Abbiamo voluto raccontare un percorso a tappe, di un Marchio che oggi fatica a ritrovare sé stesso, nella serie di anniversari “tondi” o quasi “tondi” che si possono elencare in questo 2025.
Ovviamente parliamo della Lancia, che per noi è troppo importante, affascinante e gloriosa per non fare un ricordo “lenzuolo” che potete riepilogare con diversi Post dedicati lungo tre anni in cui abbiamo voluto produrre argomenti un po’ diversi dal “core” di Autoprove.
Ricordate? Parlammo prima di tutto del famigerato (e per me assolutamente da cestinare) film sul duello “Lancia 037 – Audi Quattro” del 1983.
Proseguendo con “Beta HPE”, “Stratos”, “Lancia D50” di Formula Uno, per completare con “Thema Ferrari” in almeno due Post, “Y-Y10” e chiudendo pochi giorni fa con il racconto della “Lancia Montecarlo Turbo” Gruppo 5.
Ci è sembrato giusto fare tutto questo proprio nel 2025, quando decorre il settantesimo anno del debutto della Lancia Fulvia HF 1300 nel Rally di Corsica 1965 e quando decorre il trentesimo anno (1995) dalle ultime vittorie internazionali nei Rallyes della “Delta HF Integrale EVO” che, chiudendo il suo ciclo vittorioso porta via con sé anche la Lancia dal palcoscenico agonistico di prestigio.
In mezzo, appunto, Lancia Stratos, Beta Montecarlo Turbo, 037 Rally, Lc1, LC2, Delta S4, Delta HF, Delta HF Integrale ed EVO. E persino, per non scordare nessuno, la Beta Coupè Gr. 2 e la Beta HPE Gruppo N sempre nei Rallyes.
Vogliamo chiudere questo quadro di celebrazione con l’ultima Lancia sportiva che ci ha rapito il cuore e che, se permettete, pare proprio nata non per trasportare dentro il Marchio di Chivasso le norme tecniche, i Regolamenti ed i dispositivi agonistici più adatti a farla vincere; ma ad imporre il profilo vincente e leggendario di una auto da Competizione “Made in Chivasso” dentro il terreno di Gara prescelto. Parliamo, a chiusura di questo ciclo, della straordinaria Lancia “037”, l’eretica di Chivasso.
Perché, in primo luogo, “eretica”? Beh, perché alle Lancia sportive Tu devi per forza dare un aggettivo qualificativo. Perché una Lancia non è mai stata solo una vettura da competizione. E’ stata una Signora in Gara. Ecco perché Aurelia è la “aristocratica”, Fulvia è la “impertinente”, “Stratos” è la “ultraterrena”; allo stesso modo “Beta Montecarlo” è la “copernicana” ed infine, se gradite, “037” è l’eretica.
Non scomodateVi a cercare nella letteratura di settore questi nomignoli, il Copyright è tutto nostro.
Vi ricordate tuttavia il leit motiv che ha guidato la nostra narrazione quasi fosse il nostro marchio di bandiera? La sovrapposizione nel momento narrante di una insolita “partita doppia” che a modesto avviso del romanziere (io) si è venuta a comporre tra tre soggetti, importanti e simbiotici tra loro nelle diverse avventure che compongono i nostri racconti: Lancia, Ferrari; ed il Gruppo Fiat che ha compreso entrambe le due Case dal 1969.
Se Vi è piaciuta l’estremizzazione non solo scenografica e di certo non falsata degli eventi che vedono così fortemente legate od in contrapposizione tra loro due firme dell’altissima arte automobilistica, avrete di certo colto “movimenti” che sembravano essere stati avviati ed intrapresi da ciascuno dei due Marchi praticamente in contrapposizione, quasi in “controcanto” dell’altro marchio.
Vi ricordate? Partimmo dalla “Stratos Zero” di Marcello Gandini dentro Bertone (autore a sua volta della serie più estesa di sportive a motore posteriore centrale del Gruppo di Torino: dalla più piccola “Fiat X1/9” derivata dalla concept “Autobianchi Runabout A112”, passando per “Lancia Stratos HF” e chiudendo il cerchio con la gamma Ferrari “Dino GT4”) per celebrare il primo passo – o uno dei primissimi – del Gruppo Fiat verso il neo acquisito Marchio di Chivasso.
Non che non vi fosse già a Torino la tensione e la programmazione della nuova Gamma stradale di Lancia dopo l’era Pesenti; tuttavia era forse nelle corde più illuminate anche di Gianni Agnelli (criticabile in mille questioni ma certo un amante dell’arte dell’automobile) vincere l’impresa di portare “LA Lancia” delle origini a quelle medesime origini. Dal ritiro dell’impresa in F1 all’oblio durato quindici anni, e poi il risveglio tramite una impresa paragonabile a quella della Formula Uno; ed in fondo, chi ci vincola a non pensare che priva della Ferrari (con cui Mirafiori aveva stretto un gentlement agreement onde evitare qualunque sovrapposizione concorrenziale dentro i medesimi confini agonistici dei vari Marchi dentro al Gruppo) la Fiat non avrebbe tentato di promuovere un ritorno diretto della Lancia dentro al Circus?
E’ stato forse davvero semplicistico per noi ricostruire una cronistoria puntando i riflettori su eventi distrattamente declinabili come “complementari”: tuttavia, ci siamo chiesti, cosa avrà provato Enzo Ferrari riconoscendo nella struttura e nelle forme della Stratos HF del 1971 e poi del 1973 qualcosa che ricordava Maranello?
Sei anni di “botta e risposta” tra Fiorano e Chivasso?
Ed abbiamo “risposto”: cosa avranno provato Cesare Fiorio di “HF”, Pierugo Gobbato (A.D. della Lancia) e parte del Management Fiat quando a Fiorano girò, solo un anno e mezzo dopo l’omologazione della Stratos in Gruppo 4, una bella e lampante Ferrari “308 GTB” vistosamente allestita per lo stesso Gruppo 4 Rally della Stratos?
E quando una quindicina di scocche alleggerite e grezze della stessa “308 GTB” Gruppo 4 finirono, guarda caso, alla “Michelotto” di Padova che aveva così ben preparato proprio le “Stratos HF”, cosa pensarono alla Lancia?
Semplice: dopo aver pensato di realizzare nella Casa di Chivasso la concorrente primaria della “208 GT4” ma ancora di più della poco prossima “208 GTB/GTS” rappresentata dalla “Beta Montecarlo”, la Lancia non si era certo ferma; affiancata e mossa sempre dall’ingegno preliminare di Cesare Fiorio, fu portata alla Galleria del Vento di Pininfarina ad Orbassano la “cellula” di una Beta Montecarlo per farla rivestire dalla maestria sartoriale ed aerodinamica degli stessi stilisti canonici ormai proprio anche della Ferrari.
Guarda caso, nelle settimane appena successive alla prova in Galleria di quella che diventerà la Montecarlo Turbo Gruppo 5, Ferrari fa uscire in prima mondiale la “Concept” unica “308 GTB Millechiodi” lavorata e supervisionata sempre da Pininfarina, quasi un concetto simbolico rappresentabile – volendo – anche come la elaborazione in chiave Gruppo 5 “Silhouette” della berlinetta V8 di Maranello (visto che la Gruppo 4 era già a quel punto omologata ed affidata alle cure di Michelotto).
Nel frattempo, tuttavia, nei Rally si era compiuta l’elegante e simbolica “staffetta” tra la Lancia (con la Stratos) e la Fiat con la “131 Abarth”. Siamo a cavallo tra fine anni Settanta ed inizio anni “80: “131 Abarth” si dimostra un cavallo di razza e vince, convince e in qualche caso stravince; ma a tagliarla fuori dalle competizioni non è né l’anzianità né la parabola discendente.
A togliere anzitempo la berlina Fiat dal palcoscenico dei Rally è la modifica delle regole del gioco da parte della Federazione Internazionale Automobilistica.
In ogni arte la semplicità è essenziale” (Arthur Shopenhauer)
La “rivalità” indiretta tra Ferrari e Lancia si rappresenta in modo assolutamente simbolico nel mondo della Velocità su Pista (dove la Lancia è presente nel Mondiale Sport Prototipi con la Montecarlo Turbo Gruppo 5) in una assordante “assenza” apparente del Gruppo Fiat nel supporto diretto all’altra rappresentante elettiva di quel mondo: la Ferrari.
Il Cavallino è assente dal 1972 (anno dell’ultimo Titolo mondiale nelle Sport Prototipi) e le uniche presenze in pista in quello che è stato ridenominato fino al 1981 “Mondiale Marche” da parte delle Rosse è nelle realizzazioni private dell’importatore francese e della NART su base “512 BB” mentre dal 1976 è definitivamente tramontato il progetto aleatorio della “308 GT4” Gruppo 5 che la NART voleva portare a Le Mans.
Eppure di certo a nessuno dentro al Gruppo Fiat a Mirafiori era sfuggita la considerazione che dentro la Factory della Via Emilia vi erano possibilità originarie e native per trasformare in ottimo materiale da Gruppo 5 la Gamma ordinaria del Cavallino. Forse tutto ciò aveva fatto saltare la mosca al naso al Drake. Forse.
Fatto sta, in una Stagione 1981 non troppo brillante per i colori Fiat nel Mondiale Rally, che l’Europeo viene vinto di misura da Adartico Vudafieri proprio sulla “131 Abarth” ma tallonato dallo straripante Jean Claude Andruet sulla Ferrari “308 GTB” Gruppo 4 di Charles Pozzi, l’importatore francese delle Rosse.
Insomma, ad un passo dal colpaccio europeo che a Maranello sarebbe valso quasi quanto un Mondiale.
Incredibile a dirsi, dunque, che pur nell’apparente distacco ufficiale del Team Ferrari dalle gare di Rally internazionali, la “308 GTB” si dimostri una berlinetta al “Top” per puntare in alto.
Sembra quasi che Lancia abbia trovato la sua croce. Ed arriva il 1982. Non senza sussulti, ma soprattutto con un nome che è arrivato alla cima del governo in casa Fiat. E’ Vittorio Ghidella.
Cambiano le regole nei Rally, arriva il Gruppo B
Una piccola retrospettiva per contestualizzare, ma forse molti di Voi già conoscono. Con la motorizzazione di massa e la nuova attesa e disponibilità degli automobilisti privati di “corrispondenza” mediatica e non solo simbolica delle auto di cui dispongono ogni giorno con la platea delle protagoniste del mondo delle corse, l’attenzione normativa della “FIA” (Federazione Internazionale Automobilistica) si sposta in modo mirato e complesso verso il mondo della produzione di serie.
Per farlo, per consentire ad auto diverse tra loro per cilindrata, dimensioni, e persino destinazione di uso; ed inquadrare una generalità di modelli tra loro molto diversi presenti sul mercato, è evidente che dai primi anni Sessanta la Federazione deve per prima cosa ordinare il “gruppone” di auto eterogenee in Categorie o Classi di appartenenza (i “Gruppi”) dando vita a questo punto a due Classifiche di posizione al traguardo finale (Classifica Assoluta e Classifiche per Categoria, cioè per “Gruppo”); all’interno dei diversi Gruppi (1,2,3,4) vi sono ulteriori sottoclassificazioni per cilindrata con relativi rapporti tra questa ed il peso minimo ammissibile; ed è ovvio che la omologazione in ogni Gruppo è stabilita in primis da due valori numerici: il dato della produzione industriale (di catena) all’anno; ed eventuale o esclusivo contingente minimo di pezzi identici necessari per l’omologazioni in ciascun Gruppo.
Chiaramente ogni Costruttore, nel presentare anno dopo anno le proprie candidate alla omologazione in ogni specifico Gruppo, otteneva in cambio una specifica “Fiche” corredata di scheda tecnica con la traccia di tutte le specifiche inviolabili dell’auto omologata.
Credo di essere stato conciso e didascalico in forma comprensibile da tutti, ed allora facciamo una rapida carrellata dei diversi Gruppi per presentarVeli.
Gruppo 1: a questo appartengono le auto che corrono praticamente identiche a quelle di Serie, con modifiche ammesse praticamente solo nell’aggiunta di Rollbar, rimozione marmitta e tappezzeria interna; se permettete la semplificazione (per non essere prolisso) il Gruppo simmetrico a quello “1” – dove ovviamente ogni Costruttore omologava la versione “sportiva” più diffusa della sua Gamma di serie – è il Gruppo 3 che classificava le cosiddette “Gran Turismo”, cioè quelle realizzazioni esclusive (Berlinette, Coupè a vocazione sportiva) i cui numeri di produzione minimi erano davvero decimali rispetto al Gruppo 1 conservando gli stessi limiti per modifiche di omologazione.
Gruppo 2: comprendeva auto di produzione abbastanza diffusa, anche se con volume annuo di Catena industriale più ridotto rispetto al Gruppo 1; il contingente destinato all’omologazione, fatto di “n” unità prodotte e targate tutte uguali tra loro e parzialmente identiche al modello omologato per i Rallyes, era a sua volta un contingente “minimo” da produrre in un arco specifico di mesi. Si intende che lo standard, il numero e la qualità di modifiche speciali sul contingente rispetto alla gamma di serie dovevano essere in un certo senso “limitati”.
Idem per il Gruppo 4, dove più in specifico finivano le vere “tigri da Rally” dei diversi Costruttori: una categoria di modelli ed allestimenti sportivissimi derivati da una produzione di serie più estesa, ed un livello di elaborazione molto più articolato e spinto rispetto al Gruppo “2”
Fino al 1976 (ultimo aggiornamento del famoso “Allegato J” al Gruppo “4”) un aspetto chiave soprattutto in termini di raggiungibilità dell’obbiettivo di omologazione da parte dei Costruttori e, dall’altro lato, una sorta di garanzia aleatoria per la Federazione per impedire ai Costruttori di produrre missili a quattro ruote, era proprio il dato su minimo volume annuo di produzione e contingente minimo di omologazione: per intenderci, Lancia aveva dovuto faticare parecchio nel 1974 per ottenere l’omologazione della Stratos in Gruppo “4” a causa del contingente minimo di 500 pezzi da produrre in un solo anno.
Molto meglio sarebbe andato dal 1976 alla Fiat che per omologare in Gruppo “4” la “131 Abarth” doveva presentare un lotto mimino di 400 pezzi identici prodotti però entro due anni.
Gli obbiettivi reciproci dei “contendenti” (da un lato la Federazione, dall’altro il complesso dei Costruttori) si può dire siano stati rispettati e contemplati in modo ottimale, ma……Probabilmente arrivati alla soglia del 1980, il problema di fondo delle competizioni era che cominciavano a scarseggiare nella produzione di serie i modelli più estremi e sportivi per il Gruppo “4”; causa la crisi energetica, la condivisione di piattaforme ed una diversa selezione del consumatore, il Gruppo “4” si stava riducendo ad un circolo di berline di ispirazione utilitaria in Europa mentre, al di là dell’Oceano, in Giappone la filosofia costruttiva e le disponibilità industriali e finanziarie cominciavano a rendere i Costruttori sempre più temibili. Questo il mio modesto punto di vista, legato anche alla evidenza che il circuito Massmediatico cominciava a pretendere dal mondo dei Rally meno specializzazione e dedali regolamentari e più spettacolo comprensibile dalla maggioranza. C’era infine da ricostruire in toto la scala di compensazioni e di comparazioni “cubatura/peso” in funzione delle nuove risorse tecnologiche a disposizione dei Costruttori (Turbo, Trazione Integrale, elettronica e compositi).
Forse per tutto questo, la Federazione decide che dalla data del Primo Gennaio 1982 sarebbero cambiati i Gruppi.
Il vecchio Gruppo “1” diventava “Gruppo N” con poche modifiche di contorno;
il vecchio “Gruppo 2” si trasformava in “Gruppo A” a sua volta con modifiche nelle cifre e nei contingenti ma non nello spirito del Gruppo di origine;
infine, i Gruppi “3”, “4”, “5” confluivano in un nuovo raggruppamento di Categoria estrema, il Gruppo B: 200 pezzi identici tra loro, senza derivazione obbligatoria da una Gamma di serie preesistente, e 20 unità aggiuntive per ogni aggiornamento. Categorie di iscrizione “Cubatura/Peso minimo” ponderata e calibrata sul progresso tecnico del tempo.
Fiat 131, fine prematura, Lancia Montecarlo, Ibrido da lanciare, “308 GTB” sogno proibito?
La “transizione” consentita ai diversi Costruttori per “traghettare” quanto più possibile la “vecchia” produzione omologata in Gruppo “4” a dopo il Primo Gennaio 1982 è un cavillo ed uno specifico regolamentare che lascio ai più eruditi di cercare autonomamente. Quel che è sicuro è che il Gruppo Fiat, di fronte ad una plurititolata ed ottima “131 Abarth” Gruppo 4 decide (a mio avviso in modo eccessivamente frettoloso) il prepensionamento della creatura a tre volumi così vicina al modello che portava ogni Signor Rossi al lavoro durante la settimana. Lo smacco, o l’ironia della sorte, che vede in quel 1982 il Titolo Mondiale Piloti assegnato ad un ex Fiat Abarth (Walter Rohrl) su una delle berline più simili alla “131 Abarth” (la Opel Ascona 400 Gruppo B vincente solo e soprattutto per la sua assoluta indistruttibilità in Gara) dovrebbe aver fatto piangere più di qualcuno a Mirafiori.
Tuttavia, nel pensionamento della “131” si manifesta una esigenza di successione, ed ovviamente la “staffetta” elettiva dovrebbe riguardare la sola Lancia. Eppure…
Eppure quella “308 GTB” Gruppo 4 maturata nel programma privatissimo di Maranello/Michelotto/Charles Pozzi, nel frattempo è Vice campionessa europea 1981 in carica battuta solo dalla “131” di Vudafieri ma arrivata seconda con poche partecipazioni da “10 e lode” a suon di vittorie e piazzamenti: e stiamo parlando di un vero e proprio prodotto di artigianato spinto. Cosa accadrebbe, per pura ipotesi, se una eventuale “Ferrari 308 GTB” Gruppo B fosse accompagnata da un programma di Gruppo?
Forse si apre qualche nuvola di disorientamento verso le scelte da fare?
Ecco, in pieno e puro spirito “dietrologico” del sottoscritto, quale scenario affronta tutto il Gruppo Fiat nella assegnazione del testimone perfetto per i Rally del vessillo di Mirafiori, dove nel frattempo al ponte di comando si è insediato un Manager straordinario con un debole per la Lancia. Si tratta di Vittorio Ghidella. Che assiste, probabilmente non di sfuggita, all’incarico che lo stesso Enzo Ferrari assegna al “solito” Michelotto: predisporre un piccolo lotto di “308 GTB” per il Gruppo B. Lo sapevate questo?
Ferrari 308 GTB, Vice Regina d’Europa (a sua insaputa?)
Nella iconografia dell’Eden sportivo Lancia, a Gianni si associa la “Nobildonna” (l’Aurelia, ricordate?), ad uno spumeggiante Cesare Fiorio la “impertinente” Fulvia HF, allo stesso Fiorio e Gobbato la “ultraterrena” Stratos. Ed all’eretico e straordinario Vittorio Ghidella non poteva che corrispondere la “eretica” 037.
Appassionato e tecnico, umanista del motore e convinto sostenitore del supporto commerciale e mediatico del Motorsport nel mercato “retail”, Ghidella ha sostenuto il rilancio di tutto il Gruppo Fiat e della Lancia in due modi: fino al 1978 lavorando sodo su ogni incarico commissionatogli da Casamadre; poi dal 1978 al 1979 affiancando Nicola Tufarelli, che poi diventerà (guarda caso) Presidente di Ferrari SpA, ed infine salendo al ponte di Comando di Mirafiori con imprimatur diretto dell’Avvocato.
Ovviamente Ghidella diviene il Supervisor di tutta l’attività sportiva, dalla piccola “Autobianchi A112 Abarth” fino ai piani alti del Motorsport. Nei quali ovviamente abita elettivamente il Cavallino, sempre “scudato” da quel 51% di quota societaria estranea al controllo diretto di Fiat.
Dunque, in quel fine 1981 come può vedere il Manager di Vercelli la progressione agonistica nei Rallyes di quella Ferrari 308 “clandestina” (perché formalmente Maranello ne delegò la confezione finale a Michelotto e la gestione agonistica a Charles Pozzi) nell’Europeo? Semplice: con solo sette Rally partecipati nell’Europeo 1981 la “308” Gruppo 4 di Andruet si piazza dietro la Fiat 131 di Adartico Vudafieri che di Rally ne corre oltre il doppio.
Quasi un avvertimento del Drake verso il Gruppo Fiat, sembrerebbe essere quello dell’Europeo. Andruet e la 308 vincono il Quattro Regioni (doppietta con Pregliasco secondo), la Targa Florio, l’Ypres Rally, il Tour de France; ed arrivano secondi al Costa Brava “bucando” solo altri due appuntamenti. La media punti della coppia sul Cavallino è imbarazzante per il pur combattivo Adartico sulla 131.
Eccolo l’avvertimento: a parità di appuntamenti in calendario poche calamità avrebbero potuto privare Maranello del primo Europeo Rally che il Cavallino a quel punto vinto quasi per caso.Come sembra causale e disinteressato l’approdo di Ferrari ai Rally: impegno diretto del Reparto Clienti, o promozione e stimolo di Jean Claude Andruet, o richiesta dell’Importatore Pozzi, poco conta.
Il Cavallino si trova dal 1976 sulla rotta di Lancia Stratos e di Fiat 131 e non ha intenzione di farsi da parte: nel 1982 Andruet conferma la partecipazione ad Europeo e Mondiale con Pozzi e la sua “308 GTB” Gruppo 4.
Ma anche il “Jolly Club” di Roberto Angiolini iscrive all’Italiano Rally una stupenda “308 GTB” Gruppo 4 Michelotto. Enzo Ferrari, mentre da un lato professa il suo assoluto disinteresse al mondo dei Rallyes, dall’altro raddoppia gli impegni. E la Lancia?
Accade che Cesare Fiorio e lo Staff di “HF” sono rapidi a scoprire nei nuovi regolamenti il brutto ed il bello dei nuovi Gruppi FIA: da un lato la definizione di un nuovo “Campionato del Mondo Endurance” destinato alle Gruppo C (che sono sostanzialmente Gruppo 6 composte in due Divisioni di cilindrata e con limiti specifici e nuovi in termini di consumi) toglie di mezzo senza condizioni la geniale “Montecarlo Turbo” di cui verrà solo procrastinato il motore per la nuova “LC1”;
dall’altro offre al Reparto Corse Lancia una risorsa impensabile fino al 31 Dicembre 1981, cioè quella stessa cellula abitacolo centrale di “Beta Montecarlo” con la estensione degli opportuni telaietti anteriore e posteriore da ristudiare in funzione di elementi sospensivi da tarare per sterrato, neve e strada comune e non più per la Pista. (Fine prima parte)
Riccardo Bellumori