuratamente la carrozzeria dal mare di fango e sabbia o dalla fila di moscerini presa in piena velocità, rimontata la marmitta e tolti gli adesivi di Gara, quella belvetta del Weekend torna ad essere l’auto da lavoro del Signor Rossi. Per anni, da inizio del decennio del miracolo economico (gli anni Ottanta) il mondo delle Gare di serie ha tenuto lo stessocanovaccio.
Fino alla sera del 2 Novembre del 1989.
La Gruppo N che sale sul tetto del Mondo: Renault 5 Turbo
Come detto, lo sviluppo degli anni Ottanta (e parliamo in specifico dei Rally ma la cosa riguarda tutto il novero delle Competizioni di auto legate alla produzione di serie) porta a tre effetti dopo la metà del decennio:
-Abolizione del Gruppo “B” dopo la serie di eventi tragici legati alla superpotenza delle auto iscritte;
-Ribalta dunque per Gruppi “A” ed “N” unicamente ammessi con Categorie e sottocategorie per cilindrata;
-Diffusione di motorizzazioni turbocompresse e di trazione integrale, e da qui parte la singolare panoramica che porta al miracolo del Rally Costa d’Avorio del 1989.
In Africa non vince chi corre di più ma chi resta in piedi
Apriamo una finestra sui rally africani: basati sull’antagonismo storico tra gloria colonialista inglese (Safari Rally ovvero Rally della Regina) e quella francese (Nordafrica e Centro Africa)rappresentata dal “cugino” del Safari Rally, cioè Bandama o meglio Costa d’Avorio, per 15 volte iscritto nel Mondiale Rally tra il 1978 ed il 1992.
Denominato “Bandama” perchè si corre sulle strade della omonima Regione. Qui siamo in piena ex-colonia francese, e dunque tra Inghilterra e Francia si combatte una sottile guerra parallela su quattro ruote……La prima edizione è del 1969; ed il Bandama ha quattro record storici imbattuti fino od oggi: nell’edizione del 1972 il Rally si chiude per la prima ed unica volta dal Dopoguerra con nessun partecipante riuscito ad arrivare al traguardo.
Altri due record assoluti conseguiti al Bandama: l’ultima vittoria di sempre di una vettura a schema tradizionale (1988, Ambrosino, Nissan 200X con motore anteriore e sola trazione posteriore); la prima ed unica vittoria di sempre nei Rallies mondiali per la Volkswagen Golf nella edizione del 1987; ed appunto la nostra storia, la prima ed unica vittoria di sempre per una vettura “Gruppo N” (last but not least, contemporaneamente l’ultima di sempre per una vettura a sola trazione anteriore: la Renault “Supercinque Turbo”).
Anche se, come nel Safari Rally di cui il vincitore seriale è tale Shekhar Mehta, a svolgere il ruolo di primattori o di rulli compressori sono nomi che in Europa è persino difficile scorgere nelle classifiche approfondite delle Riviste specializzate: dalla prima edizione del 1970 a quella del 1988 si leggono i nomi di auto che per il Vecchio Continente sono semisconosciute (Datsun, ad esempio) insieme alle specialiste dei Rallies africani (in generale le giapponesi, con Toyota, Mitsubishi e Nissan); ma colpisce parecchio anche la rassegna di auto che sulle strade europee apparivano come berline abbastanza popolari, operaie oppure al contrario come veri e propri incrociatori da strada: è il caso della Peugeot 504, della Mercedes SLC, o della Opel Ascona (seppure 400), mentre davvero sorprendente è anche la vittoria nel 1987 della Volkswagen Golf GTI Gruppo A.
Insomma, l’unica volta in cui in terra del Bandama si trova a vincere un’auto di quelle che in Europa spargevano davvero il terrore nei Rallies internazionali è il 1984 con la mostruosa Audi Sport Quattro Gruppo B da oltre 450 Cavalli, Turbo e trazione integrale. E dopo la Nissan 200X di Ambrosino nel 1988, è la volta davvero della Renault 5 Turbo Gruppo N del Signor Rossi.
R5 Turbo Bandama: anche una serie speciale, ma puoi farla a casa
Ricordate la dicitura sulle confezioni di biscotti di un celebre Marchio di dolci? “Ecco gli ingredienti, puoi farli anche tu a casa”. Ecco, diciamo che quella che nella storia dei Rally e nel record del Bandama 1989 passa come Renault 5 GT Turbo C405 (denominazione estesa commerciale) in realtà burocraticamente parlando è la “fiche” FIA 5262 di Gruppo N del 2 Aprile 1985: classe di cilindrata (1401cc x 1,7) 2300 cc. cioè entro i 2,5 Litri; peso minimo 775 Kg. ed ovviamente una iniezione di potenza data da affinamenti e scarico libero che porta ad esprimere 165 cavalli.
Ma tutto questo nel rispetto di un solo paradigma: la assoluta corrispondenza tra versione di serie venduta ad ogni Signor Rossi, e versione pronta a correre nei Rally internazionali.
Ecco cosa affascina la fantasia popolare in un contesto dove il tamtam mediatico fa di quella Renault 5 GT Turbo parcheggiata fianco al marciapiede di una comune strada cittadina l’eroina in terra d’Africa.
Niente male, visto che potenza + leggerezza + resistenza danno la vittoria finale dentro una classifica che vede solo 7 equipaggi arrivare al traguardo su sessanta partiti, e dove le uniche due europee sono francesi (Renault 5 GT Turbo, Peugeot 205 GTI 1.6), Gruppo N, ad aprire e chiudere il Gruppo di superstiti giapponesi tutte Gruppo A.
Alain Oreille Uno di noi: il sogno popolare di un eroe per caso.
Che storia incredibile quella dell’alsaziano Alain Oreille e di sua moglie Silvye. Lui, muratore ed operaio nato da una famiglia modesta, e lei sposa giovanissima di Alain che gli fa da navigatrice fino al 1987.
Alain lavora fin da adolescente nei cantieri e dopo il matrimonio con Silvye lei gli consente di comprare prima una usatissima BMW 1600 a rate una Simca Rallye nel 1972 verde cachi con i cofani colorati di nero opaco; con questa Oreille corre dappertutto (Gare in salita, rallyes e persino una 24 Ore di Le Mans nel 1974) e in poco più di tre anni fatti di settimane in cantiere e Weekend in Gara, vince abbastanza per ripagare il debito della Simca, rivenderla e comprare nel 1979 l’oggetto del desiderio di tanti privati.
Così la Opel Kadett GT/E preparata Simon Gruppo 1 diventa la compagna di Gara di Alain che così vince nel 1983 il Trofeo Opel, e smette di essere un privatissimo che passa le notti insonni a controllare la lista dei conti doppia: quelli di famiglia e quelli della attività sportiva.
Arriva alla fine del 1983 la proposta che cambia la vita di questo Signor Rossi che ci rappresenta tutti nel suo percorso così umano e popolare: la Scuderia Budget Marseille gli offre il volante di una ultime Renault 5 Alpine Turbo preparate ancora in Gruppo 2/A per poi passare alla Renault 11 Turbo Gruppo N con cui vince incredibilmente la sua Classe al MonteCarlo del 1985 sempre insieme alla adorata e affiatata Silvye. Ma la vittoria al Bandamaarriva con un altro copilota: è Gilles Thimonier e con lui Alain prende in consegna dal 1987 la Renault 5 GT Turbo Gruppo N e fa strage di vittorie di classe. Chissà se avrà mai pensato “voglio vincere l’assoluto”, ma quello che accade alla sera del 2 Novembre 1989 è il sogno di ogni Signor Rossi. Essere sul tetto del mondo con una quattroruote qualsiasi. Perché a vincere con i missili stradali è forse persino più facile, ma battere tutti con l’auto che il giorno dopo riposa parcheggiata davanti al Bar del quartiere per incontrare gli sguardi ammirati dei vicini di casa non ha prezzo. Ed è quel che accadde.
Solo quella volta.
Ed è per questo che il nostro simpatico ex muratore è uno dei pochi piloti al mondo a fregiarsi di una serie speciale di auto denominata con il suo nome. In onore della vittoria straordinaria al Bandama 1989 Renault mette in commercio una Serie speciale praticamente identica a quella GT Turbo che ha vinto in Africa.
Ma contrariamente alle ovvie consuetudini del Marketing non la denomina con le indicazioni del Rally, ma con quelle di questo magnifico Signor Rossi che aveva saputo rappresentare l’uomo comune sul tetto del mondo.
Un eroe così non poteva che avere un tributo eccezionale.
Riccardo Bellumori