Volvo 240 Turbo VS Rover 3500 Vitesse: la guerra delle regine eretiche

Che anno strano, il 1985, per la Svezia: la patria della aristocrazia democratica, con la famiglia reale scovata a prendere tram e mezzi pubblici come tutta la popolazione.

Erano da poco spenti i riflettori sugli “Abba”, Bjorn Borg era ormai una gloria sportiva passata, ma le leggende sulla Svezia non si spengono per questo: una in particolare nasce in piena Guerra Fredda, e si svolge nei cieli tra Svezia e Russia anche se dal fronte statunitense tutto viene da tempo ridotto a forma di barzelletta.

 

Pare infatti che il caccia militare più diabolico e maledettamente veloce della storia (il Lockeed SR-71 Blackbird) avesse ripetutamente violato gli spazi aerei dellaSvezia (per poter spiare quel che avveniva in territorio sovietico) sorvolando il “Baltic Express” sul target “Codan” ad 80 Km. a Sud di Copenhagen; l’aviazione svedese decise così un bel giorno di darci un taglio, disponendo del “Saab JAS 37 Viggen”, il solo aereo al mondo all’epoca in grado di raggiungere velocisticamente il Blackbird.

E così il Maggiore Per Olof Eldh alzatosi in volo “agganciò” in scia il Blackbird  – ad Ovest della città di Visby sull’isola di Gotland – mettendolo sotto i mirini di puntamento dei suoi missili…Poteva accadere davvero il “patatrac”, ma per fortuna la faccenda finì con gli americani che disciplinatamente evitarono da quel giorno il sorvolo dei cieli di Stoccolma

Ma se questa poteva essere una leggenda, era invece molto reale l’inizio della fenomenologia “Nokia” legata al boom delle telecomunicazioni; e cominciava a diventare a sua volta un fenomeno di massa il sistema “IKEA” che apre, a Marzo 1985, il suo primo Store negli Stati Uniti. 

Proprio loro, gli USA, che tuttavia aprono il 22 Settembre 1985 il baratro davanti alla forza commerciale della Corona svedese: con l’allora “Accordo del Plaza” il famigerato “G-5” (USA, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Germania) accorda alla FED ed alla Casa Bianca la facoltà di svalutare temporaneamente il Dollaro per ridurre il deficit commerciale enorme che l’economia americana ha accumulato a causa soprattutto dell’onda di importazione da Giappone ed Europa. 

Proprio qui in effetti si “annidavano” tuttavia i due Paesi più aggressivi nell’export proprio in virtu’ della debolezza valutaria in relazione ai mercati di approdo: Italia e Svezia.

Tuttavia, mentre per l’Italia si era stabilizzato un mercato dell’export “Consumer” fortemente improntato sul lusso (Food, Moda, Design ed Arte,Automotive) che era abbastanza resiliente agli aumenti di listino; per contro l’industria italiana dell’Automobile era decisamente rivolta al consumo interno. 

Tutto il contrarìo della Svezia, che aveva nell’export di auto, moto e High Tech un motore fondamentale moltiplicato dal rapporto valutario tra Corona Svedese ed altre valute “forti”. 

A Settembre 1985, nei lussuosi Saloni del “Plaza Hotel” alla 59° Street Central Park – New York, il Governatore FED Paul Volcker concordò con gli altri quattro membri del “G5” la svalutazione immediata del Dollaro sui mercati finanziari: a causa di questo di colpo la Corona Svedese portò i Listini americani delle auto svedesi (Saab e Volvo) davvero vendutissime a costare migliaia di Dollari in più aumentando la soglia di divario economico che già era pesante.

Non fosse bastato questo, un anno dopo quel 1985 il delitto di Olof Palme rende improvvisamente la Svezia vulnerabile, inquinata, un poco marcia. Il Primo Ministro, simbolo del Paese, viene assassinato mentre discretamente e senza alcuna scorta torna a casa con la  moglie dopo la sera passata al Cinema.

Ma quel 1985, nel cuore degli appassionati e degli amanti della bandiera svedese, lascia anche un ricordo magico. E non solo a loro.

Perché anche per i britannici quel 1985 è particolare, e strano. La suggestione delle Falkland è ancora vicina, la strage dell’Heisel nella finale di Coppa Campioni ha marchiato per sempre con il segno della ignominia gli Hooligans e, nel frattempo, il Governo Thatcher rende pan per focaccia sul tema nazionalizzazioni ai suoi predecessori: la Stagione dell’aiuto di Stato è finito, le Aziende devono tornare sul mercato e Downing Street ha forzato la mano “privatizzando” e frazionando od accorpando tra loro Marchi un tempo tutti protetti sotto il tetto British Leyland di Michael Edwardes.

 

Nel 1984 uno di questi Marchi (e forse un vero emblema per i britannici) come la Jaguar riesce nel colpo del secolo: vincere il Campionato Europeo Turismo con la XjS 12 cilindri. Chiaro: difficile trovare concorrenti in termini di potenza per quel motore da incrociatore inglese; ma soprattutto, è grazie alla  cura di Tom Walkinshaw se quella super Coupè riesce a fare a stracci la concorrenza. 

Nello stesso tempo un grande Dave Thorpe nel Mondiale Cross Classe 500 conquista proprio nel 1985 la corona iridata e fa smaltire ai britannici un certo digiuno che dopo i Titoli di Hunt in Formula Uno e di Barry Sheene nel Motomondiale Velocità si era appalesato all’orizzonte.

Rimane però nei Sudditi della Regina la strana suggestione di aver visto decimare i Marchi storici e tradizionali dell’Automotive e delle due ruote soprattutto per una cretineria politica dei diversi Governi locali e sindacali. Ma in questo 1985 sta succedendo qualcosa che, nei Britannici così come negli svedesi, sta riportando gioia nel cuore.

Volvo e Rover: due regine eretiche per sconvolgere i canoni dello Sport

Il terreno di confronto è ancora una volta l’Europeo Turismo, dove si stanno affrontando faccia a faccia due vere e proprie regine, anche se eretiche: eretiche per almeno tre motivisimmetrici tra le nostre due eroine:

-Di fronte a plurivincitrici assolute o di Divisione(Alfetta GTV 2500, BMW 635 ad esempio) le nostre due regine sono comode berline seppure con due porte o persino cinque porte, con in più la “aggravante” di essere nativamente state concepite come berline “ammiraglie” di lusso e prestigio; 

-Riescono a vincere ed a confrontarsi al top per la virtù di saper massimizzare e rendere strategiche alcune loro caratteristiche che forse neppure la concorrenza poteva immaginare;

-Il loro exploit (quello di queste nostre due Regine) è merito anche della unione con uomini e Staff eccezional: Eggenberg per una di loro e sempre Tom Walkinshaw per l’altra.

Sto parlando ovviamente della Volvo 240 Turbo e della Rover “3500 Vitesse”. La loro Stagione 1985 rimane alla storia come una vera lotta tra leggendari Titani.

Campionato Europeo Turismo: Quando a vincere è l’auto sotto casa

Vediamo il contesto di questa favola moderna: metà anni Ottanta, il massimo quanto a periodo motoristicamente paradisiaco: soprattutto l’apoteosi ed il palcoscenico televisivo totale dedicato all’” auto all’angolo”.

Le riforme appena prima avviate dalla FIA con le nuove Categorie “Gruppo N/A” partite nel 1982 avevano definito un “format” di modelli da Gara visivamente più simili alle auto di serie; i limiti regolamentari stabiliti per appendici, parafanghi e passaruota, e misure fondamentali originarie da rispettare categoricamente sono la base per obbligare i Costruttori ad omologare per le Gare le versioni più sportive “native” o perlomeno più aderenti ad un concetto di sportività elevata. 

Riepilogando in estrema sintesi, le basi regolamentari della FIA prevedono dal 1982 e fino al 1986 tre Categorie di auto che “visivamente” possono o debbono avere fisionomie aderenti ai modelli di serie: Gruppo “N” (Strettamente di serie), Gruppo “A” (modifiche circoscritte e prestabilite dal regolamento) ed infine Gruppo “B” (Prototipi prodotti in minimo 200 unità targate identiche al modello da Gara ad esclusione dei dispositivi obbligatori per la circolazione su strada). Per quanto riguarda le nostre “eroine” la loro Categoria elettiva nell’Europeo Turismo è ovviamente il Gruppo “A”. 

Questo significava, a termini di regolamento, produrre un numero minimo di unità che venivano riscontrate e periziate e “punzonate” dalla FIA per la omologazione.

Ai fini delle categorie di partecipazione, ovviamente, esistevano precisi algoritmi e rapporti dimensionali “peso/cubatura/alimentazione” che contribuiva a creare le diverse Divisioni di iscrizione; e chiaramente la Volvo Turbo 240 (con cilindrata 2100 cc quattro cilindri Turbocompresso) e Rover “3500 Vitesse” V8 si trovano faccia a faccia nella stessa Divisione (e con BMW 635 ed altri “bestioni” da Pista) per effetto del coefficiente di proporzione tra motori aspirati e turbocompressi per effetto del quale un 2,1 litri sovralimentato era parificato ai 3000 cc. /3500 cc. della più pregiata concorrenza. Ma vediamole in dettaglio le concorrenti Regine in confronto tra loro. Testimoni di una epopea in cui lo Sport era siamese al popolo di tutti i giorni, all’uomo della strada. E tempi nei quali il genio dei preparatori era l’arma segreta per il successo. E vediamoli a confronto, questi uomini dietro le vittorie di Volvo e Rover.

Eggenberger Motorsport era il Team svizzero gestito da Rudi Eggenberger. Già protagonista vincente con BMW aveva scelto, nel 1985, la scommessa Volvo.

Mentre Tom Walkinsham di “TWR” era formalmente il Team campione in carica, nel 1985, avendo condotto all’Iride europeo la Jaguar Xjs.

Gruppo A, Europeo Turismo: il grande Circo della celebrità

Il “Gruppo A” era il paradiso dei Preparatori d’eccellenza: spianavano testate, “pallinavano” bielle, alberi, ingranaggi; alleggerivano monoblocchi, sceglievano con cura i pistoni stampati e rivestivano le canne di materiali speciali anti usura. Alleggerivano, equilibravano, ridisegnavano tutto il possibile nei limiti della “Fiche” regolamentare FIA. Una vettura derivata dalla serie omologata in Gruppo A era dunque opera di cesello, per ottimizzare ogni minima parte dell’auto in Gara. I risultati? Giudicate Voi.

Volvo presenta la Serie 200 nel 1974. Tutto sembra tranne che una sportiva, soprattutto nel confronto con la conterranea “Saab 99” decisamente più a suo agio nei contesti sportivi. Tuttavia la peculiarità della Serie 200 è di essere spaziosa, comoda, lussuosa ma leggera e dinamica (pur con l’inevitabile ponte rigido posteriore sulle ruote di trazione) e dunque nelle motorizzazioni a benzina più potenti che raramente si vedono in Europa mediterranea diversi piloti scandinavi si divertono nei Rally innevati della penisola.

La Serie 200 raggiunge subito un ottimo responso di mercato negli States, ed a quel punto si apre un nuovo fronte interno con Saab, che crea, perfeziona e porta alla vittoria la sua versione sovralimentata del motore 2000 cc. di derivazione Triumph.

 

Due Regine “di Famiglia” vanno in guerra: Volvo e Rover Gruppo A

Nel 1981 Volvo introduce il suo primo motore turbocompresso “B21 ET” con la 240 Turbo “2.1” che eroga154 CV (9 cavalli in più della Saab che, nel 1979, ha nel frattempo lanciato la “900 Turbo).

Varato il Gruppo A Volvo si rese conto che sviluppando una versione a due porte nei limiti regolamentari previsti per il Gruppo A (serie minima annuale di 5000 esemplari di cui 500 ulteriori unità per ogni evoluzione pronto Gara) avrebbe avuto l’arma perfetta per le Gare. 

Alcuni penseranno che in fondo, però, la “262” presentata nel 1977 poteva essere di già la base a due porte perfetta per un impiego in Pista, avvantaggiata da quei sette centimetri di altezza in meno del padiglione e dunque da una linea più fendente. 

Tuttavia la “lentezza” delle lavorazioni artigianali a Grugliasco e la maggiore facilità a produrre la nascente “242” (con scocca della 200 quattro porte rivisitata) portò verso una soluzione pragmatica ma forse meno “intrigante” con la “242 Turbo” varata nel 1983 e al debutto nel 1984 nell’impegnativo DTM. Le differenze tra la “Serie 200 Turbo” e la “240 Turbo Gr.A” sono strabilianti: la potenza – grazie a lavorazioni, turbina Garrett maggiorata ad 1,5 bar, sistema di iniezione d’acqua nel collettore di aspirazione per raffreddare l’aria in ingresso) passa da 154 a 340 Cv, il peso passa da 1320 a 1050/1100 Kg. a secco grazie a porte e cofani di alluminio ed alleggerimenti vari. 

Nel luglio del 1983, i 500 esemplari vengono sottoposti a un’ispezione di verifica su due aree negli Stati Uniti, una sulla costa Est e l’altra su quella occidentale. 

Nel 1985, anno vengono ingaggiati due team ufficiali:Eggenberger Motorsport che partecipa al campionato ETC con il nome di Volvo Dealer Team Europe. 

I piloti della squadra sono lo svedese Thomas Lindström, Sigi Müller Jr. della Germania Ovest, l’italiano Gianfranco Brancatelli e il belga Pierre Dieudonne ed un altro che partecipa ai Campionati nazionali più rappresentativi. Ed ora, passiamo all’altra Regina: Rover 3500.

Rover “SD1” Unconventional Queen

Quando parli di Rover SD1 del 1976 gli eruditi ti appioppano sempre davanti al muso la storia della “BMC 1800 Aerodinamica Pininfarina” di Paolo Martin del 1967. Nella visione di nuovo “prestigio sportivo e popolare” che la Rover – confluita ormai nel carrozzone para-pubblico “British Leyland Motor Corporation” guidato da Michael Edwardes – doveva abbracciare per non intaccare il mercato di Jaguar sopra di essa, e però sostituendosi alla Triumph appena al di sotto, la “SD1” nacque nel 1976 con un clamore dato dall’abbandono di ogni stilema a tre volumi tipica della produzione blasonata ma anche un poco antiquata britannica: il taglio a due volumi allungato disegnato da Bache non era solo un vezzo, per qualcosa come sei Ammiraglie su undici in Europa (Citroen CX, Lancia Gamma, VW Passat, Audi 100 Coupè, Renault 20/30, Saab 99); era anche un segno distintivo ed un nuovo concetto di comodità: avere il “Due volumi” esteso su una Ammiraglia permetteva di evitare la immancabile versione “Familiare”.

Ma che periodo è quello in cui nasce la SD1? Michael Edwardes, nominato plenipotenziario dentro il Gruppo esteso B.L.M.C. deve fronteggiare lo sciacallaggio sindacale ed operaio, mentre il mercato interno entra in crisi, il prodotto è scadente ed arriva sempre più minacciosa la concorrenza estera. Il Fac simile della auto “British”, purchè “Sedan” ed “Estate” con corredo di cromature, legno e copriradiatore deve lasciare spazio a forme e concetti in grado di tenere testa ai modelli tedeschi, francesi, giapponesi e italiani sempre più preferiti dal cliente interno.

Certo, alcuni “must” della produzione inglese rimangono ben in testa alle vendite ma basare la fortuna della bandiera UK alle sole “Mini Morris” o poche altre è un vezzo ormai inutile. In tutto questo, incredibile a dirsi, Edwardes definisce un piano di rinascita dove al primo posto del rinnovo di gamma si trovino più modelli “Top” che non popolari.

 

Decisione e strategia folle? No, pragmatica. Dall’altro lato contemporaneamente Edwardes sta cercando disperatamente Partners industriali disponibili a fornire in partnership catene di montaggio per auto di gamma “media”, mentre per la piccola e rivoluzionaria piccola “Metro” si corre ai ripari da un ritardo scriteriato di almeno un anno rispetto alle attese di produzione. 

 

Ma sul taglio” Top” Edwardes sa che può ancora contare sulla capacità artigianale dei Distretti di lavorazione pelle, legni, e sulla grande tradizione inglese in tema di berline di prestigio. 

Si tratta di salvare il salvabile, ed Edwardes pare riuscirci in qualche modo.

 

Chiaro, la critica è subito feroce quando la “3500 V8” appare nel 1976: la linea è nuova, ma la base meccanica è decisamente “classica” con motore anteriore longitudinale e trazione posteriore. 

 

Tutto questo porta da subito l’opinione pubblica che giudica la “Rover SD1” a dividersi in 3 grandi filoni: i “classicisti” che la odiano perchè non ha nulla a che spartire con le classiche “Sedan” all’inglese; gli “avanguardisti” che invece ne lamentano la presenza di una architettura datata; ed infine i “Non so nulla ma parlo” che – spinti da parrochialismi e provincialismo legato al tifo per il “proprio” marchio, non perdonano a questa Rover di “sconfinare” in ambiti che non le erano propri.

Ciononostante la berlinona è davvero una bella forma d’auto, e comincia in primis ad affollare i parcheggi delle Imprese nazionalizzate dove i pretenziosi Manager la prendono in sostituzione delle tante, troppe Jaguar che è il caso di riposizionare sul mercato Privato. 

Ma il pezzo forte della “3500” è quasi un colpo di fortuna: un progetto Buick del 1960, con blocchi e teste in alluminio per un peso ridotto; un po’ in anticipo sui tempi per le sue dimensioni ridotte e la necessità di un refrigerante specialefinì in soffitta fino a quando il brevetto fu successivamente acquistato dalla Rover nel 1965 e dotato di doppi carburatori SU per motorizzare la Rover P5b. 

Vi sorprenderà sapere che la “Birmingham Aluminium” aveva un Know How industriale di fusione che da subito eliminò il primo problema della produzione Buick: oltre i 4.500 giri i manovellismi in acciaio con la loro inerzia incrinavano il monoblocco. E così Rover ottenne un motore capace di girare progressivamente fino a 5.500 giri al minuto ed anche oltre.

 

Un particolare “alla tedesca”? Lucas studia ed applica sul V8 un sistema di diagnostica che parte dalla analisi del regime di rotazione dell’albero motore per “dialogare” con la famigerata “Air Valve” della Leyland capace di “leggere” temperatura, velocità e volume dell’aria per regolare e variare l’accensione elettronica.

 

Insomma il 3500 cc andava come un orologio, e fu giustamente letto come un trampolino di lancio per le competizioni che, ricordiamo, all’epoca erano un volano promozionale importantissimo.

 

la “SD1” inizia a diventare un progetto dal 1971. L’idea finale nasce da ben cinque linee di prototipo sviluppate e progressivamente abbandonate: si va dalla versione “Shooting Brake” della onirica “P8” a due altre versioni a 3 volumi. Solo dal 1974 David Bache si impose con la sua idea volumetrica.

Comunque sia Rover SD1 è nata per lo più quando, come per altre Ammiraglie, la crisi energetica aveva abbattuto il Settore di mercato. Peccato che – purtroppo – la lotta sindacale ed operaia selvaggia rende vano il sistema ideato da Rover per proteggere il telaio da ruggine e corrosione: sigillatura a cera e catrame dei longheroni del pianale, elettroforesi di primer per le lamiere, soglie/fascioni/battitacco in acciaio zincato, “grembiule” anteriore in policarbonato che riduce l’ingresso aria sottostante e dirige verso il radiatore, mentre in Inverno parte dell’aria calda del vano motore viene incanalata dalla base del parabrezza in basso verso le scatolature sottocruscotto per asciugare l’umidità.

Rover “SD1” è nata vecchia? : la parte concettualmente più “vecchia” della “SD1” è il telaio, ma non dal lato dinamico ma da quello ergonomico: volumetria e spazi interni sono ridicoli rispetto alle concorrenti a Due Volumi, la seduta è bassa e poco regolabile, ma soprattutto Rover non può accodarsi alla schiera dei nuovi evangelici della sicurezza “passiva”; “SD1” è priva di zone di assorbimento di urto progressive, e rispetto a Volvo, Citroen Cx, e tedesche questo è certo un “disvalore”, anche se “SD1” è la prima auto di serie al mondo ad adottare il parabrezza a tripla laminazione “Triplex” (con coloritura progressiva antisole della superficie) che impedisce tagli e lesioni in caso di spaccatura. Senza dimenticare il serbatoio benzina davanti all’asse posteriore.

All’anteriore il sistema Mc Pherson ripreso dalla “2000” sembrò inizialmente uno schema “povero” per un’Ammiraglia. In effetti è servito per ridurre la volumetria del vano motore pur in presenza di motore “V8” con catalizzatori ed equipaggiamento anti-emissione obbligatorio per gli USA; tuttavia la prima fornitura di ammortizzatori era della BOGE, Leader indiscussa titolare di un particolare brevetto per ammortizzatori “dialoganti” ed autolivellanti, che in parte permettevano alla “SD1” di fare a meno del sistema idropneumatico che – ad onor del vero – ci si sarebbe attesi su un’auto di questa portata. Tuttavia, fu proprio anche questo schema a fare della “SD1” una vincente in Pista.

Al posteriore, invece, si è esaltata la genialità ingegneristica dello Staff tecnico di Rover/Triumph guidato da Dennis Warner: un “De Dion” che non è un “De Dion” con tubo di torsione, geometria anti-dive, anti-squat ed autolivellante, connesso con tiranti e bracci Watts posteriori che funzionano in “pull” e non in compressione e dunque hanno dimensioni molto ridotte a vantaggio anche del flusso d’aria sottostante. Il tutto, in funzione sportiva, rendeva “purtroppo” la SD1 una vettura abbastanza rigida, per darle sicurezza però in velocità.

Il primo passo per il debutto di Rover 3500 in Pista è l’accordo con TWR del 1981: John Davenport, Direttore Sportivo della Divisione “Triumph /Rover” aveva affidatogià alla fine del 1978 alla David Price Racing lo sviluppo di un prototipo per Campionato Turismo Britannico.

Ed ecco l’accordo per il 1981 con Tom Walkinshaw. Tom perfeziona tutto quel che può, in un contesto regolamentare molto vicino al “Gruppo 1 F.I.A.” arrivando tuttavia a dominare ben sei delle undici Gare ai danni delle Ford “Capri 3.0 V6” che erano da tempo le mattatrici del BSCC; vittoria di Classe dunque, anche se non assoluta, ripetuta nel 1982.

Finalmente anche in Gran Bretagna il torneo “abbraccia” le regole del Gruppo A e dunque per Walkinshaw si aprono un poco di più spiragli per elaborazioni di fino che tuttavia non possono più essere svolte sul materiale esistente.

 

Ed è per questo che, seduti attorno ad un tavolo, i tecnici TWR ed il Management della Rover creano insieme una delle prime auto di serie nate da specifiche necessarie in Pista: è la “3500 V8 Vitesse” di Rover., pensata per l’omologazione in Gruppo A.

Europeo Turismo 1985: Guerra dei mondi

E si arriva all’Europeo 1985, con quel leggendario duello tra le Rover Vitesse di Walkinshaw e le Volvo 240 Turbo di Eggenberger. Le tracce simboliche a confronto sono più di una: si scontrano due auto provenienti da due dei pochi reami europei; la Volvo è, nonostante la “eresia” tipica svedese, una 3 Volumi classicissima e la “Rover” nonostante le radici tradizionali British è una innovativa Due Volumi.

 

Due mondi a confronto, due filosofie praticamente quasi opposte che si danno la caccia reciprocamente: da un lato il concetto aerodinamico all’avanguardia accompagnato dalla “classicità” di un bel motorone di stampo anglo-americano ed aspirato; dall’altra una classicità di stile ma la assoluta modernità del Turbo. 

“Mattone volante” della famiglia reale svedese contro un’ammiraglia di Sua Maestà.

L’Europeo Turismo del 1985 segna decisamente un’epoca: se nel 1984 la Jaguar XJS era salita di colpo alla ribalta (ma non poteva essere altrimenti dato il pedigree e il prestigio del Marchio e del suo preparatore) spostando per un attimo il “Focus” dalle protagoniste “canoniche” BMW 635 ed Alfa Romeo GTV, dall’altro lato aveva acceso di nuovo l’attenzione mediatica e popolare su una disciplina caduta un poco in “oblio” dopo la fine degli anni Settanta, coperta dal clamore di F1 e Rally da una parte e dalle sempre più affascinanti Gruppo C dall’altra.

Per gli inglesi tuttavia quella XJS verde prato di Londra era anche la risposta orgogliosa proprio ai tedeschi: non solo quelli “globali” che avevano spodestato la Union Jack dal mercato del lusso e delle auto di prestigio, ma anche i tedeschi di BMW che nel 1983 erano ricorsi contro la vittoria schiacciante della Rover SD1 nel BSCC chiamando in causa irregolarità e ricevendo ragione dalla Commissione Sportiva proprio nel 1984. 

L’onta e la rabbia per quella contestazione vide la Rover abbandonare il “suo” Campionato nazionale.

Nel 1985 l’eroe di Bandiera Tom Walkinshaw e la stessa Rover SD1 Vitesse V8 3500 si ponevano come concorrenti di punta di un’altra bandiera nazionale: Volvo era scesa in campo nell’Europeo Turismo con le “240 Turbo” Gruppo A, portando con sé per la prima volta l’orgoglio e la speranza di tutto un Paese e di una immagine industriale nazionale.

La Svezia di metà anni ‘80 cominciava infatti a “sdrucciolare” pesantemente verso una crisi di sistema e sociale che sfocerà nel 1986 con l’attentato ad Olaf Palme, segno di tensioni e di disagio che mai prima di allora il Paese del benessere, della natura e del quieto vivere aveva mai vissuto.

Dopo una esperienza preliminare nei Rallyes la berlinona “240” era pronta così a consumare l’asfalto delle Piste nel Turismo.

Una scommessa? In principio era molto di più, visto che nell’ambiente la “240” era soprannominata “Mattone Volante” !

Di lei tuttavia si prendeva cura un vero “Mago” alter ego di Tom Walkinshaw. Era Ruddi Eggenberger, Tuner svizzero di fama e di genialità assoluta.

I numeri della sfida epocale sono laconici: fino a tre “Vitesse” iscritte dalla Rover – TWR, nuove “fiches” di omologazionesu motore e sospensioni e dunque 310 Cv (!!!) destinati a durare anche 24 Ore nelle “classiche”. Una limata al peso di ulteriori 5 Kg. in meno per l’utilizzo massiccio di componenti in magnesio, e nuovo assetto con barre, duomi, silent block e giunti.

E poi c’è Volvo “240 Turbo” by Eggenberger: a parte la famosa iniezione di acqua negli iniettori la versione estrema aggiornata per il Gruppo A aveva testata in alluminio, bielle ed alberi forgiati e pistoni stampati; inoltre iniezione Bosch K-Jetronic studiata appositamente e turbina Garrett maggiorata, per un totale di 305 Cv. A 6000 giri, per un peso già “base” di 1.100 Kg.

L’inizio di Stagione 1985 sembra prefigurare la perdita della “scommessa” in casa Volvo: le “Vitesse” TWRvincono alla grande le prime tre Gare consecutive, ma è solo un fatto di tempi nei quali Eggenberger sta raccogliendo dati per capire fin quanto è possibile spingersi con la sovralimentazione, e si parla di potenze non superiori – per sicurezza – ai 295 Cv.

 

Infatti da Maggio 1985 arriva per la seconda metà della Stagione la sventagliata di aggiornamenti con turbina maggiorata e nuova Westgate. 

Questo permette alle “240” di aumentare la potenza di quasi il 15% rispetto ad inizio Stagione (340 Cavalli!!!) e Brancatelli e Thomas Lindstrom finiscono per travolgere Tom Walkinshaw e Win Percy con la loro “Vitesse”. 

Il 13 ottobre 1985, dopo la gara sul circuito dell’Estoril in Portogallo, Volvo aveva vinto 6 gare su 14 e la coppia Lindström/Brancatelli aveva già vinto. Ma la Rover è comunque seconda e davanti alle BMW 635.

Le Regine erano sul tetto del mondo, meritatamente. Una Stagione storica, ed irripetibile.

Riccardo Bellumori

Exit mobile version