Industria Auto: per gli Europei in corsa verso il 2035 scatterà il CARO-Cocktail?

Bruxelles comincia ad avere dentro alla metaforica cassettiera dei programmi e delle norme in scadenza un bel po’ di sovraffollamento di scadenze.

Sembra ieri, e un poco è come se lo sia stato, quando al Salone di Parigi di Ottobre 2022 si consumava la frattura epocale tra mondo dei Costruttori e rappresentanza politica di Bruxelles: da un lato Tavares (ancora Stellantis) e Luca De Meo (ancora Renault) che lanciavano strali contro il programma di regolamentazione del nuovo Step antiemissione “Euro 7” denunciando l’aggravamento di costi in ricerca ed industrializzazione per adeguare motorizzazioni e piattaforme ai nuovi limiti; dall’altro lato la Commissione Europea che per non farsi mancare nulla iniziava il tormentone “Fit for 55” prefigurando la fine della produzione e commercializzazione dei motori endotermici alla data del 2035.

Ma non era solo quella in proiezione decennale la scadenza cardine dell’Industria auto europea, né solo l’Euro 7 la norma più discriminante in discussione. 

All’orizzonte si profilavano o si sarebbero appalesate nuove scadenze:

La possibile revisione della “deadline” al 2035 per il previsto stop alla produzione di motori endotermici in caso di apporto positivo degli “e-Fuel” ovvero carburanti sintetici alla riduzione delle emissioni;

La “BER 2028” destinata a regolamentare in modo più organico i nuovi paradigmi della mobilità elettrica in termini di libera circolazione delle informazioni, di diritti di riproduzione, di regolamentazione dei servizi di accesso da remoto ed ovviamente la parità operativa nei servizi di autoriparazione tra Rete ufficiale e mondo IAM anche nell’elettrico;

 

La nuova configurazione del settore della Distribuzione commerciale Auto, con l’ipotesi di superamento del profilo di Concessionario e la diffusione del rapporto di Agenzia tra Costruttore Mandante e soggetto Mandatario;

e – last but not least – la complessa questione delle multe per lo sforamento delle soglie di emissione della Gamma prodotta annualmente dai Costruttori, che ha visto sul filo di lana la “diluizione” dei nuovi target limite in tre anni fino al 2027.

Abbiamo rapidamente aggiunto a questo calendario preimpostato da Bruxelles una serie di ulteriori incombenze e scadenze virtuali: si è infatti inserito il Parlamento Europeo con la revisione del ciclo di “end of life” delle auto ed il paventato bando alle fibre composite ed al Carbonio. Tema assolutamente “simmetrico” a quello del recupero e rigenerazione di materie prime, componenti e sostanze derivanti dalla dismissione delle auto alla fine della loro vita.

Aggiungerei, visto che la vita è bella perché è varia, l’ultima “trovata” di Bruxelles: la riforma/riduzione del “Time to Market” entro il 2027, tema appena balzato alle cronache in un periodo obbiettivamente tranquillo dal lato delle tensioni internazionali, con la decisione “a latere” in ambito Automotive della possibile riconversione bellica degli Stabilimenti produttivi, che si sovrappone ad un’altra guerra all’orizzonte: quella dei Dazi tra Continenti e piazze commerciali internazionali.

Insomma, periodo tranquillo per Costruttori e Consumatori europei, anche in considerazione del fatto che in solo sei mesi dall’inizio del 2025 il comparto ha “perso” due dei protagonisti apicali del settore: proprio quel Carlos Tavares uscito da Stellantise Luca De Meo che esce ufficialmente il 15 Luglio 2025 da Renault per “intraprendere nuove sfide professionali”.

 

Ok, direte Voi, ma a questo punto la panoramica, il bollettino di Guerra e lo stillicidio di date e cifre di questa premessa dove dovrebbero portare il dibattimento?

Bella domanda, speravo che avrei trovato da Voi al contrario decise risposte e una linea di orientamento sulla domanda discriminante: 

Ma che diamine accadrà alla data del 2035?

E’ questo che preme nelle scelte e nelle decisioni potenziali di almeno 180 milioni di potenziali Clienti automobilisti Privati o Fleet;

è questo che sta “precarizzando” vendite ed immatricolazioni e continuerà a farlo sempre più pesantemente verso il 2035;

 

è questo che sta confondendo le prospettive e la programmazione di Dealer e Costruttori nella definizione della Gamma del prossimo futuro;

è questo che sta lentamente affossando il sistema dell’Aftersaleseuropeo, con la svalutazione progressiva del Know How e del patrimonio di un tessuto di componentisti, rigeneratori, programmatori, subfornitori ed ovviamente distributori (creando una crisi nella crisi, visto che la subofornitura e la componentistica europea è un comparto industriale che se netrascina a catena altri che adottano parti assimilabili alla tecnica automobilistica.

Diciamo che a corollario di tutto è sovrastante il dramma dimensionale più grande: quello della perdita di valore di tutto il comparto lungo la filiera estesa che in Europa impiega milioni di persone e che impegna una montagna di miliardi di investimenti e di rendimenti legati alla consistenza patrimoniale delle Imprese ed alle performances di settore. Sarebbe interessante sapere quanto tutta la filiera Automotive europea estesa ha perso in termini di capitalizzazione e di valore patrimoniale globale (attitudine all’acquisto di azioni e di obbligazioni da parte del mercato finanziario, valore patrimoniale, fatturati, etc.) da prima del Crack Lehman ad oggi.

E’ dunque qualcosa di più serio dei numeri di immatricolazione a fine anno ed è pesantemente meno decifrabile rispetto alle crisi in linea verticale, cioè quelle crisi che hanno storicamente colpito il comparto operando più spesso, alla fine, un ricambio ed un rinnovamento nel panorama degli operatori commerciali e dei Costruttori (Marchi o Gruppi che crollano, cessano o vengono assorbiti contro un novero di nuovi protagonisti che salgono alla ribalta con contemporaneo effetto positivo o negativo sulla rete di distribuzione e vendita) con tuttavia una sostanziale “tenuta” dei comparti complementari alla fase industriale e commerciale. 

Mi spiego in parole semplici: nelle varie epoche di crisi gli effetti temporanei sono stati ovviamente registrati nella scomparsa di alcuni operatori di un determinato settore operativo (Marchi Costruttori, assemblatori, Dealers, Fornitori) senza che tuttavia le rispettive filiere vivessero tracolli particolari; è così che nel percorso evolutivo del mercato Auto nel corso del tempo abbiamo avuto Marchi o Gruppi che si sono fusi tra loro, e lo stesso dicasi per operatori dell’Aftersales o Componentisti che si sono cimentati in nuovi ambiti operativi per sopravvivere. 

Ma alla fine il “paradigma esistenziale” del settore rimaneva fedele a sé stesso lungo quasi settanta anni di motorizzazione di massa dalla fine della Guerra: era il mondo endotermico che rimaneva il faro di lungo termine prima che “qualcuno” ne paventasse e minacciasse la fine ex legem in un determinato periodo. 

E ricordiamo che questo andazzo non è roba degli ultimi anni. 

E’ dalla esplosione del DieselGate che Governi, Media e persino Manager auto europei hanno abbracciato la prassi vigliacca ed opportunista di rinnegare il mondo del Gasolio perché inadeguati nella loro personalità manageriale, tecnica o politica di fare fronte comune al sospetto Tsunami piovuto dagli Stati Uniti.

Mercato Auto e DieselGate: miracolo, già guariti dalla condanna del Secolo?

Un esercito di omuncoli, mezzi uomini e quaquaraquà ascesi in Europa al potere ed alla rappresentanza di Marchi, comparti e cittadini ha costruito in pochi mesi (da Settembre 2015 alla fine del 2016) un misero viatico di approvazione e consenso popolare di breve periodo fondato su blocchi, limiti e divieti alla sopravvivenza del motore a Gasolio.

Beh, dicono i filosofi che non vi è nulla di meglio della reminiscenza storica per interpretare il futuro. 

Alla data di quel periodo maturato tra dieci anni fa e poco tempo dopo nessuno avrebbe mai pensato o scommesso sulla ipotesi che mi permetto di richiamare su queste righe con riferimento ad un vecchio Blog nel quale sono apparso come firma 10 anni fa. Un articolo che spiega bene come quel DieselGate, accidentale o costruito con cura ed arte, abbia interrotto una spirale suicida dei Costruttori impegnati ad uccidersi l’un l’altro in una gimkana di listini in discesa e di aggiornamento tecnologico ossessivo.

In realtà tra il concretizzarsi – dalla seconda metà del 2017 – di quella spirale contestatrice verso il Diesel, con effetti sensibili sulle immatricolazioni di segno “meno” sul mercato europeo; e l’inizio del Lockdown che come ben ricordate rimise tutte le carte sul tavolo da gioco, passano solo due anni e mezzo. 

Troppo pochi per maturare e cristallizzare un sentimento antiDiesel nella popolazione europea dove prima della pandemia il motore a Gasolio muoveva il 30% del Parco auto circolante privato ed il 75% di quello di Imprese Fleet e Noleggiatori.

Ma soprattutto i tempi appena successivi al 2020 sono stati il palcoscenico per la immissione e diffusione sul mercato di un profilo di auto davvero, fino a quel momento, definibile come “Outsider”: la dimensione dell’ “Hybrid”.

Mild, Plug-In e Full Hybrid cominciano da solo cinque anni a questa parte un “Rally” di crescita nelle disponibilità di Gamma e nella diffusione presso Privati e Flotte da lasciare sorpresi persino diversi esperti ed opinionisti di settore. 

Nel frattempo, tra colonnine che non crescono sul territorio dando ai Costruttori l’alibi per ritardare l’ingresso in Gamma delle BEV; tra crisi dei semiconduttori che rallenta la produzione ed il ricambio di auto nuove facilitando l’implementazione del supporto Ibrido nelle auto già presenti nelle liste di produzione ed offerta dei Costruttori; tra boom in salita dei costi di energia elettrica e le incertezze di mercato dovute a politiche e tensioni internazionali, le “IBRI-Termiche” diventano la categoria commerciale di auto di maggior impatto e diffusione in Europa. 

 

Complice anche la buffonata(tale la ritengo e continuo a ritenerla) resa istituzionale dalle norme di Bruxelles – e dalle traduzioni di ogni singolo Stato Membro delle decisioni delle Istituzioni europee – che impone assiomaticamente la superiorità ambientale netta tra una motorizzazione solo endotermica e la stessa medesima motorizzazione addizionata di un semplice e basico sistema “Mild Hybrid”: superiorità del tutto assiomatica e relativa che tuttavia istituisce per Decreto il paradosso discriminante tra il proprietario di un modello di auto “X” solo endotermico di un particolare anno (proprietario che non ha diritto a nulla se non di cestinare la sua auto e comprarne una nuova sedicentemente più ecologica);

ed il proprietario della stessa auto “X Più” dotata sullo stesso medesimo motore endo di un supporto Mild Hybrid; al quale tuttavia la legislazione amica dell’ambiente europea e nazionale regala le ZTL, i parcheggi gratuiti, l’esenzione dal Bollo e persino la nomina a Cavaliere della Repubblica.

 

L’Hibrid&Mild: l’arma di confusione di massa che sta drogando le statistiche Auto?

Il mercato Ibrido è una dimensione che, guardandone lo sviluppo temporale da circa dieci anni in Europa, vive ed ha vissuto tre condizioni: Retroguardia, Apologia, Deregulation.

In che senso, Vi chiederete?

 

Retroguardia, nel senso che l’Ibrido ha vissuto al suo esordio “mediatico” dal 2010 in poi la penombra obbligata rispetto al magico e fatato mondo dell’Elettrico puro perché, in fondo, per i puristi del Green era una opzione di partenza ma non rivestivaquel livello di eccellenza che le Zero Emission comportano nella opinione pubblica; dal lato normativo le Ibride erano in fondo il minimo sindacale per ottemperare, rispetto alle endotermiche pure, al decalogo ambientalista promulgato dalla Unione Europea.

 

Successivamente, dal 2020 l’Hybrid (e paradossalmente l’Hybriddei poveri, il Mild) ha corroborato quella “confusione” mediatica e dibattimentale di commentatori ed evangelici dell’Elettrico che hanno “inavvertitamente” sempre compreso le immatricolazioni delle Mild come parte statistica di conteggio del mondo BEV (il che fa capire da subito la labilità di talune statistiche: a tema di smentita, chi vuole contestare questa mia affermazione farebbe bene a corredarsi dei commentari alle statistiche del periodo.

 

E l’Apologia? Beh, quella è partita dall’Intellighenzia manageriale ai piani alti dei Costruttori unitamente all’apologia mediatica raccontata poco sopra.

Per l’universo degli Automobilisti in realtà e molto più modestamente il mondo Hybrid è visto in almeno tre modi complementari: un ponte di passaggio alla elettromobilità totale, per alcuni; un obbligo normativo per continuare a circolare, e direi che questo vale per la gran parte dei potenziali clienti; ed infine un modo per rinnovare il proprio mezzo potendo contare sul rapporto di fidelizzazione con il Brand, per un ultimo segmento di Clienti, dato che tutti i Marchi presenti sul mercato sono presenti con loro prodotti Ibridi.

Per i Costruttori, infine, l’Ibrido è stato il motore della “Deregulation” di Gamme e Listini, qualcosa a metà tra l’uovo di Colombo ed un obbligo di legge: dotare modelli e Gamme già in commercio di motore elettrico e pacco batterie di base a supporto del classico motore endotermico è stato persino più facile per alcuni Brand, con le “Mild Hybrid”, che non dotare i propri modelli di Impianti di alimentazione alternativa; ed è stato un modo per tenere ancora distante la elettrificazione di massa delle catene di montaggio; visto che in questo modo molti Costruttori sono riusciti da un lato a ridurre le emissioni globali di Gamma e dall’altro sono persino riusciti a imporre come “nuovo modello” qualcosa che tecnicamente – per effetto del funzionamento passivo del Mild Hybrid rispetto al funzionamento meccanico – rientrerebbe nel novero dell’”Impianto” aftermarket che di per sé non ha mai contrassegnato un modello nuovo rispetto al modello originario senza impianto. Ma questo, temo, sono in pochi ancora a capirlo.

 

Per la Commissione Europea, e per l’Industria dell’auto, a sua volta, la dimensione ibrida ha significato un nuovo focus continentale di tecnologia e prestigio che ha interessato lungo un decennio tutta la filiera automotive (Industria, Commercio, Aftermarket e componentistica, servizi connessi). Ma è stato un primato di breve respiro: da pochi semestri a questa parte anche su Hybrid ed endotermico Bifuel i Costruttori cinesi si sono “infilati” nello spazio “low Cost” lasciato virtualmente aperto temporaneamente dai Costruttori europei generalisti che si sono destreggiati a tagliare la offerta di “Nuovo” sotto i 16.000,00 Euro (bella forza, direte Voi: avevano ed hanno le autoimmatricolazioniKm Zero….).

 

Hybrid: crescere all’ombra del miraggio BEV: ma il miracolo “Decarbonizzazione”?

Tutto questo, sappiamo bene, svolto nel cono d’ombra dell’ Elettrico 100%: per ben 10 anni, fino alla Pandemia, il focus della comunicazione e del Marketing dei Brand era rappresentato dalle strategie di settore BEV, e l’Ibrido al massimo in questo contesto poteva dirsi un combinato disposto del mercato “Entry Level; ma oggi per un Costruttore l’Ibrido non è una opzione per rimanere nella carreggiata ecologica, ma è un valore di distinzione e di evoluzione tecnologica. Da qui la esigenza di “completare” lo sviluppo dell’endotermico – anche in chiave Euro VII – con le alimentazioni alternative. Ed ecco, da qui si apre il nuovo fronte di dibattito.

 

2026, lo Step di Revisione chiesto dai Tedeschi. Che fine ha fatto?

Nel Regolamento 2023/851 si fa espresso riferimento ad un aspetto chiave in tema di valutazioni determinanti sul percorso di decarbonizzazione:

”Nel 2026 la Commissione, basandosi sulle relazioni biennali, riesaminerà l’efficacia e l’impatto del presente regolamento e presenterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione contenente i risultati del riesame. La Commissione valuterà in particolare i progressi compiuti ai sensi del presente regolamento nel conseguire gli obiettivi di riduzione di cui all’articolo 1, paragrafo 5 bis, (obiettivo di ridurre del 100% le emissioni dal 1° gennaio 2035) tenendo conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride ricaricabili, e dell’importanza di una transizione economicamente sostenibile ed equa dal punto di vista sociale verso l’azzeramento delle emissioni. Sulla base di tale valutazione, la Commissione valuterà di rivedere gli obiettivi di cui all’articolo 1, paragrafo 5 bis. La Commissione valuteràinoltre l’impatto della fissazione di soglie minime di efficienza energetica per le autovetture nuove e i veicoli commerciali leggeri nuovi a zero emissioni immessi sul mercato dell’Unione. La revisione sarà corredata, se del caso, di una proposta di modifica del presente regolamento”.

E se tutto questo è nei programmi della Commissione e ad un orizzonte di solo un anno e mezzo dalla fine del 2026, due cose sono evidenti ed in contrapposizione tra loro a meno che lo step di revisione non sia rimandato al futuro: o si arriverà al superamento per inefficacia del provvedimento visto che al momento non esiste un modello solo di Gamma europea che sia funzionante, omologato, alimentato ad e-Fuel.

Oppure il prossimo anno ci attende all’orizzonte una doppia tagliola su suolo europeo: la “diffusione forzata” a titolo di prova ambientale obbligatoria di e-Fuel e di “Biocarburanti” come soluzione più immediata in termini di distribuzione di massa di carburanti.

 

Ma se questo fosse uno scenario plausibile si realizzerebbe una doppia condizione obbligata di consumo ed approvvigionamento: 

la temporanea riduzione della Benzina usualmente in commercio a vantaggio della “E85” con presenza di componente agricola riciclabile e circolare (idem per il BioDiesel);

 

Il lancio sperimentale di E-fuel sostitutivo di benzine e Gasolio per autotrazione.

 

Ma su quale categoria di auto si dovrebbero catalizzare queste nuove alimentazioni alternative, ove fosse avviato un ciclo sperimentale di distribuzione commerciale di E-Fuel e di Biocarburanti?

 

Semplice: su una Gamma di endotermiche Hybrid tarate appositamente di nuova produzione; e per l’Usato? Semplice: si dovrebbe ricorrere per il 75% / 80% delle auto prodotte (con sicurezza) dopo il 2010 al solo apporto del Biocarburante addizionato di componente agricola. 

 

Ma il problema diventa abbastanza pesante (man mano che l’anzianità del Parco circolante cresce) per le auto precedenti alla soglia di sicurezza del 2010: in molti casi sono auto che con la benzina ad alto tasso di componente alcolica entrano in crisi. E per le quali buona parte del mercato tedesco e francese ha da tempo varato delle “Sub ECU” in grado di dialogare con la ECU principale per “leggere” e modificare i parametri di funzionamento del motore ai fini di anticipo, dosaggio del flusso degli iniettori, volumi e flusso di aria, angoli di rotazione della farfalla ed altro. Si tratterebbe, ad oggi, di centraline e middlewarein commercio per poche centinaia di Euro presso questi Paesi, a partire dalla esperienza “capostipite” negli Stati americani dove la “E95” e la “E100” ad altissima componente alcolica derivata dal mais è diffusa da diversi lustri.

La domanda allarmante è una sola: se domani l’interfacciamento con questo tipo di “Sub ECU” ovvero di Middleware fosse praticamente reso obbligatorio da esigenze ambientali di ricerca, e dunque per effetto di questo venisse razionata la distribuzione di benzina e Diesel tradizionali, quanto arriverebbero a costare queste interfacce che oggi sono persino acquistabili su Internet a poche centinaia di Euro incluse spese di spedizione e criteri di taratura e montaggio? 

 

Insomma, per chi come me è complottista naturale, viene facile pensare che così come dopo il Lockdown la proliferazione emergenziale ed improvvisa dei Mild Hybrid è stata l’ambiente nel quale i consumatori hanno speso quasi il 20% in più sul listino delle loro precedente auto solo per l’inserimento di un motore elettrico e di pacchi batterie modello Minipimer; allo stesso modo una novità nell’aria da tempo, quella della probabile diffusione al commercio di propellenti con massima componente agricola e di Efuel contro un anche temporaneo taglio alla erogazione di carburanti fossili, non verrà secondo me propagandata e premessa per tempo. 

Questo per accentuare da un lato il ricambio di vecchie auto con nuove Ibride compatibili con le alimentazioni alternative, e per chi non potrà spendere  ci sarà comunque la “bottarella” delle Centraline vendute – poiché divenute obbligatorie – non più a poche centinaia di Euro ma a cifre vicine al millino di Euro.

 

Ma ora parliamo di Efuel: abbiamo ormai appurato che i Costruttori tedeschi sono attenti alla possibile evoluzione dentro al processo di decarbonizzazione del ruolo degli E-fuel che in fondo sappiamo già cosa sono. Ma quanti di Voi sanno davvero quale sia lo stato dell’arte della possibile convivenza di motori endotermici alimentati a Carburanti sintetici e piattaforme Hybrid?

 

Chi guarda con interesse all’Hybrid alimentato ad E-Fuels

Gli e-fuel vengono prodotti scindendo idrogeno dall’acqua e legandolo alla CO2 dall’atmosfera tramite un catalizzatore ad alta pressione, che attraverso elettrolisi e polarizzazione crea un vettore energetico liquido simile a quello della benzina.

 

Gli e-fuel sono considerati un’alternativa quasi neutra ai combustibili fossili, in quanto riciclano la CO2 nell’atmosfera che viene rilasciata durante la combustione. 

 

La parte “quasi” neutra deriva tuttavia dal fatto che la produzione di e-fuel è estremamente affamata di energia. Come soluzione, gli impianti di produzione utilizzano fonti rinnovabili per mantenere un processo sostenibile. Al momento uno dei nomi più iconici che legano la propria ricerca è quello di Porsche, con la sua proposta Hybrid+motore ad E-fuel; ma anche altri Costruttori piano piano si stanno attrezzando: vediamo alcuni esempi.

 

Toyota ad esempio solo un anno fa ha presentato motori per Hybrid con alimentazione a Bio carburanti ma con un occhio anche all’Efuel; Honda a sua volta attraverso l’A.D. ToshihiroMibe ha espresso favore ed attenzione.

 

Il “Metanolo Verde” ovvero l’E-methanol ha trovato invece finora due adepti di rango: Geely investe nell’E-fuel dal 2005, nel 2015 è entrata nel controllo della Carbon Recycling International (CRI), un’azienda islandese impegnata a riutilizzare l’anidride carbonica prodotta dal vulcano legandola con l’Idrogeno ricavato dall’acqua. Tre anni fa Geely ha impiantato il sistema in Cina, ad Anyang.

Ma anche Tesla insieme ad Obrist si è resa in grado di sintetizzare ed usare l’E-metanolo con un progetto di auto Hybrid.

 

Che possa essere questo un possibile percorso di una Tesla oltre la trazione elettrica pura?

Mettiamoci anche le recenti dichiarazioni del CEO BMW che ritiene l’E-fuel ottimale per garantire il prolungamento di vita di almeno 250 milioni di endotermiche in Europa.

 

Certo, se mettiamo al centro del ragionamento il motore Ibrido è perché la interazione tra norme di Bruxelles, politiche commerciali dei Costruttori e situazione geopolitica generale ha praticamente tagliato fuori l’alimentazione tradizionalmente sostitutiva in termini ecologici ed ambientali della benzina: il Metano o Gas naturale, surrogato efficacemente dalla produzione di “Biometano” ottenuto dalla lavorazione di scarti organici e strutturato molecolarmente come il Metano fossile.

 

Insomma, se Endotermico potesse essere dopo il 2035, nelle scrivanie di Bruxelles le cartelline ed i Dossier riporterebbero un solo termine: “Hybrid” Full o PlugIn, e anche il Mild sarebbe (e sarà) cancellato dalla Gamma di offerta. Insomma, si sta per scrivere entro il prossimo anno il canovaccio della offerta di Gamma delle auto europee dal 2035? Io sono sicuro di si. BEV., Hybrid e multialimentazione.

 

.A questo punto il mercato, entrato un poco a regime, progrssivamente inizierà a diffondere in tema Ibrido sia le Plug In che le Full Hybrid assorbendo le Mild, mentre tuttavia dovrebbe prima o poi in Europa riprendere anche un trend che pareva essere stato cancellato dalle cronache: quello delle alimentazioni a Gas, parzialmente frenato da aumenti “sospetti” dei Gas alternativi per eccellenza (GPL e Metano).

 

E proprio un ritorno di fiamma della preferenza del pubblico europeo verso le endotermiche, l’Inquisizione ecologista verso il motore classico, la nuova vitalità del mercato Usato anche come Asset commerciale per i Brand, ed infine una fase di diffidenza verso un futuro elettrico di massa in Occidente; tutto questo insomma ha dato un nuovo focus di attenzione da parte del mondo industriale alle soluzioni alternative di alimentazione per gli endotermici proprio in abbinamento con l’Ibrido.

Insomma, anche se non atteso dai Brand, il ritorno dalla finestra dell’endotermico si è avverato come previsto da noi da tempo.

 

L’etanolo: il futuro per le Americhe, incognita per l’Europa

Ovviamente parliamo dell’Etanolo, basato sul patrimonio agricolo e biologico e classificato nei Biocarburanti.

I combustibili sostenibili (biofuel) sfruttano il potenziale energetico delle piante, che durante il processo fotosintetico assorbono CO2 atmosferica e che nel processo industriale di trasformazione in biocarburanti sono fautori di una procedura –la pirolisi – a zero emissioni di carbonio: la pirolisi scalda la biomassa fino a 700° in ambiente privo di ossigeno, ottiene gas che condensato per raffreddamento diventa combustibile liquido, che denaturato diventa sostanzialmente alcool per uso energetico. 

Non c’è dubbio che il destino dell’etanolo nella alimentazione dei motori endotermici europei dipenderà soprattutto dallo status che Commissione e governi definiranno per un combustibile che, negli USA e in SudAmerica (dove viene ricavato da mais e canna da zucchero), viene da sempre promosso ed usato come perfettamente rinnovabile, in grado di ridurre il prezzo del carburante ed abbattere le emissioni, ed aumentare l’indipendenza energetica dalle fonti fossili. Qui in Europa, sappiamo bene, si fatica ancora a decidere se l’Etanolo sia effettivamente “Carbon Neutral”.

Il Governo federale USA ha calcolato nel 2023 un potenziale lavorativo di quasi 400.000 posti di lavoro, e una partecipazione al PIL nazionale di 54 miliardi di dollari, per il mondo dell’etanolo: che inoltre contribuisce ad incrementare del 55% il valore finale del mais trattato, per prezzo al quintale, poiché ne ricicla la parte destinata a rifiuto. 

In parole povere, alla fine del processo di riutilizzo energetico il quintale di mais acquisito finisce per costare la metà, oltre a ridurre per processo di catena le emissioni di CO2 poiché la quantità di piante mandate in lavorazione interrompe il ciclo di emissione naturale della anidride carbonica. 

L’etanolo riduce così anche le emissioni di carbonio, rimuovendo negli USA l’equivalente di prodotto per 12 milioni di auto dalla strada ogni anno. Ma se si guardano ai dati ricavati in Brasile, la soglia di decarbonizzazione è perlomeno quattro volte superiore.

Henry Ford e Alexander Graham Bell furono tra i primi a rendersi conto che gli zuccheri presenti in abbondanza nelle piante potevano essere facilmente e a basso costo convertiti in combustibili alcolici rinnovabili e a combustione pulita: utilizzando tecnologie all’avanguardia, oggi le bioraffinerie di etanolo convertono cereali, rifiuti di bevande e cibo, biomassa cellulosica e altri prodotti chiamati materie prime in etanolo ad alta efficienza.

 

Sul versante industriale, l’etanolo in Europa è in ogni caso destinato ad un bivio: l’attuale quota di componente vegetale nella benzina in commercio tenderà ad aumentare perlomeno fino alla soglia predefinita dell’85%. Probabilmente sarà difficile, come in Sudamerica o negli USA, toccare le punte di E95 od E100: la disponibilità agricola di materia prima (Viti, mais, altro) è maggioritariamente destinata al fabbrisogno personale ed alimentare, a differenza di continenti dove Canna o mais sono sovrabbondanti.

 

Sotto l’aspetto delle tecnologie impegnate per sviluppo industriale di nuovi motori ad etanolo, chiaramente la tradizione Fiat in Brasile (dove arrivò già nel 1979 la prima “127/147” alimentata ad etanolo) unita alla vocazione della Francia sulla “E85” (dove grazie agli approvvigionamenti di canna dalle ex colonie la materia prima agricola è più facilmente disponibile) porta il Gruppo Stellantis ad essere tra i più impegnati in questo ambito.

Dunque ovviamente Stellantis mena le danze iniziali per una nuova possibile Gamma di motori per auto Hybridalimentabili ad etanolo (il 1.0 Turbo 200 Flex 3 cilindri, ad esempio) ma anche GM ed Honda porteranno proprie linee di Ibride ad Etanolo al 100%: come detto, alla spinta oltreoceano non possiamo al momento dire se seguirà un filone prolifico anche in Europa. Ma guarda caso il Brasile arriva sotto la lente mediatica per una “invasione amichevole” di BYD che porta auto elettriche e nuove linee industriali. Serviranno solo per le elettriche o per fruire del patrimonio naturale di etanolo da canna da zucchero che solo in Brasile muove finora il 65% delle auto in circolazione?

Biometano: l’amico elettivo dell’Ibrido europeo?

 Il biometano si ottiene dal biogas scaturito da rifiuti organici urbani e biomasse agricole o agroindustriali. Dunque da quello che ordinariamente consideriamo rifiuto l’Europa ricava oltre 21 miliardi di mc di biometano e biogas, con stime obbiettivo di 33 miliardi entro il 2030 e persino di 85 miliardi di mc nel 2050. 

Sapere che questo tesoro nasce dagli scarti derivanti a loro volta da ciclo biologico dovrebbe già far gridare al miracolo anche perché nel settore l’Industria nazionale ha delle eccellenze internazionali. Ma, detto questo, sembrerebbe quasi ovvio e banale “metanizzare” una Ibrida a Benzina: “Si” perché il Know How degli installatori e produttori di Impianti ha capacità e tradizione per interfacciarsi nel modo migliore con l’innovazione di prodotto Ibrida. 

 

E però no, al contrario, perché a vedere l’attuale offerta “ZERO” di Gamma dei Costruttori sembrerebbe tramontato un vero e proprio filone commerciale. Ma crediamo che lo stop momentaneo di offerta sia solo propedeutico alla riproposizione entro cinque anni di una Gamma che, fatto reset completo dei listini delle vecchie generazioni, avrà il compito di riportare su iprezzi del nuovo. Ci potere scommettere. Come potete scommettere che l’Europa non può fare a meno del requisito determinante del Metano: un m.c. di metano combusto produce solo 1,8 Kg. di CO2, un record difficilmente eguagliabile da altre alimentazioni.

Chiaramente non sono pochi i costruttori che potrebbero creare o “rispolverare” programmi Ibridi con Biometano (vedi Volkswagen con la Gamma TGI, o diversi Costruttori con le Dual FuelHybrid): ma quello che rende ancora interessante per le Flotte la “biometanizzazione” del Parco Ibrido esistente sembra la ritrovata vitalità degli Installatori Aftermarket. Ovvio, ripeto: in questo ambito si sommano le competenze decennali di Marchi ed Installatori, di componentistica sempre più aggiornata e la sincronizzazione / ottimizzazione con il supporto Ibrido, ma è chiaro che le problematiche tecniche si fermano ad un solo dubbio: negli anni, dopo lo stop di offerta di “Dual Fuel” metano in Gamma, i Costruttori hanno ancora in catena di montaggio motori in grado prima di tutto di risolvere i due problemi chiave del metano (ciclo di combustione ottimizzato e resistenza al degrado ed all’usura accelerata di sedi valvole, cieli del pistone e camicie)?

E se consideriamo gli oltre 1.500 distributori – di cui più di 100 di metano liquefatto (LNG) – che erogano già oggi per il 30% biometano (in grado di consentire al Paese di traguardare in modo immediato una mobilità eco-compatibile e di fare un importante passo in avanti verso l’indipendenza energetica) crediamo che la questione tocchi punti ancora più interessanti.

Ma quel che abbiamo appena detto per il Metano si sposa benissimo con il vero e proprio mercato aureo in Italia rispetto all’Europa. Il GPL che vede gli italiani comprare il 55% del totale annuo immatricolato nella UE ogni anno

Ibride e GPL: Matrimonio di vero interesse

Il GPL, miscela di idrocarburi, principalmente propano e butano del quale il 70% si estrae dal gas naturale, per il restante, dalla raffinazione del petrolio, è come nel caso del metano una vecchia conoscenza del mondo automotiveeuropeo ed è una buona soluzione commerciale fin quando e solo se supportato da normative molto favorevoli. Il suo 30% di componente fossile nel litro di combustibile diventa ben più pesante con riferimento al maggior consumo nominale che può arrivare al 15/20% in più rispetto al pari modello auto a benzina o metano. Allo stesso modo è opinabile ritenere che l’eventuale confronto tra emissioni CO2 del GPL rispetto al benzina – su 100 Km. percorsi – possa eguagliare quota – 70%, poiché appunto il rapporto di consumo in litri è penalizzante per il GPL.

 

Ed ecco le prime due proposte Hybrid + GPL , da Dacia e Kia:

Dacia Bigster Mild Hybrid per il Marchio del Gruppo Renault (motore 3 cilindri 1200 cc. turbo con 140 Cv + motore elettrico a 48V) e Kia Niro Full Hybrid per il Marchio coreano: quattro cilindri 1600 cc + elettrico per complessivi 126 Cv, autonomia di 689 Km totali nella combinazione totale. 

Dal lato della offerta Aftermarket, non mancano neppure i Kit per alimentare Ibride native con sola opzione a benzina: come detto, tutto è frutto di una esperienza di decenni su impianti a Gas, mondo in cui gli installatori italiani sono da sempre all’avanguardia. E restiamo alla finestra in attesa di nuovi Player magari cinesi.

La morale? Secondo noi semplicissima

Abbiamo argomentato, senza voli pindarici, che Bruxelles NON PUO’ prescindere da una forte quota di endotermici in circolazione alla data del 2035; la proiezione di vendite e soprattutto di Gamma disponibile per convertire in BEV la maggior parte di ancora 300 milioni di endotermiche in circolazione in Europa richiederebbe volumi annui di immatricolato pari ad almeno venti milioni di full electriccostantemente ogni anno per dieci anni. Soglia di realizzabilità? ZERO. 

 

Sul fronte vendite ed immatricolazioni dunque, ai livelli di spesa attuali, presumibilmente la Commissione punta ad un panorama di Parco circolante, al 2035, così conformato:

​-20% BEV e Fuel Cells;

​-15% Mild Hybrid + analoga quota solo Endotermiche;

​-50% Full Hybrid e PlugIn;

Solo anche prevedere e favorire la alimentazione alternativa di quel 50% ipotetico di Full Hybrid e Plug In con Efuel, GPL, Biometano e Biocarburanti (ovviamente la scaletta non è casuale, ma considera i volumi produttivi endogeni o di import di carburanti secondo la propria matrice; ed è chiaro che con un mercato delle benzine e dei Diesel a componente agricola dove la materia prima presente in altri Paesi non è infinita e dove però in Europa Mais e Vite sono prodotti in volumi molto meno pesanti, il Biocarburante che l’Europa potrà produrre in proprio, o con materia prima importata, risulterà nel medio termine il tipo di alimentazione meno diffondibile in rapporto al costo di erogazione).

Dunque lo spiraglio per la continuità endotermica dopo il 2035 non è ipotetica, è sicura. E non uno spiraglio ma interi target di mercato in cui ovviamente la distribuzione di carburante Fossile sarà contingentata. Costi del Carburante alle stelle? Fate Voi: oggi produrre un litro di E-Fuel costa mediamente dai quattro ai sette Euro in ragione dei siti produttivi e del tipo di energia utilizzata per produrre. Un litro di Etanolo puro per addizione alla benzina sta, orientativamente, su costi produttivi di tre Euro al litro secondo base agricola massiva e di coltivazione estesa (Canna da Zucchero, Mais) ma può arrivare, secondo proiezioni di alcuni studiosi, agli otto Euro per la componente vitivinicola di massimo scarto, dove cioè per non toccare la materia prima (uva) destinata al commercio alimentare si vadano a lavorare ed ottenere le quantità di Etanolo da volumi giganteschi di scarti vegetali (foglie, stralci e potature delle viti).

Certo, Biometano e GPL sono ancora da questo punto di vista ragionabili, ma il problema è in un caso l’aumento del costo della estrazione di Biometano dai siti Europei in caso di aumento della domanda (acquisto all’estero di scarti organici per produzione) e nel caso del GPL l’aumento del costo per una quota di immatricolato che in Italia già tocca e spesso supera la metà del volume annuo europeo. 

Se però l’aumento indiscriminato del costo per litro dei carburanti alternativi non Vi bastasse (si parla già alla data dei prossimi anni di prezzi alla pompa che partiranno da tre euro e cinquanta al litrominimi per fare il pieno) rassicurateVi con l’effetto sorpresa ed emergenza sui Listini. Quello è un giochetto al quale però siete di certo abituati.

 

Riccardo Bellumori

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