Europa dell’Auto: se Autoprove avesse previsto il futuro?

Non siamo autoreferenziali, ma da tre anni a questa parte ci siamo spesso avventurati in previsioni, vaticini e scommesse su diversi campi della chiromanzia automobilistica.

Se ci avete seguito, cominciammo tre anni fa a tracciare un percorso didascalico sulla famigerata auto elettrica europea, dopo le diverse sparate della Commissione e della sua PresidentessaSignora Von der Leyen: disciplinatamente ci siamo adeguati a tracciare una strada riguardo alle diverse sparate rimaste vuoti a perdere dentro Agende e summit politici: l’invasione di 40 Gigafactory, la nuova politica mineraria, il recupero di metalli nobili, i programmi su Idrogeno, Efuel, Biocarburanti.

Vi chiediamo scusa: qui non avevamo ancora sentore che a Bruxelles la ottima birra locale alzasse la soglia ed il numero di sparate dialettiche a vuoto.

Poi, il corto circuito di Ottobre 2022 al Salone di Parigi tra Commissione e il duo Tavares – De Meo contro la doppia salve di fuoco della politica europea: la introduzione di Euro 7 e la tagliola sull’endotermico all’alba del 2035. Qui, tre quarti persino dell’ecologismo più talebano si è schierato a favore dello scazzo dei Costruttori: costringere l’industria a spendere per innovare le motorizzazioni prodotte al fine di aggiornarle sulle nuove limitazioni e poi buttare tutto a mare dopo 10 anni per produrre solo BEV ha messo per la prima volta all’angolo delle corde del Ring la stessa Signora Ursula in una sorta di partita doppia della comicità involontaria: forzare Euro 7 e stop all’endotermico rischiando di costringere i Costruttori alla serrata? Oppure anticipare lo stop all’endotermico superando Euro 7 e costringendo i Costruttori all’esilio? Oppure, annullare Euro 7 confermando con questo – implicitamente la perentorietà dello stop all’endotermico? 

La Commissione UE prigioniera politica di se’ stessa sulle scadenze europee

Oppure (colpo di genio istituzionale sul filo di lana) la Commissione che decide di arrendersi a se’ stessa per causa di forza maggiore? In prossimità di nuove elezioni del Giugno 2024 dove la vecchia legislatura ha rischiato davvero di essere buttata a mare, dal 2023 fino a Giugno scorso Bruxelles si è autosequestratarimandando, prorogando, posticipando un lotto di scadenze e decisioni che oltre ad Euro 7 (da Luglio 2025) prevedono la data del 2026 per la particolare revisione del Regolamento 2023/851; la data del 2028 per la rinnovata “NewBER”; la data del 2027 per la riforma del “Time To Market” per arrivare al recentissimo rischio di anticipazione al 2030 (rilanciato da alcune Agenzie di Stampa) per l’obbligo di surroga di sole auto elettriche per il rinnovamento del Parco auto di Flotte e Noleggi (e dunque anche per le Pubbliche Ammistrazioni europee che in maggioranza adottano il Noleggio anche per le flotte amministrative). Un immobilismo elettivo di salvaguardia che è sembrato un monito implicito agli elettori:  “Cari europei, se uccidete il Sansone di Bruxelles con un cambio di guardia con nuovi Filistei, sappiate che condannerete anche loro alla eutanasia per eccesso di scadenze inevase”. 

E’ per questo che Autoprove ha scommesso da tempo sul coniglio che la Commissione ha da tempo deciso e che uscirà ben prima del 2035 sulla roulette del casinò di Bruxelles: un percorso di decarbonizzazione a cinque vie che comprenderà in contemporanea:

​-Una produzione di BEV sempre più derivanti da accordi di licenza tra Costruttori europei e Costruttori asiatici per calmierare il prezzo di listino medio ormai estraneo alla soglia di accesso inferiore ai 15.000,00 Euro;

​Un deciso stimolo alla produzione di supporti Aftermarket di tipo “Kit Retrofit” elettrico ed Hybrid per auto/moto/LCV ma anche l’avvio di una nuova linea regolamentare per “RangeExtender” Retrofit Aftermarket (elettrico od endotermico) da applicare a BEV con scarsa autonomia o di vecchia concezione o con Batterie originali in crisi;

​-Lo stimolo di tecniche di acquisto e di uso dell’auto “Pooling” (Gruppi di Acquisto, Sharing/Pooling Mobility) legato alla condivisione anche di supporti di gestione e di ricarica;

​-La diffusione delle alimentazioni alternative (Biocarburanti E85/E95/Biodiesel con soglia di componente rigenerabile superiore al 25%; Efuel; Biometano/Idrometano ed ovviamente GPL) per ridurre la quota di uso e diffusione di Benzina e Diesel fossili;

 

-Un deciso impulso al recupero, riciclo e riutilizzo di carcasse e componenti auto in fine di vita come costola fondamentale della riduzione del “Carbon Footprint” su tutta la filiera Auto

Su questa scaletta, onestamente, non ci sentiamo né indovini né Guru, perché è fin troppo chiaro che la decarbonizzazione imposta al mondo auto attraverso i soli “Step Euro” è stata finora una sorta di contentino dato all’Opinione Pubblica come indulgenza morale per nascondere il problema di fondo: la sola decarbonizzazionedella dimensione “marginale” del processo consumistico (le emissioni) è solo una parte del problema; più difficile e gravoso è convincere il popolo dei consumatori europei a cambiare modalità ed abitudini su aspetti complementari del consumo anomalo e dispersivo (nel 2024 su dati Eurostat risulta che l’area europea raggiunge una media di recupero del solo il 40% delle tonnellate dei RSU prodotte ogni anno nella Ue; come è necessario indurre un minore consumo di carburante in generale; come è necessario per Bruxelles “moralizzare” alla data di oggi i settori “energivori” di Cantieristica, Difesa, Pubblica Amministrazione, e Trasporti collettivi e commerciali su terra, mare e cielo.

Pausa didascalica moralizzatrice? No, solo un “post it” per chiarire la linea con cui Autoprove ha provato a rompere la linea evangelica con cui i Guru del settore “Autocentrici” hanno descritto il processo decarbonizzatore come una partita ristretta tra Costruttori europei e Bruxelles, neanche fosse possibile chiudere delle metaforiche persiane sul mondo globale una volta “decarbonizzate” le sole emissioni del Parco circolante europeo. 

Bruxelles abitata solo da finanzieri? L’incapacità di un disegno industriale

Qualora questo fosse risolto, a produrre emissioni rimarrebbero le altre attività industriali e merceologiche europee. E se si riuscisse a decarbonizzare questi altri, dalle frontiere di aria che provengono da Russia, Cina, Africa ed Asia proverrebbe il fronte di aria inquinata prodotto da Continenti ed economie fossilivori, cioè di aree del mondo dove il consumo di carbone e petrolio è in costante aumento.

Per primi, da due anni a questa parte, ci siamo infatti azzardati a dire che il maggior dispendio di acquisti e il maggior costo di risorse energetiche unite al crollo dei consumi è un doppio cappio al collo; perché da una parte ci fa pagare di più tutto quel che già avevamo a disposizione mantenendo per il mondo dell’offerta gli stessi margini e guadagni che si garantivano in fase di domanda europea crescente; dall’altra parte con gli introiti ricavati le Società petrolifere, le Utilities e gli operatori industriali finanziano l’aumento di consumi e i nuovi insediamenti industriali nei Continenti in fase di sviluppo da cui l’Europa continua ad importare produzioni a basso costo che aumentano lo squilibri commerciale in termini di Import/Export e contribuiscono a proseguire la continua deindustrializzazione dentro l’Europa.

Ed allora, Vi state chiedendo? Perché Bruxelles ha impegnato credibilità propria e futuro industriale altrui in una rincorsa alla mobilità elettrica se, come noi di Autoprove immaginiamo, dovrà per forza esserci una moratoria oppure una rimodulazione tecnica o legislativa? Noi da diverso tempo abbiamo provato a spiegare: 

Il primo elemento pregiudizievole nell’Unione Europea è l’incipit di questo testo: progressivamente, dalla prima Unione Europea di Maastricht dove realmente i dodici commissari erano tutti – nessuno escluso – veri giganti politici seppure fortemente “bonari” verso la Germania, siamo passati a Commissioni e Parlamenti intesi come dopolavoro per illustri Onorevoli trombati dalla politica nazionale o Centri di Riposo per dinosauri al limite della dismissione per obsolescenza. Questo perché la progressiva serie di immissioni di nuovi Stati Membri senza un indirizzo politico e strategico di lungo termine nella UE ha semplicemente “dopato” l’offerta di ricchezza comunitaria moltiplicata e divisa ma non ha guidato e regolato la domanda. 

 

Solo per fare un esempio, i consumatori dell’Unione non hanno alcuna consapevolezza o facoltà di poter scegliere prodotti “Made in UE” semplicemente perché non esiste un protocollo o un disciplinare pubblico e qualificante dei prodotti “Made in UE”. 

–  E’ il caso anche dell’auto europea, per poter rilanciare la quale occorre in primo luogo la nascita di una sorta di “EuroCarLeague”, cioè un protocollo di intesa industriale credibile che porti a qualificare il prodotto continentale. Ma il problema torna alla cultura generale. 

Il Governo cinese ha nel suo entourage politici ancora capaci di strutturare strategie industriali. Noi, a Bruxelles, da almeno quindici anni abbiamo solo interfacce monetarie, finanziarie e un presenzialismo della BCE che ha l’ultimo grado di decisione su tutto. 

 

Non a caso il processo di decarbonizzazione ha il suo timing nella offerta e negoziazione di Green Bond e dal trading di Carbon Credits. Nel 2023 tutto questo capitolo para finanziario ha mosso capitali per quasi mille miliardi, e se sommiamo la quota di Green Bond emessi da Società europee di Utilities (solo per esempio poche settimane fa SNAM ha emesso in Africa il suo primo Green Bond da  miliardo di Euro); e l’ipotesi che Bruxelles sia sensibile più al settore bancario e delle Utilities che all’Industria manifatturiera in costante crollo è più che credibile.

Se dal lato Commissione ed Europarlamento la rivoluzione “Green” sostiene i due capisaldi oggi di interesse per la strategia politica dell’Unione (Credito e Utilities), l’aspetto del credito è centrale anche per la prima fase di manifesta adesione dei Costruttori alla sindrome Green dal 2008, cioè dalla esplosione del Crack Lehman. 

 

La fine del credito a pioggia, che aveva illuso decine di milioni di automobilisti che sulla base del supporto finanziario i Listini potessero scendere progressivamente pur nel continuo aggiornamento di prodotto era una illusione che doveva essere curata ma nello stesso tempo “blindando” il possibile ricorso al Low Cost endotermico di origine indiana e cinese (gia allora..). Come abbiamo ben spiegato, il ritorno alla normalità commerciale “canonica” (migliora il prodotto e il prezzo non crolla) poteva ottenersi in tre modi: con il crollo del ciclo di sostituzione programmata facilitato finanziariamente si era dato un taglio al ricambio “dopato” delle auto; con l’immissione nel dibattito mediatico del miraggio “Auto elettrica” si poteva ricostruire una nuova scaletta di Listini per riportare in alto anche i margini; ed infine, ultimo atto, con il DieselGate si dava una spallata temporanea al vero e proprio bagno di sangue della concorrenza ossessiva tra Costruttori sul monomotore diventato maggioranza in Europa in solo quindici anni.

Quante ne avremo azzeccate? Lasciamo il tempo…

Si, ho scritto sulle pagine di Autoprove che il DieselGate è stato un costoso escamotage per tagliare temporaneamente e per motivi di autotutela il Diesel, spiegando come i costi di multe, provvedimenti e pregiudizio sul mercato non fossero neppure paragonabili al bagno di sangue in crollo di margini e utili che una guerra commerciale non interrotta dieci anni fa avrebbe portato.

Siamo qui, ora, a motivare (avendolo scritto) che a nostro avviso dopo il 2035 il mercato Auto sarà di BEV, Ibride in Serie (cioè elettriche con motore Range Extender) ed Ibride Full o PlugIn con alimentazione alternativa (Biocarburante E85/E95/E100), Biometano, Idrometano, GPL ed Efuel in questo ordine di consumo.

Il residuo di parco circolante vetusto (al di là delle auto da collezione probabilmente si parlerà di un 25% di auto vecchie non più di dieci anni) sarà evidentemente ad alimentazioni alternative con Kit Retrofit Hybrid oppure BEV con Kit Retrofit.

Avrei voluto fermarmi qui nel presentare la lista dei vaticini da due soldi che ho ed abbiamo scritto anticipatamente noi di Autoprove.

Ma l’attualità supera ogni immaginazione, e dopo la notizia di un possibile trasferimento di Iveco da FCA a Tata, si è ravvivato in noi il ricordo sparso qua e là di altri significativi “vaticini”.

E’ il caso ad esempio del destino di Stellantis, che cu ha visto in diversi tempi prefigurare una difficile continuità di quello che a me sembra più un classico Rassemblement alla francese con 14 Marchi dentro un unico contenitore ( e ci scusino il parallelo, con 14 Marchi mezzo secolo la la British Leyland è praticamente scomparsa…) molti dei quali concorrenti tra loro. 

Senza suscitare dubbi su Insider o interessi illeciti nelle nostre previsioni, mi pare persino razionale il passaggio di Iveco a Tata come continuità filosofica e dimensionale tra il Gruppo Fiat e il non lontano referente indiano per un plausibile e strategico percorso di fusione dentro un Marchio indiano che a quanto pare manca di capacità e governo internazionale del mercato. 

Pensate dunque se un ipotetico Gruppo europeo di Tata con Fiat, Abarth, Opel, Jaguar, Land Rover ed Iveco (Opel come dote di un eventuale scioglimento del matrimonio con PSA dentro Stellantis) fosse un nuovo Player continentale; in forza di questo Alfa Romeo potrebbe benissimo trovar casa in Renault, e PSA mantenere, dopo lo scioglimento del matrimonio, il gagliardetto Maserati cedendo invece (e qui rivendico la “boutade” se un giorno diventasse realtà) alla Daimler Mercedes, la Lancia settanta anni dopo il primo tentativo fatto all’atto del ritiro di Borgo San Paolo dalla F1. Certo che Mercedes, dopo il flop dell’operazione Smart ha certo bisogno di un Brand polivalente in grado di estendersi anche ai Segmenti B e Crossover B/C e Lancia sarebbe la scelta perfetta. 

E PSA? Beh, da tempo vediamo il Colosso francese destinato al primo matrimonio della storia con un Gruppo tedesco. Immaginate quale…

Riccardo Bellumori

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