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Francia e Spagna contro il ritorno del motore termico?

Nuova Volkswagen Touareg 2021, il motore ibrido Plug-in

Nell’Italia delle dominazioni che provenivano da fuori dei nostri confini, il volgo aveva coniato una sorta di slogan: “Franza o Spagna, basta che se magna; o Spagna o Francia basta che stia bene la pancia”: come a dire, non importa chi è il dominatore di turno, purchè favorisca le condizioni di “minimo” stato di sussistenza e di casareccio “Welfare” per il popolo. 

Per secoli gli italiani sono stati contrassegnati sarcasticamente da questo motto – in verità davvero deprimente – ma evidentemente i corsi e ricorsi storici individuati da Gianbattista Vico sono dietro l’angolo in ogni epoca e per ogni Nazione o popolo. 

Perché dopo quello che è avvenuto poche settimane fa, nella frattura a due fronti contrapposti tra Paesi europei sul destino del motore endotermico, segna una svolta non indifferente nella prospettiva evolutiva – mercato per mercato – della mobilità europea prossima ventura. In effetti per la prima volta si è assistito ad un vero e proprio cambio di fronte rispetto ad esattamente tre anni fa: era in corso il Salone di Parigi, e la coppia d’assi TavaresDe Meo (Stellantis e Renault) dichiaravano il proprio disappunto verso la politica di Bruxelles troppo favorevole all’elettrico e discriminatamente ostile verso l’endotermico. 

Alle prese di posizione di Stellantis e Renault (per bocca dei Leader dell’epoca) si erano associati moderatamente pochi altri player soprattutto del mondo aftersales ed aftermarket. Mentre la posizione tedesca alla data ancora del 2022 era decisamente “cerchiobottista”: cioè iniziava ad affiorare un approccio pubblico meno evangelizzato nei confronti delle BEV (ed in effetti è stata l’Associazione dei Costruttori tedeschi a concordare con Bruxelles lo step di revisione al 2026 per il contributo degli e-fuel alla decarbonizzazione) anche se il dogma elettrico rimaneva a quella data ancora primario per i Marchi teutonici.

L’Italia in questo fronte contrapposto alla data del 2022 dove si trovava? Con Stellantis era di parte (con FCA), mentre con gli altri Marchi iconici del Belpaese (Pagani, Lamborghini, DR Group) le opinioni erano multicolore: si andava dalla contrarietà assoluta di Pagani al pragmatismo di Lamborghini (Audi) fino alla posizione più paludata di DR. 

E la Spagna? Chiaramente la Spagna ha rappresentato e continua a rappresentare un caso particolare nello scenario industriale europeo. 

Quantitativamente la Spagna pesa ormai da tempo come una delle prime tre nazioni europee in volume produttivo, e in alcuni anni ha persino “soffiato sul collo” della Francia. 

Spagna e Francia contro le “riaperture” all’endotermico

Ma strategicamente e politicamente possiamo dire che la cittadinanza spagnola di Seat e Cupra non consente alla penisola iberica di “marcare” il territorio delle politiche e dei trend europei al pari delle altre Nazioni costruttrici all’interno della UE: soprattutto negli ultimi anni il destino “alternativo” di Seat e il peso di Cupra che oggi vale come un Brand Premium di “nicchia” porta spesso gli iberici a recitare la scena muta nei confronti del dibattito cruciale dentro all’Europa.

Come detto, la situazione manifestatasi dentro gli spazi del Salone di Parigi del 2022 ha trovato, lungo un periodo tra i più neri per l’Automotive europeo, una rivoluzione di campo proprio poche settimane fa, quando due nazioni antitetiche come Italia e Germania hanno definitivamente espresso un netto e categorico “NO” alla eventualità di uno Stop alla produzione endotermica dal 2035. Le motivazioni sono abbastanza chiare per l’Italia (Governo, associazioni di Categoria, Sindacati; e “finalmente” la parte italiana di Stellantis) mentre alla luce del trend “favorevole” da tempo espresso da politica ed industria verso la conversione elettrica dell’Europa, fa un poco scalpore la nuova posizione tedesca. 

Dalla lettera comune sottoscritta dal Ministro Urso per l’Italia e dalla rappresentante tedesca Katherina Reiche, si delinea una nuova visione teutonica decisamente clemente verso l’endotermico.

E allora, come mai, in questo ribaltamento copernicano, a vestire i panni della antagonista a sé stessa è arrivata la Francia

E perché una volta tanto la Spagna è uscita allo scoperto assumendo una posizione categorica e certamente alternativa? Cosa è accaduto e per quali, molto plausibili, motivi?

Germania e Italia hanno unito le forze per spingere verso modifiche al divieto dell’UE del 2035 sulle emissioni allo scarico delle nuove auto, chiedendo che i veicoli “alimentati con carburanti rinnovabili” restino “idonei alla registrazione” anche dopo la scadenza; questa è la sostanza della lettera comune, ed in fondo a parte i titoloni e le recensioni trionfalistiche dei “no WATT” nell’Automotive, a me pare persino fin troppo garbata una lettera che – a mio avviso – doveva essere molto più perentoria: “NO” alla evangelizzazione elettrica monopolista, “SI” alla compresenza dell’endotermico (magari con multialimentazione) e “SI” al ritorno europeo ad un Diesel davvero ecologico e “leale” nelle cifre dichiarate.

Purtuttavia, piuttosto che nulla meglio piuttosto; e chiaramente il tono pacato ed universale delle indicazioni italo-tedesche avrebbe persino potuto rendere quella lettera una sorta di manifesto programmatico europeo per la tanto sbandierata neutralità tecnologica che di fronte a tanto eccesso manicheo dall’una e dall’altra sponda delle frontiere tecnologiche del mondo Auto sarebbe il primo obbiettivo da conservare dentro Bruxelles.

Eppure, Francia e Spagna hanno detto : “No, grazie”. 

Il rigore elettrico come motivo di attrazione dell’industria cinese?

E come ho appena detto poco sopra, la Francia ha così contraddetto gli esponenti principali del suo impero industriale auto: Tavares prima, e Filosa oggi, hanno mostrato nel tempo una decisa posizione antagonista alla deriva evangelica della elettrificazione del parco auto circolante; mentre Luca De Meo ha espresso una sorta di “mea culpa” ammettendo dalla scrivania di ben altro ponte di comando della Renault che si – in effetti – l’eccesso evangelico di Bruxelles verso la conversione elettrica è qualcosa che in poche parole ci sta portando nel baratro. 

Mentre la Spagna, come detto, è un Paese trasformatore – ovvero produttore contoterzista – di auto dentro una composizione industriale nazionale che vede ormai il marchio storico SEAT oggetto di inesorabile conversione al ruolo di Operatore di mobilità globale (con tutto il seguito di incognite e di diversificazione possibile rispetto al classico ruolo di “Car maker”) ed il nuovo Brand “Cupra” ancora lontano da volumi definibili come “Mass Market”.

Spagna e Francia si sono dunque dette contrarie sostanzialmente alla revisione secca del processo di esclusione degli endotermici dal 2035, cioè hanno confermato quella linea dura di “Fit for 55” che tre anni fa a Parigi aveva rotto il ponte di dialogo tra Costruttori e Commissione europea.

In un documento congiunto, entrambi i paesi avvertono di non indebolire questo obiettivo. La decisione dell’UE non deve essere messa in discussione. «Il futuro dell’industria automobilistica europea sarà elettrico», si legge nel documento recensito della Deutsche Presse-Agentur. Parigi e Madrid sottolineano che miliardi di euro sono stati investiti dal 2023 nell’elettrificazione dell’industria automobilistica europea. Questa decisione strategica deve rimanere in vigore.

I due paesi sperano che nella prossima revisione venga mantenuto il limite per il 2035 e le ambizioni ambientali per le emissioni di CO2, si legge nel documento. In particolare, la revisione non dovrebbe in alcun modo mettere in discussione l’obiettivo di emissioni zero entro il 2035. 

Parigi e Madrid si “cautelano” solo di fronte alla ipotesi di un “maxi Carbon Credit” per le auto 100% europee o quelle che identifichino il Made in Europe in tutto il mondo. Per parlare in soldoni, si tratterebbe di ammettere in una sorta di listone protetto Marchi come Porsche, Ferrari, Lamborghini ed altri che per ovvi motivi non possano escludere dalla loro Gamma gli endotermici; ma per il resto è linea dura a favore dell’elettrico esclusivo dal 2035 senza neppure alcuna deroga per le Ibride Plug In ritenute capaci di emissioni tre volte superiori a quelle dichiarate in omologazione.

Questo ultimo punto, ad essere sinceri, mi ha imposto una valutazione in stile “complottista” dello stato dell’arte macroeconomico in cui si muovono i due Paesi in accordo, almeno su questa questione, tra di loro. Insomma, mi sono chiesto, cosa c’è…sotto? 

Produzione Auto in UE: se Roma piange, Madrid e Parigi non ridono

Sotto c’è la situazione macroeconomica di due Paesi motoristicamente “pesanti” in Europa, che sembrano aver tuttavia infilato un viatico oscuro di declino sia numerico che simbolico, e questo comporta problemi sia ai due paesi stessi come a tutto il continente europeo.

In particolare la situazione più grave – in caso di crollo dell’industria dell’auto – sarebbe da mettere in conto per la Spagna che, a differenza della Francia, ha centralizzato la massima parte anche della sua produzione Aftersales originale ed Aftermarket IAM sulla base di commesse degli OEM per i quali lavora nella produzione di auto; mentre a differenza di Francia (come di Italia, Germania e Gran Bretagna) in Spagna non si ricordano componentisti o subfornitori capaci di offrire il proprio prodotto in modo indipendente come, ad esempio, la Bosch in Germania, la “Valeo” in Francia o la Brembo. 

E proprio in Spagna i numeri dimostrati dall’industria dell’auto sono molto in chiaroscuro: volumi in calo, con il balzo ottenuto dopo il Lockdown che si è ridimensionato davvero in dinamica e traiettoria di crescita; la Spagna ho prodotto quasi 2 milioni e 360 mila auto lo scorso anno contro il dato di 2,5 milioni quasi nel 2023; ed i numeri sono poco gratificanti anche nel 2025 in corso.Insomma, per Madrid il problema è la massima produttività degli impianti e la piena occupazione, che finora ha permesso alle Imprese di aprire stabilimenti con un vantaggio fiscale, logistico/portuale ma soprattutto beneficiando di salari e costi fissi inferiori rispetto ad altri Paesi, al punto che Germania e Francia, ai tempi, vi hanno implementato la presenza industriale. 

Ma la prospettiva di un disinvestimento misurabile in modo già abbastanza pesante da parte dei Costruttori tedeschi e le proiezioni di Stellantis sul Marocco sono segnali da non sottovalutare. 

Ed ovviamente all’orizzonte per la Spagna si tratta di non finire sotto scacco da almeno tre zone industriali abbastanza contigue o perlomeno concorrenti: il Nord Africa, appunto, così a due passi ma ancora in fase di lancio dal punto di vista dei volumi industriali ottimali per il settore dell’auto; poi l’Europa dell’Est, che per i Costruttori tedeschi rimane una alternativa sempre opzionabile ed interessante; ed infine la Turchia, che pur essendo geograficamente molto distante è pur sempre il sito di impianti di tutti gli OEM presenti sul territorio iberico. 

Ed ovviamente la Spagna ha tutto l’interesse a mantenere alta la produttività industriale (come detto in calo) o con gli attuali player presenti o con altri. I cinesi appunto, che dal canto loro sono molto interessati ad insediarsi in Spagna per via del tessuto infrastrutturale e logistico ottimale, per il clima che non fa scherzi e per il vantaggio geografico di essere un ponte contemporaneamente per il Centro e Nord Europa, per l’Africa, per il Medio Oriente e persino per gli Stati Uniti.

Ed anche in Francia la situazione non appare esaltante, visto che crescono le immatricolazioni a discapito della produzione nazionale, e dunque nel classico punto di vista francese molto sovranista la cosa non è buona. Ultimamente lo stabilimento che sforna più auto all’anno appartiene alla TOYOTA ed è quello di Onnaing; e persino Renault deve constatare un calo dei volumi prodotti in casa rispetto agli Impianti esteri. 

Fallimentare finora il tempio elettrico strutturato da Renault a Douai la cui produttività è sotto le attese. Stellantis a sua volta sta crescendo produttivamente fuori della Francia, con Polonia e Marocco cresciute tantissimo. Ma il calo della produzione in Francia, unito al calo delle vendite globali dei Marchi francofoni (Peugeot, Citroen, DS) è un problema che si sta scaricando nel tessuto della subfornitura dove le chiusure di suppliers e di imprese subappaltatrici sono all’ordine del giorno. E tra questi “suppliers” c’è anche un nome come Michelin. Nel frattempo, non so se per amore dell’ecologia o per stupidità, la filiera industriale francese di auto (i Carmakers) e quella della subfornitura hanno iniziato (direi in maniera irreversibile) il processo di transizione all’elettrico, sia con la moltiplicazione dei Brevetti in chiave “Z.E.” sia con la sovrapposizione e la surroga dei “vecchi” processi produttivi endotermici con la produzione in chiave elettrica. Risultato: l’industria francese dell’auto cala, i Playersdisertano all’estero, le imprese di Supply chiudono, la produttività nazionale ne risente…….E il Debito?

Sappiamo che la Francia sta attraversando una crisi di sistema fortissima. Macron è senza dubbio già adesso il Presidente più impopolare e meno amato della storia francese, e la instabilità politica comincia a generare allarme. In questo va ricordato che la Francia ha già un rapporto Debito/Pil tale da avviare una crescita dello Spread che ha superato quello della Grecia e si sta avvicinando alle soglie dell’Italia, con il rischio di superarlo se non verranno prese misure strutturali. 

Senza riforme e interventi, il rapporto Debito/Pil schizzerà in alto, e guarda caso la potente Francia è “soggetta” alla maggior quota di Debito in mano estera. Oltre il 50% del debito francese è detenuto da investitori stranieri. Vogliamo provare a scommettere quanto di questo debito appartiene alla Cina? 

 

Dunque, dalla Francia indebolita e ridotta oggi al lumicino una sorta di “lisciata di pelo” verso l’interlocutore cinese come a dire: “ Carissimi amici di Pechino, sappiate che noi teniamo il punto sulla mobilità elettrica. Da noi sorprese non ne avrete….”; perché no?

Ma soprattutto balza fuori, dopo mesi, una spiegazione possibile della intransigenza francese sull’elettrico legata ad una notizia che finora era passata inosservata: Platform Automobile (PFA), l’associazione di categoria francese del settore, ha dichiarato a Euractiv che la Francia potrebbe reinventarsi nell’industria dei veicoli elettrici, per affrontare “la crisi più grave della sua storia”. Molti sindacati, infatti, ritengono che le auto elettriche di piccole dimensioni potrebbero essere idealmente costruite nel nord della Francia, secondo un indirizzo tecnico e strategico che somiglia molto alla proposta della Von Der Layen sulle “K-Car” elettriche all’europea.

Insomma, Francia e Spagna unite insieme solo dal desiderio di non spazientire il possibile e nuovo “Socio forte” delle rispettive industrie nazionali? A me pare proprio di si, ma il tempo ci saprà dire se ho visto giusto. 

Nel frattempo l’antagonismo di Parigi e Madrid contro la moderazione proposta da Roma e Berlino di sicuro ha un effetto non positivo: allunga ancora pericolosamente i tempi per pervenire come UE ad un modello industriale automobilistico non solo antagonista alla Cina ma capace di riqualificare l’immagine dell’Auto Made in Italy.

Il monito di Sergio Marchionne, la “coda tra le gambe” di Berlino, il valzer di Parigi

Resta un solo cruccio per noi italiani: mentre Francia e Germania diventavano “Testimoni di GEOWATT” a favore dell’elettrico, ed i Governi di Parigi e Berlino opprimevano il resto d’Europa con la nuova filosofia (in questo appaiati alla Gran Bretagna, detto sinceramente) il nostro Sergio Marchionne professava coerentemente un monito a non seguire percorsi evangelici e non sostenibili a livello industriale, e per questo FCA e l’Italia erano oggetto di ironia e critiche. Oggi che la Germania ha fatto la figura che ha fatto, tornando con la coda tra le gambe sull’endotermico, vedere Spagna e Francia fare “le italiane” pur di ingraziarsi il nuovo potenziale socio forte dell’Automotive (la Cina) fa davvero una strana impressione.

Riccardo Bellumori

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