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Fiat X1/9: a scuola di Velocità per tutte le tasche in tempo di crisi

Girano leggende di ogni natura e sorte intorno alla figura di Gianni Agnelli, ma di certo tutte presentano una ambientazione tra il gotico ed il rinascimentale, dove il divo Gianni potrebbe essere scambiato facilmente per un personaggio misto di superiorità alchemica ed esoterica e di una visione panteistica da novello Re Sole, intento a misurare a passo di destriero l’immensità dei confini del suo personale impero dove non devono mancare gioielli e bellezze esotiche, meraviglie ed effetti speciali.

Uno dei passaggi che però mi rendono l’Avvocato un personaggio quasi da commedia moderna è quello relativo alla A112 Runabout, vista a Grugliasco in un suo passaggio presso la Factory della Bertone.

Siamo nel passaggio di anno tra il 1969 ed il 1970, e immagino l’Avvocato con un bel faldone di progetti assegnati a Nuccio, formidabilmente rappresentato allo stile da Marcello Gandini, tra “X1/9”, serie Ferrari “GT4”, Lancia Stratos e persino, (per il 49% di presenza in Citroen che indirettamente permette a Fiat anche di avere un po’ di voce in capitolo su Maserati) una sorta di “avallo” sulla Quattroporte II”.

Passeggiando nel regno della bellezza della serie di concept in rassegna, il Divo Gianni si sarebbe trovato di fronte la “A112 Runabout”, una piccolissima ed onirica“Crossover” tra Barchetta, motoscafo sportivo da record di velocità e mezzo spaziale per l’esplorazione fisica di pianeti lontani; una due posti bassa ed essenziale con una linea mozzafiato e motore posteriore centrale.

Motore derivato ovviamente dal 4 cilindri da 950 cc. della “Autobianchi A112”in contemporaneo omaggio ed antitesi con il modello di serie nato a Desio.

 

Con quelle forme straordinarie la Runabout avrebbe a tal punto rapito l’Avvocato da indurlo, prima ancora di un progetto di produzione in serie da sovrapporre alla concept, a fare l’esatto contrario della norma: decise di regalare al proprio regno un gioiello in più, perché…non si sa mai. 

Certo che in quel frangente temporale il “non si sa mai” dentro il Gruppo Fiat era qualcosa di fortemente plausibile e non solopotenziale od auspicabile: il Gruppo di Torino era proprietario al 100% di sé stessa (Fiat), di Autobianchi e della Lancia di Chivasso; aveva appena acquisito tutta la Abarth, e vantava comunque il 49% di Ferrari e di Citroen per mezzo della quale esercitava un controllo indiretto di Maserati.

 

Nuovo decennio: cambiano i tempi e cambiano le mode

Ma soprattutto quello che Fiat cercava di dominare all’imbocco degli anni Settanta era il cambio epocale che stavano vivendo Società ed industria: protesta giovanile, rivoluzione culturale, attenzione al risparmio energetico ed all’ambiente, abbattimento degli stilemi tipici del lusso e del prestigio in Automotive dove l’understatement e la razionalità elegante erano virtù premianti sul mercato auto più dell’opulenza e dell’ostentazione.

Dunque, in quella passeggiata tra le meraviglie dello stile a Grugliasco, Gianni Agnelli aveva trovato ben più di un modello da convertire in prodotto di serie: aveva trovato un nuovo protocollo simbolico per il rilancio di Fiat e di tutto il Gruppo verso una dimensione allo stesso tempo moderna, dinamica, ma “user-friendly” al punto giusto per avvicinare allo sport ed alla velocità anche ceti popolari e fasce giovani; allo stesso tempo quella “Runabout” lasciava intravedere i concetti vincenti e futuristici che Gandini avrebbe saputo cavalcare come nessun altro, in grado di coniugare efficienza energetica, velocità, stile, eleganza e prestigio senza limiti di censo o di pedigree.

L’acquisto “nobiliare” da parte di Agnelli di quel prototipo “Runabout” doveva dunque essere per la Fiat una “chicca” in più capace di “incastonare” quella bella manciata di incarichi assegnati alla Bertone dentro una New Age” imprescindibile e virtuosa. 

 

Ed in effetti tracce chiare e determinanti di questa Concept “Runabout” si ritrovano tra le linee della Stratos ma anche della “GT4” Ferrari; ma senza dubbio la creatura stradale che meglio racchiude e mette in rassegna l’integrità del concetto “Runabout”è la “X1/9”, testimone di un cambio di paradigma che dentro Mirafiori sarà capace di rappresentare una rivoluzione discreta per tutta la Gamma.

Rivoluzione discreta che tra l’altro rompe dentro Fiat una sorte di protocollo con Autobianchi: fino alla “X1/9” era stato il Marchio di Desio il laboratorio viaggiante del Gruppo di Torino, ed attraverso Autobianchi la Fiat aveva collaudato ed inaugurato il motore della Nuova Fiat 500 del 1957 sulla “Bianchina”; l’architettura del motore posteriore a sbalzo su una spider (Stellina); la trazione anteriore (Primula/A111/A112), fino a quel pezzo unico d’autore che fu la “G31” Berlinetta a motore posteriore centrale, una concept donata alla Autobianchi da Pio Manzu’. 

Che tuttavia, nonostante l’impegno diretto e personale sia di Dante Giacosa che di Pio Manzù, resta ferma allo stadio di prototipo. 

 

Ma siamo comunque nell’interno del periodo storico in cui matura il progetto “X1/9” e dunque, probabilmente, il vezzo tradizionale e canonico con cui Fiat anticipava attraverso Autobianchi i nuovi corsi e ricorsi viene interrotto nel caso di X1/9 per un solo plausibile motivo: promuovere il nuovo modello in fieri per lo specifico del Marchio Abarth da poco entrato nel Gruppo Fiat e di per sé testimone di un percorso storico ed iconico di piccole auto a motore posteriore.

 

Non a caso l’idea di affiancare lo Scorpione come “Griffe” di una versione speciale di un prodotto di serie dentro il Gruppo Fiat debutterà, guarda un po’, proprio con una ennesima “apripista” di Desio, la Autobianchi A112 Abarth.

 

In questa piattaforma abbiamo già illustrato il decorso e le origini di due progetti simmetrici lanciati contemporaneamente dal gruppo Fiat destinandoli separatamente a Pininfarina (Progetto X1/8) ed alla Bertone (Progetto X1/9). Come sapete, entrambi i progetti “lambiscono” proprio la Abarth, nel caso della “X1/8” con la SE030 che partecipa al Giro d’Italia del 1974; ma nello stesso Giro d’Italia Fiat presenta un tris d’assi,visto che la “SE030” arriva seconda dietro alla “Lancia Stratos” ma terza arriverà una ben strana e particolare “X1/9” con motore ex 124 Abarth Rally. 

 

Ci arriviamo tra breve ma intanto proseguiamo il racconto della “X1/9” standard, che il Marketing Fiat ritiene idealmente di configurare in fondo come una “Volkswagen Porsche 914” in piccolo, e simbolicamente ci sta anche questa nemesi: così come “Fiat 850 Coupè/Spider” aveva rappresentato in fondo il contraltare in piccolo della “Karmann Ghia” di Volkswagen, la futura “X1/9” avrebbe potuto ben identificare un sottomultiplo della 1800/2000 cc. due posti roadster tedesca; con cui in fondo la “X1/9” finisce per condividere sia il motore posteriore centrale che la “fusion” tra barchetta e coupè, cioè una fisionomia “Targa” che raramente, come nel caso della “X1/9” di Gandini, mantiene intatta la bellezza del modello sia da aperta che da chiusa. 

“X1/9” vuole e può rappresentare contemporaneamente l’erede popolare della “850 Spider/Coupè”, la traccia originale di un nuovo corso “mediatico” del Gruppo Fiat (che aveva lentamente e improvvidamente superato l’immagine “Commodity” del Marchio con la sfortunata serie “130”); ma anche lo “snodo” di una innovazione di prodotto e di Gamma che si radica sulla “Stratos” e sulla serie “GT4”. 

Ancora oggi non mi è chiaro cosa avesse ispirato questo curioso filone dentro il Gruppo Fiat, salvo il vezzo tutto interno allo staff più intimo con l’Avvocato di voler presentare il Gruppo di Torino come un Gruppo globale in grado di guardare in faccia i colossi di Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti

 

Una piccola “1300” da 75 CV, due posti secchi, bassa, con fari retrattili, solo 880 kg di peso e una velocità massima, di oltre 170 km/h: una piccola che fa il verso alle grandi; e che può interessare i più giovani e chi magari, sportivamente, non può investire cifre iperboliche. 

 

Per tutti, davvero, Fiat “X1/9” ha una risposta convincente. E per motorizzare la “X1/9” si sceglie “di base” il mitico 1300 cc. quattro cilindri Lampredi che alimenta anche le “128” Sprint e Rallye: motore popolare, affidabile, tutto sommato parco nei costi di gestione e nei consumi.

 

Ed anche se la piccola nuova “Targa” torinese diventa il bersaglio facile dei criticoni, dei pessimisti, dei conservatori (che vorrebbero in eterno Fiat 850 con motore a sbalzo o che eranoinorriditi dalla 128 perché troppo eretica) la sua forza indiretta è anche nella assoluta assenza di concorrenza specifica: nel periodo solo la “Matra Simca Bagheera” o la “Opel GT” possono fondamentalmente impensierire un modello davvero alternativo sul mercato; Alfa “GT Junior/Duetto” sono decisamente per altri palati e le inglesi (MG, Triumph) sono decisamente più care sulla piazza italiana; e tutte le altre sono eventualmente o coupè chiuse a motore anteriore oppure sono pressochè realizzazioni davvero artigianali di piccolissimo volume produttivo. 

Insomma, bisogna ammettere che con “X1/9” davvero Fiat è stata una apripista geniale e coraggiosa.

 

Un riferimento invece “indiretto” che anticipa e fa da simbolico “benchmark” con il programma X1/9” deriva invece da un altro personaggio illustre dell’Auto e spesso recensito da “Autoprove”: è infatti Giotto Bizzarrini a tentare nuove strade tecniche ed agonistiche dall’alba degli anni ’70, e realizza due prototipi di vera e propria “Barchetta” con motore posteriore centrale totalmente “Made in Livorno”; la sua “128P” con motore 128 Lampredi da 1300 cc che Giotto spreme fin sopra e ben oltre la soglia già straordinaria dei 100 Cv. 

La prima versione in verità recupera dalla più famosa e precedente “1900 GT Europa” tante parti di carrozzeria e telaio; ma la seconda versione che debutta alla Targa Florio nel 1973 è davvero una sorta di cugina “ignorante” e pistaiola della “X1/9”.

 

Che, tra l’altro, ha un pedigree sportivo di tutto rispetto. Proviamo ad elencare records, dati reali e “sogni” e desiderata di uno dei modelli di serie più “omologati” della storia.

Pensate che in effetti nell’Archivio FIA la “X1/9” ha conquistato l’omologazione in Gruppo 3 (originario), Gruppo 4 (la stessa Fiche del Gruppo 3), il gruppo “B” nel 1982 ed infine due versioni per il Gruppo 5 tutte marchiate Dallara. 

 

Più una “chimera” passata per pochissimo tempo sulla stampa all’alba del 1983 ma poi rimasta nel cassetto, seppure anche fosse stata eventualmente una “chiacchiera” era di certo perlomeno ammissibile come ipotesi (la vedremo alla fine). 

 

Quella “X1/9” prodotta ufficialmente dal 1972 fino agli ultimi modelli del 1987 (lungo un quindicennio in cui i suoi ammiratori sono annidati perlomeno in tre generazioni di consumatori sportivi, che hanno goduto essenzialmente di soli due “upgrade” della berlinetta, cioè le cinque marce ed il motore da 1500 cc.) ha davvero meritato il titolo di “jolly delle competizioni”: Velocità su Pista o in Salita, Rally e rallycross, persino l’ipotesi di un Mondiale Marche su spinta ed ispirazione della Dallara, la piccola Targa di Torino finisce per essere l’ancora di salvataggio di migliaia di piloti appassionati di Gare. Vediamo in piccole tappe il diario di bordo “sportivo” della “X1/9” dentro tra l’altro un Gruppo dove erano presenti in veste di rappresentati ufficiali “pregresse”,.attuali e/o prossime modelli come “Fulvia” “Stratos” , “124 Abarth” nel Gruppo 4; Autobianchi “A112” in Gruppo 1 oltre a diverse Fiat; la “Beta  Montecarlo “ in Gruppo 3 e 5; ed infine le Ferrari sul tetto dell’Olimpo.

Ed ecco perché mi affascina la storia della piccola “X1/9”: perché nel tempo si è trascinata dietro una serie di novelle e di aneddoti su presunti “sacrifici” o mobbing che, nella realtà storica, hanno ben poco di reale.

Come la storia della presunta “Gruppo 4” per i Rally, che la cronaca e la “tifoseria” dipingono in modo opposto.

X1/9 Rally Gruppo 4: la vittima sacrificale della Stratos?

Una volta ottenuta l’omologazione in Gruppo 3 (quella a cui la “X1/9”di strettissima serie era predestinata) con il protocollo 3050 del 2 Aprile del 1973, si è alimentata una girandola di storie, vere o presunte, su un ipotetico destino della “X1/9” segato dalla vitalità della Stratos. Facciamo una rapida sintesi.

Siamo nel 1971, e Marcello Gandini presenta il modello statico della Lancia Stratos HF; che nel 1973 debuta al Tour de France e nel 1974 ottiene l’omologazione in Gruppo 4; pare che nello stesso anno il reparto corse della Fiat avesse preparato un esemplare “X1/9 Abarth” con il quattro cilindri da 1800 cc ad alimentazione singola della 124 Abarth, per circa 175 CV ed un peso di 750 kg. 

Vero o presunto questo aneddoto, sarà la stessa Fiat, anche per motivi commerciali, a surrogare 124 e Stratos con la “131 Abarth”.

Eppure dopo una apparizione alla Targa Florio del 1973 (nella stessa in cui Giotto Bizzarrini iscrisse la sua P128 Barchetta) la “X1/9 viene iscritta al Giro d’Italia automobilistico del 1974, con l’idea di iniziare le procedure per l’omologazione nel Gruppo 4. In quel Giro d’Italia, guidata da Clay Regazzoni, la “X1/9” 1800 ottiene un incoraggiante terzo posto dietro il mostro Stratos e dopo la eccezionale Abarth SE030 con un maxi motore derivato dalla Fiat 130. Questo risultato unito ad alcune uscite più che incoraggianti in alcuni Rally nazionali sarebbe dovuto essere il trampolino di lancio, nel successivo anno 1975, per il via all’allestimento degli almeno 500 pezzi per l’omologazione nel Gruppo 4; ma evidentemente la carriera vincente della Stratos(unita tuttavia ad una pesante meticolosità e complicazione di gestione e manutenzione in corsa) come prima Gruppo 4 del mondo Fiat a motore centrale posteriore doveva essere bastata: dal lato della tecnica, il panorama delle concorrenti nei Rally internazionali diceva chiaramente che fino a tutti gli anni Settanta il confronto sarebbe stato tra berline derivate dalla serie con configurazione classica (motore anteriore e trazione posteriore) ad eccezione della sola Renault 5 Turbo del 1979

E dal lato del Marketing, la esplosione del fenomeno massmediatico della TV e la risonanza pubblicitaria data dalle vittorie nei Rally rendevano i prototipi più iconografici alla produzione di serie come i veri protagonisti nelle scelte dei Costruttori: per il generico Signor Rossi vedere le 131, le Escort, le Ascona così simili alla propria parcheggiata sotto casa vincere al Monte, nel Safari, al Tour de Corse era un motivo di attrazione commerciale insuperabile. 

Dunque, come ho ricordato sopra, fondamentalmente una “X1/9” lunga meno di quattro metri con quasi 200 cavalli e meno di 800 chili (4 chili per cavallo, roba da Sport Prototipi) sarebbe forse stata più micidiale della Stratos nei confronti della concorrenza, superando sia la Lancia che la successiva “Fiat 131 Abarth” in numero di vittorie e di allori. Forse.

Ma l’effetto mediatico e commerciale di tutto il Gruppo Fiat e del Marchio di Torino ebbe probabilmente più riscontro e ritorno con la “copia” corsaiola di una berlina tre volumi da famiglia che anche grazie al successo internazionale dei Rally finì per essere una Best seller.

Durò il tempo giusto, e nel confronto anche “telegenico” con la Stratos senza dubbio la “131 Abarth” sembrò sempre più antiquata della Lancia, figuriamoci con la piccola “X1/9”. Tuttavia le ragioni del mercato finirono per premiare la scelta di Fiat. Detto questo, non è neppure credibile che la “X1/9”sia stata sacrificata sull’altare della supremazia da garantire alla Stratos; che di suo aveva una architettura già vincente ma che, appunto, aveva semplicemente svolto il proprio compito di promozione del nuovo corso della Lancia. 

 

A quel punto, commercialmente, sarebbe stato dovere della nuova “Beta Montecarlo” raccoglierne il testimone sul mercato stradale con un modello sportivo ma più alla portata di giovani e professionisti rispetto alla Stratos.

E…se fosse stato? Una “X1/9” Alfa Gruppo B al servizio della “provincia debole”

Anni dopo l’esperienza tentata della X1/9, con il modello di serie (dotato di 5 marce e motore da 1500 cc.) alcune voci di Stampa diedero in pasto alla cronaca una ipotesi, ritengo persino postuma poiché al tempo non ricordo di averne letto nulla.

 

In pratica all’esordio del nuovo Gruppo B, con il Gruppo Fiat rappresentato da Lancia con il progetto “037”; e con il “battitore libero” Ferrari nel ruolo di outsider in una avventura di operatori privati (Michelotto e Charles Pozzi, importatore per la Francia) assistiti da Maranello per la “308 GTB  Gruppo 4/B”, si dice che tra Fiat ed Alfa Romeo (all’epoca ancora sotto la proprietà dell’IRI) sarebbe stato avviato un pre-accordo per lo studio di fattibilità di un progetto che avrebbe potuto riportare Arese in modo ufficiale nei Rally. 

Se il Marchio del Biscione dal lato sportivo era stato fino a quel momento rappresentato dalla Autodelta, ed aveva tentato la via dei Rally con la sfortunatissima e fragilissima Alfetta GTV Gruppo 4 Turbodelta; nel corso dei primi anni Ottanta, soprattutto dopo il 1982, il rapporto tra Autodelta e Management direzionale di Alfa Romeo (in particolare nel rapporto tra Carlo Chiti ed Ettore Massacesi) cominciò a sgretolarsi al punto che già dalla Stagione 1983 la Scuderia Euroracing di Pavanello fu messa in “affiancamento” forzato con la Autodelta nella gestione del programma di Formula Uno per subentrare totalmente all’Autodelta dal 1984.

Allo stesso modo Alfa Romeo doveva essere decisamente critica verso l’esito disastroso di quella Alfetta GTV Turbodelta Gruppo 4 bellissima da vedersi ma praticamente mai a traguardo; e mentre il Reparto Corse di Arese dava il via ad un progetto solo sperimentale basato sulla trasformazione di una Alfasud Sprint a motore centrale V6 Busso (qualcosa di effettivamente già a priori costoso, antiquato ed inutilmente scenografico), “si dice” che da Torino una delegazione di tecnici e manager si fosse mossa alla volta di Arese per presentare un progetto in quasi “Joint Venture”.

L’idea di Torino? Predisporre presso la Bertone 200 scocche modificate della “X1/9” al fine di rappresentare gli stilemi di Alfa Romeo ma soprattutto di montare in posizione posteriore centrale o un 4 cilindri Turbocompresso da 2000 cc. ma diverso dal 1800 elaborato dalla Autodelta; o persino il sei cilindri a V 2 litri con Compressore Volumetrico “Volumex” nella architettura del brevetto Abarth, che dunque avrebbe partecipato come partner di sviluppo. 

 

Una volta omologata, la “X1/9” Gruppo B Alfa Romeo non avrebbe tuttavia creato problemi alla Lancia “037”? 

Il dubbio ha alimentato per anni le critiche e le ironie su questa – ripeto – ipotesi mai formalizzata da cronache certe di Stampa; tuttavia fin dai primi anni Ottanta, come rimane al contrario ben presente nelle cronache, il Gruppo di Torino attraverso Ghidellaaveva già preso le misure all’ingresso di Alfa Romeo dentro la galassia Fiat, ed avrebbe espresso la sua vena sportiva esclusivamente in pista lasciando i Rally nella gestione Fiat, Lancia, Autobianchi. 

 

A quel punto, avviare una azione preventiva di “buon vicinato” che pur mettendo a rischio i risultati assoluti potenziali della “037” avrebbe risollevato le sorti agonistiche di un Biscione in dirittura di arrivo dentro Fiat, era di certo un ottimo piano industriale e commerciale a medio termine.

A distanza di anni, sapere che la piccola Fiat “X1/9” oltre a fare da apripista nel Marchio Fiat per una piattaforma tecnologica così alternativa, sarebbe potuta essere anche una testa di ponte sportiva per l’accordo del decennio tra Fiat ed Alfa, ne aumenta davvero la considerazione ed il rango nella nostra stima.

Eppure le molte vite vere o presunte di “X1/9” in Gruppo 4 e B, oltre alla già avvenuta omologazione in Gruppo 3, si completano con l’avventura della Factory Dallara in Gruppo 5; facendo così della “X1/9” una delle berlinette di produzione di serie più omologate al mondo e di certo la più omologata del Gruppo Fiat persino sopra alla già citata Stratos (a sua volta omologata in Gruppo 3 e 4 e presente in versione Turbo Gruppo 5 al fatidico Giro d’Italia del 1974): infatti la “X1/9” rispetto alla Stratos è registrata anche come omologazione “derivata” dal Gruppo 4 al Gruppo B con Fiche della FIA numero 225 dell’autunno del 1982.

 

Regina di Montagna, con grande “Silhouette”: i progetti Dallara ICSUNONOVE

Era il 1975, e da un progetto congiunto tra Fiat, Abarth e l’ingegner Dallara nasce “X1/9 – Icsunonove Dallara”: unaversione estrema da pista omologata secondo i regolamenti del Gruppo 5: copro centrale – cellula abitacolo identica al prodotto di serie e modifiche stravolgenti alle estemità e nelle carreggiate; insomma una protagonista del mondo onirico delle “silhouette” del Campionato del mondo sport-prototipi. 

Icsunonove conserva il motore di serie da 1290 cc originale con una nuova testata a sedici valvole, iniezione meccanica Kugelfischer da ben 192 CV. Insieme alla Fiat ed alla Bertone, Dallara organizza il lotto minimo di 30 unità destinate alla omologazione nella Categoria “VPS – Vetture di Produzione Speciale”. La prima evoluzione viene superata dall’Upgrade di fine 1977 con il motore portato a 1600 cc. per oltre 230 cavalli. Un mostro.

Passaruota allargati, necessari a montare i cerchi di lega scomponibili Speedline (da 8″ davanti e 11″ dietro); l’ala aerodinamica a sbalzo regolabile e il frontale senza più i fanali a scomparsa; carrozzeria in vetroresina color nero opaco, con le fasce arancio a contrasto e il logo in risalto. Peso di 690 kg, quasidue quintali in meno della X1/9 di produzione.

Un missile, nelle Gare di montagna. Davvero, X1/9 ha regalato a tutti il diritto alla velocità senza distinzione di censo e casta. 

Grazie, piccola “X1/9”

Riccardo Bellumori

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