La lezione di BYD al mondo: quando l’Auto fa divertire

Più li incontro, i Manager di BYD, in ognuno degli appuntamenti italiani attraverso i quali il Marchio ha presentato le sue novità per il mercato nazionale ed europeo; e più mi confermo in una sensazione che da un lato mi suggestiona e dall’altro mi consola.

Alfredo Altavilla, Alessandro Grosso, Davide Lanna e tutti gli altri Responsabili per Italia e/o Europa del colosso cinese  – ormai leader del settore della elettromobilità sia per numeri che per Know How – non si sottraggono mai all’impegno di presenziare le Conferenze Stampa e gli eventi di presentazione dove vengono spiegati e toccati con mano i diversi modelli di Gamma; e se solo contassimo gli appuntamenti mondani svolti in Italia nel corso dei due ultimi anni si rimarrebbe impressionati, in tema di impegno di risorse e di logistica, per il numero e la qualità delcalendario dimostrabile da BYD; 

e se dunque volessimo proiettare in conseguenza anche il corrispondente calendario europeo, includendo nell’impegno per le kermesse anche il lavoro straordinario che deriva dal costruire ed implementare la rete territoriale di vendita, postvendita e gestione strategica, si potrebbe razionalmente comprendere il superlavoro che in questo momento spetta al Team Direzionale del Marchio il cui acronimo vuol dire esattamente : “Build Your Dreams”.

La sensazione che tutto il Management mi fornisce, ad ogni incontro, è il complemento perfetto a questo comandamento dell’Azienda: “Build Your Dream” appunto; e nel costruire tutti il sogno di un Marchio diventato Benchmark e riferimento per il mercato globale, la sensazione davvero suggestiva che forniscono i Manager di BYD è quella di essere, semplicemente e straordinariamente, contenti di fare quel che fanno. 

Insomma, la sensazione bella – e che sembrava dimenticata in Europa e nel mondo industriale occidentale – è che si può ancora lavorare nel settore Automotive divertendosi. Appassionandosi, e soprattutto collaborando in una visione complessiva di Squadra simbiotica e non di semplice scaletta di funzioni operative o di schemi piramidali.

Sensazione puramente personale? Forse, ma qualche decennio di conoscenza e frequentazione del mondo Automotive l’ho pur consumato, e non certo ad osservare da fuori. 

Il sorriso e la gioia di fare il proprio lavoro: un vecchio ricordo in Europa

E la sensazione di fare un lavoro che piace non è più così frequente, in un comparto Auto europeo ed occidentale dove per esaltare la chimera un poco stucchevole del Branding(contro inizialmente il pericolo antagonista dei giapponesi) nel corso di trentacinque anni abbiamo finito per rendere “Commodity” tutto quello che nel Vecchio Continente e negli USA avevamo saputo creare a contorno del concetto di “auto”: Stile, Emozione, Desiderio, Ricercatezza, Espressione. 

Grazie soprattutto ad una Unione Europea derviscia della Germania, grazie ad una Stampa e ad una informazione asservita al disegno “pangermanico” dell’Auto Europea per Dogma, dalla prima metà degli anni Novanta il concetto italiano e britannico dell’Auto è stato smantellato per far posto alla “monocoltura” tedesca fatta di sole quattro cose: Diesel, Premium, Total Quality, Geometria stilistica resa un nobile incubo dalla paranoia stilistica di Chris Bangle (ormai fortunatamente impegnato a disegnare panchine) che solo la magia di Bruno Sacco ha potuto rendere più “umana” in Mercedes Benz.

Curioso il tema della “monocoltura”: grazie a Bruxelles ed alla prostituzione intellettuale verso Berlino è stata per i quindici anni dal 1995 al 2010 un modo per uccidere la “Biodiversità” garantita dalla concorrenza soprattutto italiana e francese (anche se anche l’industria transalpina degli anni Novanta è stata parente lontanissima e povera dalla “Grandeur” francese del periodo che va da metà anni Settanta alla fine degli anni Ottanta); 

dal 2010 fino ad oggi (2025) la “Monocoltura Green” è stata un cicaleccio fatto magistralmente – ma a Bruxelles, lo sappiamo, non si annidano trombati, raccomandati, bolliti, amichette ed “amichetti” dei grandi Mammasantissima delle diverse Tribù politiche nazionali: a Bruxelles, sia molto chiaro questo, albergano solo i veri statisti e i grandi politici – per distruggere quello che, volenti o nolenti, era diventato il vessillo dell’industria automobilistica comunitaria: il Diesel portato ai livelli più elevati di tecnologia e prestazioni, l’auto tipicamente europea (cioè l’Utilitaria popolare multitasking) e soprattutto, in questi ultimi anni, il grande patrimonio dell’Aftermarket e soprattutto della produzione di eccellenza nella componentistica, nei semilavorati e negli apparati di supporto alla produzione industriale.

L’Unione Europea è da dieci anni a questa parte un fenomeno sociologico: impegneranno decenni le Università del globo a studiare, recensire e capire quanti “cojoni” abbiano pernottato per decenni in una nota Grand Place per riuscire a smantellare l’Industria auto continentale tagliata negli ultimi trentacinque anni di quasi una decina di Marchi Industriali “Big Companies” (Autobianchi, Innocenti, Matra, Saab, Rover, MG, De Tomaso ed altri) con il trasferimento all’estero della maggioranza di controllo societario per una marea degli altri Marchi o Gruppi Costruttori rimasti in vita. Lo stesso numero di “cojoni” che dovrebbe spiegare al mondo intero come possano essere stati protagonisti di un Primato Universale che nessun altro Continente è riuscito e mai riuscirà ad eguagliare: crescere, aumentare di dimensioni e numero di Stati Membri e di Popolazione; ma nello stesso tempo ridurre costantemente e progressivamente il numero ed i volumi di autovetture ed autoveicoli prodotti (e per fortuna in ambito di Trucks, Bus e Veicoli Pesanti siamo ancora, non per molto, il Continente che fornisce il 40% dei mezzi acquisiti ogni anno nel mondo; gli sarà mica sfuggito?…).

Il mistero europeo: più la UE cresce, meno auto si producono

Dunque, se per diversi anni dopo il primo Crack Lehman (che ha spiegato bene al mondo dell’Auto che senza un buon “ferro” i giochini finanziari erano carta straccia) i Costruttori europei hanno cominciato a trasformare il sorriso in un ghigno di presenzialismo e di facciata, la colpa è anche della mancanza di senso critico con cui l’Associazionismo di categoria avrebbe dovuto alzare la voce verso “Bruxelles” non solo contro la minaccia giapponese prima così come si fa oggi contro la minaccia cinese; e se oggi la cosiddetta “Armata Europea” dei Marchi viene serenamente schiaffeggiata dai Costruttori cinesi cui tuttavia hanno fatto la corte per anni attraverso Joint Ventures e cooperazioni su Know How e politiche industriali, è soprattutto perché in Europa il settore Auto è cresciuto senza uno spirito guida di bandiera continentale, a differenza di quello che è accaduto in Giappone e che si sta replicando in Cina: qui, in questi due mercati, “At First” c’è l’orgoglio e l’ambizione di vincere la concorrenza internazionale sotto il vessillo prima di tutto della Bandiera nazionale e territoriale.

In Europa per anni ci siamo ammirati allo specchio con la bandiera/paravento del “Made in Italy” o del “Made in Germany”, con la chimera dell’Union Jack ed altre amenità del genere. Ma in fondo in Europa i Costruttori si sono confrontati sempre e solo in due modi: tra “Big Companies” dominanti la regola era “Cane non mangia cane”; e tra “Big Companies” e Piccoli Costruttori la legge è sempre stata “Mors Tua Vita mea”. Sbandierare oggi una comunione di intenti tra Stellantis e Renault quasi a simboleggiare il primato della identità europea contro il mondo cattivo è davvero una bella scenografia, ma nulla più. E su questo, invito a leggere quello che ho scritto da mesi sul destino dei Marchi dentro Stellantis in rapporto con Renault. Magari ci ho azzeccato, che dite?

Così come invito a leggere il Post sul “diritto a fallire” che ormai in Europa sta inchiodando nella paura migliaia di Imprese alla canna del gas. 

In UE contano più le UTILITIES che i Costruttori Auto? Si, senza dubbio

Finchè questa UE continuerà a foraggiare le Utilities facendo morire di fame le industrie tipicamente meccaniche ed artigianali, il trend manifatturiero dell’Europa crescerà solo di valore ma non di volumi. Ed una volta tanto dovremmo smetterla di considerarci il Continente del meglio esistente al mondo. Si, va bene: il mare, i paesaggi, i Borghi, i prosciutti, il formaggio, il vino, le focacce e i caxxxi e i mazzi….Ma finchè si continua a cedere pezzi di proprietà di Industria europea a Fondi Sovrani ed investitori esteri, ma di cosa parliamo?

Dunque, se c’è motivo di ridere a Bruxelles è grazie agli stipendi che gli paghiamo, ma non certo per la prospettiva sociale e politica di una Unione che imploderà entro un decennio buttando a mare Moneta Unica, Mercato libero e Trattati travolta anche dal Mercato Unico che debutterà in Africa nel 2035 e nel quale gli stessi Costruttori europei (rimasti) puntano per poter sopravvivere.

E allora, cosa c’entra tutto questo con il “ridere”?

Semplice: non puoi sorridere, essere contento di te stesso, e dunque non puoi lavorare con gioia e passione se ogni mattina devi alzare il tappeto per spazzarci sotto chili di cenere e di torba; non puoi essere davvero soddisfatto se senti di avere più nemici in casa che fuori. E dunque al di là del ghigno di facciata, se si è contenti di quel che si fa si appare anche più volentieri in pubblico.

Contro una interlocuzione che per Autoprove dura da anni solo ed esclusivamente a mezzo mail con Responsabili e Dirigenti settoriali di cosidetti Marchi Premium o di prestigio (senza aver mai neppure avuto il piacere di un incontro “vis a vis”) ci sembra giusto far presente che la Redazione di un piccolo Magazine telematico automobilistico ha avuto il piacere di poter parlare direttamente almeno tre volte in otto mesi con il Management massimo di BYD; e mai una volta Alessandro Grosso, Alfredo Altavilla e Davide Lanna si sono negati per una intervista, un parere, un approfondimento.

Tutto questo, visibilmente e senza forzature, con il sorriso e il divertimento di veder crescere e migliorare costantemente la presenza del Costruttore in Italia ed Europa; e con – credo – il giusto orgoglio per essere “Faber” (cioè Costruttori a loro volta) degli ottimi Trend che BYD sta ottenendo: segno che la “delega” pervenuta dal Quartier Generale in Cina è reale e concreta. E che la classica forma gerarchica, funzionale e dirigenziale, non è più a Piramide come è rimasta in Europa; ma direi che BYD supera in efficienza e visione strategica la gerarchia “piatta” ed orizzontale che una volta fu il vanto di Tesla.

C’è motivo di riflettere su questo? Beh, si: coraggio, contate sulle dita di una mano quanti altri Costruttori in questo momento possono dimostrare di saper crescere ed affermarsi divertendosi nel proprio lavoro? Ok, so già la risposta. Ah: compreso quel Marchio indo-britannico che – per ridere e festeggiare quasi in modalità Carnevale di Rio – dopo un mese di prime pagine gratuite di pubblicità lo scorso Autunno, oggi si scontra con il vero e proprio “nulla all’orizzonte” che un modo stupido di proporre l’ideologia “Woke” sta creando. Ed ora, occorre fare attenzione che non finisca tutto in cenere. Ma perché questo avvenga, è solo e sempre un fatto di persone, di menti, di Manager.

Onore e merito dunque a BYD per il lavoro svolto ed un plauso ovviamente al Country Manager Alessandro Grosso per l’impegno di creare tutto il mondo necessario “intorno” al mondo BYD (Service Management, Credit Partnership, Logistica e distribuzione commerciale territoriale) senza perdersi in astrusità o bizantinismi. 

Ma ovviamente un attestato di stima verso Alfredo Altavilla; raramente si ricorda negli ultimi tempi un profilo mediatico tanto apicale che si sia espresso sempre in modo molto diretto e critico verso il pessimo lavoro istituzionale – quando diventa un pessimo lavoro istituzionale – della politica europea ed italiana nei confronti dell’auto. 

Le sue riflessioni pubbliche su SuperDazi, su Ecobonus, su strategie industriali europee, o sulle normative in corso, non sono affatto lo sfogo di un Manager che cerca indirizzi politici a favore; quanto appaiono piuttosto come indicazioni di “Benchmark” che arrivano da un mondo, da una Industria, da un Marchio, e da una filosofia aziendale vincente. 

Insomma, il monito sottotraccia di Altavilla all’Europa sembra essere “tornate a pensare in grande e smettetela con questa politica mediocre fatta (aggiungo io) spesso da mediocri…”.

Del resto sembra di tornare alla eredità di Marchionne: il primo e l’unico, nell’allora mondo paludato dell’Automotive europeo, a dire le cose diretto e senza giri di parole sia verso Governo e Sindacati italiani sia verso l’Europa.

 

Chissa: forse tra mezzo secolo non si sorprenderà nessuno nel leggere una affermazione di Altavilla sulla Stampa di settore, del tipo: “ Ogni volta che l’Unione Europea rende più difficile, con le normative ed i Superdazi, la presenza di BYD e dei Costruttori cinesi nel Continente euriopeo, noi assumiamo cento Ingegneri in più, mentre i Costruttori europei ed occidentali assumono cento Avvocati in più”.

La frase, ovviamente, fu di Soichiro Honda rivolto contro quella ridicola ed ignobile farsa delle complicazioni crescenti sulle norme antiemissione USA contro i Costruttori di Importazione. Morale: l’Automotive statunitense è un malato in rianimazione e l’import giapponese, cinese ed europeo è ormai irrefrenabile a meno di non tornare al protezionismo (ed infatti…).

Ma anche Alfredo Altavilla avrebbe diritto e merito a recitare queste parole verso Bruxelles: il “mal di testa passeggero” che BYD può patire, da High Tech Company quale è, è comunque meno grave degli effetti endogeni che ogni parvenza di protezionismo europeo può causare nei Costruttori continentali. In Europa servono rigore, professionalità, Ingegneria, talento commerciale e soprattutto investimenti pubblici rivolti non alle aziende ma a interi comparti.

Non è nostro compito definire cosa deve fare l’Unione a Bruxelles, ma è nostro diritto dire cosa deve smettere di fare: brutte figure.

Finchè questo non avverrà, il sorriso ai Costruttori europei sparirà dalla faccia. Un motivo in più per presenziare, quando siamo invitati, agli eventi ed alle kermesse di BYD in Italia: per tornare, anche solo per poche ore, a sorridere.

 

Riccardo Bellumori

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