E’ bastato davvero il DieselGate a smontare una bufala diventata realtà commerciale?
Quella per la quale aumentando in 40 anni del 300% la potenza specifica dei motori a Gasolio, contemporaneamente emissioni e consumi si riducevano regolarmente ed infallibilmente.
Dovendo tutti, nessuno escluso, noi consumatori “colpevoli” di incauto acquisto chiedere scusa in primo luogo alle leggi della Termodinamica…
L’organizzazione europea non governativa Transport & Environment (T&E) nel 2014 aveva pur segnalato la concreta possibilità che i consumi di carburante delle automobili europeefossero mediamente superiori del 30% rispetto al dichiarato, e lo stesso allarme sollevò per i valori di emissione.
Eravamo in anticipo di 2 anni sul Dieselgate: ad essere messo sotto accusa fu il test europeo NEDC introdotto nel lontano 1970 ed ampliato nel 1990 per rilevare il ciclo misto e combinato di consumi.
Quello che è accaduto dopo, in America con l’EPA e con lo scandalo che ha praticamente affossato il motore a Gasolio, è stata forse una conseguenza meritata?.
Come sono solito pensare e scrivere, anche la denuncia di “T&E”del 2014 mi rinforza nella supposizione del tutto personale che il Dieselgate sia stato un biblico “muoia Sansone con tutti i Filistei” atteso, anche se non cercato, al fine di stoppare dall’alto un mercato Diesel che si stava uccidendo da solo da dopo il Crack Lehman. Ma del resto, come avrebbe potuto anche un solo Costruttore alzarsi dal Gruppo e dire “Io ho peccato contro l’Ambiente, contro la fiducia popolare e contro il buon senso; ma non ero da solo” dentro un mercato dal quale togliersi per mano propria avrebbe significato semplicemente essere messo al bando?
Perché per tenere in piedi, un assurdo come quello propagandato dalle Case Costruttrici ci voleva molto di più della semplice fede nel progresso tecnologico: per anni i fideisti si sono prodigati a raccontare che la “Opel Rekord 2000 cc. Diesel del 1973 con motore di un trattore (57 cavalli a 4400 Giri/Min. e 130 Km orari in leggera discesa) percorreva 100 Km in ciclo misto con almeno 9 litri e mezzo del “vecchio” Gasolio con paraffina e oli pesanti solo perché il carburante di metà anni Settanta era ancora poco raffinato, perché la Rekord aveva l’aerodinamica di un cassonetto, e perché le auto originariamente a benzina non erano adatte a montare motori a Gasolio.
Già, a proposito: nel 1973 quella Rekord nata per affrontare i rigori della crisi energetica ed il razionamento della benzina (di fronte alla quale il Gasolio costa in Europa mediamente la metà del prezzo per litro alla pompa) rispetto ad una comunissima pari livello a benzina 2000 cc. presenta una potenza specifica pari al 40% di cavalli in meno per Litro ed un consumo che invece è più alto di almeno il 10% in litri di carburante per 100 chilometri.
E costa circa un milione e 200 mila Lire in più, in Italia, rispetto alla versione a benzina della stessa Rekord. Ma siamo all’inizio.
Solo per inciso, la Volkswagen Golf D da soli 1500 cc. e 50 cavalli ha ancora bisogno nel 1979 di 7 litri e mezzo per 100 Km: ma per i sofisticati vale la pena di notare che dopo solo tre anni dalla Rekord a Wolfsburg già ti offrono un Diesel aspirato da 33 Cv/litro (+17%) capace di risparmiare rispetto alla Opel quasi il 20% di gasolio.
Per accontentare gli appassionati di statistiche del settore, voglio anche ricordare che il Gasolio da quel 1973 diventa un must mediatico e promozionale dentro alle Case auto, e dal nulla spuntano versioni Diesel un po’ ovunque in Europa: Peugeot lancia la “504” con motore 2100 da 65 Cv, Citroen (non ancora PSA) equipaggia la “CX” con un 2200 da 67 Cavalli, e Volkswagen lancia per la Volvo un inedito motore a sei cilindri da 2400 cc ed 82 cavalli nel 1979. Solo per darvi un piccolo specchietto.
E nel 1983 la creatura di Bruno Sacco Mercedes “190 – 2.0D” (più leggera, più aerodinamica, e decisamente più tecnologica della Opel) percorre 100 Km con solo 6,7 litri di Gasolio pur esprimendo già 72 Cavalli a 4600 Giri/Min: se rispetto al trattore di Russelheim (la Rekord) non c’è paragone visto che il gioiello a quattro cilindri Mercedes ha un incremento di potenza specifica di ben il 25% per ogni litro ma una riduzione dei consumi del 27%; fa impressione il fatto che rispetto alla stessa Golf (più piccola, leggera e meno cubata della 190) la “Baby Benz” dichiari una potenza specifica maggiore del 9% ed un consumo ridotto del 15%.
E solo per non lasciare nessun vuoto di memoria, il periodo tra il 1968 ed il 1985 vede anche una “comparsata” di mini cilindrate a Gasolio: dalla “204 Furgonette” del 1968 con un 1200 cc da 39 cavalli, alla Fiat “127 D” con un 1300 cc. da 45 cavalli nel 1983; per finire con la “Minidiesel” Innocenti da 993 cc. tre cilindri e 37 cavalli nel 1985.
La “imbarcata” dei Turbodiesel, la nuova frontiera che “ci prende la mano”.
Ma arriva l’epopea del Turbo diesel; la inaugura la Peugeot con la monumentale 604 TD: 2300 cc., 4 cilindri, 80 Cavalli a “solo” 4100 Giri/min. ma 10 litri per 100 Km. Dire che la 604 sia un benchmark per la Categoria è un ossimoro. Ovviamente non lo è, visto che rappresenta un vecchio schema meccanico, un peso da caterpillar ed ha un vecchio blocco Peugeot turbocompresso più per raggiungere un gagliardetto di primato commerciale che non per primeggiare sul mercato. O meglio: Peugeot primeggia di già sul mercato, e il 2.3 Turbodiesel sarà un ottimo supporto commerciale per Clienti importanti come Ford per la Granada e Volvo per le sue Ammiraglie.
Nessuno oserebbe avvicinarla per un Benchmark con la Gamma Mercedes, tanto per dire: con ben diversi obbiettivi e target commerciali prende vita la Coupè Turbodiesel più veloce del mondo, come tale è stata pubblicizzata la Renault Fuego 2100 TD del 1982.
Linea superaerodinamica, peso contenuto, 175 Km orari ed una attitudine al risparmio di gasolio abbastanza relativo: il suo 2068 cc. turbocompresso rimane decisamente alto nel consumo con 8,8 litri per 100 chilometri; c’è di buono che consuma quanto la Opel Rekord aspirata di dieci anni prima e va più veloce.
Voi direte: intanto è una sportiva, è una iniezione indiretta piuttosto antiquata e diciamo che in molti, all’epoca, si domandavano a cosa servisse un’auto del genere.
Ma nel 1993, NO! Mi rifiuto di pensare che mamma Fiat, lanciando la “Tipo 1.9 D Turbo” volesse tentare il pubblico degli esibizionisti e degli scriteriati.
Il motore ad iniezione diretta, primizia mondiale apparsa sulla Croma nel 1989 è davvero una rivoluzione tecnologica: dispendio energetico e di carburante quasi nullo, combustione massima ed ottimizzata, fumosità ridotta, consumi davvero lusinghieri su una “2 Volumi” capiente ma anche ben aerodinamica; e con una valenza commerciale in più: dopo l’abolizione del Superbollo a seguito dell’arrivo del Catalizzatore e la normalizzazione europea sulla fiscalità generale, i Costruttori che producono Diesel e Turbodiesel lo fanno con l’occhio rivolto soprattutto all’uso professionale stradista ed al risparmio di carburante.
Morale: con il suo 1920 cc. Turbo ad Iniezione diretta da 90 cavalli a 4000 giri minuto la Fiat Tipo percorre 100 chilometri con poco più di sette litri di Gasolio.
E, bravi, avete la memoria allenata: 17 anni prima la tranquillissima Volkswagen “Golf D” (stessa categoria di mercato anche a distanza di anni) ha bisogno dello stesso quantitativo di gasolio per alimentare il suo piccolo 1500 cc. aspirato.
Sembra un riferimento di nessun valore, ma aspettate il resto.
Perché già qui si vede una differenza non di poco conto: tra il “classico” (vecchio non si può mai dire ad un motore Mercedes) 2000 aspirato ad iniezione indiretta e pompa rotativa della “190 D” (72 cavalli a 4600 Giri/minuto) del 1983 e il 1,9 Turbodiesel iniezione diretta della “Tipo” (90 cavalli a 4000 Giri/minuto) i più pignoli di voi notano dopo ben dieci anni una crescita molto relativa della potenza (Fiat Tipo ha una potenza specifica per litro superiore di “solo” il 12% rispetto all’aspirato Mercedes) ma una crescita del consumo (direi inevitabile, no?) di poco superiore al 15%.
Chi dice “poco” si ricordi che parliamo sempre di un nuovissimo iniezione diretta contro un dinosaurico iniezione indiretta; a chi dice “però, che aumento!” ricordiamo che Tipo è pur sempre Turbodiesel e non aspirata come la 190D, tanto è vero che rispetto alla “Fuego TD” la Tipo risparmia un bel 18% di gasolio ogni 100 chilometri.
Se vi si incrociano gli occhi rispetto a questa serie di parametri, è per ricordare che il solo progresso tecnologico in venti anni da quella fatidica “Opel Rekord” 2.0 D del ’73 alla nuovissima “Tipo 1.9 TD” del 1993 aveva permesso al Cliente di auto a Gasolio di avere in media + 25% di prestazione velocistica, + 40% di potenza media per litro, e meno 20% in media di consumo di Gasolio. Bello il progresso, no? E poi arriva la frontiera del Common Rail.
E qui, se consentite, i conti non tornano più: prendiamo come esempio la nipote più sportiva, in casa Fiat, della nostra “Tipo 1.9 D Turbo” del 1993: circa dieci anni dopo il Cliente più sportivo può comprare una Alfa Romeo “147” Turbo Jtd: 1900 cc. Common Rail Turbo, 138 Cavalli a 4000 Giri/minuto, Cxaerodinamico solo leggermente migliore data la stessa filosofia del “2 Volumi”, 145 Chili in più da muovere e ben 206 chilometri orari. Percorre 100 chilometri con 5,9 litri.
Si. Avete capito bene: lungo dieci anni e il passaggio al Common Rail decisamente più performante dell’iniezione diretta a pompa rotativa e segnato dalla prerogativa di comprimere a pressioni mostruose il gasolio prima di spruzzarlo nelle camere di scoppio, la “147 AR” esprime con la stessa cubatura della Tipo ed allo stesso regime di potenza massima un picco del 55% di potenza massima in più. E come diceva mio nonno Amilcare, se a parità di cubatura, architettura motoristica ed alimentazione due motori hanno un divario di potenza di oltre il 50% vuole dire senza timore di smentita che quello più potente brucia più carburante.
E’ la termodinamica, bellezza. E’ sempre la Termodinamica, se non viene stuprata dal Marketing.
Ed è proprio l’oblio del marketing e delle cifre pubblicitarie che forse ha preso il sopravvento.
In linea generale un Cliente del 2005 si sarebbe trovato a lasciare la sua vecchia auto del 1993 ed a prendere una naturale discendente ed erede che dieci anni dopo consumava quasi il 25% in meno, con una potenza maggiore del 55% e che andava più veloce del 20%.
Ma è un miracolo, cribbio, soprattutto perché in questo confronto la Tipo è Euro 1 e la 147 come minimo Euro 3.
Bene, Vi è stato insegnato: è proprio là il miracolo. Eh, no, qualcosa non va e ci si avvicina al momento in cui il castello di carte sta per venire giù.
Se nei venti anni che passano dal 1973 al 1993 il Cliente di auto a Gasolio ottiene in media + 25% di prestazione velocistica, + 40% di potenza media per litro, e meno 20% in media di consumo di Gasolio; nel ventennio 1993/2013 accade “o’ miracolo”.
Da Euro 3 ad Euro 5; più 60% di potenza, più 20% di velocità massima, MENO (!!!!) 40% di consumo medio in Gasolio: ecco il Paradiso che attende il Cliente di un’auto a Gasolio in un mercato europeo dove nel 2013 il Diesel occupa una quota ormai del 57% delle vendite annuali.
Ma il confronto immaginifico più bello è tra la “Turbodiesel più veloce del mondo” Renault Fuego (2068 cc, Turbo, 175 Chilometri orari) e la Golf “2.0 TDI” del 2013 (1968 cc Turbo Common Rail, 216 chilometri orari): il Driver della Golf oggi percorrerebbe ben comodo, ventilato e accompagnato da silenzio e musica i 100 chilometri spendendo 9 Euro e 75 contro i 17,20 del Driver Renault che per compiere la stessa distanza sudato (no Clima di serie) e stremato da rumore, puzzo e vibrazioni impiegherebbe quasi sette minuti in più per fare 100 chilometri.
Quella Regola Aurea che puzzava tanto di cifre farlocche
La regola aurea: “Più tempo passa, più cresce la potenza e la velocità e più si abbassano consumi ed emissioni. Sempre!”
Pensate se un qualsiasi Costruttore ne avesse fatto lo Slogan quadro della sua Gamma Diesel su una Brochure. Probabilmente una larga parte dei Media lo avrebbe perculato, molti Consumatori si sarebbero allontanati e forse le Inchieste dei cosiddetti “Enti preposti” sarebbero arrivate prima.
Eppure la Regola aurea Vi è stata propinata lungo perlomeno venti anni tra il 1993 ed il 2013 con l’aggravante – appunto – dell’incauto e ripetuto acquisto legato al ciclo programmato di sostituzione che ha accelerato il passaggio di mano di migliaia di modelli di auto a Gasolio sostituite “contro natura” ogni due o tre anni deturpando uno degli ultimi “pilastri” delle Diesel: l’essere concepite per “durare” nel tempo.
A fianco della sostituzione plurima e programmata un fiume di informazioni, dati tecnici, parametri di omologazione e dichiarati ufficialmente; una mole di cifre che dopo il Settembre 2015 del Dieselgate si potevano buttare nel cesso.
E probabilmente così è nella natura più farlocca e demenziale della decarbonizzazione in salsa Eurocomunitaria: sostituire più velocemente qui nel Vecchio Continente le auto per non inquinare ed esportare nelle ex Repubbliche Socialiste d’Europa e in Africa milioni di vecchie ed inquinanti auto. Perché questo è accaduto: con la maggior spesa degli europei in auto sempre nuove si è semplicemente alimentata la catena dell’inquinamento delle nostre periferie.
Per poi farsi castigare a casa degli americani come falsificatori seriali. Dopo il Dieselgate non doveva essere la politica europea a censurare il Diesel, ma avrebbe dovuto essere il mondo dell’auto a censurare Bruxelles al ricordo di una celebre segnalazione di dieci anni prima espressa da Carlo Rubbia: oltre lo step Euro 4 era pressochè inutile ed industrialmente gravoso appesantire le soglie massime di emissione dei motori endotermici.
La difesa possibile, se io fossi stato la Volkswagen in quel 2015, sarebbe stata quella di invocare la incapacità di intendere e volere dei Clienti europei delle Diesel, che non si erano mai posti una domanda: Perché questa sorta di miracolo tecnologico (più corri e meno consumi ed inquini) accadeva solo nel mondo del Diesel?
E perché sulla base di questo assurdo gli ordinativi di auto a Gasolio si sono moltiplicati? La risposta prima ed essenziale è più articolata: i Costruttori avevano basato, con il benestare della visione europeista di Bruxelles (sull’archetipo di auto europea ideale per contrastare la concorrenza più temibile dei giapponesi e promuoversi presso i nuovi mercati) una sorta di disciplinare “modello” basato sul motore Turbodiesel: più idoneo alla politica di decarbonizzazione che si era insediata nelle Istituzioni, beneficiario di uno sviluppo tecnologico che ne stava esaltando le qualità positive.
Dagli anni Novanta il rally di crescita del motore diesel in Europa, con il corredo di comunicazione e promozione mediatica ha semplicemente creato un Firewall temporaneo nei confronti dell’industria giapponese (che per correre ai ripari ha attivato una serie di JV con Costruttori europei ed ha lanciato la risorsa Isuzu) ed ha creato una dimensione crescente di Usato fresco e decisamente ambito fuori dalla porte d’Europa.
Nulla di più e nulla di meglio; mentre il ciclo di sostituzione e la crescita di immatricolazioni deriva dalla espansione della leva finanziaria fino al Crack Lehman.
Ecco il “Trust” intervenuto nella espansione del mercato Diesel in Europa, quel circolo virtuoso (tra mille virgolette) che ha portato nel giro di soli quindici anni da inizio anni Novanta alla coda del Crack Lehman a far diventare il motore a Gasolio un caso unico nel Mondo. Solo in Unione Europea il motore a Gasolio ha raggiunto:
-la maggioranza si immatricolato annuo e per più anni;
-la maggior offerta di Gamma da parte di tutti i Costruttori presenti;
-la maggior progressione di potenza e prestazioni nel periodo più florido;
-la maggior escalation tecnologica in competizione tra i Costruttori a confronto;
Possibile che tutto questo panorama potesse continuare a garantire, in pianta stabile, la solidità di sistema? No, ovvio: non poteva tenersi in piedi una dimensione in cui progressivamente la guerra commerciale del monoprodotto “Diesel” aveva portato tutti i Costruttori a ricopiarsi, rimpallarsi e condividere tra loro tutti gli aggiornamenti e gli Upgrades tecnologici che accompagnavano l’uscita di nuovi modelli; aveva inopinatamente spostato sempre più sul valore del finanziato il recupero dei margini azzerati dai Costruttori sul corpo vettura; aveva in conseguenza di questo generato l’illusione ottica del “calmieramento” dei Listini; ed aveva infine gonfiato il polverone dei “NPL” conseguenti allo stimolo forzoso del ciclo del credito.
Il Crack Lehman accelera l’eutanasia del mercato Diesel.
Possibile che nessuno si fosse accordo, anni prima del Crack Lehman, che già dall’avvento del nuovo Millennio l’industria automobilistica europea si trovava esposta all’aumento dei crediti in sofferenza (NPL) che incidevano sulla salute finanziaria delle banche, in particolare sulla scia delle crisi finanziarie asiatiche e russe del 1997-1998? E cosa ha significato per un quindicennio avanzato questa sorta di “monocoltura” nella quale il motore Diesel ha polarizzato Gamma, Listini, Aftermarket, strategie, alleanze e target commerciali? Ha significato anche registrare un percorso praticamente antitetico per il parallelo mondo del motore a benzina: fateci caso, l’evoluzione della “combi” potenze/tecnologie/consumi progressive nel mondo dei motori a benzina non ha praticamente mai mostrato l’esplosione virtuosa che in soli quaranta anni ha mostrato il Gasolio. Alcuni esempi?
Lungo una quarantina di anni ho preso in esame un campione di auto a benzina che fossero paragonabili perlomeno secondo tre valori misurabili e confrontabili tra loro: il motore “medio”da1600 cc a quattro cilindri; una carrozzeria a sviluppo “Due Volumi” ed infine una soglia peso perlomeno allineata. Essendo chiaro che tra inizio anni Settanta e primi anni Ottanta il concetto del consumo medio doveva essere al centro dell’attenzione di Uffici Tecnici e Marketing, guardate cosa ne è venuto fuori.
Che la “Renault 16” del 1973 (versione con carburatore monocorpo e fasatura compatibile con la famosa benzina “Normale”, quattro marce) sviluppa con il suo 1565 cc una potenza di 67 Cavalli a 5000 Giri/min.; e con un peso vicino ai 1000 Kg ed una profilatura buona persino per la sua epoca tocca i 150 Km/H di velocità di punta consumando 7,5 litri di “Normale” per 100 chilometri.
Dieci anni dopo sale in cattedra la creatura di Marcello Gandini: la Citroen “BX” da 1600 cc. in allestimento “TRE”: l’aerodinamica decisamente migliore, il peso molto vicino alla “16” ed ovviamente le cinque marce facilitano una velocità massima di 175 Km/h; ma una grossa mano alla prestazione pura deriva dal 1580 cc. con Carburatore Doppio Corpo da 94 Cavalli a ben 6000 Giri/Min.
Facciamo due conti: con il 40% di potenza in più a 1000 Giri/min. di regime maggiore, con il 25% di velocità di punta in più grazie anche a CX migliore e quinta marcia, il “mix” della Citroen BX “TRE” permetterebbe al vecchio acquirente della “Renault 16” di abbassare i consumi di “Super” solo del 6%???? Cosa c’è che già non funziona rispetto al mondo del Gasolio? Risposta del fideista di turno: ma tu stai valutando una motorizzazione a benzina che tra il 1973 ed il 1983 ha già salito diversi gradini di sviluppo ben avviato: potenze specifiche tra i 75 ed i 100 Cv/Litro, carburatori evoluti, molta aerodinamica.
Difficile saltare a piè pari interi gradini di evoluzione con salti mortali, secondo molti di Voi.
Mentre con il Diesel tra il 1973 ed il 1983 siamo ancora all’anno Zero. Giusto, vero. Se fosse vero.
Perché tra il 1983 ed il 1993 nel settore del Diesel abbiamo confrontato davvero due mondi a parte (Turbodiesel iniezione indiretta contro diretta); ma perché, Vi risulta che lungo dieci anni di evoluzione i motori a benzina sono rimasti al palo? Carburatore doppio corpo e due valvole per cilindro contro 16 valvole ed iniezione elettronica, solo per dire.
Ed ecco che rispetto alla “Citroen BX TRE” 1600 cc. del 1983 arriva la “Opel Astra” 1.6 16V del 1993.
Dieci anni dopo la Opel ha: Cx migliore della “BX”; iniezione elettronica e quattro valvole per cilindro. E’ sempre un 1600 cc. ma di un altro mondo: esprime 101 Cavalli a 5800 Giri /min. perché è in fondo un’auto da lavoratori e professionisti (anche se ti permette i 190 Km/h) e dunque cerca di ridurre i consumi. Ma per quanto ci provi, il miglioramento tra BX con doppio corpo e Astra è solo di un risicato “meno” 5% in litri di benzina ogni 100 Chilometri.
Ma come è possibile? Nel caso del Diesel la differenza è decisamente eclatante con un bel “Meno 18%” di gasolio risparmiato ogni 100 chilometri tra Fiat Tipo e Renault Fuego.
Ah, ma ci rimane il “salto nell’Iperspazio”che, nel caso del benzina, è rappresentato dal confronto davvero impossibile tra la stessa Astra 1.6 16V 1993 (le caratteristiche tecniche non Ve le ripeto, sono poco sopra) con la Ford Focus 1.6 Start&Stop del 2013: Due Volumi, Cx di 0,30 (contro 0,32 della Astra),tecnologia Ti-VCT, cinque marce, Start&Stop, 125 cavalli a 6000 giri/min. e 196 chilometri orari di punta. Potrebbe sembrare una comica confrontare le prerogative della Focus 2013 rispetto alla Astra 1993, ma la portabandiera Ford a sola parità di cilindrata con la Opel lungo vent’anni prende un bel 25% in più di potenza, mantiene la stessa velocità di punta e risparmia il 13% di benzina lungo 100 chilometri.
Vi ricordate il “salto nell’iperspazio” tra un tranquillo 1,9 Turbodiesel ad iniezione diretta del 1993 (Fiat Tipo) contro il mostro lunare di Volkswagen (Golf 2.0 TDI Common Rail 150 Cavalli)??
Ve lo riepilogo: lungo venti anni la Golf acquista il 60% di potenza massima, il 22% di velocità massima in più e – BADATE BENE – con questa iradiddio di prestazioni in più si permette di risparmiare il VENTISETTE PER CENTO di Gasolio rispetto alla più tranquilla Fiat Tipo. Così dicono.
Ma davvero volete che io mi soffermi a commentare? No. Mi limito ad una specie di “morale”: I Costruttori hanno servito agli Automobilisti il piatto che gli Automobilisti hanno permesso loro di servire. Ecco perché torno alla domanda di base: è davvero bastato il Dieselgate per tornare alla ragione ? Quella cioè secondo cui un endotermico più e potente e più – di solito – consuma ed inquina; e secondo il quale – purtroppo – l’aggiornamento ed il progresso non possono essere lapidariamente “Low Cost”; molte e troppe volte, in un mercato occidentale evoluto e molto esigente in termini di aftersales, quando questo succede non è l’effetto della tecnologia e del costo industriale a buon mercato ma è il frutto di un castelletto contabile o finanziario.
Il futuro: moderazione tecnologica e potenze “responsabili”. E meno BALLE.
Come avevo anticipato, il “Defrost” inevitabile del motore a Gasolio dopo la temporanea “ibernazione” di autotutela seguita allo scandalo del “Dieselgate” sta ricominciando con poche ma progressive immissioni di motori Diesel in Gamma dalla indole decisamente meno “assassina” rispetto al panorama di poco prima del 2015: un esempio su tutti è la serie “Kamiq” con il 1600 cc Turbodiesel da 115 Cv. Pensare che nel 2025 ci si “limiti” a 72 Cavalli litro (soglia discriminante generale fino a venti anni fa) è già un segno di ragionevolezza, visto che il futuro ci anticipa chealte potenze ed alti regimi di utilizzo si sposano molto male con gli attuali e futuri Biocarburanti” Diesel a a base di componente agricola previsti in commercio. Ma se potevo chiudere, in chiave autocelebrativa, questo mio pezzo, trovo perfetta la “soffiata” recentemente riferita a Stellantis: la ipotesi di un ritorno del 2.0 HDI in commercio. Qualcuno doveva pur fare “outing” e dire senza metafora “Ragazzi, si stava meglio quando pensavamo di stare peggio”. Ben fatto, e bentornato HDI.
Riccardo Bellumori