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Volkswagen XL1 fu Vittima o Causa del DieselGate? Storia di un fantomatico complotto 

E’ un giorno tiepido di Ottobre del 2013. 

Chattanooga nel Tennessee una folla radunata per l’inizio della XXIII° Conferenza della Society of Environmental Journalists assiste al debutto di una meraviglia a quattro ruote marchiata Volkswagen, un’auto che sembra un prototipo ma è una vettura prevista in piccola serie, una vera tesi di laurea del top tecnologico, ergonomico, aerodinamico ma soprattutto energetico disponibile al comune automobilista di tutti i giorni. 

O meglio, forse troppo comune non direi, visto che il prezzo previsto per la vendita finale è molto vicino ai centoventimila dollari, cifra con la quale un americano molto benestante può comprare una Chevrolet Corvette e mezza, o persino tre Ford Mustang contemporanee. 

Ma se il verbo essere di queste ultime due auto è nella sportività classica fatta di cavalli espressi per litri di benzina consumati, il DNA della creatura di Wolfsburg è nel razionalismo minimalista che genera le prestazioni.

La creatura a metà tra sogno e ortodossia tecnocratica pura si mostra nella sua carrozzeria avvolgente e totale, con tagli e inserzioni nella funzione di prese d’aria minimal, e come unico fregio o accessorio stilistico o cromatico rilevante nel frontale iconico si trova il reparto fanaleria che dal plexiglass trasparente lascia scintillare all’occhio dell’osservatore la cromatura impeccabile delle parabole e il corredo delle luci a Led di ordinanza.

I dati tecnici di questo miracolo tecnologico chiamato “XL 1” sono strabilianti: due posti, porte ad ala di gabbiano che profilano una larghezza di 1,66 mt. per 3,89 mt. di lunghezza e una altezza massima di soli 1,15 mt. a sottolineare un Cx da record per una vettura destinata comunque alla produzione (0,189), grazie anche alla assenza di parti sporgenti (persino gli specchietti sono sostituiti da telecamere). 

La meccanica è basata su un Turbodiesel da 800 cc. bicilindrico Common rail TDI da 48 Cv e un supporto ibrido (motore elettrico da 27 Cv e batteria agli ioni di litio da 55 Kwh. 

Le prestazioni sono allo stesso tempo una sorta di ossimoro: con solo 75 cavalli sviluppati dalla somma di tutti e due i propulsori la XL1 raggiunge persino i 160 Km orari e arriva da zero a 100 Km orari in 12,7 secondi; nello stesso tempo, ovviamente in condizioni di “economy run” a velocità limitata la vetturetta dichiara un consumo di appena UN LITRO di Gasolio per 100 chilometri (con 50 chilometri in modalità solo elettrica) edemissioni di CO2 pari ad appena 21 g/Km.

Il peso a vuoto di 795 chili è reso possibile da un corpo vettura tutto in Fibra di carbonio e da ruote in magnesio senza tuttavia che il controllo del peso precluda alla “XL1” tutto il corredo di accessori di conforto, un abitacolo comodo ed insonorizzato, ed una suite di servocomandi e di interfaccia elettroniche di ausilio.

La base di partenza della XL1 risale al 2002 e ad un progetto di Ferdinand Piech denominato 1L-CC0 : una sorta di “sigaro” di 390 chili con due posti in tandem e corpo vettura di soli 1,25 mt; con un minimotore Diesel iniettore pompa da 0,3 litri e 8,5 cv che permette di percorrere 72 chilometri con un litro di gasolio ad una media di 70 Kmh. Chiaramente un mezzo che estremizza il minimalismo dei consumi sopra la ricerca di qualità dinamiche. Un estremo, in tutto e per tutto, che serve da base di partenza per ulteriori sviluppi.

Poi era arrivato il turno nel 2010 della “L1 Concept” – la mamma della XL1 – che anticipa il bicilindrico diesel ma senza supporto Ibrido. Ovviamente in questa genesi di percorso lo sviluppo fatto in casa Volkswagen  aveva approfittato grandemente delle esperienze fatte con il quasi dimenticato Prototipo “ARVW “Aerodynamic Research” che tra il 1979 ed il 1980 aveva conquistato per Volkswagen lo scettro di terzo Gruppo europeo leader di velocità nel Diesel dopo Peugeot e Mercedes.  

Con il suo sei cilindri Turbodiesel 2,4 lt., lo chassis e la carrozzeria in alluminio, fiberglass e fibra di carbonio, ed un Cx di soli 0,15 la ARVW aveva raggiunto a Nardò i 362 Kmh nel 1980, e dunque non poteva essere trascurata da Piech nello sviluppo di un nuovo concept.

Nella kermesse di presentazione della “XL1” la Volkswagen coglie anche l’occasione, in quell’evento dell’Ottobre 2013, di presentare un vero e proprio panel di programmi e novità teso a rappresentare il Marchio di Wolfsburg come un portabandiera naturale dell’ecomobilità in abito “tradizionale” cioè fondata sull’endotermico. 

A fianco della nuova “XL1” (occorre ammettere, un perfetto prodotto “crossover” nel Gruppo VW poiché capace di trasmettere i valori cardine del Marchio generalista in un prodotto che più che “Premium” si propone come rara interpretazione “Instant Classic”che non inceppa ma anzi “nobilita” l’offerta di pregio di Audi e Porsche) il Marchio Volkswagen celebra la filiale americana nata nel 1955 e propone una gamma di vetture incentrata sui valori dell’ecologia e del risparmio energetico.

La parola d’ordine del nuovo profilo ecologista di Volkswagen è lo slogan “Thinkin Blue” che sembra circoscrivere in una sorta di protocollo identificativo sia il management che i Clienti di Wolfsburg.

Le luci della ribalta si concentrano così, in quel 3 Ottobre 2013, anche sul Parco fotovoltaico di Chattanooga e sui modelli ecologici e-Golf, Passat TDI Clean Diesel, e la Jetta Hybrid che, ironia della sorte, un bollettino periodico di VW ufficiale nel 2012 già segnalava come titolare, alla luce delle verifiche dell’EPA, di una base di emissioni di 42 mpg in città e di 48 mpg in autostrada per chilometro percorso. 

Ma una “ribalta indiretta” si accende anche su due pezzi da novanta nella organizzazione del Gruppo VW: Martin Winterkorn, CEO del Gruppo, e Ferdinand Piech, all’epoca Presidente del Consiglio di Sorveglianza; di quella “XL 1” l’Ingegner Piech è in fondo il profeta, che aveva fin dall’alba del 2000 ipotizzato una VW capace di ridurre ad un litro il consumo di carburante per 100 chilometri; ma 

Winterkorn invece di una di queste “XL1” pre serie è già felice possessore. 

Sembra, la “XL1” la prima occasione di una condivisione tematica tra i due massimi dirigenti VW, ma che tra di loro non corra buon sangue sarà evidente pochi mesi dopo quest’evento; tuttavia a Wolfsburg, sia Winterkorn (da sempre molto tiepido sulla rivoluzione elettrica) sia Ferdinand Piech (che aveva fatto silurare a suo tempo l’ex Dirigente di VW Daniel Goudevert per le sue forti simpatie “Green”), entrambi nel 2013 vedevano nel Gruppo un contraltare ecologico ancora alternativo a Tesla ed ai giapponesi nel perno identificativo dell’Endotermico. ùE forse con la “XL1” entrambi stavano andando, magari inconsapevolmente, a dama su una proposta vincente che metteva tutti d’accordo.

Quello che a molti sfugge in quel 2013 è che la “icon Car” XL1 non è presente là a caso: nella terra dei possenti V8 e della alimentazione “ibrida” di benzina ed etanolo, il Diesel rimane una sorta di specie protetta, con volumi di immatricolato ridicoli rispetto all’Europa ed una destinazione elettiva verso LCV, PickUp e mezzi da lavoro; quello cui però gli americani cominciano a dare attenzione è l’architettura Ibrida, con la Prius Toyota a fare da best seller. 

Ed in questo Volkswagen apparentemente sembra aver trovato la quadra affiancando ad una architettura “accettata” dal cliente americano medio una alimentazione che al contrario fatica a diventare di massa presso il Cliente privato.

Volkswagen XL1, non solo Icon Car : il nuovo paradigma di Wolfsburg per la ecomobilità

Dunque una proposta che per gli USA è per quel periodo tipicamente cittadina, fatta per suggestionare l’edonismo e presentare per la prima volta il motore a Gasolio non come una alternativa al benzina, ma come il supporto ideale per le architetture Ibride, garantito da uno dei quattro maggiori Costruttori mondiali di motori Diesel. Insomma, quello che fa della “XL 1” una proposta apparentemente perfetta, è che questa creatura Volkswagen appare da subito come una “City Car” per per i pochi o tanti Clienti ricchi degli States. Quelli che in fondo fanno anche da Opinion Leader per i consumatori.

Tutto questo fa apparire improvvisamente la “XL1” non solo come un prototipo per VIP di Hollywood rimasti troppo presto orfani della fallimentare “GM EV-1” (cui la sigla della nuova Volkswagen si rifà senza troppi imbarazzi); ma “XL1” cerca di apparire esattamente per come Volkswagen l’ha presentata: una sorta di auto laboratorio proattiva nata per rendere il guidatore protagonista vincente della ecomobilità senza rinunciare a carattere e prestigio ma senza diventare soggetto passivo della necessaria evoluzione del prodotto auto ecologico; 

perché è chiaro che il Target Price definito in poco più di 100.000 Euro non è solo la risultante commerciale di Break Even Point e rapporto tra costi e ricavi; ma è anche una soglia psicologica commerciale e simbolica per far sentire, in contemporanea con l’operazione di Marketing che Tesla sta compiendo sull’elettrico, l’ecomobilità come un elemento “trendy” e di prestigio anche a Wolfsburg. Tanto è vero che al Salone di Parigi del 2014 sarà presentata la versione sportiva della “XL1” chiamata XL Sport: motore Ducati della “1199 Superleggera” da 197 cavalli e prestazioni in grado di renderla un concorrente pericoloso delle “K Car “ sportive giapponesi.

Ma né la XL Sport avrà un seguito commerciale né la “XL1” avrà vita lunga nelle catene di montaggio VW: come sappiamo però in quel fine 2013 qualcos’altro stava avvenendo negli USA e non propriamente a maggior gloria di Volkswagen. Anzi, non solo negli USA…E’in un periodo molto vicino all’evento di Chattanooga dell’Ottobre del 2013 che Angela Merkel inizia un confronto diplomatico molto spiacevole con l’amministrazione Obama colpevole – apparentemente – di una campagna di spionaggio telefonico verso Berlino; ed è in un periodo quasi analogo che la nota e celebre “West Virginia University”, nella persona in specifico del “Center for Alternative Fuels Engines and Emissions” decide di svolgere un check, o meglio ancora un test comparativo tra modelli di auto Diesel vendute negli States e di provenienza europea e giapponese. La cosa curiosa è che per farlo utilizza un macchinario “mass market” – potremmo dire – come il tester mobile di controllo emissioni della Horiba, nome che diventa famoso solo a partire dal DieselGate che prende le sue mosse dalla commessa che alla West Virginia University arriva dall’ICCT, una sconosciuta e discreta Organizzazione “Non Profit” (International Council on Clean Transportation) di cui quattro quinti del mondo non conosceva dell’esistenza prima del Dieselgate e di cui si sa ben poco di nuovo oggi dopo la fine dello scandalo. Ancora più curioso è che la commessa dell’ICCT arriva a metà del 2012, quando per Volkswagen si registra un boom storico di vendite negli USA: e pare proprio di rivedere quella sorta di inquisizione federale avviata nel 1986 contro l’Audi “5000”, formalmente imputata per una serie di incidenti mortali causati (si dice) dall’acceleratore elettronico dell’auto ma commercialmente testimone di una vera e propria esplosione di vendite fin dalla sua presentazione ad inizio 1984. Esplosione che verrà seppellita per almeno due/tre anni dopo la condanna dell’Ente Federale.

 

Detto questo, come sappiamo il corollario dei Test svolti dalla WVU fu pubblicato dalla ICCT ed inviato per dovere di ufficio all’EPA. 

 

Siamo nel 2014 a questo punto, e di certo la “XL1” continua ad essere un simbolo iconico della nuova via tecnologica del Marchio; ma nel frattempo l’esplosione del conflitto russo-ucraino per i fatti di Crimea porta alla Germania un inaspettato timore per gli approvvigionamenti energetici e per il commercio; mentre negli USA il Gruppo festeggia il raddoppio delle vendite negli USA rispetto al 2004.

Ma sta per accadere la deflagrazione. Mentre ancora nessun avviso di inchieste avviate dall’EPA si appalesa nell’informazione pubblica, purtuttavia le risultanze di quei Test commissionati dalla ICCT evidenziano uno sforamento dei valori di emissione di Nox(ammoniaca) superiore di 30 volte almeno ai dati comunicati ufficialmente dal Gruppo Volkswagen. 

Ma paradossalmente le cronache pubbliche di massa per il tema Volkswagen si concentrano su tre temi discriminanti: il primato di produzione che con 9,9 milioni di unità fa del Gruppo di Wolfsburg il primo nel mondo davanti a Toyota; il successo continuato negli USA; ed infine l’ipotesi ridondata da qualche Redazione sportiva di un approdo di Volkswagen o di un suo Brand alla Formula Uno: ipotesi da sempre rigettata da Ferdinand Piech ma in qualche modo “caldeggiata” da Winterkorn che, alla luce del sorpasso storico su Toyota del Gruppo da lui guidato,sembra quasi come l’uomo forte sul ponte di comando.

Gennaio 2015: inizia la Guerra dei lunghi coltelli dentro il Management VW.

Sembra quasi, appunto: da Gennaio 2015 il destino commerciale e strategico della “XL1” pur nella considerazione del suo profilo straordinariamente innovativo ed iconico sembra perdersi nel nulla. 

Inizia l’Annus Horribilis 2015 a Wolfsburg; che tuttavia non esplode al manifestarsi dello scandalo DieselGate a Settembre ma si apre con dichiarazioni e prese di posizione di Ferdinand Piechad inizio anno che apparentemente paiono incomprensibili sull’istante, sono apparentemente fuori luogo con i risultati operativi dell’anno fiscale 2014 comunicati da Winterkorn ma, dieci anni dopo l’agenda degli eventi del Dieselgate, trovano una motivazione ragionevole nel lavoro sotto traccia che da Maggio del 2014 l’Ente federale EPA ha avviato a stretto contatto di nuovo con la West Virginia University dopo che l’ICCT aveva trasmesso i risultati dei Test preliminari. 

Quei risultati  avevano mosso l’EPA ad avviare un processo verbale di contestazione contro Volkswagen fin dalla seconda metà  del 2014, contro il quale Volkswagen avrebbe eccepito chiamando in causa un difetto congenito delle rilevazioni di un Ente non Profit. 

Secondo le tracce storiche dell’inchiesta e dei suoi sviluppi, dunque, un Management staff di Volkswagen pagato decine di milioni di Euro ogni anno avrebbe avuto la geniale idea di rilanciare modello ping pong una risposta talmente puerile sperando con questa di chiudere la partita? E senza neppure, vista la esiguità del parco auto interessato dal software pirata, tentare almeno di richiamare nelle Officine, velocemente e in silenzio furbetto, se non altro i lotti di auto più giovani in termini di produzione, cercando almeno di arginare il problema evidenziando una soluzione di continuità per autotutela? Davvero l’intellighenzia di Volkswagen avrebbe partorito il topolino dalla montagna? No, è tutto incredibile. Deve esserci stato altro. In particolare nella serie di coltellate metaforiche tra Piech e Winterkorn tra quella ipotetica interlocuzione di metà 2014 tra EPA e Volkswagen e l’estate del 2015 in cui al culmine delle proteste e del braccio di ferro Piech si dimette dagli incarichi in Volkswagen: per proteggere una sua eventuale estensione dei capi di accusa di un terremoto in vista, o per indebolire l’azione di autotutela di Winterkorn rispetto alle mosse dell’Ente federale? Non credo che al CEO di Wolfsburg siano mancati gli Studi legali in grado di anticipare gli effetti ipoteticamente più nefasti conseguenti ad una sentenza di condanna federale negli USA, e non voglio credere che Winterkorn sia rimasto come le tre scimmiette metaforiche ad attendere il peggio. 

 

Che poi è arrivato ed è costato ad oggi almeno 25 miliardi di Euro tra interventi, risarcimenti e condanne. Possibile, tuttavia, che in tutto questo – tra la metà del 2014 e l’Estate del 2015 – la visuale di Ferdinand Piech sia stata talmente annebbiata dalla voglia di rivalsa su WInterkorn da aver atteso temerariamente o sottovalutato l’epilogo peggiore dell’indagine federale, esponendo Volkswagen alla mazzata economica, finanziaria e commerciale conseguente allo scandalo? 

No, è evidente. Come abbiamo spesso già fatto presente, il caso Dieselgate nasconde una premeditazione di parte o di entrambi gli attori coinvolti dall’una e dall’altra sponda di responsabilità; a mio avviso non è deflagrato per una imprudenza, una ingenuità del Management ma per subire volontariamente un danno – con lo scoppio dello scandalo – decisamente inferiore alla peste bubbonica che il “trust” del mercato commerciale del Diesel unito alla guerra dei Listini stava buttando su tutto il mercato auto da una decina di anni e soprattutto dopo il Crack Lehman. Rispetto al quale, continuo a spiegare da dieci anni, di una cosa sono sicuro per fede: senza la crisi Subprime non sarebbe scoppiato alcun Dieselgate; al contrario, come il crack Lehman, il Dieselgatesarebbe dovuto scoppiare ben prima. 

E di questo, un giorno Vi spiegherò, la regia è stata solo americana.  

Rimane, da un lato, il dispiacere di aver condannato alla fine prematura un gioiellino stupendo e davvero intelligente come la “XL1”. Rispetto alla quale Vi domando: pensate se il Dieselgatenon fosse mai nato, e se Volkswagen avesse potuto costruire una immagine vincente dentro una architettura di cui sarebbe stata la patrona indiscussa: motore a Gasolio piccolo ed efficientissimo, livelli di CO2 e di Nox infinitesimali, supporto Ibrido razionale ed affidabile. 

Pensate: anche senza le esagerazioni costosissime della “XL 1” da oltre 100.000 Euro, in quel 2013 aveva visto poco prima il Petrolio schizzare a 140 dollari al Barile, aveva affossato i Costruttori tradizionali fedeli all’Endotermico, quel 2013 aveva in fondo spinto il tema dell’elettrico puro dentro alla totale perplessità del Mass Market che al prezzo con cui aveva fino ad allora scelto una Ford Fiesta TDCi 5 porte poteva al massimo prendere una Renault Twizy; mentre al prezzo con cui poteva godersi una Mondeo SW full optional si sarebbe potuta al massimo garantire una “Nissan Leaf” grande come una Clio. Quanti se lo ricordano? Beh, ora chiudete gli occhi e pensate: senza Dieselgate, immaginate se Volkswagen avesse, che so, proposto una Golf 2015 con motore TDI 1600 e complemento Ibrido al prezzo (assolutamente stabilito di fantasia da parte mia) di 30.000,00 Euro contro i 19.500,00 di quella TDI 2.0 impallinata dal Dieselgate. 

E tutto questo contro la palude del mercato BEV: ma se davvero tutto fosse stato così, dove sarebbe oggi “quella” Volkswagen di prima del Dieselgate???

Pensateci. E forse anche Voi penserete, come ho pensato io a Settembre di dieci anni fa, che il Diesel doveva morire. Era l’unica possibilità per evitare che si uccidesse da solo.

Alla prossima puntata, se volete…

Riccardo Bellumori

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